Prefazione a I figli della macchina
di Silvia Guerini e Costantino Ragusa – Resistenze al nanomondo
Autori vari: I figli della macchina. Biotecnologie, riproduzione artificiale ed eugenetica, Asterios editore, 2023
Tutto deve essere continuamente messo in discussione, nel paradigma del laboratorio non possono esistere punti fermi etici, tutto deve essere fluido ed evolversi seguendo la direzione dettata da quello che gli sviluppi tecno-scientifici, sempre più ineluttabili nella loro invasione della realtà, rendono non solo pensabile, ma anche possibile. Agende transnazionali ed élite finanziarie puntano tutto verso la Grande Trasformazione cibernetica e biotecnologica.
Gli apici mortiferi delle tecno-scienze rappresentano delle soglie e delle trasformazioni che nel loro procedere rimuovono il passato e determinano il futuro in un unico universo di senso, riducendo l’etica a mere procedure di contorno.
Ingegneria genetica e tecnologie di riproduzione artificiale si sono incontrate sullo stesso progetto, in quella convergenza delle tecno-scienze che nella riprogettazione e manipolazione del DNA degli esseri viventi vedono il supremo e irrinunciabile campo di intervento per poter mettere in pratica quel vecchio sogno, per noi incubo, di selezione eugenetica. Eugenetica che non è da considerare una deriva funesta, ma il motore e la direzione di sempre delle ricerche genetiche.
Il tutto ormai si presenta chiaro e limpido, quasi vetrinizzato: nessun complotto o società segrete da smascherare all’opera in laboratori clandestini. Adesso il segreto è professionale e commerciale in nome delle più alte forme di democrazia avanzata che, sponsorizzata dai più sinceri progressisti, non si arresta più di fronte a nulla. Siamo arrivati all’anticamera di quella che sarà una società geneticamente programmata.
In un’immagine di mondo sempre più polverizzato e poltiglia, con frammenti senza riposo tormentati e sollecitati continuamente dalla rete, tutto si fa surrogato che prende piede ovunque e da nessuna parte. In queste pieghe i tecno scienziati muovono i loro definitivi passi verso il bricolage genetico dove sarebbero quasi inosservati se non avessero anche la pretesa di essere gratificati come salvatori del mondo e salvaguardati nel caso in cui il salvataggio non riuscisse.
Una critica della società tecno scientifica non può esimersi dal rifiutare tutto il sistema di pseudovalori e bisogni da questa creati e indotti. Nel passato molte lotte contro il nucleare prima languirono e poi svanirono anche per non aver messo in discussione i bisogni indotti che giustificavano la dismisura energetica. Così oggi in tempi di attacco ai corpi il campo, per quanto riguarda la riproduzione artificiale dell’umano, non può essere circoscritto soltanto alla denuncia dell’utero in affitto, ma piuttosto verso la totale artificializzazione della nascita e la manipolazione genetica.
Quando a essere manipolato è tutto tracciare le forme di un dettaglio e concentrarsi su quello è semplicemente inutile e fuorviante se lo scopo è ribadire l’indisponibilità dei corpi tutti. Mentre si osserva distaccati la manipolazione dei vegetali, degli altri animali e, più in generale, della natura dobbiamo ricordarci che anche noi siamo natura e non è possibile sfuggire agli interventi di ingegneria genetica che si occupano di noi. Le tecno-scienze vogliono soppiantare la natura sostituendola con un grande ecosistema sintetico che sia gestibile e riprogettabile dai suoi tecnici attraverso i loro terminali. In questo ecosistema sintetico che ci circonda sempre di più dall’esterno e da dentro i nostri corpi si fa più difficile trovare un senso e tornare a riconoscerci nei cicli della natura al di fuori dei tempi del mondo laboratorio. Se sembrerà naturale un bambino in provetta lo sarà anche mangiare carne sintetica prodotta da cellule staminali e pensare ai nuovi OGM -TEA (Tecniche di Evoluzione Assistita)[1] come al miglior cibo naturale che possiamo desiderare. Così come sembrerà naturale consegnare la gestione di ogni dimensione della vita, da come bisogna nascere a come bisogna morire, nelle mani dei tecnici seguendo i dettami di quello che verrà considerato il “buon cittadino virtuoso” e inocularci sieri genici a mRNA che ci renderanno esseri umani OGM. Così come sembrerà naturale un cielo irrorato e solcato da droni e vivere in una perenne gabbia invisibile elettromagnetica. Se non saremo in grado di difendere i corpi dalla trasformazione genetica niente resterà fuori dalle manipolazioni.
La tecnica della sostituzione del DNA mitocondriale apre alla possibilità di un bambino che sarà un bricolage genetico con il DNA nucleare materno, il DNA mitocondriale della donna che ha “donato” l’ovocita e il DNA paterno. La tecnica ROPA (Ricezione di Ovociti della partner), per le coppie di donne, prevede il trasferimento dell’ovocita fecondato dell’una nel grembo dell’altra che porterà avanti la gestazione. Con una “madre genetica” e una “madre gestante” continua e si sviluppa sempre più il processo di frammentazione della procreazione e la cancellazione della madre, colei da cui veniamo al mondo.
BioTexCom di Kiev, tra i primi posti a livello mondiale per l’utero in affitto, sta lavorando da tempo per diventare una compagnia d’avanguardia nel più ampio settore biotecnologico investendo nella biotecnologia riproduttiva: editing genetico e utero artificiale. Il CEO della compagnia già qualche anno fa affermava: “La cosa più importante è l’ectogenesi, la capacità di crescere un bambino al di fuori del corpo umano… un utero artificiale. Qualcosa di simile alle fabbriche che tutti abbiamo visto nel film Matrix. Penso che entro cinque o sette anni avremo l’ectogenesi e BioTexCom sta lavorando in questa direzione”[2].
Per chi pensa che si possa stabilire un limite di utilizzo tra diagnosi pre impianto, selezione embrionale e intervento di editing per evitare l’insorgere nel nascituro di una patologia genetica grave e tra queste stesse tecniche utilizzate invece per scegliere determinate caratteristiche o pecca di ingenuità o non sa che tale limite non solo è già stata superato, ma non sarebbe possibile nemmeno mantenerlo fisso. Alcuni dei biotecnologi considerati più moderati affermano che la linea andrebbe tracciata tra terapia e potenziamento, sostenendo solo lo scopo terapeutico, ma lo stesso concetto di terapia è un concetto che muta nel tempo proprio in base a quello che è reso possibile dallo sviluppo tecno scientifico.
Per i suoi sostenitori l’editing del genoma della linea germinale non è da “considerare un male in sé”[3], ma rappresenta l’unico modo per evitare che nascano dei bambini con “gravi e devastanti”[4] malattie genetiche. I casi rari oltre a essere utilizzati per creare un’accettazione sociale verso determinati sviluppi tecno scientifici e tecnobiomedici mettono in movimento tutta la sfera bioetica che ancora prima della produzione di nuove norme particolari – che poi partendo dal caso limite verranno estese e universalizzate – produce nuovi principi.
La ricerca sull’editing genetico diventa così una “necessità morale”, come le tecniche di riproduzione artificiale sono già da tempo state risignificate come una “responsabilità genitoriale”.
La possibilità di selezionare un embrione sano di fronte all’insorgenza di mutazioni genetiche considerata una possibilità e una scelta diventa una necessità e un “dovere morale”. La possibilità di ingegnerizzarlo seguirà lo stesso corso.
La retorica della “tutela della salute” porta a promuovere diagnosi pre impianto, selezione embrionale e modificazioni genetiche. In un infinito stravolgimento di significati la prevenzione per il manifestarsi di determinate patologie nel nascituro corrisponderà ad affidarsi alle cliniche di riproduzione artificiale e alla selezione dell’embrione e in seguito significherà modificarlo geneticamente con il CRISPR/Cas 9.
Tutto questo non considera che i bambini nati da tutte le tecniche di fecondazione assistita sono a maggior rischio “statisticamente significativo”[5] di numerose patologie, tra cui malattie oncologiche, rispetto ai nati da concepimento naturale.
Una reale prevenzione della grande maggioranza delle patologie e della crescente infertilità dovrebbe essere combattere i fattori ambientali che le causano e rimuovere le condizioni economiche di disagio che inducono a rimandare la maternità anche oltre l’età fertile. Se si prevenisse davvero l’infertilità non si aprirebbe il biomercato della naturale capacità procreativa trasformata e venduta come un prodotto sempre più raro.
Le tecniche di fecondazione assistita sono considerate una terapia, ma in realtà non curano l’infertilità e non sono mai state sviluppate con questo scopo, ma per progettare esseri umani con determinate caratteristiche, come insegna la storia del grande laboratorio zootecnico dove sono state perfezionate prima di passare agli umani e come insegna la storia dell’eugenetica.
L’eugenetica oggi si chiama: diagnosi pre impianto e selezione embrionale. Normalizzata tra le offerte del biomercato, acquisisce un altro volto rispetto al passato con le tecniche di fecondazione assistita che la rendono molto più efficiente e generalizzata[6].
La diffusione dei sieri genici a mRNA che possono causare infertilità[7] apriranno ancora di più le porte delle cliniche, inoltre le terapie geniche potranno produrre anche delle anomalie genetiche e per farvi fronte verrà offerta fecondazione in vitro la quale a sua volta può produrre delle anomalie all’embrione, così non ci sarà fine alle ulteriori anomalie genetiche prodotte da un ambiente sempre più tossico e compromesso dalle stesse tecniche di ingegneria genetica.
Tecno scienziati eugenisti tengono a sottolineare che l’intervento di editing sarà “coerente con la giustizia e la solidarietà sociale e che non causi discriminazioni”[8]. Questo equivarrà a rendere possibile a tutti e tutte l’accesso al CRISPR/Cas 9. Per far fronte all’infertilità in aumento e al calo di nascite e per la non discriminazione delle persone LGBTQ+ nell’accesso alle tecniche di fecondazione assistita, la “tutela della procreazione” è la nuova retorica che dalla PMA si estenderà al CRISPR/Cas 9. Dal “diritto a un figlio” al “diritto a un figlio sano” per arrivare al “diritto a un figlio selezionato su misura, ottimizzato, ingegnerizzato”.
Le tecniche di fecondazione assistita preparano alla totale dissociazione tra sessualità e procreazione e alla radicale trasformazione della nascita. La nascita già da tempo è diventata un “progetto” e i bambini CRISPR non sono così lontani. L’essere umano dovrà diventare un prodotto da laboratorio.
Tecno-scienziati transumanisti, fondazioni filantropiche, il mondo della finanza, l’intero comparto biotecnologico farmaceutico finanziando e promuovendo le rivendicazioni delle organizzazioni LGBTQ+ stanno tentando di rimodellare la società cancellando la differenza sessuale tra femmina e maschio e artificializzando la procreazione.
L’ideologia gender e le cliniche dell’“identità di genere” all’assalto dei più piccoli fabbricano “bambini e adolescenti trans” con un percorso di transizione che offre la crioconservazione dei gameti. Il contagio sociale passa attraverso i social media e porta a una “trans identificazione” come via di fuga a molteplici problemi e disagi adolescenziali, tutto ciò comporta che ragazze e ragazzi mutilino il proprio corpo diventando sterili e quindi pronti per le cliniche di fecondazione assistita[9].
Una dissociazione dai propri corpi che porta a una dissociazione dalla stessa realtà per immergersi in infiniti universi fluidi e artificiali. Una totale dissociazione dalla dimensione della procreazione, dalla vita, dalla morte, dal corpo sessuato, dalla realtà. Una ricombinazione infinita delle identità, macellazioni chirurgiche e intossicazioni farmaceutiche, la fabbricazione di fake donne e di fake uomini con un corpo neutro pronto per i laboratori di ingegneria genetica e la “produzione” di un essere umano senza origini. Fabbricare e vendere identità sintetiche sterili e inserirle in un movimento che si dichiara per i diritti umani di persone attratte dallo stesso sesso non è un caso: per chi vorrà procreare potrà farlo solo con le tecnologie di riproduzione artificiale. Questi figli tecnologici saranno un assemblaggio di geni, senza madre, senza padre, con una “madre o un padre d’intenzione” all’interno di un “progetto parentale”, saranno un oggetto di un contratto e un prodotto da laboratorio.
Il “diritto a un figlio” per persone LGBTQ+ e per persone con problemi di infertilità servirà come pretesto per espropriare e artificializzare la dimensione della nascita. Con forza dobbiamo ribadire che non esiste il diritto a un figlio, per nessuno. Con forza dobbiamo opporci ai progetti transumani eugenetici e con forza dobbiamo dire PMA per nessuno, per ogni tecnica di fecondazione assistita, senza eccezioni. Sono state proprio le eccezioni che hanno aperto a tutto il processo, che hanno sdoganato un passaggio e che hanno reso possibile e accettabile queste pratiche. Dall’inseminazione artificiale e dalla fecondazione in vitro – passaggio questo in cui non è stato più necessario il luogo del ventre materno come origine della vita umana – si è scisso il processo inserendolo all’interno dell’orizzonte tecnico che mira a rendere il processo stesso sempre più ottimizzabile. Il braccio robotico che feconda degli ovuli e il monitoraggio dello sviluppo embrionale in tempo reale grazie agli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale sono solo ulteriori passaggi di quel processo che è necessario arrestare all’origine.
In un mondo post-verità nulla esiste più: non esiste la differenza sessuale, non esiste la realtà materiale dei corpi e ora non esiste più nemmeno il genoma della linea germinale. È in costante cambiamento dichiarano i biotecnologi, cambia e cambierà ancora, quindi non solo questo giustificherebbe il loro intervento per indirizzare tali cambiamenti e per svilupparne di nuovi, ma apre al pensiero che non esista. E qualcosa che non esiste come può essere considerato inviolabile? Se un tempo tutto doveva partire dal genoma, tanto che per anni nel famoso Progetto Genoma si era frugato al suo interno cercando di ricostruire la storia genetica di un organismo vivente, in questo nuovo suo riconfiguramento si nasconde non più solo l’interesse ai singoli geni, ma la definitiva presa del corpo tutto.
Nelle infinite risignificazioni tra i ricercatori inizia a farsi strada la proposta di modificare la definizione di embrione, anche le strutture coltivate in laboratorio dovrebbero essere definite – e regolate – come embrioni, affermano. Andando così a creare un’equivalenza tra una struttura sviluppata in laboratorio da cellule staminali e tra un embrione. Se tutto diventa un embrione, quali saranno le conseguenze? Se è eticamente accettabile sperimentare su una struttura sintetica caduta la differenza con un embrione potranno esistere limiti alla sperimentazione su embrioni umani? Dal blastoide all’umanoide: sviluppati in laboratorio dall’inizio alla fine per essere manipolati, il parto integrale della tecno-scienza.
Si arriva ad un particolare momento in cui le ricerche dell’industria della malattia programmata e della vita assistita, soprattutto quella ad alta tecnologia, necessitano di essere confermate e protette nel loro percorso. Per questo tecno-scienziati puntano a regolamentare e a far accettare tali regolamentazioni, in passato riguardavano la ricerca atomica a seguire la tecnologia del DNA ricombinante e oggi quella del CRISPR/Cas 9. Benché la regolamentazione venga presentata come strumento di tutela e salvaguardia, concretamente resta la loro “etica del fatto compiuto” ben descritta molto tempo fa, ma con parole che ancora oggi fermano il punto: “Lo scienziato deve preoccuparsi solo dell’opinione degli altri scienziati come lui che possono comprenderlo e trarre solo dalla propria coscienza le regole della sua condotta”. Queste le parole del vivisettore Claude Bernard, parole mai smentite dai ricercatori, ma smentite da moglie e figlie che liberarono dalla sua cantina trasformata in secondo laboratorio i cani imprigionati e ridotti a cavie.
E noi ribadiamo con forza che a monte determinate pratiche di sfruttamento, predazione, manipolazione del vivente non possano essere regolamentate perché questo equivarrebbe a una loro diffusione quando non dovrebbero semplicemente esistere insieme alla visione di mondo e di essere umano che comportano.
Come scrisse Christian Fons in “OGM. Ordine genetico mondiale”: “Lungi dall’essere una garanzia della libertà di agire, la logica tecno-scientifica ha sostituito persino il pensiero. L’equivalenza di merce e tecnica, che arriva a riempire tutto lo spazio e il tempo umani, rende la riflessione storica impossibile se non nella prospettiva di un positivismo beato (il progresso) o in quella di un nichilismo apocalittico. Il problema di che cosa a questo punto progredisce si pone ancora alla coscienza, ma in termini di leggi, regole e obblighi di sicurezza. Questa deriva di tipo vaccinatorio non funziona, perché noi abitiamo all’interno della malattia”[10].
La scienza del ventesimo secolo messa di fronte alle nefaste conseguenze del proprio operato – come con l’energia atomica – inizia con la messa in opera di criteri giustificatori che verranno poi riproposti nei decenni successivi con poche differenze se non addirittura con lo stesso linguaggio. Si parlava e si continua sempre a parlare di “sicurezza, trasparenza, responsabilità, controllo”, ambiti dove i possibili rischi devono essere “mitigati” e dove necessario alcuni sviluppi non devono essere portati avanti “almeno per il momento”.
Gli scienziati atomici che dettero l’avvio alla prima bomba atomica sono passati alla storia come confusi e dibattuti, che addirittura fossero in mano completa ai militari. Forse questo valeva per il principio, ma successivamente era chiarissimo che era solo l’inizio di una stagione di armamenti micidiali e che non vi erano pericoli reali da giustificare quelle ricerche, continuare significava partecipare coscientemente ai massacri e alla distruzione del pianeta. Come spiega bene Robert Jungk in “Gli apprendisti stregoni”: “Già nel 1919 l’isolamento della ricerca scientifica non era più che un’«ipotesi di lavoro». Proprio quella guerra che appena allora sera conclusa, aveva mostrato fin troppo chiaramente, con la sua tecnica degli armamenti fondata sull’applicazione di scoperte scientifiche, i rapporti quasi fatali tra laboratori «appartati dal mondo» e la sanguinosa realtà dei campi di battaglia”[11].
La nascita dell’unione degli “scienziati atomici” non cambiò minimamente le cose, i loro tentativi, quando furono onesti, di arginare e rimettere nel recinto civile l’energia atomica erano quasi ridicoli, considerato che ritornando alla “ricerca civile” dopo aver passato anni al fronte di Los Alamos scoprirono che le università avevano già preso precise direzioni con i militari come controllori e finanziatori soprattutto nei settori come fisica, chimica, tecnica e biologia. Ma furono presto tranquillizzati dall’Office of Naval Research e dal Dipartimento G-6 del Ministero della Guerra che scrissero: “Noi siamo disposti a continuare a finanziarvi. Non c’è bisogno che chiudiate nessun laboratorio e che mandiate via del personale. Noi non pretendiamo affatto che lavoriate a invenzioni che noi possiamo impiegare immediatamente: potete svolgere la vostra ricerca teorica. Quello che a noi interessa è un’attività di ricerca fiorente, poiché in questo secolo la potenza di una nazione non si misura solo dai suoi arsenali, ma anche dai suoi laboratori. Svolgete pure i vostri lavori di pace”[12]. Una stagione di “atomi per la pace” era appena cominciata anche se a Hiroshima, Nagasaki e in tutti i territori dei test atomici la disintegrazione del vivente era ancora presente o cominciava a manifestarsi lenta, ma inesorabile.
Arrivare all’ingegneria genetica e in particolare alla scoperta del DNA ricombinante negli anni ‘70 non fu certo qualcosa di incredibile, già nel progetto Manhattan c’erano anche biologi tra cui ricercatori della futura Monsanto. Il primo allarme su queste ricerche controverse che lavoravano sul DNA ricombinante venne lanciato dagli stessi scienziati in quello che è rimasto celebre per essere stato l’incontro di Asilomar nel 1975. Gli scienziati presenti all’incontro si impegnarono ad “auto controllarsi” nel gestire quelle pericolose ricerche condotte sulle scimmie e proposero brevi moratorie. Se apparentemente all’esterno si dava un’impressione di volontà di rivedere il proprio operato la realtà era ben diversa, dietro le confortanti parole delle linee guida si voleva arrivare a un’autoregolamentazione su base volontaria creata dagli scienziati stessi. La cosa riuscì e subito dopo la conferenza intervenne il governo degli Stati Uniti che lasciò questa regolamentazione al National Institutes of Health (NIH), un’organizzazione composta da altri scienziati, gli unici, secondo loro, che avrebbero compreso le prospettive dei ricercatori. Questa “regolamentazione” tra scienziati e i loro laboratori è stata possibile in quanto a essere dibattuti, come sempre quando è la scienza a interrogarsi, sono stati solo aspetti tecnici.
Nella conferenza di Asilomar si discuteva dei “rischi di contaminazione con organismi modificati geneticamente per il personale e per il pubblico”. Se gli interrogativi fossero stati perché ingegnerizzare gli esseri viventi e perché assemblarli tra specie differenti con le nuove tecnologie ricombinanti? Dove si vuole arrivare? In quel caso, argomenti di questo tipo non avrebbero potuto essere conciliabili con nessuna moratoria e con i sogni di fama di giovani scienziati che vedevano ad un passo gloria e riconoscimenti.
E, cosa non da poco, proprio chi stabiliva le regolamentazioni al NHI e l’intero NIH stesso sarebbe poi passato sotto il controllo di un certo Anthony Fauci e allora forse è il momento di trarre delle conclusioni invece che di porre interrogativi.
Quasi quarant’anni dopo il memorabile incontro di Asilomar, fondamentale soprattutto per quello che ha avvallato nel campo dell’ingegneria genetica, oggi un’altra soglia si appresta a essere sorpassata. Nel 2015, in un importante incontro sul CRISPR/Cas9, troviamo Paul Berg, inventore della tecnologia del DNA ricombinante e David Baltimore, scopritore della trascrittasi inversa che utilizza l’RNA per creare il DNA, entrambi massimi esponenti della conferenza di Asilomar, insieme a Jennifer Doudna, co-ideatrice della tecnologia CRISPR/Cas9. Le questione trattate in questo incontro insieme ad altri ricercatori di importanza internazionale furono: la ricerca in vitro, la terapia genica somatica e l’editing del genoma della linea germinale. Era evidente che il sistema di “autoregolamentazione” tra scienziati funzionava benissimo e infatti convennero che il CRISPR/Cas9 era uno strumento importante per le sue grandi potenzialità nella ricerca in vitro sugli esseri umani e in grado di offrire grandi possibilità per far fronte alle malattie genetiche rare, per il momento limitandosi a quelle, escludendo però l’intervento sulla linea germinale e tutto ciò finché loro stessi non avessero deciso diversamente.
I report di quell’incontro furono pubblicati in un articolo su Science del 19 Marzo del 2015 dove tra i primi nomi firmatari figuravano proprio Baltimore e Berg in cui si raccomandava nei vari punti di “creare luoghi di dibattito in cui esperti delle comunità scientifiche e bioetiche possano fornire informazioni e istruzione su questa nuova era della biologia umana, sulle questioni legate ai rischi e ai benefici dell’utilizzo di tale potente tecnologia per un’ampia varietà di applicazioni […]. Incoraggiare e sostenere una ricerca trasparente per valutare l’efficacia e la specificità della tecnologia di ingegneria genetica CRISPR/Cas9 nei sistemi-modello umani e non umani con riferimento alla terapia genica germinale”[13].
Baltimore affermava anche altro: si era posto contrario alla possibilità di considerare gli sviluppi tecno-scientifici come un qualcosa di eticamente inaccettabile. Non era proprio ammessa questa inaccettabilità da un punto di vista etico.
Insomma, era in moto una fase preparatoria piena delle solite retoriche dei tecno scienziati che ormai avevano imparato bene a destreggiarsi con la propaganda. A seguito di questo incontro, come era accaduto anche dopo la Conferenza di Asilomar, entrarono in gioco la National Academy of Science e la National Academy of Medicine statunitensi che insieme alla Royal Society del Regno Unito e la Chinese Academy of Science organizzarono nel dicembre del 2015 il primo Summit internazionale sull’editing del genoma umano (International Summit on Human Genome Editing) . Nel comitato organizzatore troviamo sempre Baltimore, Berg e Doudna. La conclusione del Summit, oltre alle solite questioni di “sicurezza ed efficacia” e l’importanza di un consenso sociale, si espresse chiaramente in una determinata direzione: “con il progredire delle conoscenze scientifiche, l’utilizzo dell’editing dovrebbe essere periodicamente rivisto”.
Nel 2017 i principali organismi bioetici come il Nuffield Council of Bioetics del Regno Unito, il Deutscher Ethikrat della Germania e le National Academies degli Stati Uniti si sono espressi a favore dell’editing della linea germinale umana e per un sistema di regolamentazione globale seguendo i criteri di: “condizione di assenza di alternative, uso limitato alla prevenzione di una malattia o grave condizione di salute, uso limitato a quei geni che possono essere ritenuti causa di tale malattia o condizione di salute o ne rappresentino una forte predisposizione, valutazione rischio/beneficio, trasparenza, consenso informato, dibattito pubblico”[14].
Una “condizione di salute” e una “prevenzione” che saranno interpretate secondo i nuovi dettami all’interno di un paradigma genetico.
Dopo la prima relazione di carattere generale del 2016 del comitato bioetico britannico Nuffield Council dal titolo “Genome Editing: An Ethical Reviw (Editing genomico: una revisione etica)”, arriva la seconda nel 2018 dal titolo “ Genome Editing and Human Reproduction (Editing genomico e riproduzione umana)” dove veniva dichiarato: “Concludiamo che il potenziale utilizzo di interventi del genoma ereditabile per influenzare le caratteristiche delle generazioni future possa essere eticamente accettabile”[15]. Tra le condizioni espresse, che queste pratiche debbano essere “coerenti con la giustizia e la solidarietà sociale, ovvero, non si preveda che possa causare svantaggi, discriminazioni o divisioni nella società”[16]. Insomma i primi mattoni sono messi per creare nuove fabbriche di diritti che da fuori ancora una volta daranno impressione di autodeterminazione e libertà, ma non saranno altro che nuove fucine di schiavitù dalle tecno-scienze.
Nel 2018 nel comitato organizzatore del Secondo Summit internazionale sull’editing del genoma umano a Hong Kong troviamo ancora David Baltimore insieme a Jennifer Doudna. Quando un pericolo o una minaccia prendono piede sulla stampa o in qualche rivista scientifica significa che già da molto tempo quei timori sono una realtà. I tecno-scienziati che sono diventati anche degli esperti in strategia comunicativa hanno atteso questo Summit, dove a fare la padrona di casa era ovviamente Jennifer Doudna, per rendere nota la notizia delle prime due bambine editate geneticamente. A dare la notizia, dopo precisi accordi, è stato direttamente lo scienziato cinese He Jiankui, notizia che già tutto l’ambiente scientifico di punta di quell’ambito sapeva, come emerge da candide ammissioni successive sui continui scambi e collaborazioni tra He Jiankui e altri ricercatori di importanza internazionale che erano a conoscenza che aveva già realizzato il “salto di specie sperimentale” passando dal torturare le scimmie agli esperimenti sugli esseri umani – come sempre ultimo obiettivo della ricerca. Non è stato un caso che una nuova apertura verso l’ingegnerizzazione del vivente arrivasse dalla Cina, paese dove la propaganda ha attirato la nostra attenzione su pangolini e pipistrelli a uso alimentare evitando di porre l’attenzione verso i suoi staff scientifici internazionali come anche quello della ricerca che ha portato alla nascita delle bambine modificate geneticamente con all’interno anche una presenza americana.
Dopo la nascita delle bambine le critiche che sono arrivate da tutto l’ambiente scientifico si soffermavano “sulla trasparenza, sul calcolo rischio-beneficio, sul consenso informato” e non rappresentavano ovviamente una condanna all’editing genetico in sé. Sfregandosi le mani in attesa delle nuove possibilità, prima delle tartine di caviale, i ricercatori concludevano il Summit di Hong Kong dichiarando che: “il nostro obiettivo è quello di contribuire a garantire che la ricerca – sull’editing del genoma umano [n.d.c.] – venga intrapresa in modo responsabile, a beneficio di tutta la società”[17]. Sottolineando come sempre anche la necessità di un consenso sociale.
Ovviamente successivamente si è riproposto il mai troppo desueto strumento della moratoria, proposta proprio da scienziati come Berg, Baltimore e Doudna che hanno dato contributi fondamentali per arrivare a questa situazione, con una precisa strategia di evidenziare il limite per poi far di tutto per superarlo subito dopo.
L’annuncio internazionale degli esperimenti in Cina con la nascita delle due bambine modificate geneticamente deve aver fatto nella comunità scientifica l’effetto che fece la notizia delle prime bombe atomiche: un grande risultato scientifico per aver reso evidenti le potenzialità di tali tecnologie. Non c’è scienziato e fondazione transumanista e neomalthusiana che non invochi di superare le briglie messe alla tecno-scienza e alla ricerca più controversa.
In questi anni di convergenze delle tecno-scienze sempre più serrate, da ultima anche la così detta Intelligenza Artificiale vuole la sua moratoria, ed eccola proposta da un Elon Musk che è il fautore di ChatGBT. Anche per quanto concerne l’Intelligenza Artificiale si è parlato proprio di “Principi di Asilomar”: in una Conferenza del 2017 ad Asilomar furono stabiliti i soliti criteri di “sicurezza, trasparenza, responsabilità, controllo” in cui i rischi devono essere “mitigati” e soggetti a sforzi di “pianificazione e mitigazione”. E in cui venne stabilito che i sistemi di Intelligenza Artificiale devono essere sviluppati quando “saranno gestibili i loro rischi”.
Dopo la nascita delle bambine editate in Cina sempre all’International Summit on Human Genome Editing, nella terza edizione di quest’anno, è stata data la notizia di un nuovo esperimento: la nascita da una coppia di topi maschi utilizzando la tecnica di gametogenesi in vitro (IVG), una tecnica con la quale si sviluppano degli embrioni riprogrammando delle cellule estratte da due adulti dello stesso sesso. Ricerca portata avanti presso l’Università di Osaka che segue una precedente del 2018, la quale aveva portato allo sviluppo di prole partendo da coppie di femmine di topi. Ecco il frutto delle loro “precauzioni” e come hanno scritto nelle linee guida ogni ricerca viene giustificata se una delle motivazioni è la non discriminazione. Nelle pubblicazioni dell’ambito della genomica il risultato di questa ricerca viene già promosso come potenzialmente utile per le gravidanze LGBTQ+[18] rendendo evidente ancora una volta l’alibi che si vuole utilizzare per rompere le ultime barriere.
Con la pubblicazione di questo libro ci auguriamo che le analisi sviluppate siano un ulteriore contributo al proseguo di un pensiero e di una critica radicale alla riproduzione artificiale dell’umano e alle tecno scienze. Abbiamo libri pieni di informazioni critiche e libri di tecno scienziati transumanisti dichiarati. Apparentemente in dissidio, queste correnti di pensiero alla fine si uniscono sempre la dove la critica arriva alla mera denuncia delle storture o dove si sofferma su singoli aspetti tecnici che, seppur importanti, mai veramente fondamentali. Si potranno sempre annoverare una serie di ragioni giuridiche, sociologiche, tecniche, ambientali, economiche… Alla fine con i tecnicismi si arriva sempre ad una cogestione della nocività che è destinata a non cambiare mai veramente le cose. Il grande inganno prosegue da decenni dove la scienza fattasi tecno-scienza si è data una struttura dove si autoregola, assolutamente impermeabile ad essere modificata in modo sostanziale. A partire dall’esperienza passata del nucleare rallentato esclusivamente dai disastri intercorsi lungo il percorso fino ad arrivare ai nuovi Biolaboratori con ricerche di guadagno di funzione, e quindi potenziali armi biologiche, dovremmo aver già fatto un primo bilancio. Sarebbe stato sufficiente per capire che non è possibile fare affidamento sugli scienziati per disfare quello che la tecno-scienza ci ha regalato come eredità.
Pensare in modo differente le tecno scienze, fuori dai consueti universi di senso, potrebbe portare anche ad un nuovo respiro di opposizione che non veda nelle nuove moratorie una specie di riflessione collettiva o peggio ancora un momento di arrendevolezza da parte del mondo della ricerca. Piuttosto si inquadri queste fasi a cui tutti gli ambiti più controversi delle tecno scienze fanno ricorso come un assestamento interno allo stesso paradigma tecno scientifico, con complicità dei bioeticisti che non possono essere più taciute. Ripuliti da questi orpelli e zavorre allora si potrà essere chiari non solo nel denunciare, ma soprattutto nell’opporsi nella sua totalità al progetto in corso transumano che si appresta a trasformarci in Figli della macchina.







































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