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Ue e movimento comunista: cosa dovrebbe fare, oggi, il MpRC, se fosse un partito comunista?

di Fosco Giannini*

L’esigenza dell’unità del movimento comunista dell’Ue nella ricerca politico-teorica e nella lotta anticapitalista sovranazionale

worker 156806 1280Cosa dovrebbe fare, che compiti prioritari avrebbe, dopo queste elezioni europee 2024, il Movimento per la Rinascita Comunista se fosse un partito, un partito comunista e, ancor meglio, un partito comunista d’avanguardia? Cosa dovrebbe fare a partire dall’analisi della situazione concreta relativa all’Ue, così come mirabilmente è stata sviluppata dal compagno Ascanio Bernardeschi su questo stesso giornale, «Futura Società», in un editoriale dal titolo “Un voto che delegittima l’Unione europea”?

Ha scritto Ascanio: “L’Unione europea, fin dal trattato di Maastricht e dai suoi precedenti, si è caratterizzata come un tentativo di integrazione economica sulla base di un modello liberista e imperialista. È stata, per esempio, funzionale al colonialismo in Africa e, dopo la fine del campo socialista europeo, all’omologazione dei modelli sociali nei Paesi ex alleati dell’Urss, intossicando il continente di nazionalismo, razzismo e neofascismo, aderendo inoltre a tutte le guerre della Nato.

Le sofferenze sociali derivanti dalla crisi del capitalismo, l’assenza di ogni ipotesi alternativa alle politiche liberiste che hanno devastato i diritti sociali e richiesto un viraggio progressivo verso l’autoritarismo e la riduzione degli spazi democratici, hanno determinato un malcontento popolare che, in assenza – salvo pochissime eccezioni – di una sinistra forte e incisiva hanno avvantaggiato la lievitazione della falsa alternativa di destra”.E più avanti: “Per fortuna, nelle recenti elezioni europee non tutto il malcontento ha guardato a destra. Intanto c’è il dato importante, e non a caso trascurato dai media, dell’astensionismo (…) un dato così eclatante significa l’ennesima delegittimazione delle istituzioni dell’Unione europea. Ennesima, perché ogni qual volta i popoli sono stati chiamati a esprimere in appositi referendum (mai in Italia) l’approvazione o meno della Costituzione europea, quest’ultima è stata sonoramente bocciata, tanto che l’establishment ha ovviato cambiandole nome. Ora si chiama Trattato”.

La lunga citazione di Ascanio ci serve sia per evitare nostre ripetizioni che per ribadire alcuni concetti-chiave:

– i popoli dell’Ue non sentono minimamente propria l’Ue e l’astensionismo di massa è segno tangibile di tanto disinteresse, poiché l’Ue non è affatto il prodotto di un lungo e storicamente necessitato processo unitario tra stati e popoli, ma la costruzione artificiale di un potere sovranazionale (la Commissione europea, innanzitutto) avente il compito di cancellare, sul piano continentale, gli ultimi residui delle conquiste socialiste e operaie continentali, aprendo la fase, storica, dell’abbattimento iperliberista dei salari, dei diritti e dello stato sociale, condizione primaria per una nuova accumulazione del grande capitale transnazionale europeo, per l’abbattimento del costo delle merci europee e per il conseguente pieno ritorno al ruolo di primario “agonista”, nella lotta interimperialista per la conquista dei mercati mondiali, del capitale transnazionale dell’Ue. Il potere dittatoriale della Commissione europea – espressione diretta del potere capitalista dell’Ue e che per questo, in questi giorni successivi al voto europeo, ne vede tanto contesa la presidenza – assieme alla totale mancanza di ruolo e di senso del parlamento europeo, sono i segni più chiari di come i popoli europei siano totalmente estromessi dai poteri dell’Ue e come questa sia un’assoluta proiezione degli interessi del grande capitale transnazionale;

– la struttura “elicoidale” dell’Ue, dove i singoli monomeri del potere, la Commissione, il Consiglio, il falso parlamento, i Trattati, l’esercito europeo presentato ai popoli dell’Ue così come Edmondo De Amicis presentava al popolo italiano l’esercito nel libro “Cuore”, uno strumento di guerra imperialista – sia per l’Ue di ora che per l’Italia di De Amicis – e di costruzione ideologica e sentimentale della nuova patria; l’ideologia liberista stessa dell’Ue, totalmente dispiegata, come nelle 11 manipolazioni tattiche di Goebbels, attraverso l’utilizzo bieco di un’infinita, plurima, campagna mediatica, istituzionale, ideologica, che arriva alla totale trasfigurazione del mondo e dei suoi conflitti, alla strumentalizzazione dei libri di scuola e diretta a costruire, attraverso il rilancio dell’eterno positivismo italiano, l’enfasi sull’Ue, sulla sua “necessità” e “inevitabilità” storica: tutto ciò ci dice dell’impossibilità oggettiva di un cambiamento dall’interno dell’Ue, ma solo della necessità di una sua totale rottura e superamento.

Ma chiarita la natura totalmente fraudolenta e artificiosa dell’Ue (completamente “innaturale” anche rispetto agli Stati Uniti d’America, che invece trovarono le basi oggettive per il processo di unificazione dei loro primi 13 stati attraverso la lotta antimperialista contro il dominio britannico e, in relazione a ciò, dopo la Dichiarazione di Indipendenza del 1776, si dotarono immediatamente, come supremo segno unitario, di un sistema fiscale unico, atto che mai ha sfiorato l’Ue “germanizzata”, poiché mai Berlino vorrebbe redistribuire la propria ricchezza alla Grecia o al Meridione d’Italia) e chiarito il fatto che essa altro non è che lo strumento politico-ideologico-istituzionale di cui il grande capitale transnazionale dell’area Ue si è dotato per ricollocare totalmente se stesso nella lotta interimperialista per la conquista dei mercati mondiali, chiarito tutto ciò che cosa farebbe, oggi, il MpRC se fosse un partito comunista e, ancor meglio, un partito comunista conseguentemente antimperialista, rivoluzionario e d’avanguardia?

Come, già ora, il MpRC si pone il problema della riunificazione delle forze comuniste italiane sulla base dell’affinità ideologica e rivoluzionaria, esso, fosse già partito comunista, dovrebbe porre la questione (certo di titanica portata, ma cosa siamo comunisti a fare se non per cercare di rendere possibile, anche attraverso il ritorno dell’azione soggettiva nella storia, l’apparente impossibile?) della riunificazione, a partire dalle lotte comuni e transnazionali, del movimento comunista e antimperialista dell’Ue.

Il movimento comunista dell’Ue vive una crisi profonda e, come segno stesso delle proprie difficoltà di fase, una crisi mai unitariamente e seriamente indagata. Anche le ultime elezioni europee di questo 2004, nonostante i forti avanzamenti delle forze comuniste e di sinistra in Finlandia e nei paesi nordici, non hanno certo corroborato il movimento comunista generale, a partire dalle sue formazioni più solide e avanzate, il Partito Comunista Portoghese e l’Akel di Cipro, che hanno ridotto a un solo parlamentare, a testa, la loro presenza nel Gue/Ngl (Sinistra unitaria europea/Sinistra Verde Nordica), il Gruppo dei partiti comunisti e delle forze della sinistra anticapitalista al parlamento europeo.

Ma come, in Italia, il MpRC e altre forze comuniste non pongono la questione del rilancio del movimento comunista a partire dalla sua attuale condizione elettorale, sociale e politica, ma a partire dall’estrema attualità dell’essenza rivoluzionaria comunista e dell’intero movimento comunista mondiale, dalla sua consistenza internazionale e dal decisivo ruolo che i grandi partiti comunisti del mondo, a partire da quello cinese, oggi svolgono sia nella costruzione dei Brics planetari che nella messa in campo di quel fronte antimperialista che ha già cambiato i rapporti di forza mondiali a sfavore del fronte imperialista, così nell’area Ue non dovrà porsi la questione del rilancio del movimento comunista europeo a partire dal suo peso specifico attuale all’interno del parlamento europeo e dei parlamenti nazionali ma, come per l’Italia, dal suo essere parte di un movimento comunista mondiale in espansione e protagonista del “riavvio” della storia rivoluzionaria dopo la “ratifica” idealista della “fine della storia” decretata dal fronte imperialista, dopo l’autodissoluzione dell’Unione Sovietica.

Tuttavia, anche se reso storicamente razionale e legittimo nel suo progetto rivoluzionario dalla grande crescita del movimento comunista e antimperialista mondiale, il movimento comunista dell’area dell’Ue è chiamato ad affrontare e decodificare la propria, attuale, crisi come primo passo della marcia verso la propria ricostruzione e rinascita.

Non è questo lo spazio deputato a tale analisi, necessariamente vasta e profonda. Ed evochiamo solo alcune questioni che potrebbero far parte di un “pacchetto” complessivo di problematiche ideologiche, storiche, politiche che il movimento comunista dell’Ue (attorno a un tavolo comunista sovranazionale, unificato e solidale, e con ciò anticipiamo uno dei compiti che dovrebbe darsi il MpRC qualora fosse, oggi, un partito comunista: la costruzione di un tavolo comunista sovranazionale a livello Ue) dovrebbe affrontare al fine di unirsi e, dunque, rilanciarsi.

La prima questione che occorrerebbe affrontare è la stessa crisi, filosofica, ideologica, culturale, del marxismo occidentale, dalla quale, “volens nolens”, trae le proprie difficoltà anche l’attuale movimento comunista dell’Ue, anche quand’esso fosse esterno a tale crisi, non protagonista in negativo di essa. Siamo stati e rimaniamo spettatori di un positivismo mai pienamente superato da gran parte del movimento comunista italiano ed europeo, una Seconda Internazionale mai veramente eliminata dal bagaglio teorico di tanta parte del movimento comunista europeo (dai suoi centri, politici e accademici, di propulsione politica e teorica), una precoce rottura con il marxismo rivoluzionario e con il leninismo ed un ritorno alla centralità europea e occidentale di stampo essenzialmente socialista o socialdemocratico: tutto ciò, a spanne e brutalmente asserito, molto ha contribuito a produrre un moto carsico e di superficie capace di inquinare profondamente e indebolire il movimento comunista europeo. Forse in nessun’altra opera ciò è chiarito tanto bene come ne “Il marxismo occidentale – Come nacque, come morì, come può rinascere” di Domenico Losurdo. Scrive Losurdo in questo suo saggio fondamentale dei primi anni 2.000, anticipando la propria tesi di fondo, diretta a svelare la fragilità e caducità del pensiero marxista occidentale generale: “Lenin richiama l’attenzione sul fatto che, agli occhi dell’Occidente, le vittime delle guerre e dellespansionismo coloniale non meritano nemmeno l’appellativo di popoli (sono forse popoli gli asiatici e gli africani?); in ultima analisi, esse, sono escluse dalla comunità umana”. Ancor più esplicito è Gramsci. Scrivendo negli anni ’30 egli osserva: “Persino per un filosofo come Henry Bergson, in realtà umanità significa Occidente”; ed è in tal modo che argomentano i campioni della “difesa dell’Occidente”, la cultura dominante in Occidente. Il comunismo, invece, è sinonimo di umanesimo integrale, di un umanesimo che sfida l’arroganza dei “bianchi superuomini”.

Assistiamo in definitiva, al ritorno, in Europa – dopo la felice violenza rivoluzionaria teorica di Gramsci e dei partiti comunisti europei che nascono dopo la Rivoluzione d’Ottobre e che puntano a rompere col “crocianesimo sovranazionale” e col positivismo imperanti nel movimento operaio italiano ed europeo – al ritorno ideologico a Turati e al suo socialismo imbelle e ciò attraverso le rotture stranianti, ma in grado di esprimere una grande capacità di persuasione ed egemonia sul movimento operaio e comunista europeo, condotte dal vasto “establishment” ideologico “neomarxista” europeo.

Facciamo solo alcuni nomi, tra quelli che tanto hanno contribuito alla formazione di quel marxismo occidentale esterno al marxismo e al leninismo: il filosofo inglese trotzkista Anderson, che assiduamente ha lavorato, giungendo a pesanti risultati negativi, affinché il marxismo occidentale dichiarasse il proprio, totale, distacco ed estraneità da quello che lui definì “marxismo caricaturale” dei paesi ufficialmente marxisti e comunisti, portando con ciò un attacco sia all’Unione Sovietica, sia alla Cina popolare, che al movimento comunista mondiale, un attacco, questo di Anderson, che non si perita anche di tentare di distruggere Gramsci, un attacco i cui bagliori ancora “illuminano” ideologicamente diverse forze “comuniste”, italiane ed europee.

Il filosofo marxista francese Merleau-Ponty, che asseriva, disorientando sia i militanti del Partito comunista francese che quelli del maggio francese ed europeo: “La politica rivoluzionaria, che nella prospettiva del 1917 doveva storicamente subentrare alla politica ‘liberale’ è invece sempre più diventata una politica di paesi nuovi, il mezzo per passare da economie semicoloniali ai moderni modi di produzione. L’immenso apparato da essa costruito, con le sue regole e i suoi privilegi, nel momento stesso in cui si dimostra efficace per impiantare un’industria o mettere al lavoro un proletariato ancora vergine, indebolisce il proletariato come classe dirigente”.

Il Bloch che afferma come il potere sia “un male in sé”; l’Althusser che teorizza –prendendo le distanze dal materialismo dei processi storici e dei movimenti concreti di Marx ed Engels – sulla storia come prodotto di “rotture epistemologiche”; la Scuola di Francoforte – capace di orientare malamente intere generazioni di comunisti europei – che svuota di senso materialista i processi storici e la costruzione della coscienza individuale e collettiva; il Mario Tronti secondo il quale – in antitesi netta con Gramsci – l’universalismo sarebbe la visione borghese classica del mondo e dell’uomo, divenendo in questo modo importante protagonista della rimozione delle categorie stesse di internazionalismo e di antimperialismo; e poi la Rossanda, tanta parte de «il Manifesto», inclini a criticare sino alla demonizzazione l’Unione Sovietica e il campo socialista; Sartre, il primo Lukacs, Adorno, Bobbio, Foucault, Hannah Arendt, Timpanaro, Zizek, Badiou. Un intero empireo di guru “marxisti” europei capace di disorientare e spesso svuotare di carica rivoluzionaria Marx, Lenin, le stesse rivoluzioni in Russia, in Cina, a Cuba, le lotte anticolonialiste spesso lette con gli occhi dell’occidente (chi non ricorda il Bertinotti che “ratifica”, con la volgarità dell’ansiosa ostentazione dei maglioncini di cachemire, che “la resistenza irachena non è una resistenza”?) e attraverso il prisma di un falso “umanesimo” controrivoluzionario secondo il quale le lotte anticolonialiste non sono quasi mai esteticamente belle e “giuste”.

Tutto un apparato ideologico che, in qualche modo, prepara l’eurocomunismo, l’autodissoluzione del Pci storico, il fallimento del progetto di Rifondazione comunista, la liquefazione comunista nell’Izquierda Unida, nel Synaspismos, in Syriza, nella Sinistra europea, nella Sinistra Italiana, esperienze che ratificano la definitiva rottura col marxismo e col leninismo anticipando lo snaturamento di una parte importante del movimento comunista europeo e la sua crisi ideologica e, dunque, politica.

Se fosse un partito comunista, questo dovrebbe fare, oggi, il MpRC, di fronte a tali, grandi problematiche del movimento comunista europeo: assumere un ruolo da protagonista, lavorare assiduamente, tessere la rete dei partiti comunisti dell’Ue – almeno tutti quelli ideologicamente affini – e spingere per giungere ad una grande fase di discussione sovranazionale dei partiti comunisti dell’Ue, una discussione organizzata e strategica avente il compito di mettere a fuoco i problemi ideologici che hanno segnato e indebolito lo stesso movimento comunista europeo.

Un compito straordinariamente difficile, questo di tessere la rete comunista a tal fine, poiché, nel frattempo, abbiamo assistito a una chiusura autoreferenziale dei partiti comunisti, alla rinuncia al confronto e alla ricerca politica-teorica unitaria e collettiva. E ciò anche per la paura (razionale) di mettere in campo relazioni difficili, spinose, nel tentativo di non approfondire, sbagliando l’impostazione del dibattito collettivo e sovranazionale, le distanze tra gli stessi partiti comunisti dell’Ue. Una visione, una prudenza anche comprensibile, ma che si rovescia nella realtà alquanto desolante dell’accidia, della mancanza quasi totale dell’iniziativa collettiva e sovranazionale comunista europea.

Un esempio: l’autodissoluzione dell’Unione Sovietica, che contiene in sé le “mille questioni” relative al perché stesso dell’autodissoluzione, di quale sviluppo economico socialista, di quale democrazia socialista, di quale difesa della rivoluzione, non è mai stata discussa collettivamente tra i partiti comunisti europei e ciò ha sicuramente causato, oltreché la ratifica della distanza tra un partito comunista e l’altro, una proliferazione di diverse letture comuniste della crisi sovietica, che si sono presentate, nel tempo, quali ulteriori divisioni dello stesso movimento comunista europeo. Stessa cosa per la Repubblica Popolare cinese e per il socialismo “dai caratteri cinesi”: ogni partito comunista europeo è andato per la sua strada analitica, alcuni addivenendo, seppur non essendo dichiaratamente trotzkisti, alla stessa conclusione trotzkista relativa alla natura dello sviluppo cinese definito, da queste stravaganti forze, “imperialista e fascista”, e ciò ha prodotto ancor più distanziamento tra un partito comunista e l’altro, seppur di fronte a un “gruppo” comunista comunque giunto a una visione unitaria e favorevole allo sviluppo cinese.

Sulla stessa questione dell’Ue mai vi è stato un tentativo serio e prolungato di addivenire a un’unica linea interpretativa, oppure volta ad accorciare le distanze tra un partito comunista e l’altro.

Come, in mancanza di un lavoro ideologico e politico e di una lotta unitaria comunista sovranazionale, si stenta a mettere a fuoco un pensiero forte, il pensiero forte, relativo alla domanda che viene posta ai comunisti che chiedono, giustamente, l’uscita dall’Ue e dall’euro: poi, dove si va? E la risposta, che deve essere ancora ben costruita, non può essere che una: si va verso il mondo multilaterale, verso il mondo nuovo e libero dall’imperialismo Usa e dalla Nato, affrancato dall’imperialismo in costruzione dell’Ue. Si va verso quel mondo poiché la libertà dei popoli non può essere subordinata alla mitologia astratta e nazionalista della geografia, per cui l’Italia apparterrebbe per “destino” e per l’eternità all’Europa, ma l’Italia va dove il suo popolo trova la libertà. Peraltro, è lo stesso Sudafrica a testimoniare, mettendo la sua “S” finale nell’acronimo Brics, che il posizionamento nello scacchiere internazionale di uno stato e di un popolo non dipende dalla sua collocazione geografica, ma dalla sua inclinazione filosofica e politica.

E su di un punto, soprattutto, dovrebbe vertere l’iniziativa del MpRC se oggi fosse un partito comunista: porre il problema dell’unità del movimento comunista dell’Ue nella lotta sovranazionale contro il neoimperialismo europeo.

Se, infatti, fosse vera l’analisi secondo la quale l’Ue altro non è che l’unità del capitale transnazionale europeo e fosse vero, come è vero, che tale unità è già stata raggiunta ed è già in grado di scatenare/organizzare, quasi senza opposizione, una lotta di classe padronale transnazionale sull’intera area dell’Ue, e se fosse vero, come è vero, che di fronte a tale unità del capitale transnazionale già ampiamente realizzatasi (e che, naturalmente, al fine di non abbandonare anche noi il leninismo, si presenta come un’unità sempre attraversata dal conflitto interimperialista, intestino) il movimento comunista dell’Ue altro non può opporre, oggi, che la propria divisione e la propria azione relegata solo nei campi nazionali, se tutto ciò fosse vero, come è vero, sarebbe davvero scoccata l’ora dell’unità d’azione sovranazionale del movimento comunista europeo, e per questo obiettivo strategico dovrebbe lavorare, con grande coraggio e in forte controtendenza, da formazione d’avanguardia, il MpRC, se già fosse un partito comunista.

Oggi, sempre di più, il grande capitale transnazionale dell’Ue, le multinazionali dell’Ue, detengono la proprietà multipla di grandi aziende dislocate in diversi paesi dell’Ue e se una di queste multinazionali decide di sferrare un attacco all’occupazione, l’attacco può partire in modo simultaneo in Germania, Francia, Spagna, Italia, tanto per capirsi e per fare un esempio.

E di fronte a questo livello sovranazionale dell’attacco capitalista, il movimento comunista dell’Ue dovrebbe essere in grado di rispondere all’altezza dell’attacco di classe, organizzando una lotta speculare all’attacco stesso, una lotta anticapitalista su scala sovranazionale.

Una modalità della lotta, un’unità sovranazionale della lotta che oggi, allo stato (arretrato) delle cose appare utopica e futuribile, che richiederebbe, per proporla e perseguirla, anche una rottura con la consuetudine e con la genuflessione comunista all’“abitudine”. Un atto di coraggio che tuttavia, se il MpRC oggi fosse il partito comunista che vorremmo, dovrebbe essere praticato e che avrebbe la funzione, assieme alla ridefinizione ideologica unitaria del movimento comunista dell’Ue, di sostenere il rilancio, attraverso la lotta e la ricerca politico-teorica comuni, del movimento comunista sovranazionale europeo. Aiutandolo a uscire dalla propria crisi. Innescando quel nuovo ciclo di lotte di classe di natura sovranazionale, tanto necessarie e sinora mai viste.


* Coordinatore nazionale MpRC
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Comments

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Migliorati Isidoro
Wednesday, 26 June 2024 07:50
Perché non esiste un partito comunista internazionale e internazionalista? Basta leggere l'articolo: non compare mai una volta, una, la parola PROLETARIATO. Popolo e popoli non manca, è una definizione inflazionata. Ecco, quando il proletariato è diviso, non ha coscienza di classe, è popolo. Viceversa, il capitalismo, l'imperialismo, viene posto in causa, ma è quello americano, europeo, occidentale. Già , perché, che li sappiano o no, che lo vogliano o no, la via al socialismo, è quella intrapresa dai BRICS. È ridicolo il capovolgimento del trezomondismo in primomondismo multipolare. Non è ridicolo invece sapere che l'imperialismo non prevede pacifici spartizioni del mercato mondiale, ma la guerra che selezionerà il nuovo leader planetario. In questo conflitto, più di tutti gli altri cosiddetti popoli, dovrà quello europeo rivoluzionarsi in proletariato, perché esso non rinuncerà al suo livello di vita non più garantito dal capitalismo morente. Materialismo storico, non c'è altra spiegazione.
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Michele Castaldo
Tuesday, 25 June 2024 05:26
Caro Giannini,
Chiediti semmai perché non sei un Partito comunista, oppure perché non esiste oggi un vero partito comunista. Perché la storia non la fanno i SE.
Michele Castaldo
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