Italia: riarmo e ampliamento delle forze armate, primi passi (ma decisi!)
di Il Pungolo Rosso
Come si colloca l’Italia nel quadro dell’incremento mondiale delle spese militari? La risposta è semplice: ai primi posti! E se perfino il Sole24ore ci sommerge di dati in proposito, allora possiamo esserne certi. Nella graduatoria mondiale dei primi trenta big della “difesa” (ma bisognerebbe smetterla con questa ipocrita dizione e chiamarla col suo vero termine: guerra!) quindici di essi sono statunitensi, dieci sono europei e cinque asiatici; ma tra la decina UE due sono italiani, e chi, se non Leonardo e Fincantieri?
I dati dell’anno scorso sono già superati da quelli del primo trimestre del ’24. Il rialzo medio dei titoli dei produttori di armi è del 22,8%, più del triplo dell’indice azionario globale che misura il 7,1%. In questa media mondiale il primo posto tocca all’UE con il 42,3% contro l’8,6% degli Usa. Inutile aspettare: il temuto effetto Trump che vedrebbe, forse, un disimpegno degli Usa nel finanziamento dell’armamento Nato viene considerato come una realtà di fatto e l’Europa, “culla mondiale di pace e civiltà”, sfodera tutta la sua grinta con l’Italia in ottima forma. I titoli di Leonardo si piazzano al quarto posto superando quel 42,3% di media europea e sfiorando il 56%. Fincantieri è al nono posto raggiunto con la recente acquisizione della linea di armamenti per sottomarini cedutale da Leonardo e di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo1. Ma quello che caratterizza l’impresa italiana sono gli alti ricavi che portano Leonardo all’8° posto nel mondo con 11,5 miliardi di euro2.
I maligni mormorano che questo sia dovuto ai bassi salari e alle condizioni di aspro sfruttamento dei proletari d’Italia e quindi i nostri sinistri, per non essere accusati di opportunismo, di codismo, di aver abbandonato perfino la difesa degli interessi minimi delle masse, si sono lanciati con ardore rivoluzionario in una battaglia per il salario minimo a nove euro (lordi, si badi!).
Insoddisfatti della ovvia risposta del governo, ora propongono un referendum ma giammai un programma minimo di lotta, un accenno a qualche sciopero superiore alle quattro ore di prammatica e non più di una volta al mese. Del resto, anche sulla guerra i nostri sinistri hanno smesso perfino di blaterare della “Costituzione più bella del mondo”. Si, proprio quella che ha ribattezzato col termine di missioni di pace tutte le spedizioni militari dell’imperialismo italiano. Messo in soffitta Benigni e i suoi show, i sinistri si sono dedicati a gareggiare con il governo Meloni a chi la sparasse più grossa sul “sostegno alla resistenza e all’autodeterminazione dell’Ucraina”. Solo questione di principii? No, anche precisi e “coinvolgenti” interessi in fabbriche di armi rappresentati da Minniti, Profumo, Andrea Manciulli, Fausto Recchia, Luciano Violante e altri, tutti impegnati con vari incarichi in fondazioni, agenzie e consigli di amministrazione del settore. Le appendici di livello istituzionali non mancano al PD col già citato ministro della difesa Guerini, con Roberta Pinotti, Luca Lotti, Enrico Borghi e altri in incarichi vari di sottogoverno in materia. Si dirà che questo è il passato, che si tratta di impegni nel governo Draghi ma ora il nuovo corso, democratico, progressista e di sinistra, di Elly Schlein ha cambiato tutto. Senonché le posizioni pubbliche smentiscono l’esistenza di una “svolta di Elly” che in conferenza stampa al Nazareno (11 febbraio 2024) conferma “… il pieno supporto all’Ucraina”, e illustra la risoluzione del PD che inoltre invoca “…quello che per me è essenziale, cioè la dimensione europea […] della politica di difesa comune […] perché di lì passa la nostra capacità di incidere sullo scacchiere internazionale, di esercitare un ruolo effettivo…” eccetera, eccetera3. Non si tratta di dichiarazioni isolate, ma di ripetute affermazioni in dichiarazioni di voto alle camere e perfino in una pubblica polemica con Vauro che le contestava queste scelte.
Osserviamo, dunque, meglio quella legge dello stato che istituisce il corpo dei riservisti, la n° 119/2022 e alla quale accennavamo nell’articolo precedente. La prima cosa che questa stabilisce è una proroga dei termini per la riduzione delle dotazioni di organico di esercito e marina fissati al 2024/25 e ora spostati, in generale, al 2033/34. Trascuriamo i dettagli specificati in lunghissime note all’articolo 1 per andare alla sostanza: slittamento in avanti – mediamente di nove/dieci anni – dei programmi di riduzione di organico, avanzamenti di grado, rinnovo dei periodi di ferma, sblocco di alcuni concorsi, il tutto per potenziare soprattutto il numero di ufficiali di esercito e marina, la quota più professionale delle forze armate. Non mancano gli aumenti di paga, vitto e generi di conforto a tutti i gradi, dai volontari ai generali. Interessanti anche gli “slittamenti” di carriera – gli avanzamenti – dei sottufficiali che spesso costituiscono la vera ossatura dei corpi di specialisti e che sono il segno di un rafforzamento di questa area di intervento. Nella delega al governo c’è il riassunto di tutto il progetto di potenziamento delle forze armate: valorizzazione della professionalità dei reparti operativi, incremento degli organici e infine il pezzo forte: l’istituzione “di una riserva ausiliaria dello stato non superiore a 10mila unità di personale volontario” che si aggiungerebbero all’attuale contingente di riserva. Il valore di questo “pezzo forte” non consiste, ovviamente, nella sua capacità bellica, ma nell’essere elemento di collegamento con la popolazione civile e con un processo di mobilitazione generale. Una riserva selezionata esiste già, ed è composta da ufficiali in congedo o da liberi professionisti altamente specializzati che per un massimo di sei mesi potranno essere chiamati a lavorare per le F.F.A.A. e la riserva ausiliaria prevista dalla 119 andrà a integrarla. Se permettete una nota dimostrativa dei privilegi professional-corporativi, citiamo dall’articolo nove la seguente:
“la possibilità, per i medici militari e il personale militare delle professioni sanitarie, di esercitare l’attività libero-professionale intramuraria sulla base di convenzioni stipulate tra il Ministero della difesa, il Ministero della salute, il Ministero dell’economia e delle finanze e le regioni;”.
Anche davanti a uno scenario di guerra, i pescecani non vogliono sacrificare nulla!
Il senso generale di questa legge è sufficientemente esplicito, ma vogliamo citare il parere dell’ASPMI (Associazione Sindacale Professionisti Militari) che anzitutto invita a non fare demagogia al fine di avere più tesserati e loda questo “…primo passo verso la realizzazione di un modello di Difesa più funzionale rispetto a quello attuale […] rinnovato che mira alla professionalizzazione grazie anche alla proroga fino al 2034 del termine per la riduzione […] a 89.400 unità” imposto dalla legge DI Paola del governo Monti, preoccupato per gli equilibri di bilancio e non certo per una sua presunta vocazione antimilitarista. Lode anche per il programma di abbassamento dell’età media dei militari, per l’istituzione dei volontari in ferma iniziale e temporanea che “…rappresentano il futuro dell’esercito: solamente puntando sui giovani si può dare la possibilità ai militari più anziani di assumere incarichi che non richiedano un’eccessiva forza fisica…”. Quanto all’innalzamento della “…prontezza operativa dell’esercito italiano […] sarà necessario intervenire anche su welfare e benefit per il personale”4.
Ben oltre la legge, il governo Meloni pensa anche alla leva e, in generale, alla preparazione alla guerra di tutti gli strati della popolazione ognuno, ovviamente, col livello e il compito che varia a seconda della classe sociale. Già comincia a essere difficile far digerire l’economia di guerra e quando questa si inasprirà estendendosi anche ai settori della piccola borghesia sfruttatrice, bisognerà escogitare qualcosa. A oggi a questo strato sociale viene data la duplice l’occasione di intensificare lo sfruttamento di manodopera5 e di cavalcare l’onda della risorsa turismo, ma il futuro è incerto anche per loro.
L’intensificazione della propaganda di guerra è un altro dei settori di attività del governo, consapevole del fatto che si tratta di un importante mezzo di indottrinamento e di mobilitazione della popolazione. Abbiamo già detto dell’attività dei militari nelle scuole6, ma le reti televisive nazionali – ormai ribattezzate TeleMeloni – e i palinsesti dei TG sono invasi dalle imprese della ducetta onnipresente e onnidichiarante e da ogni sorta di spot ben congegnati e intrisi di amor patrio e di revisionismo storico. Anche in questo campo i soldi – che non si trovano per sostenere un terzo della popolazione in condizioni di povertà o a rischio povertà – abbondano sistematicamente per la propaganda governativa, che impegna 5 milioni di euro in uffici stampa e portavoce al servizio dei vari ministri, abitualmente intenti a trovare un nemico esterno per ogni problema, un metodo-perno, questo, della propaganda di guerra. Anche Salvini ha implementato lo staff degli esperti in comunicazione: chi sa che non sia stato uno di loro a farlo virare da “non un solo italiano per la guerra” a “i benefici della leva obbligatoria”…
E cosa dicono i neo pacifisti del M5s? Cominciando dal 30 marzo del 2022, ricordiamo che votarono la fiducia al governo proprio sul decreto Ucraina, poi diventato legge, con questa dichiarazione della capogruppo Mariolina Castellone: “ Oggi votiamo convintamente la fiducia a questo provvedimento, non abbiamo mai messo in discussione la nostra fiducia al governo o la certezza che l’Europa e la Nato vadano sempre difese e rafforzate”7. In realtà c’era già stato un precedente circa le ondivaghe posizioni dei 5S quando la ministra della difesa Elisabetta Trenta varò l’aumento al 2% del Pil della spesa militare e autorizzò la conferma dell’acquisto degli F35. Eppure dall’opposizione avevano fatto della riduzione della spesa militare un cavallo di battaglia, ma evidentemente si trattava di un somarello con lunghe orecchie. Ma anche sulla legge 119 il silenzio dei 5s è tale da ottenere il compiacimento della presidente della commissione difesa Pinotti (PD) che riceve mandato unanime per riferire in parlamento8. La stessa attuale posizione di Conte appare come la furbata di chi sa che non sarà mai approvata ma può farne un elemento distintivo per caratterizzare una operazione propagandistica. A quanto ne sappiamo nessuna voce del M5s si è levata né contro i venti di guerra, né contro le istanze belliciste di Crosetto e Cavo Dragone; la posizione No Armi all’Ucraina è un “simbolo inoffensivo”.
La discussione sull’istituzione della riserva e, più in generale, sulla ridefinizione della “difesa” si è riaperta già da un anno, e il senso generale è l’ampliamento delle forze armate in uomini, numero e armi e il dibattito (poco) elevato à la “Crosetto-Salvini-Conte-Schlein”, il loro carattere elettoralista e politicista cederà il passo, tra non molto, a decisioni tanto funeste quanto unanimi. “So’ cuggini e tra parenti nun se fanno complimenti”, recitava Trilussa. Ovviamente il tutto dovrà essere foraggiato da consistenti aumenti delle risorse destinate a sostenere l’aumento dei fattori di guerra insieme alle spese per gli addestramenti nei vari settori, e c’è da scommettere che nuove tasse e vessazioni pioveranno sui proletari.
Comments
ALLE EUROPEE ESPRIMIAMO UN VOTO CONTRO I PARTITI E CONTRO LA GUERRA !!!
FACCIAMO SENTIRE IL PESO DELLA MOBILITAZIONE SOCIALE !!!
PACE TERRA DIGNITÀ !!!