Alain de Benoist e la polemica coi cattolici
di Matteo Luca Andriola
Lo storico Massimo Capra Casadio, nel suo libro Storia della Nuova Destra La rivoluzione metapolitica dalla Francia all’Italia (1974-2000) (Clueb, 2013), documentava il dibattito – e la differenza ontologica – fra “Nuova Destra” italiana e “Nouvelle Droite” francese sul tema cruciale dell’anticristianesimo. «Facemmo finta di niente», afferma Solinas nel libro; e questo per una serie di ragioni basilari: in Italia uno scontro frontale con la Chiesa Cattolica era impensabile, specie in un’area come quella della destra che, anche se al suo interno vi erano posizioni diverse sul tema, cercava di intercettare voti da quell’area. Ora Alain de Benoist, a proposito dell’idea dei suoi amici italiani che «si potevano accogliere molto bene in Italia le idee della Nouvelle Droite senza abbordare dei temi così ‘inutilmente’ scioccanti», afferma: «Io non sono convinto della sensatezza di questo modo di procedere». Denuncia una «incomprensione» degli italiani, che hanno considerato l’anticristianesimo e il paganesimo di de Benoist come qualche cosa che «dipend[esse] da un hobby, se non addirittura da una mania».
Mentre si tratta dell’architrave di tutto il pensiero di de Benoist: «fare a meno della mia critica al Cristianesimo è, ai miei occhi, intellettualmente impossibile». «Per chi considera con Nietzsche che la cristianizzazione dell’Europa […] fu uno degli avvenimenti più disastrosi di tutta la storia fino ai nostri giorni — una catastrofe nel senso proprio del termine — che può significare oggi la parola “paganesimo”?», scriveva De Benoist nel libro Comment peut-on être païen?[1] Anche se l’Autore sottolinea che «ritorno all’anteriore» è «impraticabile» e ne consegue che «un nuovo paganesimo deve essere veramente nuovo».[2] Per de Benoist ormai «non v’è bisogno di “credere” in Giove o in Wotan — […] — per essere pagani. Il paganesimo oggi non consiste nell’innalzare altari ad Apollo o nel resuscitare il culto di Odino.
Implica, invece il ricercare dietro la religione» l’«universo interiore cui essa rinvia». In «breve, implica il considerare gli dei come “centri di valori”», gli «dei e le credenze passano, ma i valori permangono».[3]
La critica dell’universalismo monoteista
La fede pagana è allora una fede in divinità ridotte a simboli, una fede che richiama quella di tipo ellenistico cui il testo non a caso rinvia come possibile modello.[4] Il (neo)paganesimo è legato per il GRECE alla critica all’universalismo monoteista, visto come il preludio alla mondializzazione neoliberale che cancellerebbe le peculiarità dei popoli (antenato di quel “sistema per uccidere i popoli” mondialista denunciato dal neodestrista Guillaume Faye nel 1981) come, secondo il teorico francese, il cristianesimo farà a scapito delle fedi politeiste, baluardi delle identità locali che neppure l’imperialismo romano sognò mai di toccare, come spiego nel volume La Nuova Destra in Europa.[5]
Non casualmente lo studioso Stefano Sissa, in una corposa tesi di Dottorato discussa presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, ricorda come da una parte l’anticristianesimo si sia mitigato nel discorso debenoistiano «fino a ridursi a una misurata e legittima rivendicazione critica di una differente sensibilità culturale», che di fatto rende il paganesimo grecista, nel XXI secolo, «poco più che una suggestione culturale, le cui implicazioni più consistenti […] sono da rintracciare nella visione “cosmica” nel rapporto fra l’uomo e la natura, rapporto che nel paradigma biblico pare, effettivamente, venir un po’ distorto».[6]
Gli attacchi del cattolico Massimo Introvigne
Non si può negare, però, che il neopaganesimo e la polemica antimonoteista contro la tradizione culturale giudeo-cristiana è stata, per numerosi anni, il punto nodale della dottrina neodestra e che per diversi aderenti al GRECE e ai gruppi “dissidenti” (da Synergies européeenne a Terre et Peuple) non era una semplice visione filosofica, ma una fede praticata realmente,[7] al punto che lo storico Francesco Germinario ha intitolato il suo libro sulla cultura politica della Nuovelle Droite, non casualmente, La destra degli dei,[8] una polemica che vede tale fede, essendo effettivamente di origini mediorientali, come una «religione importata, che si è imposta sopprimendo l’antico politeismo e il pensiero mitico, entrambe vere radici d’Europa»,[9] vedendo nella cristianizzazione del Vecchio Continente non solo «l’evento più disastroso di tutta la storia avvenuto fino a oggi»[10] e la madre della mondializzazione omologatrice che oggi caratterizza il presente, ma l’origine stessa dell’avvento delle ideologie moderne capaci, a seguito della secolarizzazione della società, di desacralizzare il mondo.[11]
Questo creerà non pochi problemi fra il neodestrismo italiano (allora organico alla destra missina fino alla radiazione dal partito di Marco Tarchi, avvenuta nel 1981) e l’area della destra cattolica, si pensi agli articoli caustici di Massimo Introvigne sulla Nouvelle Droite, descritta come «Un ‘cocktail’ di evoluzionismo, di neopositivismo, di scientismo, di rivoluzione sessuale e di dottrine chiaramente massoniche in una presentazione ‘indoeuropea’: in primo luogo per corrompere in modo sottile quei giovani che si sottraggono al conformismo socialcomunista e progressista, favorendo la loro trasformazione in ‘rivoluzionari anonimi’; in secondo luogo, per preparare l’inquinamento di ogni eventuale reazione anticomunista, e per tentare di soddisfarne le inevitabili esigenze spirituali in senso anticattolico e antimetafisico, nella prospettiva di un oscuro e funesto miraggio neopagano»,[12] spingendo alcune personalità italiane del GRECE o della Nuova Destra italiana a prendere le distanze da certo anticristianesimo viscerale.[13]
La Nuova Destra e l’aborto
Perché questo lungo e corposo preambolo? Il filosofo francese, nel corso della sua storia ha avuto per le citate posizioni pagane non pochi problemi con l’area cattolica. Contro il GRECE non si scagliò solo un’area cattolica radicale come quella di Alleanza Cattolica con l’organo «Cristianità», ma contro di lei, anche per il peso che i mezzi d’informazione stavano dando al fenomeno neodestro a partire dalla querelle scoppiata in Francia nell’estate del 1979 – si scomoderà nel 1983 addirittura «La Civiltà Cattolica», l’organo dei gesuiti, che ne contesterà «la distruzione ch’essa opera di tutti i valori cristiani e umani che sono alla base della civiltà occidentale, sostituendovi una visione etica pre-cristiana».[14] Le allora posizioni nominaliste, nietzscheane e volutamente scientiste – de Benoist sposerà la critica verso la modernità solo nei tardi anni ‘80 grazie alla rilettura di Martin Heidegger, di Julius Evola e, trasversalmente, di tutti quegli autori di sinistra critici verso un certo tipo di modernità, Serge Latouche e la scuola decrescista in primis – porteranno la corrente filosofica francese a non contestare l’aborto, ma a definirlo lecito qualora il feto fosse portatore di un qualche handicap, cosa che spingerà la sinistra di allora – è un dibattito che descrivo nel mio libro e che descrive meglio di me Pierre-André Taguieff nel libro Sulla Nuova Destra (Vallecchi, 2004) – ad accusare de Benoist di rivalutare forme di eugenetica di matrice nazista, sposando però una pratica (l’aborto) che sarà vessillo della sinistra di quegli anni! Ma la polemica, forse, potrebbe non cessare! Perché de Benoist, attaccato l’anno scorso da dei ricercatori di sinistra per la sua partecipazione ad un dibattito con Gad lerner e Piero Ignazi organizzato dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli sul tema “Whats the left / Whats the right” – poi spostata a dopo le elezioni politiche del 2018 –,[15] e accusato di sdoganare il «nativismo», ora potrebbe rimettersi contro i cattolici e parte della destra antiabortista per le sue posizioni ‘controcorrente’ sulle reali cause del calo demografico.
Aborto e cause del calo demografico
Si, perché per il grosso della destra cattolica e non, la causa primaria del calo demografico è l’aborto, sdoganato dalle sinistre ‘massoniche’ e figlio diretto del ‘68. Secondo Marcello Veneziani – in gioventù vicino alla Nuova Destra italiana, ma di area missina, poi vicino ad An –, intervistato dal sito cattolico-conservatore In Terris in occasione del decennale dell’uscita del suo libro Rovesciare il ‘68 (Mondadori, 2008), spiega che, secondo lui, «Il ’68 fallì come rivoluzione politica ed economica, perché gli assetti di potere e il sistema capitalistico restarono saldamente in sella. Ma si accanì sul costume, sul sesso e sul linguaggio, sulla famiglia e sul rapporto tra le generazioni, sulla scuola e sull’università. E lì produsse i suoi più gravi danni, alcuni irreparabili. […] La famiglia è stato l’ambito in cui il ’68 ha prodotto più devastazioni. E il padre inteso come auctoritas, come pater familias, ma anche come santo padre, come patria – cioè terra dei padri – come docente, veniva simbolicamente soppresso. […] Ma la società senza padre del ’68 produsse anche la società senza figli, con una denatalità record e con l’idea che il sessantottino sia un adolescente permanente che non si proietta in nessun figlio perché è lui eterno Peter Pan. […] L’emancipazione femminile ha prodotto innegabili frutti e riconosciuto diritti fondamentali alle donne; ma con la stessa onestà si riconosca che tutto questo è avvenuto a scapito della maternità , della coesione familiare e dell’equilibrio fondato sulla diversità dei ruoli.»[16]
Le destre radicali e ultracattoliche – alcune contigue a quel nazional-populismo che recentemente ha governato l’Italia – oltre a tali spiegazioni aggiungono tesi concernenti il cospirazionismo e il presunto piano prestabilito dalle élite di ripopolare l’Europa con gli immigrati, insomma, il famigerato Piano Kalergi, sdoganato addirittura dallo “studioso” di Marx, Hegel, Fichte e Gentile Diego Fusaro, tema spesso usato in Italia per contestare Emma Bonino, storica leader radicale, spesso attaccata dalla destra per l’aver praticato aborti clandestini negli anni ‘70 e oggi per le sue posizioni “mondialiste” e il suo legame con il finanziere ungherese George Soros. Alain de Benoist invece, che ha sempre criticato quel cospirazionismo molto forte nella sua area di provenienza politica, come già visto nelle riflessioni sul mondialismo e come esposto in diversi suoi scritti,[17] nell’intervista rilasciata a Nicolas Gauthier per il sito Boulevard Voltaire, dal titolo “Contrairement à ce que l’on croit, l’avortement n’est pas la cause essentielle de la baisse de la natalité…” (e cioè:“Contrariamente a quello che crediamo, l’aborto non è la causa principale della caduta del tasso di natalità”), smonta il tutto… L’intervista è in francese, ma per l’amore del ragionamento ne abbiamo tradotto alcuni stralci, i più interessanti, che senz’altro verranno criticati dai cattolici e dalle destre radicali in generale:
«Contrariamente alla credenza popolare, la causa principale del calo dei tassi di natalità non si riscontra negli aborti, che sono stati ripetutamente dimostrati (la maggior parte degli aborti è compensata dalle future nascite). che non si sarebbe verificato se questi aborti non avessero avuto luogo), ma in sviluppi peculiari della società moderna, a partire dal lavoro delle donne. L’età media alla nascita del primo figlio è diminuita costantemente negli ultimi decenni, in quanto sempre più donne preferiscono dare la priorità alle loro carriere professionali. Quando pianificano di avere un figlio, spesso è troppo tardi. Altri fattori includono l’edonismo (avere figli è percepito come una diminuzione della libertà), lo stile di vita urbano, sfavorevole alle famiglie numerose e così via.[…]»
Sarebbero altre quindi le cause del calo delle nascite, checché ne pensano gli antiabortisti, e per criticare tali tesi, il filosofo, da anni assertore dell’idea di decrescita di “limite”, cerca di spiegare con tali concetti il perché sia logico un ‘limite’ o un ‘controllo’ delle nascite:
«[…] Sono sorpreso, a questo proposito, di vedere che, anche tra coloro che si battono per il mantenimento dei confini e che pretendono di odiare l’eccesso e l’infinito, la questione dei limiti demografici non viene quasi mai sollevata. Si può, naturalmente, speculare all’infinito sulle possibilità di nutrire più uomini domani di quanto non lo siano. Ma qualunque sia la risposta data, l’ovvio è che c’è necessariamente un limite. […] Non più della crescita materiale infinita non si può avere una crescita infinita della popolazione in uno spazio finito. […]»[18]
Ergo, solo la pianificazione delle nascite – tra l’altro adottata da paesi tutt’altro che reazionari, primo fra tutti la Repubblica Popolare Cinese – potrebbe riequilibrare un mondo che, avendo dei “limiti”, non può produrre all’infinito, pena la fine delle risorse stesse. Insomma, Alain de Benoist riprende da Latouche l’idea dell’esistenza di una nuova dicotomia, alternativa quella classica destra/sinistra, ovvero crescita/decrescita o sviluppo/antisviluppo, da non applicare esclusivamente alla sfera economica ma anche in campo antropologico, pianificando la natalità davanti ai limiti della natura.