W la guerra
di Michele Castaldo
Non me ne vogliano i pacifisti, ma dopo aver letto l’editoriale, annunciato da una “civetta” in prima pagina, di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della sera di lunedì 6 novembre, e avendo deciso di scrivere un commento, non sono riuscito a trovare un titolo diverso che ne sintetizzasse al meglio il contenuto.
Il lettore si chiederà: perché questa “ostinazione” di una critica politica alla stampa dell’establishment?Perché nel cosiddetto mondo dei militanti della sinistra si preferisce mirarsi nelle proprie idee contrapponendo modelli ideali al modo di produzione invece di analizzare i fatti e come sono utilizzati da parte di chi si prefigge di consolidare le leggi che regolano gli attuali rapporti sociali incentrati sulla legge del valore e dell’accumulazione capitalistica, ritenuta fulcro dell’Occidente. [Nota 1]
Veniamo così al dottor Ernesto Galli della Loggia e del suo ultimo scritto « La storia figlia delle guerre (che si vuole dimenticare) ».
Innanzitutto c’è un primo svarione fin dal titolo, perché la storia non è figlia delle « guerre », perché queste sono espressione di effetti causali determinati dallo spirito di concorrenza generato a sua volta da necessità. Dunque volendo ricostruire certe “ragioni” storiche – come il nostro editorialista intende fare – dovrebbe risalire alle cause originarie non dei due ultimi conflitti mondiali, ma riandare un “poco” più indietro nel tempo dello « scambio » e intrattenersi sul periodo tanto caro ai nostri rinascimentalisti occidentali, ovvero a quella decantata impresa della « Scoperta dell’America » che permise il grande balzo agli europei.
Ovviamente non pretendo in alcun modo di convincere un personaggio come il Galli della Loggia, che a Napoli li chiamiamo « sparapose », ovvero che si atteggiano a raccontar « storie » come i primi della classe.
Tanto per essere chiari faccio solo un esempio riportando quello che scrive Federico Rampini, noto editorialista della stessa testata, ne Il secolo cinese « Quando settecentocinquant’anni fa Marco Polo racconta la Cina all’Occidente, […] L’Europa sua contemporanea, introversa e fanatica, è una perfetta periferia esile e quasi deserta se vista dalla Cina. La Venezia, allora una delle città più ricche e popolose del continente, ha 160.000 abitanti. La capitale della dinastia Song, Kinsai (oggi Hangzhou) ne ha 2 milioni ».
Braudel, uno storico un poco più serio del nostro Galli della Loggia, che ha studiato sul serio il Rinascimento, sulla scoperta dell’America fa un ragionamento razionale: i mercanti – che stimolarono l’impresa di Cristoforo Colombo - avevano assoluta necessità di ridurre i « costi di produzione» per « aumentare i profitti » e fu tentata perciò la via del mare, piuttosto che seguitare quella terrestre che era troppo dispendiosa per i costi di cavalli e carrozze. Tanto è vero che già prima di Colombo i turchi molto prima della costruzione del canale di Suez arrivavano sulle rive egiziane con le navi, le smontavano, attraversavano l’istmo con cammelli e cavalli, e le ricostruivano dall’altra parte per imbarcarsi nel mar Rosso e continuare gli scambi con i paesi rivieraschi asiatici e africani.
Il grande navigatore Colombo, che lo fu, ci mancherebbe, si imbarcò con le caravelle per circumnavigare il capo di Buona Speranza e raggiungere l’India. Incappò nei venti Alisei che lo cullarono e lo condussero in America. Dove gli europei trovarono tanta fortuna e portarono criminalità e malattie. Siamo sempre nel rispetto della legge dello « scambio» ma molto impari, perché, se no, scambiare?
Il punto in questione è prendere in esame il momento che segna il salto, attenzione bene, non per sminuirne la portata ma per motivare le cause che spinsero i navigatori a intraprendere quell’impresa. Sottacendo le cause vere che portarono Colombo a scoprire il nuovo continente lo si tratta da povero cretino che non sapendo cosa fare si imbarcava per andare a zonzo in giro per il mare. Non andava dunque a spasso per amore del mare, ma mosso da necessità collettive maturate nel rapporto degli uomini con i mezzi di produzione. Questo è il metodo corretto di leggere la storia e non le infatuazioni giustificazioniste alla Galli della Loggia che chiama in causa niente di meno che la saggezza greca “polemos” per dimostrare che « la guerra è “l’origine di tutte le cose” ». Povero disgraziato al servizio di sua maestà establishment: che bisogna fare per campare! da gran signore, si capisce.
Ma seguiamolo nelle sue elucubrazioni, che non sono solo sue, ma di chi intende difendere ad ogni costo « un mondo che fa schifo », a detta dello stesso Federico Rampini, « ma è il migliore possibile ».
« A volte » scrive il signorino Galli della Loggia « evitare la perdita della libertà, sottrarsi a una vita in schiavitù , una prospettiva di voler sterminare il proprio popolo e la propria cultura, è possibile solo affrontando il pericolo di morire e il rischio di uccidere », mia la sottolineatura.
Il lettore potrebbe essere tratto in inganno, pensare che questo signore si riferisca ai palestinesi che per 75 anni hanno dovuto subire angherie di ogni sorta da parte dello Stato di Israele. E no, lui parla da strenuo difensore del liberismo, ottimo allievo di quel F. Hayek che titolò nel 1945 La via della schiavitù il suo libro contro il Comunismo e il nazismo messi sullo stesso piano in quanto regimi dittatoriali. E da convinto suo allievo arriva alle estreme conseguenze: « Di uccidere anche civili innocenti, anche donne, vecchi e bambini, di uccidere per uccidere. Cioè di commettere quelli che attualmente almeno tre o quattro trattati e convenzioni internazionali definiscono crimini di guerra. Come quelli che stando ai criteri odierni indubbiamente commisero i vincitori della Seconda guerra mondiale, gli Alleati, senza la cui vittoria, non ci sarebbe oggi la democrazia in Europa »
Il personaggio che qui commentiamo omette una “piccola” verità: quella del contributo di sangue versato dalla tanto vituperata Urss bolscevica e staliniana, tratta in inganno e spesasi a fianco dell’occidentalismo in nome della democrazia antifascista. E tanti beoni della sinistra occidentale a fungere da servi sciocchi al servizio del liberalismo democratico fino a buttare a mare poi il bambino con l’acqua sporca.
La storia, però, ha i suoi tempi e le sue leggi e a un certo punto presenta il conto. E quando il conto è salato il liberalismo democratico perde le staffe e comincia a sragionare e diviene come un cane in un negozio di cristalli: si ferisce, comincia a sanguinare, si agita in modo convulso, sanguina sempre di più prima di stramazzare al suolo.
Ci sbagliamo? Leggiamo ancora il Galli della Loggia « Alla guida di una Gran Bretagna rimasta sola contro il Terzo reich padrone dell’Europa, Churchill all’inizio del 1941 si convinse che la sola risposta possibile fosse » faccia bene attenzione il lettore « “an absolutely devastating exterminating attack” sulla Germania da parte dei bombardieri pesanti inglesi. Il programma fu portato a termine ».
Il “grande” giornalista e scrittore scrive nel momento in cui l’esercito dello Stato di Israele sta compiendo una strage sulla popolazione imprigionata a Gaza. Dunque non a caso, ma riferendosi a fatti concreti, per giustificare come necessità storica da parte occidentale di « uccidere anche civili innocenti, anche donne, vecchi e bambini, di uccidere per uccidere ».
Ma non è finita, perché, citando da un libro di Adelphi edizioni, dice « In uno scenario raccapricciante che queste pagine ci restituiscono nei particolari di tecniche di bombardamento, ad esempio con ordigni al fosforo, appositamente mirate a uccidere quante più persone possibile […] in Germania l’esistenza umana venne cancellata ». Tradotto vuol dire che la striscia di Gaza, una popolazione di circa tre milioni di persone, e l’organizzazione politica di Hamas che li rappresenta in tutto o in parte, viene paragonata al Terzo Reich. Ce ne vuole di fantasia per arrivare a osare tanto, il Galli della Loggia ne ha. Volete che non sapesse che lo scontro con la Germania era rivolto al futuro, ovvero a chi avrebbe dovuto pilotare la grande fase di accumulazione che la rivoluzione industriale aveva innestato? In questione perciò c’era l’”America”, il liberismo, l’individualismo, la frenesia di ogni libertà ai danni di altre popolazioni, ovvero il proseguimento della schiavitù razzista nei confronti di “altre” razze
Di ieri? No, in difesa di quel che fu e per quel che oggi deve essere: « Una guerra inumana, certo. » dunque c’è piena consapevolezza, « Ma è questa guerra, anche questo tipo di guerra » attenzione bene, carissimi compagnucci vari di sinistra che siete stati abbagliati dai “valori” del liberismo democratico « che è all’origine della democrazia in Europa: bisogna saperlo».
Qui è espressa a chiare lettere una chiamata di correità, il Galli della Loggia non fa esercizio di storicismo, non filosofeggia in modo salottiero per intrattenere convitati, no, lui richiama i valori della democrazia occidentale in quanto occidentalisti, ovvero a scapito di altri popoli, perché nello « scambio » dell’attuale fase del modo di produzione capitalistico, ovvero di una crisi storica e senza soluzione, o se ne esce vittoriosi a scapito di altri o sconfitti con tutte le conseguenze che questa comporterebbe. E lo Stato di Israele, cosa che il filosofo Cacciari non vuole o non sa capire, è la testa di ponte dell’insieme dell’Occidente in un’area geografica ove le cui materie prime sono fondamentali a mantenere il nostro sviluppo, la nostra e « vostra » ricchezza, il nostro e « vostro » benessere, cari compagnucci che difendete i palestinesi contro lo Stato di Israele. « Il bene » conclude il nostro Catone « è costretto a servirsi dei mezzi più discutibili ».
Traduciamo il messaggio per chi non avesse ancora capito che l’establishment occidentale è ben consapevole della gravità dell’attuale crisi nonché della differenza rispetto a tutte le altre. Pertanto chi si immagina nuovi orizzonti o multipolarismi per una nuova fase di accumulazione di valore dorme ncapezza, si dice a Napoli, ovvero come i cavalli che dormono in piedi.
La chiamata di correità riferita al passato è una chiamata di correità riferita al prossimo futuro, come dire: signori non avete ancora capito cosa vuol dire crisi e cosa vuol dire in questa crisi la messa in crisi dello Stato di Israele. È guerra, dice il Galli della Loggia, che ha invitato a mettere da parte il passato da MSI della Meloni che sapeva bene essere più che predisposta verso gli States, i valori occidentali e il cane da guardia nel Medio Oriente rappresentato dallo Stato di Israele. Insomma non c’è più possibilità andreottiana o craxiana di continuare a fare gli opportunisti e “autonomisti” di giocare a fare gli Enrico Mattei, e una certa sinistra che ha continuato a fare il pesce in barile, a traccheggiare, a stare un pò di qua, si però ma, e/o un po’ di là si però ma.
Due popoli due Stati? Solo la meschinità dell’ipocrisia democratica – ovunque si manifesti può arrivare a tanto: in questione c’è la distruzione del popolo arabo di Palestina, una Giudea teocratica sulle ceneri della Cisgiordania oltre che della striscia di Gaza. Tradotto vuol dire che lo Stato di Israele più che uno Stato ebraico deve sempre di più divenire una vera e propria base militare, una enorme caserma a protezione del saccheggio contro i paesi del Medio Oriente per controllare i flussi petroliferi.
Che il filosofo Massimo Cacciari ancora parli di una proposta rivolta ai palestinesi – rigorosamente moderati - cioè coglioni e servi, capaci di combattere essi l’organizzazione di Hamas, come fecero i resistenti italiani nei confronti del fascismo sul finire della Seconda guerra mondiale, come dice a L’Unità del liberista Sansonetti, mostra di avere poco senso storico, pochissima capacità a comprendere la forza impersonale delle leggi dell’economia e di andare, perciò, a spasso fra i desideri proprio quando il realismo di Netanyahu è sostenuto, a giusta ragione, da un Galli della Loggia. A meno che voglia veramente credere alle mistificazioni dell’establishment americana attraverso le parole di Biden. Se il filosofo veneziano non è tanto ingenuo a che pro la sua filosofia?
È guerra? E guerra sia. W la guerra!
Voglio essere ancora più chiaro: tutte le nostre argomentazioni critiche nei confronti dello Stato di Israele e dell’Occidente, non smuovono di una virgola la forza dirompente delle argomentazioni dei pubblicisti che difendono questo modo di produzione e per essere ancora più schietto cito Federico Rampini ancora una volta quando scrive sul Corriere della sera che « Senza la nostra rivoluzione industriale, quella cosa orribile che ha insozzato il pianeta, oggi non sarebbero vivi tre miliardi di cinesi e di indiani, o un miliardo e mezzo di africani: è la nostra agricoltura moderna a base di fertilizzanti e macchinari acconsentire la loro alimentazione; è la nostra medicina ad avere ridotto la mortalità e allungato la longevità. I miracoli economici asiatici che hanno sollevato dalla miseria metà del pianeta sono accaduti copiando il modello scientifico e imprenditoriale dell’Occidente».
Nel 1972, quando il presidente degli Usa Nixon si recò in Cina, i napoletani inventarono una « barzelletta »: mentre scendeva dalla scaletta dell’aereo e porgere la mano a Mao Tse Tung gli sussurrò: « Mo te faccio n’assegno, accussì te lieve sti pensiere ‘a capa ». Semplicemente geniale!
Le nuove generazioni non sanno che in quegli anni era in voga Il libretto rosso con I pensieri di Mao Tse Tung, ma la mia generazione (1945) si. In verità quella « barzelletta » coglieva il senso storico del momento: la Cina aveva bisogno, è vero di capitali, e gli Usa ne avevano in sovrabbondanza e non sapevano come spenderli. Di cosa erano frutto quei capitali caro comunista americano Rampini? In Cina hanno fruttato eccome se hanno fruttato, sfruttando il proletariato di quell’enorme paese che è divenuto concorrente spietato degli Usa e dell’insieme dell’Occidente mettendo così in crisi l’insieme del movimento storico del modo di produzione capitalistico. Stesso dicasi dell’India e dell’intera Asia. Altro che modello sorto in Occidente per la sua bianca e superiore intelligenza dei suoi abitatori.
A questo punto diciamo ai liberisti 3 cose:
- Che il modo di produzione capitalistico non è un modello inventato in Occidente o nella sola Europa ma un movimento storico sviluppatosi attraverso lo scambio e del rapporto degli uomini con i mezzi di produzione;
- Che lo sviluppo accelerato dell’Occidente è stato possibile grazie a un’accumulazione originaria avvenuta calpestando e schiavizzando i propri simili per alcuni secoli, ritenuti di razze inferiori;
- Che la storia, in quanto movimento storico, e non modello come dice Rampini insieme a tutti i liberisti d’Occidente, ha tre tempi: nascita, sviluppo e morte. Non solo, ma che tutto quel che è temporale e progredisce da un certo punto in poi comincia il processo inverso, comincia a regredire, esattamente come l’organismo umano. E come lo stesso Rampini, con Gaggi, descrive gli Usa d’oggi, come un popolo malato e sull’orlo di una crisi di nervi e avviato – ribadisce Gaggi, verso il Crack
Se l’ex comunista americano non riesce a capire questo, pazienza, tanto non parliamo a lui, ma a quanti sono realmente disposti a riflettere sulla regressione verso cui è avviato il modo di produzione capitalistico e con esso l’umanità, compresi i figli e i nipoti dei Rampini e dei Galli della Loggia.
Concludo senza lasciare dubbi: noi idealisti, da Robespierre in poi, abbiamo commesso un errore di valutazione: quello di ritenere possibile governare le leggi di un moto spontaneo di cui gli occidentali hanno pensato di averlo calato da un altro pianeta sul globo terrestre. Avremmo voluto cioè umanizzare lo sviluppo dello scambio e dell’accumulazione applicando una razionalità a leggi che tali non sono e non possono essere. Ci siamo sbagliati. Le future generazioni di fronte all’implosione, cui è avviato l’attuale sistema, saranno comunque chiamate a razionalizzare i loro rapporti con i mezzi di produzione e la ricchezza che la natura ancora potrà offrire.
È un’altra guerra, e allora W la guerra.