Print Friendly, PDF & Email
Print Friendly, PDF & Email
alfabeta

Riunire la sinistra?
Non ce ne importa niente

Roberto Ciccarelli

podemos leader“Riunire la sinistra? Non me ne importa niente” ha detto Pablo Iglesias, il leader carismatico di Podemos a Matteo Pucciarelli e Giacomo Russo Spena in un libro su quello che oggi è il primo partito spagnolo: Podemos. La sinistra spagnola oltre la sinistra (Alegre, 2014). Questa è una delle frasi più importanti in un reportage particolarmente ispirato che segue di pochi mesi uno analogo scritto da Pucciarelli e Russo Spena sulla Syriza di Alexis Tsipras. Segna una distanza irreversibile rispetto alla discussione italiana ferma allo schema archeologico del fronte popolare. Tale unione non corrisponde mai ad un conflitto reale. Il conflitto, anzi, si svolge tra le parti che dovrebbero realizzare una simile unione. Un’unione che, non a caso, non si realizza mai.

 

Il disgusto per la sinistra

“Sinistra” è una parola impresentabile in società. Per gli spagnoli indica la vergogna della corruzione del Psoe; per i francesi significa l’ignobile social-liberismo dei socialisti di Hollande: per gli italiani l’opportunismo cinico, infantile e autoritario del partito democratico di Renzi. Per tutti la sinistra è il sinonimo del disgusto per chi si sente di sinistra.

Print Friendly, PDF & Email
resistenze1

C'è vita dopo la socialdemocrazia?

Zoltan Zigedy

10522"I problemi del Partito Laburista non sono molto diversi da quelli degli altri partiti socialdemocratici occidentali... In questo senso viviamo oggi non solo una crisi dello stato britannico, ma anche una crisi generale della socialdemocrazia". (Labour Vanishes, Ross McKibbin, London Review of Books, November 20, 2014).

La sintetica valutazione di McKibbin sulla socialdemocrazia è tanto appassionata quanto convincente. La socialdemocrazia, l'espressione politica del riformismo anticomunista del XX secolo, è arrivata a un punto che sfida la sua visione e la sua stessa vitalità politica. Nelle parole di McKibbin: "Nel corso degli ultimi venti o trenta anni, i grandi partiti socialdemocratici di Germania, Austria, Paesi Scandinavi, Australia e Nuova Zelanda (e ora la Francia) hanno vissuto una emorragia di consensi...". Si potrebbe aggiungere tra questi, anche se in modo meno drammatico, l'imitazione di partito socialdemocratico statunitense, il Partito Democratico.

Da un punto di vista sostanziale, la socialdemocrazia trae energia dalla sua posizione di alternativa al comunismo. Per varie ragioni - timore del cambiamento, demonizzazione anticomunista, ignoranza, supposto interesse individuale - molti tra coloro che sono svantaggiati dal capitalismo cercano rifugio nei partiti addomesticati, gradualisti e aggressivamente anticomunisti, che rivendicano spazio a sinistra. Sostenendo un approccio parlamentare piano, cauto, non conflittuale, imbrigliando lo sforzo con la civiltà, i pensatori socialdemocratici credono di poter smussare le asperità del capitalismo con tranquillità e popolarità.

Print Friendly, PDF & Email
ricostruire il pc

La Ricostruzione del Pc e il dibattito economico

di Lorenzo Battisti*

4774La crisi dell’economia capitalistica colpisce i paesi occidentali ormai da molti anni, eppure a leggere i giornali (o ascoltando i dibattiti in televisione o alla radio) sembra che nulla sia cambiato nelle analisi e nelle proposte di politica economica. Oggi, come prima della crisi, il liberismo economico resta l’unica visione dell’economia e sembra che nessuno lo metta in discussione. Se davvero questa crisi è paragonabile a quella del 1929, la resistenza del liberismo rappresenta una differenza significativa.

 

La lotta ideologica in economia

Come osservava Marx

“nel campo dell’economia politica la libera ricerca scientifica non trova solo gli stessi nemici che trova in tutti gli altri campi. La natura propria della materia che tratta richiama a battaglia contro di lei le passioni più forti, più meschine e più brutte del cuore umano, le furie dell’interesse privato.”

Lo studio dell’economia è stato fortemente influenzato dai mutamenti politici che sono avvenuti negli ultimi decenni. Proprio a causa dei forti interessi in gioco, l’economia rappresenta un campo di lotta che oltrepassa i semplici confronti scientifici: in questo campo i normali criteri di selezione delle idee e degli studiosi vengono abbandonati, e a prevalere non è più la semplice contesa accademica, ma una selezione fondata sulla vicinanza o meno agli interessi dominanti.

Print Friendly, PDF & Email
militant

Movimenti e rappresentanza politica: il caso Podemos

Militant

Mas podemos-spainDa diverso tempo il caso Podemos – il partito politico nato dall’esperienza del movimento degli “indignados” in Spagna – sta tenendo banco nelle discussioni di movimento. A ragione, vorremmo sottolineare, perché il caso si presta ad una molteplicità di letture affatto attuali e dirimenti per la situazione italiana. Interpretare il caso spagnolo è allora opportuno, perché può insegnarci qualcosa, per cogliere i limiti e le potenzialità di tale esperimento, insomma per generare una discussione capace di smuovere le secche politiche dei movimenti italiani. Movimenti costantemente stretti tra rifiuto della rappresentanza e crisi del politico, una vuoto di volta in volta riempito dalle peggiori imitazioni del concetto di sinistra.

Podemos nasce nel gennaio di quest’anno, a più di tre anni dall’esplosione (e dalla relativamente rapida dissoluzione) del movimento degli indignados (un movimento particolare che già aveva attirato la nostra attenzione: uno, due e tre link utili a capire cosa ne pensavamo). Una dissoluzione determinata da vari fattori anche contrastanti, il primo dei quali è la non strutturazione dell’esperienza politica, che ha portato questa al veloce dissolvimento una volta raggiunto l’apice della protesta. Un movimento politico basato esclusivamente sulla mobilitazione costante infatti non riesce a reggere alla distanza, quando fisiologicamente la mobilitazione viene meno per le ragioni più varie.

Print Friendly, PDF & Email
ricostruire il pc

Crisi di sistema e necessità di un’alternativa

Quale ruolo per i comunisti

di Alexander Höbel

gramsci1. La crisi capitalistica come “crisi generale”

La crisi capitalistica in corso ormai da diversi anni – crisi economica ma anche sociale, politica e ideale – va connotandosi sempre di più come una “crisi generale” del sistema1. Affiancandosi a una degradazione costante dell’ambiente e del clima, frutto degli stessi meccanismi economici, essa si delinea ormai come una vera e propria “crisi di civiltà”, con rischi molto pesanti per i popoli e per l’umanità intera2. Per il geografo marxista David Harvey, sono molte le contraddizioni strutturali che rendono necessario e possibile andare oltre il capitalismo, sulla base di un “umanesimo rivoluzionario” che “unifica il Marx del Capitale con quello dei Manoscritti economici e filosofici del 18443.

Dal canto suo Thomas Piketty, pur muovendo da presupposti non marxisti, ha confermato con una notevole mole di dati che negli ultimi decenni le diseguaglianze di reddito e nella distribuzione delle ricchezze si sono enormemente ampliate4. Ne risulta dunque smentita la tesi, propria anche di diversi premi Nobel per l’economia, di una tendenza alla “convergenza” dei redditi frutto dei meccanismi del mercato; al contrario, è ampliamente confermata l’analisi di Marx sul capitalismo come sistema polarizzante, ossia come sistema che tende ad allargare le differenze sul piano economico e sociale, ponendo sempre di più ristrette e potentissime oligarchie – la “classe capitalistica transnazionale”5 – in contraddizione violenta con gli interessi e la vita di masse sterminate di donne e uomini.

Print Friendly, PDF & Email
euronomade

Verifica dei poteri

di Euronomade

banca-finanza-aziendale1“Siamo pronti anche ad altri interventi non convenzionali”, dichiara solenne Draghi dalla Reggia di Capodimonte a Napoli. I banchieri applaudono all’eroe della faccia espansiva dell’austerity: da Intesa San Paolo/Banconapoli a Unicredit, è tutto un inno allo sforzo erculeo del banchiere buono per vincere l’idra a doppia testa della recessione e del debito. Intanto, i manifestanti della benemerita mobilitazione Block Bce decidono, con una schivata intelligente, di sciamare per il quartiere Sanità, dove il corteo non ha alcuna difficoltà a farsi capire. Lì hanno le idee molto chiare sulla natura della crisi: un enorme processo di estrazione e di concentrazione di ricchezza, che distrugge quel che resta del welfare, impone precarietà, traduce l’instabilità finanziaria in un tentativo continuo di rafforzamento del comando.

L’autunno si apre insomma con una sintesi piuttosto eloquente: da un lato, si dispiega un tentativo impegnativo, che sarebbe pericoloso sottovalutare, di innestare un’altra marcia nella gestione della crisi. Si intensifica lo sforzo di immettere liquidità nel sistema bancario, e, contemporaneamente, si cerca di motivare le banche a far filtrare questa liquidità nelle imprese. Ma, dall’altro lato, il tentativo di “americanizzare” la Bce, di trasformarla definitivamente in un governo politico della crisi e di farne il centro di una nuova politica espansiva, tocca sempre più il suo limite.

Print Friendly, PDF & Email
contropiano2

Verso il 28 giugno

Intervista al Collettivo Militant (Noi saremo tutto)

a cura di Luca Fiore

28 giugnoIl 28 giugno a Roma si terrà la manifestazione nazionale di apertura del controsemestre popolare che movimenti sociali, sindacati e politici intendono opporre al semestre di presidenza dell'Unione Europea, per il lavoro, il reddito, il welfare e contro la guerra alle porte dell'Europa. Con quale spirito e con quali obiettivi state promuovendo questa mobilitazione?

Con la piena consapevolezza di come la sinistra di classe oggi non possa fare a meno di affrontare la “questione europea”. L'Unione Europea nasce in aperto conflitto con le organizzazioni e i movimenti comunisti e si pone ai giorni nostri come un polo imperialista autonomo rispetto agli Stati Uniti. Fino a poco tempo fa c'era chi affermava, anche a sinistra, che servisse “più Europa” e che il problema dell'UE fosse il presunto deficit di democraticità. Apriamo gli occhi! L'Unione Europea agisce sulla base di una strategia neoliberista e antiproletaria che ha l'obiettivo di ottimizzare l'appropriazione di valore. Quest'ultima, a fronte di una crisi economica sistemica e non episodica, agisce ormai a livello internazionale, superando i confini dello Stato-nazione e fagocitando il cosiddetto “capitalismo dal volto umano”, su cui tante speranze avevano riposto le varie opzioni socialdemocratiche. Diamo una risposta popolare, di classe, europea!

Print Friendly, PDF & Email
web e politica

#Ross@: da contenitore spurio a progetto politico compiuto

Ovvero il cerino vs la luce piena

Oltrepassiamo le ragioni apparentemente incomprensibili della difficoltà di decollo di Ross@; una ipotesi realistica di decodifica e una proposta: procediamo!

rossaDopo un anno vissuto pericolosamente, ma troppo marginalmente per quanto ci riguarda, nel contesto politico e sociale italiano, Ross@ è tornata a riunirsi a Bologna.

Pericolosamente perché sono stati 12 mesi intensissimi sul piano degli assestamenti politici a livello di governo (si pensi al governo Letta, alle primarie del PD -sostitutive delle elezioni, che hanno portato all’ascesa extra-istituzionale di Renzi alla guida dell’esecutivo), dell’assunzione del ruolo e delle funzioni del regime politico che si sta costruendo, alle sempre maggiori drammatiche condizioni nelle quali versano le masse popolari, impiegate o disoccupate, alle quali si sottraggono reddito, servizi sanitari, istruzione, diritti: in una parola il “futuro”.Marginalmente perché la non strutturazione in termini politici di Ross@ a livello nazionale ha impedito che fossero portate all’onor del mondo idee, progetti e obiettivi strategici. L’inconsistenza formale e di contenuto ha relegato, ovviamente, questa nascente formazione a non avere voce autorevole. Né con i movimenti autonomi né verso altre soggettività.

Dobbiamo comunque ringraziare chi, facendo parte del gruppo promotore di Ross@ nel 2013, ha consentito il riattivarsi della circolazione di idee ed elaborazioni.

Una partenza preziosa, prosecuzione di precedenti sperimentazioni (si pensi al No Debito) che per la loro natura aggregante su temi circoscritti – e mai portati a sintesi – non potevano proseguire oltre la propria funzione.

Print Friendly, PDF & Email
minimamoralia

Il desiderio di morte come progetto politico

di Christian Raimo

Barbara-Spinelli1Quello che la prima volta si manifesta in tragedia, la seconda lo fa in farsa. E la terza – la definitiva, la terminale – come lettera da Parigi. Lo psicodramma Spinelli e l’esperienza della Lista L’Altra Europa con Tsipras sono finiti ieri, nel modo peggiore che si poteva immaginare: un suicidio mascherato da sopravvivenza. Barbara Spinelli, dopo giorni di silenzio andropoviano, ha inviato una mail da Parigi, che potete leggere qui. E invito a farlo, a leggerla, dico, per intero; perché è uno dei documenti più rappresentativi della sinistra italiana, della sua incapacità a comunicare, della sua deresponsabilizzazione patologica, del suo narcisismo laschiano conclamato, del suo desiderio di morte, della sua fame saturnina.

Con questa lettera, Spinelli accetta ciò a cui aveva rinunciato: ossia di diventare parlamentare europea in caso fosse stata eletta. Dopo aver fatto una lunga campagna elettorale spiegando il senso delle candidature (che abbiamo accettato di chiamare testimoniali per essere buoni e dovevamo chiamare civetta per essere precisi), il 26 maggio – all’indomani del risultato del 4,03% -, mentre Marco Furfaro (di estrazione Sel) e Eleonora Forenza (di estrazione Rifondazione) festeggiavano il loro secondo posto dietro Spinelli e quindi la loro elezione a Bruxelles, Spinelli apriva il telefono della doccia fredda e urticante, insinuando che invece no, contrordine compagni, forse era meglio che andasse lei. Il resto è la cronaca di quindici giorni deliranti. Va, non va, esclude Furfaro, esclude Forenza, ci sarà una lotteria fra i due, ci sarà una consultazione alla base, ci sarà una discussione…

Print Friendly, PDF & Email
alfabeta

Ragionando di elezioni

Carlo Formenti

22505Un paio di mesi fa era apparsa su queste pagine una mia “Lettera aperta ai compagni della sinistra radicale sulle elezioni europee”. Si trattava di un documento in cui spiegavo le ragioni per cui la lista Tsipras non suscitava il mio entusiasmo:

1) perché riproponeva la vecchia logica di un accordo puramente elettorale fra le varie componenti di una sinistra radical-istituzionale (scusate l’ossimoro ma non saprei come altro definirla) priva di identità sociale e progetto politico;

2) perché irritato dall’ipocrisia con cui si spacciavano come “costruite dal basso” liste raffazzonate all’ultimo momento con un occhio all’appeal mediatico dei candidati (molti dei quali “falsi”, in quanto dichiaravano a priori la propria intenzione di rinunciare ove eletti) e l’altro agli accordi fra le correnti in campo;

3) perché alimentava illusioni riformiste nei confronti di istituzioni europee palesemente irriformabili e irrimediabilmente oligarchiche;

4) perché ambiva a rappresentare una generica “società civile”, priva di ogni caratterizzazione di classe.

Quell’intervento provocò una pioggia di critiche (e qualche insulto) alle quali ho scelto di non replicare perché non volevo venisse interpretato come una “campagna contro”, limitandomi a dire che l’avrei votata anch’io, sia pure turandomi il naso, dando la preferenza a qualcuno dei candidati degni di stima (che in effetti non mancavano).

Print Friendly, PDF & Email
contropiano2

La perversa "morale del potere" davanti all'atto rivoluzionario

Vincenzo Morvillo

rivoluzione franceseIn un’intervista, rilasciata alcuni giorni fa al Corriere di Romagna, in occasione della presentazione del suo ultimo romanzo “Lascia che il mare entri”, Barbara Balzerani, scrittrice, ex militante delle Brigate Rosse, che ha pagato le sue scelte con 30 anni di carcere duro e senza mai pentirsi, dice:

«Il vincitore, oltre alla resa, pretende tutte le ragioni e fa della ricostruzione storica un’arma per l’esercizio del suo potere. Infatti, la nostra vicenda è stata talmente trasfigurata e decontestualizzata che viene usata come deterrente per il presente. Come se l’ipotesi stessa del conflitto sociale abbia esaurito la sua legittimità una volta e per sempre. La mia scrittura non può che partire da qui perché la storia dell’insorgenza degli anni ’60 e ’70 è il prodotto di violenza, illibertà e ingiustizie di antica memoria. Le responsabilità politiche di chi ha governato questo paese, anche con le stragi, e di chi se ne è fatto alleato, ne hanno costituito le ragioni. Io non intendo cercare giustificazioni per le mie scelte ma neanche darne a nessuno».

E poi, di seguito:

«Nella sostanza, sono ignorata dalla critica letteraria e ai margini del mercato editoriale, quando non direttamente sanzionata per la mia presunzione di esistenza in vita, ossia con facoltà di parola. Ma non mi lamento, voglio solo scrivere per chi, come me, soffre la povertà dei valori oggi dominanti, che fanno del mercato di tutto e di tutti la misura del bene e del male».

Print Friendly, PDF & Email
gramsci oggi

I tabù della sinistra radicale

di Spartaco A. Puttini

4182755971Note sulla posta in gioco, a margine di una recensione

Aurélien Bernier, di Attac France, ha da poco pubblicato il suo libro sui tabù della sinistra radicale: La gauche radicale et ses tabous: pourquoi le Front de Gauche échoue face au Front national. Il libro non è stato ancora tradotto in italiano, forse non lo sarà mai. Appare per certi versi troppo legato alla dimensione politica transalpina per poter sperare di rompere la coltre di provincialismo che interessa la politica nostrana. Eppure parla anche a noi. Per questo vale la pena soffermarsi sul testo e sui suoi rilievi, perché può arrecare alcuni elementi di giudizio e riflessione anche alla sinistra italiana, che mai come ora procede a tentoni, a fari spenti nella nebbia.

Tratta dell’ascesa del Front national, del suo sfondamento nelle classi popolari e della modifica di indirizzo che, almeno apparentemente, ha impresso la nuova leadership di Marine Le Pen. Ma il soggetto vero dell’analisi e della ricostruzione di Bernier è la sinistra radicale francese. Con la sua ambizione di contenere l’estrema destra e intercettare il malcontento verso le politiche euro-liberali praticate dai socialisti e dagli esponenti della destra ex-gollista convertita al neoliberismo.

Bernier ricostruisce le varie fasi in cui, dal 1984 ad oggi, l’elettorato comunista e apparentato si è assottigliato, specie a seguito della mutation, il processo di allontanamento dalle proprie radici ideologiche e di cultura politica, mentre parallelamente cresceva la fiamma lepenista.

Print Friendly, PDF & Email
quaderni s precario

L’inchiesta come stile di militanza

In ricordo di Vittorio Rieser

aQuesta notte è venuto a mancare Vittorio Rieser, compagno e militante fin dagli anni ’50 impegnato nei processi di studio e organizzazione della lotta di classe, in particolare nella sua Torino. Vittorio è stato una figura importante dei Quaderni Rossi, straordinario laboratorio di formazione politica ed elaborazione militante per un’intera generazione: a cominciare da allora ha cominciato la pratica dell’inchiesta operaia, uno stile che avrebbe portato avanti per tutta la vita. La storia di Vittorio è dentro una storia collettiva, che ha assunto percorsi differenti ma ha una radice comune: l’irriducibile scelta e parzialità del punto di vista. Per questo motivo vogliamo ricordarlo con un’intervista uscita nel volume sull’operaismo Futuro anteriore. Dai «Quaderni Rossi» ai movimenti globali: ricchezza e limiti dell’operaismo italiano. Per dire ancora una volta con Fortini che “chi ha compagni non morirà”.

* * * * *

INTERVISTA A VITTORIO RIESER – 3 OTTOBRE 2001

Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale e quali le eventuali figure di riferimento nell’ambito di tale percorso?

Il fatto di essere arrivato presto alla politica è legato anche alle mie origini famigliari: i miei genitori erano antifascisti, tutti e due hanno avuto periodi più o meno lunghi di militanza comunista. Mia madre è stata in carcere un anno, condannata dal Tribunale Speciale perché era responsabile del Partito Comunista clandestino a Grosseto; mio padre era un ebreo polacco comunista che ha fatto per alcuni anni il rivoluzionario di professione, poi si è rifugiato in Italia perché in Polonia era colpito da mandato di cattura.

Print Friendly, PDF & Email

Oltre il 12 aprile

Dare identità al nostro blocco sociale e un volto al nemico

Mauro Casadio*

Abbiamo scelto di “far abbassare la polvere” dopo la manifestazione, gli scontri e l’acceso dibattito che c’è stato sul 12 Aprile per fare una valutazione della situazione più oggettiva, più distaccata. La scelta nasce dall’esigenza di gettare uno sguardo più lungo e più profondo sugli eventi che attraversiamo, altrimenti si corre il rischio di seguire la via indicataci dalla cultura egemone, la quale basa tutto sugli eventi e la loro rappresentazione, ma che il giorno dopo rapidamente vengono dimenticati e rimpiazzati da altri eventi che seguiranno esattamente la stessa parabola e conclusione.

Per fare questa operazione di “cultura” politica non si può prescindere dalla dinamica di come si è arrivati al 12 Aprile. Balza agli occhi di tutti e si impone nelle valutazioni politiche il confronto con le giornate del 18 e del 19 Ottobre, ma non possiamo fare questo confronto se si prescinde da come si sono prodotte quelle giornate e quali conseguenze hanno avuto già dal giorno dopo.

Quelle giornate sono state l’effetto di almeno cinque mesi di confronti e relazioni che sono sfociate in due manifestazioni separate temporalmente ma unite politicamente dall’accampata a San Giovanni fatta tra il 18 al 19, in cui tutte le espressioni di classe e antagoniste, politiche, sociali e sindacali nazionali, si sono sentite in “dovere” di intervenire nei dibattiti e nei diversi momenti di confronto organizzati.

Print Friendly, PDF & Email

I rischi di una nuova estetica del conflitto

Militant

L’assedio ad un palazzo vuoto, elevato ad emblema feticizzato del proprio malessere, per di più da anni svuotato di concreti poteri politici che non siano la ratifica amministrativa di decisioni economiche prese all’interno delle istituzioni neoliberiste della UE, non può che farci tornare alla mente le giornate di Genova e la successiva discussione politica che qualcuno cercò di intraprendere nel valutare quegli anni e quel movimento. Una delle principali critiche politiche al movimento no-global fu proprio quella di aver edificato il livello simbolico, scenico, mediatico a protagonista assoluto, scalzando ogni dinamica materiale. Sebbene non fosse dentro quella zona rossa che il potere decideva per sé e per le popolazioni subalterne, ogni rivolo conflittuale doveva convergere verso l’assedio del “palazzo” (in quel caso, peraltro, una nave). In quegli anni la dinamica “assediante” fu rivolta contro i famosi “vertici” europei (la stagione dei controvertici), generando quell’accumulazione di forze che vide nelle giornate di Genova il punto culminante. Come andò a finire è storia nota. La sconfitta, politica e non (solo) militare, fu determinata proprio dalla concentrazione di tutte le proprie forze sul livello mediatico-evenemenziale, credendo di giocare alla guerriglia semiotica in un luogo e contro forze che non rappresentavano il vero nemico, ma solo la sua rappresentazione scenica (rappresentazione che comunque si incazzò parecchio e reagì alla vecchia maniera, demolendo pistola alla mano la post-modernità).