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sinistra

Draghistan: dalla coscienza di classe al letargo della consapevolezza

di Luca Busca

berlusconi draghiPer avere un’informazione completa bisogna anche leggere e ascoltare i media mainstream. Per questa ragione mi sottopongo quotidianamente allo stillicidio di leggere Repubblica e altri improbabili quotidiani, oltre a un paio di settimanali. La sera poi mi tocca il supplizio alternato del TG1, con i suoi servizi melensi da libro Cuore, o del veleno inoculato dal Mamba Mentana sulla 7. Negli ultimi giorni, su tutti questi media, imperversa il pianto del coccodrillo piddino. Mi ha particolarmente colpito la relazione del segretario Letta che “non ha risparmiato dure critiche al partito e a se stesso”.

Secondo il “nipote di suo zio” l’errore più grave del PD è stato quello di sacrificarsi per il bene del paese assumendosi le responsabilità dei governi “tecnici” di larghe intese che ormai caratterizzano la politica italiana. Quindi il “chierichetto di De Mita” ha sentenziato, con il plauso di tutta la dirigenza del partito, che “mai più al governo senza aver vinto le elezioni” e “quando il prossimo governo cadrà, chiederemo di andare alle elezioni, basta governi di larghe intese ...”. In poche parole la strategia vincente adottata dalla Meloni. In sostanza, l’ennesimo segretario democristiano che il PD si è regalato, come programma politico propone di copiare il compito in classe dalla compagna di banco!

La pesante autocritica non fa parola degli errori commessi e delle responsabilità che il partito ha avuto e ha ancora nella disastrosa gestione della pandemia; nell’aver condotto il paese in una guerra insulsa che sta massacrando economicamente la popolazione italiana; nella soppressione del diritto al lavoro, per non parlare di quelli civili; nell’appropriazione indebita dei beni comuni; nel massacro della scuola e della sanità pubblica; nella altre varie ed eventuali.

No, Enrico Letta sostiene che tutto quello che è stato fatto ha rappresentato la scelta migliore per il bene del paese, la colpa è del paese che non lo ha capito. Il partito si è sacrificato e l’elettorato lo ha tradito, ma la dirigenza ha compreso bene e non ripeterà più gli errori del passato. Per questo motivo, farà la stessa inconsistente opposizione che la Meloni ha concepito nei confronti del governo Draghi, non cambierà il simbolo, tanto non se ne sente assolutamente il bisogno in virtù dell’assenza totale di cambiamenti della linea politica. Anche la dirigenza rimarrà la stessa, cambierà solo il segretario: da un vecchio democristiano a uno più recente, magari l’ex-neo-renziano Stefano Bonaccini.

Ora, che i vertici del partito reputino questa “rivoluzione” più che sufficiente a recuperare l’elettorato perso ci può anche stare, a loro interessa soprattutto mantenere poltrone e posizioni strategiche in nome del manuale Cencelli. Quello che sorprende sempre è come faccia il PD a perdere così pochi voti rispetto all’immensità delle colpe politiche che si dovrebbe assumere. La spiegazione può essere trovata solo nel bassissimo livello di coscienza che caratterizza il popolo in questo momento storico. I media mainstream danno quotidianamente la dimostrazione di questo assunto rendendo plausibile, agli occhi del gregge incosciente, la girandola fantascientifica della mistificazione dei fatti. Dopo aver mentito due anni in maniera spudorata sulla pandemia, hanno dirottato la propaganda sulla guerra, sobillando l’odio prima nei confronti del Novax e poi del popolo russo e della sua cultura. Per farlo hanno assicurato l’immunizzazione di gregge ottenuta grazie a un vaccino che ha fatto solo danni, a un green pass fascista e a una serie di obblighi che, dati alla mano, hanno solo peggiorato le cose. Con la guerra, già di per sé un crimine contro l’umanità, i media mainstream si sono sforzati per rendere plausibile l’auto- bombardamento da parte della Russia dei propri ideologi, dei propri giornalisti, delle centrali nucleari appena conquistate, dei gasdotti di proprietà e, secondo gli attendibilissimi fact checker anche i propri ponti di collegamento con la Crimea.

L’ennesima attestazione del pessimo stato della consapevolezza popolare giunge da un servizio apparso su Ossi di Seppia, programma in onda su Rai 3. Martina Comparelli, 27 anni, portavoce nazionale del movimento Fridays For Future racconta, con un bel montaggio sulle immagini delle manifestazioni svolte nel mondo, il pensiero, le aspettative e le intenzioni del movimento giovanile ambientalista guidato da Greta Thunberg:“... Siamo arrabbiati ma la nostra rabbia viene dalla speranza, perché se credessimo che la battaglia per il clima fosse già perduta non avremmo bisogno di protestare saremmo già arresi, invece no abbiamo la certezza scientifica che c’è ancora tanto spazio per azione, c’è poco tempo, vero, e questo ci rende ancora più arrabbiati perché abbiamo una grossa possibilità di uscirne bene e non stiamo facendo abbastanza. Il paradosso è che una transizione ecologica fatta bene porterebbe più posti di lavoro più benessere più uguaglianza. Perché stiamo ritardando? So quello che vorremmo dalla politica, vorremmo che la crisi climatica venisse trattata come è stata trattata la crisi Covid. La pandemia ha dimostrato che siamo in grado di prendere misure d’emergenza quando è necessario, abbiamo questa capacità abbiamo questo potere abbiamo questa voglia di sopravvivere. Adesso non basta altro che applicarlo alla crisi climatica. È una crisi più lenta è anche una crisi che è più difficile fermare però abbiamo già davanti i primi effetti. ...”

Non c’è bisogno di entrare nello specifico della questione ambientale, che fornirebbe però molti altri spunti utili, per comprendere come al movimento Fridays for Future manchino le conoscenze elementari delle dinamiche politiche ed economiche che regolano il mondo e le loro conseguenze sull’ambiente. Le poche righe qui riportate evidenziano almeno tre criticità che precludono ai giovani qualsiasi possibilità di cambiare alcunché e, quindi, di avere un futuro.

  1. abbiamo la certezza scientifica che c’è ancora tanto spazio per agire (azione è palesemente un errore) c’è poco tempo, vero ...”. La questione ambientale è un processo in continua evoluzione, in materia la scienza non può fornire certezze, perché essa è un metodo di indagine i cui risultati sono in costante cambiamento. Quando la scienza tende a “somministrare” una certezza nel merito diventa dogma, negando se stessa. Se questa verità poi riguarda lo “spazio” a disposizione per recuperare i danni prodotti all’ambiente dall’attuale sistema economico-politico, l’affermazione assume connotati preoccupanti. I danni sono irreversibili, solo per quanto riguarda le risorse fossili saranno necessari milioni di anni per il loro ripristino. Stessa tempistica per smaltire le scorie radioattive sin qui prodotte. Non c’è più tempo, è già finito. L’unica possibilità che abbiamo a disposizione è quella di adeguarci alla nuova situazione che abbiamo creato. Per farlo è necessario trovare il modo di sopperire alle carenze già prodotte al fine di riequilibrare il sistema Gaia. Certo che questo compito non può essere svolto da una scienza dogmatica asservita al profitto privato anziché al benessere comune. È indispensabile ripristinare una scienza degna di questo nome, pubblica, trasparente e condivisa.

  2. Il paradosso è che una transizione ecologica fatta bene porterebbe più posti di lavoro più benessere più uguaglianza. È la transizione ecologica ad essere un paradosso. La transizione ecologica, infatti, è il classico ossimoro di chi vuol curare un male esasperando le cause che lo generano. Il neoliberismo e la post- democrazia, che gestiscono l’attuale sistema economico-politico, hanno sviluppato come mai prima d’ora quei problemi ambientali, generati dal capitalismo, che la transizione ecologica gestita con gli stessi strumenti pretenderebbe di risolvere. Il neoliberismo si fonda sulla favola della crescita infinita, la cui efficienza dipende interamente dal profitto delle grandi aziende. La competizione rende necessaria la delocalizzazione e la precarizzazione del lavoro. Le disuguaglianze sono una diretta conseguenza e, al tempo stesso, una necessità di questa logica. In sostanza, transizione ecologica, sviluppo sostenibile e agenda 2030 vengono proposti come soluzione agli antagonismi creati dal neoliberismo per nascondere l’intento di perseverare con la favola della crescita infinita. Fatto, questo, ampiamente dimostrato dall’inserimento nella tassonomia green di gas e nucleare, dalla riapertura delle centrali a carbone, dall’utilizzo dei rigassificatori e dal sostanziale boicottaggio delle rinnovabili.

  1. Il vertice dell’incoscienza viene però raggiunto da: “So quello che vorremmo dalla politica, vorremmo che la crisi climatica venisse trattata come è stata trattata la crisi Covid. La pandemia ha dimostrato che siamo in grado di prendere misure d’emergenza quando è necessario, abbiamo questa capacità abbiamo questo potere abbiamo questa voglia di sopravvivere.” Nonostante la giovane età e la freschezza mentale, Martina Comparelli non si è accorta che la pandemia in Italia è stata gestita nel peggiore dei modi. Dati alla mano il nostro paese è risultato tra i peggiori al mondo come numero di contagi e tasso di decessi. Contemporaneamente è stato il primo per soppressione dei diritti civili e sociali. La campagna vaccinale, ai limiti dell’ossessione, si è dimostrata completamente inutile sia al fine dell’immunizzazione sia della prevenzione delle forme più gravi. Proprio i giovani, inclusi quelli di Fridays for Future, sono stati scelti come vittime sacrificali: vaccinati senza alcun bisogno, sono stati i più soggetti alle reazioni avverse; sono stati i più penalizzati dalla privazione della socializzazione, delle attività sportive e di quelle ludiche; l’eccessivo uso della mascherina ha inciso sulle capacità cognitive, per non parlare di quelle empatiche. La discriminazione dei non vaccinati ha sviluppato in maniera esponenziale le disuguaglianze. Un disastro! In larga parte dovuto al bisogno di rendere plausibile la favola della crescita infinita a discapito della salute e della libertà dei cittadini. Ora applicare il metodo emergenziale della pandemia alla questione ambientale significherebbe stimolare le discriminazioni, le disuguaglianze e, quindi, anche l’inquinamento e il degrado dell’ecosistema oltre ogni più drammatica previsione.

Di fronte a cotanta inconsapevolezza sorge spontaneo un amletico dubbio: c’è o ce fa? Non è facile credere che una giovane culturalmente preparata, mentalmente dinamica, possa cadere così facilmente nelle trappole predisposte dal regime per imbrigliare qualsiasi forma di dissenso. Un giovane desideroso di avere un futuro migliore, o anche solo un futuro, comprende facilmente che questo è possibile solo abbandonando l’attuale sistema economico politico. D’altra parte emergere come portatore (non sano) di un dissenso moderato assicura un futuro personale roseo se si è disposti a vendersi. Lo ha dimostrato ampiamente Mattia Santori che ha barattato la “rivoluzione” delle Sardine con uno scranno, in quota PD, al Comune di Bologna. Sarà Martina Comparelli la futura Debora Serracchiani?

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