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Marine Le Pen: ordoliberismo o keynesismo?

di Moreno Pasquinelli

“Se una cosa sembra una papera, cammina come una papera e fa qua-qua, probabilmente è proprio una papera”

Marine Le PenSuscitò critiche, due anni fa, il mio articolo del gennaio 2014: «CHE COS’È IL FRONT NATIONAL DI MARINE LE PEN (dedicato a quelli che la dicotomia destra-sinistra non c’è più)».

Si trattava di un'analisi del programma del Front National — per l’esattezza «MON PROJECT. POUR LA FRANÇE ET LES FRANÇAIS» —, quello sul quale il FN condusse la campagna per le presidenziali del 2012.

Alle porte delle ancor più importanti elezioni presidenziali imminenti, vale forse la pena tornare sull'argomento, analizzando l'odierno programma elettorale del Front National — in particolare le misure economiche che esso prenderebbe una volta salito al governo —, dandone un giudizio di massima, ed anche verificando se vi siano aggiustamenti rispetto a quello del 2012 e, nel caso, quali sono ed in quale direzione vanno.

2012: Stato (poco) keynesiano di poizia

Nel mio pezzo del 2014, mettevo in guardia coloro che guardavano con eccessiva simpatia e/o indulgenza al Front National, segnalando come esso, al netto di numerose proposte di politica economica sostenibili, non solo fosse molto ambiguo sulla questione dell'euro, ma avesse, oltre ad una visione revanscista e imperialista della Francia, una concezione fortemente autoritaria della democrazia, anzi perorasse un tetragono Stato di polizia.

Riguardo all'impianto economico del programma del Front National, giungevo a questa conclusione:

«Un keynesismo temperato che può ben sfociare in un liberismo temperato. Un programma attentamente calibrato per sfondare a sinistra e conquistare voti nel proletariato e nel ceto medio, ma senza spaventare affatto la borghesia, se non i suoi settori apertamente speculativi, e nemmeno la Germania e i centri oligarchici dell’Unione europea. Il grosso di queste misure sono tuttavia ampiamente condivisibili. Un eventuale governo popolare, contestualmente all’uscita dall’euro, non potrebbe che applicarle».

Il 4 febbraio scorso, a Lione, Marine Le Pen ha presentato il programma di governo del Front National: Les 144 engagements présidentiels.

Un "Programma senza sorprese", titolava Liberation, esprimendo l'opinione comune dei media francesi. Non è così, le novità ci sono invece.

 

2017: Stato di polizia rafforzato

Partiamo dagli aspetti più squisitamente politici.

La costituzione bonapartista della V Repubblica voluta da De Gaulle nel 1958 — il sistema presidenzialista di "monarchia repubblicana — non viene messa in discussione. Si chiede anzi un rafforzamento dei poteri presidenziali e del modello plebiscitario. [1]

Vero è che si propone una legge elettorale proporzionale, ma con due correttivi di rilievo: sbarramento del 5% e un premio alla prima lista del 30% dei seggi.

Per quanto concerne le misure Stato-poliziesche, sicuritariste e islamofobe non si può certo dire che il Programma 2017 sia reticente o vago. [2] Il motto è "tolleranza zero": riarmo massiccio delle forze di polizia, 15mila gendarmi in più, 40mila nuovi posti per i prigionieri, disarmo delle banlieu e misure cautelative contro "i 5mila capibanda censiti", aumento di tutte le pene, espulsioni automatiche e senza processo, menomazione dello Jus soli, forte limitazione del diritto d'asilo, nessuna regolarizzazione per gli immigrati illegali, inserimento in Costituzione del contrasto ad ogni forma di "comunitarismo", promozione della "assimilazione" al posto della "integrazione", via ogni "discriminazione positiva" a favore delle minoranze, limitazione della libertà d'insegnamento, soppressione dell'insegnamento della lingua d'origine per le minoranze. Non sembri un paradosso che il programma dedichi un capitolo alla "protezione degli animali", considerata "priorità nazionale".

Non meno perentorie le misure in vista del ritorno ad una politica imperialista di grandeur. Si propone di abbandonare il Comando NATO, a favore di guerre nel "solo interesse della Francia", si chiede l'aumento delle spese militari, il rafforzamento delle Forze armate, il ristabilimento della coscrizione obbligatoria.

Basta tutto questo per sostenere che il Front National della Marine le Pen è un movimento politico fascista? Ovviamente no. Esso si presenta piuttosto come una variante del gollismo, evidentemente peggiorativa, visto che fa sua, mala tempora currunt, una visione sociale viziata di liberismo economico e da un nazionalismo identitario paranoico.

 

2017: ordoliberismo di stato

Ma se la gran parte di queste misure era già contemplata nel Programma 2012, consistenti sono invece gli "aggiustamenti" sul piano della politica economica. Si sente forte lo zampino dell'economista liberale Jean Messiha, boiardo di stato, tecnocrate, e dei suoi sodali del Circolo degli Orazi,[1] che sembrano essere stati scelti come consiglieri economici dalla Le Pen proprio per tranquillizzare non solo la potente borghesia francese ma tutta la grande finanza.

Beninteso nel Programma 2017 il Front National — tanto più visto che è finalizzato a vincere le prossime elezioni — avanza misure a favore del popolo lavoratore: aumento del salario minimo, delle pensioni più basse, difesa del diritto alla salute (fatto salvo il doppio regime pubblico-privato), alla scolarità (fatte salve le scuole private), ribasso del 5% delle tariffe di gas e elettricità, difesa dei risparmi, mantenimento delle 35 ore settimanali (con la facoltà concessa alle aziende di passare a 39 ore).

E' difficile tuttavia non vedere il senso di questi "aggiustamenti": essi hanno una evidente impronta liberista per andare incontro agli interessi non solo e non tanto del settore privato ma delle grandi aziende monopoliste, in special modo di quelle finanziarie e bancarie, punto di forza del capitalismo francese. Vediamo dunque di capire dove stanno i cambiamenti rispetto al Programma 2012, e quindi di tirare le somme.

(1) La prima cosa che stupisce è la vaghezza sull'euro. Scompare l'idea del 2012 della doppia moneta ma il dispositivo proposto per tornare alla sovranità moneta non contempla affatto (come erroneamente si crede) un'uscita unilaterale bensì l'avvio di «un negoziato coi partner europei seguito da un referendum sull'appartenenza alla Ue». Il segnale lanciato al mondo della finanza e delle grandi banche è chiaro: non ci sarà alcuna decisione scioccante, si dovrà trovare un accordo vantaggioso per tutti. Degno di nota che l'idea (giusta) che la banca centrale debba finanziare il Tesoro sia relegata al punto 43, però scompare, quel che era contemplato nel 2012, ovvero a interessi zero. La banca centrale resta poi formalmente indipendente.

(2) Si parla di un "Nuovo modello patriottico in favore dell'impiego" — sparisce il concetto del 2012 della "Priorità a politiche di pieno impiego — ma di misure concrete per debellare la disoccupazione, di un piano di investimenti pubblici per la piena occupazione non c'è alcuna traccia. Quale sia il paradigma è evidente: si fa affidamento sul settore privato, alle leggi di mercato, ove quindi il ruolo dello Stato si riduce a mero supporto con misure protezionistiche e di defiscalizzazione. Nemmeno un accenno all'aumento della spesa pubblica, si lascia anzi intendere una politica di tipo monetarista.

(3) La politica fiscale diventa più accomodante rispetto al 2012. Spariscono sia il criterio della fiscalità progressiva sia la tassa sui grandi patrimoni. Le tre aliquote del 2012 diventano due, con grande vantaggio per le grandi aziende. Scompare infatti ogni riferimento alla fine del regime fiscale di vantaggio per i grandi gruppi, così come il contrasto dell’elusione fiscale. Scompare la riduzione dell'IVA al 5% sui prodotti di prima necessità.

(4) Scompare nel Programma 2017 ogni riferimento al contrasto dei grandi monopoli privati, anzitutto di quelli bancari —nel 2012 ne veniva chiesta la soppressione. Nessun accenno alla nazionalizzazione del sistema bancario.

(5) Per quanto concerne la politica agricola, chiacchiere sul "patriottismo economico" e la "concorrenza sleale" ma nessuna parola sul contrasto alle grandi catene della distribuzione alimentare — e quelle francesi sono le più grandi e predatorie d'Europa.

(6) Si parla di "controllo sugli investimenti stranieri che danneggiano gli interessi nazionali", nessuna parola sul controllo pubblico dei movimenti dei capitali, sulla tassazione della rendita finanziaria, sulla limitazione del potere della borsa.

A noi pare che le tracce di keynesismo del 2012, siano andate a farsi friggere. Non abbiamo qui lo spazio per ribadire in cosa davvero consista il keynesismo. Ne abbiamo molto scritto su questo sito e la letteratura scientifica è immensa. Basti dire l'essenziale: una politica economica keynesiana è volta a contrastare disoccupazione, recessione e deflazione accrescendo il volume complessivo dei consumi e degli investimenti, anzitutto pubblici, quindi espandendo la spesa pubblica da parte del governo.

Cosa c'è di keynesiano nel Programma 2017 del Font National? Poco o nulla. Certo, siamo lontani dal neoliberismo di Milton Friedman, all'idea di lasciare tutto al mercato, di privatizzare tutto il privatizzabile, di eliminare ogni traccia di gestione e proprietà pubblica. Molto meno distanti siamo invece dal modello della economia sociale di mercato o ordoliberista, e dal modello di welfare dello stato capofila dell'ordoliberismo: la Germania. [4]

Se ieri dicevamo «Il grosso di queste misure sono tuttavia ampiamente condivisibili. Un eventuale governo popolare, contestualmente all’uscita dall’euro, non potrebbe che applicarle», oggi non possiamo dire altrettanto. Il grosso delle misure che propone il Front national non dovrebbero affatto essere adottate da un governo che meriti l'attributo di popolare.


NOTE
[1] «2. Organiser un référendum en vue de réviser la Constitution et conditionner toute révision future de la Constitution à un référendum. Élargir le champ d’application de l’article 11 de la Constitution».
[2] Su sette capitoli del programma, ben tre sono dedicati al rafforzamento delle forze dell'ordine, e delle forze armate —Una Francia sicura; V. Una Francia fiera; VI. Una Francia possente.
[3] «Bonjour, Oui, les "Horaces" existent et sont bien un cercle de spécialistes, d'experts dans de nombreux domaines et entourent et conseillent notre présidente pour les futures présidentielles 2017. Marine, présidente du FN a mis à profit l'été pour rencontrer de nombreux spécialistes d'économie, de défense, de justice, de sécurité... Le groupe «Les Horaces» s'est d'ailleurs constitué avant l'été. Il y a environ une soixantaine de personnes (hauts fonctionnaires, magistrats, avocats, médecins, anciens militaires, chefs d'entreprises, des membres des cabinets ministériels d'Edouard Balladur, Jean-Pierre Raffarin et Dominique de Villepin). Un porte-parole a été nommé, qui s'exposera jusqu'en mai prochain. Il s'agit de monsieur Jean Messiha, passé par Sciences Po et l'ENA.» Partisansmarine, 6/9/2016

[4] «Economia sociale di mercato. Tipologia di sistema economico caratterizzato allo stesso tempo da libertà di mercato e giustizia sociale. I fondamenti di tale modello stanno nella constatazione che il puro liberalismo non è in grado di garantire una soddisfacente equità sociale, ritenuta invece indispensabile proprio perché i singoli individui siano in grado di operare liberamente e in condizioni di pari opportunità; di converso, anche la piena realizzazione dell’individuo non può compiersi se non vengono garantite la libera iniziativa, la libertà di impresa, di mercato e la proprietà privata. È quindi necessario un ruolo ‘regolatore’ dell’autorità statale, i cui confini di intervento sono però problematici da definire con esattezza e, soprattutto, in modo oggettivo. L’intervento dello Stato, infatti, non deve guidare il m. o interferire con i suoi esiti naturali: deve semplicemente intervenire laddove esso fallisce nella sua funzione sociale. Ne consegue che i fondamenti dell’e. s. di m. si possono sintetizzare nei seguenti punti: un severo ordinamento monetario; un credito conforme alle norme di concorrenza e la sua regolamentazione per scongiurare monopoli; una politica tributaria e fiscale che non sia elemento di disturbo alla libera concorrenza e che eviti sovvenzioni che la possano alterare; la protezione dell’ambiente; l’ordinamento territoriale; la tutela dei consumatori finalizzata a minimizzare i comportamenti opportunistici. In definitiva, i sostenitori dell’e. s. di m. sono strenui critici sia della concentrazione del potere economico e politico sia dello sfrenato antagonismo tra classi sociali. La loro proposta ‘riformista’ si pone contro qualsiasi idea di pianificazione e collettivismo e anche contro il liberalismo sfrenato». Voce della Treccani di Andrea Fumagalli

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