Fai una donazione
Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________
- Details
- Hits: 2328
Dalla cattedrale ai non-luoghi
di Antonio Martone
I cambiamenti che hanno scosso l'età moderna sono stati anzitutto antropologici, e poi economici e giuridico-politici. Oggi siamo di fronte a un altro snodo storico, che sta producendo una nuova mutazione del senso. Per interrogare quest'ultima bisogna osservare ancora una volta la traiettoria della modernità
In questo intervento, cercherò di focalizzare genealogicamente l’attenzione su alcuni punti di snodo fondamentali della storia della modernità, al fine di focalizzare meglio le dinamiche antropologico-politiche del contemporaneo. Cercherò di evocare tali trasformazioni attraverso l’uso di simboli che racchiudano il senso complessivo della presenza storica degli uomini nel passaggio fra “pre-moderno” e “moderno” e fra il “moderno” e l’“attuale”.
La tesi che accompagna il mio lavoro consiste nell’idea secondo cui il percorso dell’Occidente che giunge fino a noi, incomprensibile se non si considera l’enorme peso che in esso ha assunto la tecnica, abbia comportato vere e proprie mutazioni antropologiche: cercherò di concentrarmi su tali mutazioni e di delinearne il senso nella convinzione che comprenderle significhi illuminare lo scenario attuale e le sue profonde contraddizioni.
L’Evo moderno – come è noto – si caratterizza per esser andato progressivamente tras-mutando l’idea medioevale (aristotelico-tomistica) di legame sociale in una realtà accelerata in senso “progressivo”:
- Details
- Hits: 2914
Regeni, New York Times, “dittatori”
Caro Alessandro Di Battista, guarda meglio
di Fulvio Grimaldi
Questa è una lettera che avevo indirizzato ad Alessandro Di Battista in merito al suo intervento alla Camera sul caso Regeni-NYT e, per conoscenza, ad alcuni parlamentari 5Stelle di mia conoscenza. Non ho ricevuto risposta e questa lettera diventa pubblica, anche perché contiene considerazioni che possono essere indirizzate a molte altre persone
Questa che è una critica all’intervento del deputato 5Stelle e un invito a riconsiderare certe sue posizioni, non mette minimamente in questione la stima e la solidarietà che ho nei confronti di tante ottime battaglie condotte da Di Battista, alcune delle quali sono state anche da me condivise sul campo
Caro Alessandro Di Battista,
faccio il giornalista da oltre mezzo secolo, oggi indipendente ma vengo da organi come la BBC, Paese Sera, Panorama (pre-Berlusconi), L’Espresso, The Middle East, Giorni Vie Nuove, Astrolabio, Rai-TG3. Ho sostenuto molte attività del M5S e con il MoVimento e suoi illustro sostenitori ho organizzato nella mia zona pubbliche iniziative (con Morra, Ruocco, Imposimato, Lanutti, Scibona, Bertorotta...) Ho intervistato deputati e senatori del MoVimento, compreso te, sono amico della senatrice Ornella Bertorotta e ho partecipato a numerose vostre iniziative alla Camera e al Senato. Miei documentari sono stati presentati al Senato. Ho lavorato con militanti 5Stelle sul territorio per i miei documentari e articoli No Tav, No Muos, No Triv, No Basi, terremotati. Spero che tutto questo mi dia un po’ di credibilità.
Conosco la tua esperienza in America Latina e nel Sud del mondo e quindi presumo una tua conoscenza del modus operandi di certe grandi potenze dagli insopprimibili appetiti coloniali in quelle parti del mondo.
- Details
- Hits: 2276
Il sapere come metodo
Sulla riduzione del percorso liceale a soli quattro anni
Giovanni Carosotti
È un luogo comune affermare che i docenti italiani godano di ben due mesi di ferie consecutive[1]. Non è così; ma se anche fosse, il mese di agosto non è stato mai poco significativo per il loro lavoro. È prassi consueta quella di far passare provvedimenti importanti durante il periodo estivo, quando gli insegnanti hanno poche possibilità di organizzare e rendere noto il loro eventuale dissenso. Ciò conferma quanto da lungo tempo in molti hanno fatto notare; e cioè che, al di là della retorica, gli insegnanti non sono oggetto di particolare considerazione né consultati in maniera significativa quando si decidono provvedimenti rilevanti per la qualità della loro professione. In coerenza con un assunto teorico continuamente ribadito dai diversi documenti ministeriali: i docenti, dalla scuola primaria alla secondaria superiore, non sono più considerati depositari di positive capacità professionali, sulle quali la comunità deve investire per la formazione culturale e civile delle nuove generazioni; bensì lavoratori la cui preparazione risulta ormai inadeguata rispetto alle grandiose trasformazioni epocali verificatesi negli ultimi decenni. Essi devono dunque accettare il principio di dover rimettere totalmente in discussione la propria professionalità[2] .
- Details
- Hits: 1931
Violenta, non troppo
di Mike Haynes (*)
Viviamo in un mondo violento e non possiamo evitare di affrontare da un punto di vista politico questo problema.
Nel 1917, la violenza della guerra si era propagata in ogni dove. Nell’ultimo capitolo della sua Storia della rivoluzione russa, Trotsky scrive:
«Non è forse significativo che il più delle volte a indignarsi per le vittime delle rivoluzioni sociali siano gli stessi che, se pur non sono stati fautori diretti della guerra mondiale, ne hanno almeno preparato ed esaltato le vittime, o quanto meno si sono rassegnati a vederle cadere?»[1].
Si stima che il numero dei morti durante la prima guerra mondiale, fra militari e civili, ammonti a una cifra tra quindici e diciotto milioni. Alla fine del 1917, un medico socialista calcolò che “la folle corsa della giostra della morte” aveva portato a “6.364 morti al giorno, 12.726 feriti e 6.364 disabili”. Probabilmente, la precisione che dimostra non è corrispondente alla realtà, ma il suo senso delle proporzioni lo è. La gente moriva in battaglia, nonché per le privazioni e le malattie che ne conseguivano.
- Details
- Hits: 3850
L’Inferno del miracolo tedesco
di Olivier Cyran
Su Le Monde Diplomatique, una analisi approfondita del modello sociale tedesco fondato sulle riforme Hartz, che hanno segnato il passaggio dal sistema di sicurezza sociale a tutela dei lavoratori a un modello di “inclusione” dove i disoccupati sono trasformati in una grande sacca di lavoratori poveri sottoposti a un regime di controlli rigidamente coercitivo, fondato sulla stigmatizzazione di chi si trova in difficoltà. Questo è il modello che ispira la riforma del mercato del lavoro che il governo Macron va ad imporre per decreto anche in Francia
Il modello a cui si ispira Emmanuel Macron
Ore otto del mattino: il Jobcenter di Pankow, quartiere di Berlino, è appena aperto e già 15 persone attendono davanti allo sportello d’accoglienza, ciascuna chiusa in un silenzio ansioso. “Perché sono qui? Perché se non rispondi alle loro convocazioni, si riprendono ciò che hanno ti hanno dato” borbotta un signore sulla cinquantina a voce bassa. “Del resto, non hanno nulla da proporre. A parte forse un impiego da venditore di mutande, chissà.” L’allusione gli strappa un magro sorriso. Da un mese, una donna di 36 anni, madre sola, educatrice e disoccupata, ha ricevuto per posta un invito del Jobcenter di Pankow a fare domanda per una posizione da agente commerciale per un sexy-shop. Pena per la mancata domanda: un’ammenda. “Ne ho viste di tutti i colori con questo Job centre, ma questo è troppo”, reagisce l’interessata su Internet, prima di annunciare la propria intenzione di sporgere denuncia per abuso di potere.
Nel parcheggio delle case popolari, “la cellula di sostegno mobile” del centro dei disoccupati di Berlino è già all’opera. Su una tavola pieghevole, disposta davanti al furgone del gruppo, la signora Nora Freitag, 30 anni, dispone una pila di brochures intitolate “come difendere i miei diritti di fronte al Jobcenter.”
- Details
- Hits: 2964
Il diritto di non-emigrare
di Agostino Spataro
1. Il neo liberismo produce guerre, miserie e migrazioni irregolari
Se il mondo fosse più giusto e solidale dovrebbe riconoscere, e attuare, come primo diritto umano quello di non- emigrare ossia non costringere gli uomini e le donne del Pianeta ad abbandonare la propria casa, la propria terra in cerca di un lavoro, di una vita migliore.
Ovviamente, c’è anche un diritto di emigrare per chi desidera spostarsi liberamente. Ma per scelta non per costrizione. Purtroppo così non è.
La gente continua a emigrare per costrizione, quasi sempre dal Sud verso il Nord.
Così è sempre stato, potrebbe dire qualcuno. Una verità parziale spesso usata come alibi per non affrontare il dramma attuale. Prima di appellarsi ai comportamenti primordiali, questo signor “qualcuno” dovrebbe domandarsi perché, oggi, ci sono tanta miseria, tanti conflitti micidiali che affliggono le medesime regioni del mondo dove si cumulano cause antiche e recenti che non si possono spiegare tutte, e sempre, con il colonialismo finito da 60 anni: il tempo di tre generazioni in cui si potevano cambiare tutti i meccanismi di dipendenza e conquistare la piena sovranità dei popoli soggiogati. Invece, la gran parte delle nuove classi dominanti nazionali su tali dipendenze si sono adagiate.
- Details
- Hits: 3768
Tramonto del neoliberismo
di I Diavoli
Una delle questioni più affascinati della storia delle idee è capire come una corrente minoritaria del pensiero economico, il neoliberalismo, sviluppatosi in Germania e Austria fra la prima e la seconda guerra mondiale, sia riuscita a conquistare negli ultimi decenni del XX secolo un ruolo egemone, nella vulgata degli studiosi e nelle politiche degli Stati. Tanto da giustificare l’idea di un “progetto”, o una manovra neoliberista, pervasiva al punto da determinare la vita d’ogni essere umano sul pianeta. Ma la questione di più scottante attualità è il tramonto di questa corrente insieme al suo ambizioso tentativo di dare luogo a un modello di civilizzazione alternativo e virtuoso.
Il libro
Il libro di Massimo De Carolis ha il grande merito di scandagliare in profondità – sulla scorta di altri pensatori, soprattutto il Foucault delle lezioni contenute in Nascita della biopolitica (Feltrinelli, 2005) – le origini di questa tendenza di pensiero per scovarne nella miopia teorica le cause del suo tramonto.
- Details
- Hits: 1791
Venezuela, l’opposizione si spacca e fa arrabbiare El País
di Gennaro Carotenuto
Dopo il gran tam-tam estivo il Venezuela è sparito dai giornali italiani. Eppure, nel giro di tre giorni, El País di Madrid, che da una ventina di anni sta alla versione ufficiale delle destre neoliberali sull’America latina come la Pravda stava al PCUS e all’URSS, e come tale merita di essere letto con la massima attenzione, ha pubblicato ben due articoli significativi di un cambiamento in atto. Questi infatti dimostrano grande frustrazione, e un filino di rabbia, rispetto al comportamento dell’opposizione venezuelana, appoggiata fino a ieri con trasporto nella sua lotta contro la “dittatura castrochavista” di Nicolás Maduro.
Il primo è firmato dal giornalista venezuelano Ewald Scharfenberg, di fatto corrispondente dalla capitale caraibica, il secondo è un editoriale del cattedratico argentino di stanza a Georgetown, Héctor Schamis, che da Washington è sempre stato durissimo con tutti i governi progressisti latinoamericani. Per entrambi l’opposizione sarebbe rea di non aver dato la spallata finale al regime chavista che, come ripetuto per mesi, era ormai cosa fatta.
In particolare per Schamis l’opposizione sarebbe incomprensibilmente più volte andata in soccorso del governo.
- Details
- Hits: 2290
Riflessioni sui bolscevichi
di Alexander Rabinowitch*
La Rivoluzione d’Ottobre e l’inizio della costruzione dello stato sovietico a Pietrogrado
E’ annunciata per il prossimo 14 settembre l’uscita del libro dello storico americano Alexander Rabinowitch “1917. I bolscevichi al potere” (Feltrinelli). Si tratta della riedizione di quello che è diventato ormai un classico tradotto in tutto il mondo della storiografia sulla rivoluzione russa già pubblicato in Italia nel 1978 dalla Feltrinelli. Nel 1989 fu il primo lavoro di uno storico occidentale sulla rivoluzione bolscevica a essere pubblicato in Russia con grande successo tra gli storici e i lettori (oltre 100.000 copie della prima edizione andarono rapidamente esaurite). Purtroppo è l’unico testo disponibile in italiano di uno dei più importanti studiosi della Rivoluzione del 1917. Dà l’idea di quale sia stato il clima culturale nel nostro paese negli ultimi decenni il fatto che dagli anni ’70 non siano stati tradotti gli altri suoi lavori, in particolare gli altri due volumi della sua trilogia sulla rivoluzione: Prelude to revolution e The Bolsheviks in Power: The First Year of Bolshevik Rule in Petrograd che nel 2007 uscì in contemporanea in edizione russa e inglese. Vi proponiamo la traduzione della conferenza che Alexander Rabinowitch ha tenuto presso la Humboldt University di Berlino il 14 ottobre 2010 in occasione della ripubblicazione in Germania del libro. (M.A.)
* * * *
Questa sera, voglio condividere con voi alcuni punti di vista sui bolscevichi, la Rivoluzione d’Ottobre e l’inizio della costruzione dello stato sovietico a Pietrogrado sviluppate durante quasi un’intera vita trascorsa a studiare i vari aspetti di questa materia ancora molto controversa.
- Details
- Hits: 10446
Solo all’interno degli stati nazionali può esserci vera democrazia
Thomas Isler intervista Wolfgang Streeck
Il futuro, sostiene il sociologo tedesco Wolfgang Streeck, appartiene allo Stato-nazione e non agli organismi sovranazionali. Solo all’interno degli Stati-nazione può essere esercitato un vero potere di controllo democratico
D: Signor Streeck, in Europa c’è ancora bisogno di singole nazioni, oppure è l’Unione Europea che deve risolvere i nostri problemi politici?
R: La democrazia moderna è nata dai conflitti all’interno degli stati nazionali. E fino ad oggi ha la sua patria (Heimat) negli stati nazionali. Al contrario, le organizzazioni internazionali sono dominate dagli esperti. Mancano di quella che chiamerei la dimensione plebea della democrazia.
D: Cosa intende con ciò?
R: La democrazia non è prerogativa di una classe colta, istruita, i cui membri si comportano in modo gentile e garbato tra di loro, e cercano di risolvere insieme i problemi. Anche quelli che stanno ai gradini inferiori della società devono poter alzare la voce e dire quello che vogliono.
- Details
- Hits: 2222
Capitalismo di Stato e normalità capitalistica ai tempi della crisi
di Alessandro Somma
Sino al crollo del Muro di Berlino il confronto tra capitalismo e socialismo aveva monopolizzato l’attenzione degli studiosi. Solo in seguito ci si è dedicati alle varietà di capitalismo, anche e soprattutto per promuovere la diffusione di quella più in linea con l’ortodossia neoliberale, da ritenersi oramai la normalità capitalistica. La crisi ha però incrinato molte certezze, tanto che alcuni hanno ipotizzato un futuro caratterizzato da un ritorno del capitalismo di Stato. Di qui uno dei tanti motivi di interesse per l’ultima fatica di Vladimiro Giacché: un’antologia degli scritti economici di Lenin introdotta da un ampio saggio in cui si sintetizza e commenta il percorso che ha portato a concepire il comunismo di guerra prima, e la nuova politica economica poi1. È in questa sede che si individuano alcuni punti di contatto tra le teorie economiche leniniane e la situazione attuale, alle quali dedicheremo le riflessioni che seguono.
Ci concentreremo inizialmente sullo scontro tra modelli di capitalismo e sulla possibilità di ricavare dal pensiero Lenin, pur nella radicale diversità dei contesti, alcuni spunti utili al dibattito. Verificheremo poi come attingere da quel pensiero per contribuire a un altro aspetto rilevante per la riflessione sulle varietà del capitalismo: la sua instabilità nel momento in cui prende le distanze dall’ortodossia neoliberale, ovvero l’assenza di alternativa tra il superamento del capitalismo e il ritorno alla normalità capitalistica.
- Details
- Hits: 1906
Il Complesso Militare Industriale di Trump
di Eva Golinger
Guerra nucleare con la Corea del Nord. Guerra fredda II con la Russia. Guerra sporca in Yemen. Guerra indefinita in Afghanistan. Guerra economica contro il Venezuela. Guerra retorica con l'Iran. Guerra dei muri con il Messico. Guerra razziale negli Stati Uniti.
Per essere il presidente che ha promesso "nessun intervento" e "l'America prima di tutto", in soli otto mesi Donald Trump è diventato il re delle guerre. E ditro c'è l'intero settore militare statunitense e le sue imprese miliardarie che sbavano alla prospettiva di espandere e ampliare il potere militare USA.
Per la prima volta nella storia contemporanea del paese, Trump ha militarizzato la Casa Bianca, piazzando i generali nelle più importanti posizioni del gabinetto presidenziale per le politiche di sicurezza e di difesa e demandando al Pentagono le decisioni dirette sulle operazioni di combattimento. Il suo capo di Stato maggiore, John Kelly, è un generale dei marines che per un breve periodo ha anche ricoperto la carica di Segretario alla Sicurezza nazionale di Trump - inasprendo le politiche antimigratorie – ed è stato anche a capo del Comando Sud dal 2012 al 2016, quando Washington ha intensificato la sua politica aggressiva contro il Venezuela.
- Details
- Hits: 1816
Nazionalizzare Google, Facebook ed Amazon. Ecco perché
di Nick Srnicek
Nella storia l’ economia ha cambiato pelle e così il Capitalismo. Nel ‘500 l’economia feudale lasciò spazio a quella mercantile; si formarono i primi Stati nazionali (Francia Spagna ed Inghilterra) in mano alle monarchie; le scoperte geografiche portarono questi Stati alla conoscenza di nuove merci, fondamentali le spezie e le pietre preziose, per l’accaparramento delle quali si iniziarono una serie di conflitti che portarono alla fondazione di innumerevoli colonie. Gli Stati appena fondati rivelarono il proprio imperialismo, tramite il quale un modello proto-capitalista faceva incetta di merci.
La prima Rivoluzione Industriale trasformò ancora il modello economico, fino ad arrivare alla odierna Rivoluzione digitale, che ha finito per colonizzare le nostre vite, le nostre menti.
Il testo che segue, è un’ analisi lucida dei meccanismi che il capitale odierno, quello delle Corporations digitali, utilizza per continuare a fare man bassa di profitti e di come si sia trasformata la merce stessa. Altrettanto lucidamente l’autore del libro, da cui è stato estratto il brano, ci mette al corrente del controllo e dello sfruttamento inconsapevole di cui siamo oggetto ogni giorno, ogni minuto che utilizziamo con i nostri onnipresenti dispositivi (smartphone, pc, tablet) social network o Rete. E dei pericoli a cui la società va incontro.
- Details
- Hits: 2512
Controllo sociale e governance della povertà
Note sull’introduzione del Reddito di inclusione in Italia
di Andrea Fumagalli
Il 29 agosto 2017 è stato approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il Reddito di inclusione (REI). Si tratta di una misura nazionale di contrasto alla povertà, selettiva e condizionata. Si compone di due parti:
- un beneficio economico, erogato attraverso una Carta di pagamento elettronica (Carta REI);
- un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa “volto al superamento della condizione di povertà”, come dichiarato dal ministro Poletti.
In questa scheda presentiamo i requisiti richiesti, così come descritti dallo stesso ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale
Requisiti di residenza e soggiorno
Possono accedere al REI le seguenti categorie di cittadini:
- cittadini italiani
- cittadini comunitari
- Details
- Hits: 3039
Immigrazione: crisi ed ipocrisia della sinistra clintoniana italiana
di Ugo Boghetta
Con il cambio netto e repentino di linea politica sulla questione dei migranti da parte di Minniti, Gentiloni, Mattarella – poi santificato nell’incontro di Parigi – la sinistra clintoniana italiana si è trovata in una crisi imprevista. L’ideologia dell’accoglianza sempre e comunque non c’è più.
Un cambiamento di politica non nato, a mio parere, solo per un mero calcolo elettorale del PD, ma dalla spinta di apparati dello Stato che hanno ritenuto l’immigrazione di massa illegale non più gestibile.
In rapidissima sequela, sono scesi in campo Saviano, il manifesto, Ezio Mauro, Calabresi, Giannini, Ignazi, Maltese ed altri ancora. Non è mancato ovviamente l’intervento dell’ineffabile Boldrini.
Il tono è quello dell’indignazione moralisticheggiante: reato umanitario, inversione morale, emergenza morale, resa della civiltà, il dovere di rimane umani e cosi via.
Per costoro la regolamentazione delle ONG appare un reato morale. Per colpire gli scafisti, si sentenzia, si colpiscono anche coloro che salvano le vite. L’azione dei volontari, in quanto dettata dalla sfera della coscienza, sarebbe intoccabile.
- Details
- Hits: 2043
Note su “Lo Stato Innovatore” di Mariana Mazzucato
di Lorenzo Cattani
Mariana Mazzucato, Lo Stato innovatore, Laterza, Roma – Bari 2016, pp. 378, 18 euro (scheda libro)
A 10 anni dall’inizio della crisi, appare ormai chiaro come l’economia del settore pubblico rappresenti sempre di più la chiave di volta per quei problemi, rimasti sopiti o ignorati fino alla recessione iniziata nel 2007, che stanno affliggendo i paesi occidentali. Negli ultimi l’opinione comune circa l’intervento statale era che questo avrebbe dovuto mantenersi ai margini dell’azione di governo, limitandosi alla garanzia della legalità ed alla “stabilizzazione” del mercato in momenti difficili.
Come sostiene brillantemente Mariana Mazzucato nel suo libro “Lo Stato Innovatore”, il pubblico non è un’entità inerziale, un carrozzone di poco valore che soffoca le forze del mercato, i cui eventuali “fallimenti” sono l’unica cosa di cui debba occuparsi. Lo Stato è invece il principale promotore dell’innovazione, un processo fondamentale per la crescita economica, caratterizzato però da una fortissima incertezza, la cosiddetta “incertezza di Knight”[1]. L’innovazione è quindi un processo su cui il capitale privato sarà disposto ad investire solo in una fase finale, quando saranno chiaramente visibili i ritorni finanziari. Il problema quindi è che, senza gli iniziali investimenti dello Stato, unico attore a sapersi realmente accollare grossi rischi e fornire “capitali pazienti”, non si potrebbe nemmeno dare il via a quel processo cumulativo e rischioso che è l’innovazione.
- Details
- Hits: 4207
Rivoluzione d’Ottobre e democrazia
di Domenico Losurdo
Il testo è la rielaborazione nella forma della Conferenza pronunciata a Napoli, presso la libreria Feltrinelli, il 6 luglio 2007, nell’ambito del ciclo «I venerdì della politica» promosso dalla Società di studi politici.
Ho sviluppato i temi qui accennati in tre libri ai quali rinvio per gli approfondimenti e i riferimenti bibliografici: Controstoria del liberalismo (Laterza, 2005); Il linguaggio dell’Impero (Laterza, 2007), Stalin. Storia e critica di una leggenda nera (Carocci, 2008) (D.L)
L’ideologia e la storiografia oggi dominanti sembrano voler compendiare il bilancio di un secolo drammatico in una storiella edificante, che può essere così sintetizzata: agli inizi del Novecento, una ragazza fascinosa e virtuosa (la signorina Democrazia) viene aggredita prima da un bruto (il signor Comunismo) e poi da un altro (il signor Nazi-fascismo); approfittando anche dei contrasti tra i due e attraverso complesse vicende, la ragazza riesce alfine a liberarsi dalla terribile minaccia;
divenuta nel frattempo più matura, ma senza nulla perdere del suo fascino, la signorina Democrazia può alfine coronare il suo sogno d’amore mediante il matrimonio col signor Capitalismo; circondata dal rispetto e dall’ammirazione generali, la coppia felice e inseparabile ama condurre la sua vita in primo luogo tra Washington e New York, tra la Casa Bianca e Wall Street. Stando così le cose, non è più lecito alcun dubbio: il comunismo è il nemico implacabile della democrazia, la quale ha potuto consolidarsi e svilupparsi solo dopo averlo sconfitto.
- Details
- Hits: 2398
Nuove scritture working class: nel nome del pane e delle rose
di Alberto Prunetti
Primo antefatto. Respira e intona il mantra: «Class is not cool»
Un libro racconta la storia di un educatore precario, figlio di un operaio di una fonderia. Padre e figlio si incontrano a parlare il sabato pomeriggio allo stadio. Come viene descritto quel romanzo inglese in Italia? Come un libro sul calcio. Ma in realtà quel romanzo è un racconto sulla classe operaia. Sulla working class inglese, che notoriamente attorno alla birra, al pub e al football aveva costruito elementi di convivialità e socialità. Dopo la fabbrica, ovviamente, ma quella era già stata smantellata. Così in Italia si adotta come un libro sul calcio quello che invece è un romanzo che racconta una classe sociale. La working class inglese.
Guai infatti a parlare di classe operaia. Ripetere tre volte il mantra ad alta voce: la classe operaia non esiste – la classe operaia non esiste – la classe operaia non esiste. Poi comprare su una piattaforma on line una penna usb assemblata in una fabbrica cinese e chiedersi quante decine di mani operaie toccano quel singolo oggetto da Shanghai a Piacenza.
Secondo antefatto. La servitù sta al piano basso, reparto «Sociologia»
Un’amica mi racconta un episodio curioso: entrata in una grande libreria di catena di Firenze, chiede una copia del mio libro Amianto, una storia operaia.
- Details
- Hits: 1894
Una discussione sull’immigrazione
Su cosa vale la pena insistere
di Alessandro Visalli
Ai piedi del post “Circa Emiliano Brancaccio “La sinistra è malata quando imita la destra”, ripreso da Sinistra in Rete con un titolo lievemente diverso, precisamente sotto quest’ultimo Fabrizio Marchi, direttore de L’interferenza, ha postato il seguente gradito commento:
“Partendo dall'ultima affermazione contenuta nel'articolo, se è vero che non si possono aiutare gli ultimi ad esclusivo danno dei penultimi, è altrettanto vero che non si può fare la guerra agli ultimi per "difendere" i penultimi …
Ergo, è necessario un lavoro molto paziente, lungo e difficile per spiegare sia agli ultimi che ai penultimi che le cause della loro condizione non sono determinate da loro stessi ma da altri, cioè dai veri padroni del vapore che hanno interesse a che ultimi e penultimi siano in competizione e si facciano la guerra. Mi rendo conto che è un lavoro lunghissimo e che non porta risultati immediati, però non c'è alternativa. Resto convinto che l'immigrazione sia solo un effetto, o uno degli effetti, del processo di espansione planetaria del capitalismo (quella che viene chiamata globalizzazione, processo in realtà in corso da secoli e oggi giunto alla sua fase apicale) e che quindi la riduzione dei salari e il peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori autoctoni sia solo in modesta parte determinato dalla presenza di lavoratori immigrati. Le cause principali sono altre. La sconfitta storica del Movimento Operaio e della Sinistra nel suo complesso e il crollo del socialismo reale, hanno tolto di mezzo ogni ostacolo al capitalismo che è da trent'anni all'offensiva (dicasi guerra di classe, ma dall'alto) senza più nessun ostacolo.
- Details
- Hits: 2208
La filosofia politica che ci manca
di Pierluigi Fagan
In una lettera del 1951 a K. Jaspers, H. Arendt si interroga sul concetto di “male radicale” che aveva proposto all’interno della celebre indagine sulle Origini del totalitarismo. Confessa di non saper bene definirlo ma di avere la sensazione o intuizione che abbia a che fare con una riduzione dell’uomo a concetto, forse gli uomini hanno solo declinazione plurale e ogni loro singolarizzazione è una riduzione pericolosa, pericolosa perché taglia parti essenziali della loro stessa essenza irriducibilmente molteplice. Aggiunge di avere il sospetto che la filosofia non sia esente da colpe in questa riduzione ad unum e del resto il sospetto viene facile visto che la filosofia pensa appunto per concetti. A questo punto, specifica che questo non porta in conseguenza -come poi invece sosterrà Popper-, una discendenza diretta di Hitler da Platone ma induce a pensare che la filosofia politica occidentale sembra avere un punto cieco nel quale invece di avere un concetto puro della politica come attività che porta i plurali alla decisione singolare, ha sviluppato molti tentativi di singolarizzare la natura umana di modo che la decisione una, possa esserne dedotta in via logico-naturale dall’unità della presunta natura umana.
La filosofia politica occidentale, ha avuto due linee di sviluppo principali. La prima risale a Platone ed è la teorizzazione ideale di un modello di funzionamento della comunità, la seconda risale compiutamente a Machiavelli ed è una teorizzazione pratica dello stesso modello.
- Details
- Hits: 4207
I signori dei disastri
di Naomi Klein
Anche le crisi, guerre e disastri fanno bene al PIL. Le collusioni tra la politica e gli interessi economici derivanti dalle emergenze esplorate dalla Klein nel suo ultimo libro "No non è abbastanza! Come resistere nell’era di Trump".
«Dall’uragano Katrina alle crisi finanziarie,
alcune multinazionali statunitensi sfruttano
da anni le emergenze per imporre riforme
liberiste e fare enormi profitti, a spese dei
cittadini più poveri. Oggi i dirigenti di queste
aziende sono ai vertici dell’amministrazione Trump».
Nei viaggi che ho fatto per scrivere reportage dalle zone di crisi ci sono stati momenti in cui ho avuto l’inquietante sensazione non solo di assistere al succedere di un evento, ma di scorgere un barlume di futuro, un’anteprima di dove ci porterà la strada che abbiamo preso se non afferriamo il volante e non diamo una bella sterzata.
Quando sento parlare il presidente degli Stati uniti Donald Trump, che evidentemente si diverte a creare un clima di caos e destabilizzazione, penso spesso di avere già visto quella scena. Sì, l’ho vista negli strani istanti in cui ho avuto l’impressione che mi si spalancasse davanti il nostro futuro collettivo.
- Details
- Hits: 1498
Il diritto di avere diritti
di Alba Vastano
“Soffriamo di una cittadinanza oppositiva, nazionale, puramente identitaria, mentre dovremmo essere preparati a vivere in una nuova common, ove la persona è cittadina in qualunque luogo si trovi”
Nell’era della globalizzazione in cui siamo immersi è necessario rielaborare il concetto di diritto, svilito dalle trasgressioni sull’impianto costituzionale e dalla dilagante corruzione. Retaggi di un passato che si è fatto un insopportabile presente, in cui giustizia, vivere civile e diritti sociali umanitari sono spariti. Stefano Rodotà (già recensito in Solidarietà, utopia necessaria) da eccellente giurista e grazie alla sua passione civile, ci lascia in eredità, tramite i suoi scritti, gli strumenti per analizzare le questioni più importanti, legate al “diritto di avere diritti”, che è anche il titolo di un suo importante saggio.
Lo spazio e il tempo dei diritti
È un nuovo mondo. Viviamo in uno spazio sconfinato. L’era dei sans frontieres e della globalizzazione, l’era di internet. Può dare effetti collaterali, come lo spaesamento o l’agorafobia. Se ne può verificare il rigetto e il voler tornare alle frontiere, a confini ben delimitati o anche allo Stato nazionale, all’identità territoriale, allo spazio privato ove l’altro che viene da lontano, se lo oltrepassa, è considerato un invasore e va tenuto a distanza, ne dobbiamo diffidare.
- Details
- Hits: 1578
Non c’è emancipazione senza populismo
Tatiana Llaguno intervista Nancy Fraser
A seguito delle manifestazioni convocate dal movimento femminista contro l’investitura di Donald Trump, Nancy Fraser, attualmente professoressa di Filosofia e Politica presso la New School for Social Research di New York, firmò – assieme a molte altre, come Angela Davis e Rasmea Odeh – un appello per un “femminismo del 99%”, transazionale e anticapitalista. La sua scommessa cerca di costruire un femminismo maggioritario, inclusivo, che rifiuti la cooptazione neoliberale.
Con vari decenni di lavoro accademico alle spalle, durante i quali ha indagato questioni come la giustizia, il capitalismo ed il femminismo, Fraser è al giorno d’oggi una delle più riconosciute intellettuali del pensiero critico. Ferma nella difesa della strategia attuata da Bernie Sanders, critica su Hillary Clinton e in strenua opposizione a Trump, in questa intervista analizza nel dettaglio la situazione politica attuale, posizionandosi a favore di un “populismo di sinistra” che si opponga al “neoliberalismo progressista” e al “populismo reazionario”.
* * * *
Qual è la sua valutazione dei primi cento giorni del mandato del Presidente Trump? Cosa ci raccontano questi mesi sul suo progetto, i suoi limiti e le possibili resistenze?
Direi che ci segnalano due aspetti: da un lato, la facilità con la quale le correnti più convenzionali del Partito Repubblicano siano riuscite a frenarlo e a disarmare la dimensione populista della sua campagna.
- Details
- Hits: 1990
Fortini, la Cina di Mao e Solženicyn
di Ennio Abate
Replico ad un commento di Roberto Buffagni apparso sotto l’articolo “Migrazioni: punti di vista in contrasto” (qui). Lo riporto per comodità all’inizio del post. [E. A.]
Roberto Buffagni 17 agosto 2017 alle 13:57
Caro Ennio,
in breve:
1) Cina, Cambogia, Manifesto, Fortini. Non ho voglia di fare ricerche in biblioteca per documentare gli abbagli della “sinistra critica” sul compagno Mao e il compagno Pol Pot, ci sono e chi ha la nostra età se li ricorda. Fortini, che era una persona intelligente, di Pol Pot non si innamorò mai, della Cina di Mao sì, come attesta “Asia maggiore”, 1956, un diario di viaggio in Cina in cui Fortini, oltre a scrivere delle belle pagine impressionistiche su paesaggio della Cina e contadini cinesi, fa l’Alice nel Paese delle Meraviglie credendo a tutto quel che gli ammanniscono i suoi tour manager (il Céline non ancora fascista ma già scettico e scafato, in viaggio in URSS vent’anni prima, NON ci è cascato, probabilmente uno dei motivi per cui è diventato fascista è proprio quel viaggio). In quegli anni Cinquanta, uscivano sulla stampa capitalistica anglo accessibilissima a Fortini notizie di un paio di milioncini e mezzo di “nemici di classe” non meglio specificati appena sterminati a freddo dal compagno Mao dopo la guerra. Fortini non è il solo a sorvolare, c’è un interessante scambio di lettere tra Piero Calamandrei e suo figlio, allora giornalista dell’Unità che si occupava dell’Oriente, in cui Piero chiede notizia degli sterminati, se sia vero o no, o aggiunge che se fosse confermata la notizia sarebbe grave PER LE RIPERCUSSIONI PROPAGANDISTICHE favorevoli al campo avverso (Calamandrei non era neanche comunista, ma azionista).
- Details
- Hits: 2252
1973-2017, il collasso ideologico della “sinistra” francese (ed europea)
di Bruno Guigue*
Nel 1973, il colpo di stato del generale Pinochet contro il Governo di Unità Popolare in Cile provocò un’ondata di indignazione senza precedenti nei settori progressisti del mondo intero. La sinistra europea ne fece il simbolo del cinismo delle classi dominanti che avevano appoggiato questo “pronunciamiento”. Accusò Washington, complice del futuro dittatore, di aver ucciso la democrazia armando le braccia assassine dei militari golpisti. Nel 2017, al contrario, i tentativi di destabilizzazione del potere legittimo in Venezuela hanno raccolto nel migliore dei casi un silenzio infastidito, un sermone moralizzatore, quando non una diatriba antichavista da parte degli ambienti di sinistra, che si trattasse di responsabili politici, di intellettuali che godono di appoggi o di organi di stampa a grande tiratura.
Dal Ps all’estrema sinistra (ad eccezione del “Pôle de renaissance communiste en France”, che ha le idee chiare), si rimesta, si mette insieme capra e cavoli, si rimprovera al Presidente Maduro il suo “autoritarismo” il tutto mentre si accusa l’opposizione di mostrarsi intransigente. Nel caso migliore, si chiede al potere legale di fare dei compromessi, nel peggiore si esige che si dimetta. Manuel Valls, ex primo ministro “socialista”, denuncia la “dittatura di Maduro”.
Page 346 of 611