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sinistra

Quattro destre, nessuna sinistra, una sola storia

di Eros Barone

I risultati delle ultime elezioni politiche sanciscono il trionfo delle destre e l’abrasione delle sinistre. Il trionfo delle destre vede ben quattro formazioni dividersi la titolarità della rappresentanza delle differenti frazioni di quella che un tempo era chiamata la “maggioranza silenziosa”: una destra tecnocratica ed elitaria (il PD con la corrente esterna del raggruppamento di “Liberi e Uguali”), una destra populista e pubblicitaria (FI), una destra populista e reazionaria (Lega e FdI) e una destra qualunquista e reazionaria (M5S). Nei termini storici della “lunga durata” di stampo braudeliano , abbiamo quindi al Nord gli eredi delle “Pasque veronesi” (1797) e al Sud gli eredi dei sanfedisti (1799-1814). Spingendo ancora più a fondo l’analogia storico-geografica, è possibile risalire al periodo dell’Alto Medioevo, più precisamente al VI secolo e, ancor più precisamente, al 568, quando, esauritasi la “renovatio Imperii” giustinianea a causa della guerra gotico-bizantina (535-553), ebbe fine l’unità politica della penisola italiana con l’invasione dei Longobardi e le aspre lotte (ma anche i taciti accordi) che seguirono fra questi e i Bizantini, laddove l’equivalente attuale dei primi è rappresentato dalla Lega e l’equivalente attuale dei secondi dal M5S. Una singolare coincidenza (la Pasqua del 568 cadde l’1 aprile, esattamente come la Pasqua del 2018)1 contraddistingue i limiti estremi di un periodo intermedio di 1450 anni, quasi che, ad una simile distanza cronologica, il ciclo della disunione, esaurita la breve parentesi dello Stato nazionale unitario (1861-2018), riprenda, implacabile, a svolgersi.

Questo fatto, oltre a confermare il fallimento politico dell’unità d’Italia, sembra prefigurare, nel caso, sempre possibile e tutt’altro che da escludere, di una grave crisi politica internazionale, la spaccatura e la separazione dell’Italia: il Nord alla Germania e il Sud agli USA (come parve possibile nel periodo 1943-1945 con il separatismo siciliano), i quali USA, è bene ricordarlo, detengono proprio nel Sud le loro principali basi militari.

Sperando che queste estrapolazioni storiche restino un mero esercizio accademico, torniamo all’analisi politica. Orbene, il PD ha subìto una disfatta politica raccogliendo solo il 18,7% dei voti validi (ha perso quasi 2,8 milioni di voti dalle scorse elezioni politiche) e le sue basi regionali sono disarticolate e ridotte ai minimi termini. Questo partito ha svolto negli ultimi anni, con leggi antioperaie e antipopolari come il Jobs Act e la controriforma della scuola, con il tentativo di modificare in senso autoritario la Costituzione e con il sostegno alla politica di guerra imperialista, la funzione di principale puntello politico del capitale finanziario. Per la grande borghesia si pone ora un problema serio, perché i risultati elettorali hanno prodotto, per un verso, una sovraestensione parlamentare della rappresentanza borghese e piccolo-borghese, specchio fedele dell’attuale composizione tecnica ed economica del capitalismo italiano, e per un altro verso tutte le relative contraddizioni, la prima e la più importante delle quali è, nel campo della politica interna, quella che intercorre tra la ‘flat tax’ proposta dal centro-destra e il reddito di cittadinanza proposto dal M5S e, nel campo della politica estera, quella che si esprime nelle crescenti “divergenze”, all’interno dell’eurozona, fra i paesi che ne fanno parte. Ciò significa che la grande borghesia industriale e finanziaria non ha, in questo momento, un altro grande partito sufficientemente affidabile su cui appoggiarsi, poiché dalle urne è scaturito un multipolarismo su base territoriale, che riflette le disuguaglianze e la disgregazione del capitalismo italiano, amplificate dal rullo compressore neoliberista, dalla lunga stagnazione economica e dalla politica di austerità imposta sotto il giogo della troika UE-BCE-FMI.

La coalizione di centro-destra ha ottenuto il 37%, ma non ha i numeri per governare. Al suo interno si sono ribaltati gli equilibri con la caduta del partito di Berlusconi, giunto al suo minimo storico, e l’avanzata della Lega che ha preso circa 5,5 milioni di voti (circa 4 milioni in più rispetto alle precedenti elezioni politiche), giungendo al 17,5%. Questa destra si caratterizza sempre di più in senso razzista, xenofobo e sciovinista, talché non è difficile prevedere che i settori più aggressivi del capitale monopolistico cercheranno di puntare su questa coalizione, aggregandovi altre forze, per risolvere il problema del governo e sviluppare l’offensiva contro il movimento operaio e sindacale2.

Dal canto suo, la lista del M5S ha raccolto alla Camera più di 10 milioni di consensi, pari al 32,2% dei voti validi, confermandosi il primo partito politico. Essa è stata appoggiata in massa nel Mezzogiorno e ha raccolto buona parte del flusso di voti in libera uscita dal PD. Il M5S è ora il nuovo baricentro dei giochi parlamentari, ma non ha alleati e non può governare da solo. Movimento interclassista, più qualunquista che populista, è espressione di un generico malcontento verso la cosiddetta “casta” dei politici, di cui ben presto farà le spese a parti invertite, come accadde al suo omologo, il Fronte dell’Uomo Qualunque, fra la metà degli anni quaranta e l’inizio degli anni cinquanta del secolo scorso. Pur presentandosi come forza di rottura col sistema, il M5S, è infatti totalmente incapace di condurre una lotta organizzata contro il regime borghese e perciò non potrà risolvere nessuno dei fondamentali problemi economici, sociali e politici del Paese. A questo punto può essere indicativa una notazione antropologica: se Di Maio e Salvini sono i due ‘leader’ emergenti, che hanno affossato il vecchio mondo, allora il nuovo mondo minaccia di essere ben più vecchio del vecchio, perché costoro sono privi di spessore culturale, cioè privi della consapevolezza dell’epoca nella quale vivono3.

Infine, una postilla su quella che si può definire, essendo stata soprattutto il risultato di un processo autogenetico, l’abrasione delle sinistre. Essa ha i suoi antecedenti nel secondo governo Prodi (2006-2008), ma trova la sua vera matrice, in quanto sconfitta di portata storica, nel fallimento del riformismo. Pensare di ricostruire la sinistra su un programma riformista che lo stato delle cose smentisce nei suoi tratti salienti, cioè nei modi della globalizzazione e nel mutamento della struttura sociale e di classe, significa alimentare pie illusioni e false speranze: significa andare incontro a nuove sconfitte. Ma questa è proprio la lezione che, pur facendosi sedurre dalle promesse elettorali della Vandea poujadista, milioni di proletari hanno capito.


Note
1 Paolo Diacono nella “Historia Langobardorum” così narra l’arrivo del suo popolo nella penisola italiana: «Quindi i Longobardi, lasciata la Pannonia…si avviarono velocemente verso l’Italia per occuparla…Uscirono di là [dalla Pannonia] il mese di aprile il secondo giorno dopo la santa Pasqua, la cui festa in quell’anno, secondo il risultato del calcolo, avvenne il primo giorno di aprile, quando dalla incarnazione del Signore erano già passati 568 anni» (Da Paolo Diacono, Historia Langobardorum, II, 5-9).
2 L’ideologia del centro-destra, oggi egemonizzato dalla Lega, ha tre caratteristiche pienamente compatibili con la dittatura fascista: è populistica, 2) è razzista, 3) è plebiscitaria. Il nuovo fascismo è il prodotto di una mescolanza di mobilitazione reazionaria delle masse, “società dello spettacolo” e disintermediazione autoritaria. Da questo punto di vista, la fascistizzazione in corso è un ‘ritorno al futuro’.
3 Il centro-destra di Berlusconi e di Salvini ha nei suoi programmi, oltre al rafforzamento dei Carabinieri e della Polizia di Stato, l'istituzione dei poliziotti di quartiere e la riforma della legittima difesa per la maggior tutela della proprietà privata e dei patrimoni borghesi. Il M5S ha detto ‘apertis verbis’ che dalla NATO e dalla UE non si esce e ha indicato come futuro ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, il quale, oltre a voler estendere l'uso del Daspo, ha intenzione di promuovere una semplificazione di quei processi civili che, con la loro lentezza, “hanno fatto perdere competitività all'Italia” sul piano internazionale. Sono obiettivi che hanno tutti un chiaro segno di classe, a tutela degli interessi della borghesia industriale e commerciale italiana. Sull'immigrazione tutta la destra è per il ripristino dei controlli ai confini e per i respingimenti in mare. Anche il M5S vuole chiudere le frontiere e si propone di reclutare 10 mila nuovi agenti nelle cosiddette “forze dell'ordine” dello Stato borghese.

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