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linterferenza

Vertice Trump-Putin: l’imperialismo USA cambia pelle ma non vocazione

di Stefano Zecchinelli

Il vertice Trump – Putin non rappresenta un passo in avanti nella costruzione di un mondo multipolare, ma un cessate il fuoco momentaneo sulla base di alcuni obiettivi comuni. I due capi di stato vogliono, con un diverso movente, la disintegrazione dell’UE, quindi – quanto meno in questa fase – hanno deciso di moderare le reciproche ostilità. Premetto, prima di entrare nel merito della questione, che i lavoratori dovranno gioire per la prossima – si spera – disgregazione della prigione di popoli (Lenin chiamava così la dittatura zarista) europeista. Quindi, che ben venga.

Putin sa perfettamente che il potere dei neoconservatori va ben oltre la destra alternativa, fra l’altro razzista con tratti fascisti, di cui non ci si può assolutamente fidare. Dall’altra parte, Donald Trump ha messo in chiaro che l’ostilità nei confronti di Israele ed Arabia Saudita non è assolutamente ben accetta. Se la Russia è il bersaglio del globalismo imperialista, quanto meno il ‘’conservatore illuminato’’ Putin vorrebbe avere un buon rapporto diplomatico con il nazionalismo territoriale – imperialista – israeliano. Il rapporto di Netanyahu con USA e Russia somiglia sempre di più a quello dello Scià con l’Urss. Da una parte sudditanza politico-militare all’imperialismo americano-sionista, dall’altra stipulazione di ricchi accordi in materia energetica con l’Unione Sovietica la quale, sottobanco, scaricò il Partito comunista iraniano. Un gioco pericoloso per il leader russo.

Che cosa ha detto Trump? Vi dò una possibile interpretazione dei fatti: possiamo cooperare per far saltare l’Unione – imperialistica – Europea, strumento della Fondazione Clinton ed ala civile della NATO la quale, a mio avviso, deve essere profondamente modificata. Non è una analisi lontana dal reale conflitto inter-capitalista fatto di colpi di scena e cambi di alleanze. A riguardo il giornalista Thierry Meyssan, sempre ben documentato, ci fornisce qualche informazione utile: ‘’La NATO ha così voluto garantirsi l’osservanza del legame di subordinazione della UE alla NATO, sancito dall’art. 42 del Trattato di Maastricht. Hanno firmato la dichiarazione il presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, e il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker. Il polacco Tusk proviene da una famiglia segretamente al soldo della NATO durante la Guerra Fredda; il lussemburghese Juncker è stato invece responsabile dei servizi segreti dell’Alleanza nel suo Paese (Gladio). Dopo che l’ex consigliere speciale di Trump, Steve Bannon, è andato in Italia per sostenere la formazione di un governo anti-sistema all’ostentato scopo di far saltare in aria l’Unione Europea, gli alti funzionari europei si sentono minacciati’’1. L’Unione Europea è uno strumento dell’imperialismo USA (1) per accerchiare politicamente il blocco ‘’egemonico’’ euroasiatico, (2) imponendo il modello capitalista nord-americano. Come disse Ernest Mandel: ‘’la UE è Reagan in Europa’’. Soltanto la sinistra zombie poteva dargli credito.

I ‘’democratici’’ statunitensi vorrebbero una guerra d’aggressione alla Russia mentre Trump – contrariamente – vuole dividere la Russia europea dalla Russia asiatica, strangolando sul nascere il blocco capitalistico asiatico (Russia asiatica, India, Vietnam e Birmania) più naturalmente la Cina. L’unica certezza dell’Alt Right è (1) provocare un cambio di regime in Iran, (2) utilizzando la destra israeliana come forza mediatrice. Putin davanti alla ‘’destabilizzazione dell’Iran’’ non dovrà intervenire; questo è il piano dell’establishment USA. Due articoli del giornalista Alberto Negri ci chiariscono l’operazione – insidiosa – dell’Alt Right. Pochi hanno decifrato le reali intenzioni del super-capitalista di Washington:

"Adesso sono gli accordi tra Putin e il premier israeliano Benjamin Netanyahu a portare gli oligarchi di origine ebraica sulle spiagge di Tel Aviv. Causa le sanzioni il leader del Cremlino è assediato dalla grandi famiglie che gli chiedono una via di uscita alla black list americana. Tra questi c’è anche Oleg Deripaska, azionista di Rusal (alluminio) e Glencore (gigante energetico e minerario), passaporto cipriota ma anche, guarda caso, cittadino austriaco 'honoris causa'2.

Il presidente russo, che la settimana scorsa aveva ricevuto il premier israeliano Netanyahu e poi Ali Akbar Velayati, l’inviato della Guida suprema Khamenei, ha capito l’antifona americana da un pezzo: se vuoi essere amico di Trump devi essere amico di Israele e dei sauditi. Tutto il resto viene dopo, dall’Ucraina al destino di milioni di arabi, dal disarmo nucleare alla Cina. Per non parlare degli europei, gli zerbini sia di Washington che di Mosca’’3.

Ma l’Iran è un paese, malgrado la (grave) chiusura nei confronti delle forze socialiste, rispettoso del diritto internazionale:

"La realtà è che l’Iran non soltanto ha firmato un accordo sul nucleare nel 2015 con tutta la comunità internazionale e sotto l’egida dell’Onu ma che lo sta rispettando, come dicono i rapporti dell’Aiea, la Russia, la Cina e anche la tremebonda Unione europea. Teheran non possiede la bomba atomica, a differenza della Corea del Nord di Kim Jong-un con il quale Trump vuole trattare a tutti i costi per arrivare a un accordo e che in questi anni ha violato regolarmente le intese internazionali. Non solo. L’Iran è un Paese firmatario dell’accordo sulla non proliferazione nucleare a differenza di Israele che ha un arsenale con 200 atomiche, o del Pakistan e dell’India, altre due potenze atomiche’’.

Putin dovrà (1) tenere conto dell’importanza dell’Iran nella reale costruzione di un mondo multipolare (seppur capitalistico); (2) la violenza dei neoconservatori va ben oltre Trump, quindi una volta terminato questo ‘’cessate il fuoco’’ le ostilità ricominceranno. Domanda: da un punto di vista di classe che cosa cambia per il mondo del lavoro? Il presidente nord-americano non è il grezzo palazzinaro descritto dal ‘’giornalismo di regime’’; da buon ‘’stratega imperialista’’ ha capito che UE e NATO sono costosissime oltre ad essere un bersaglio militare facile; gli scenari globali mutano, forse – avrà pensato il presidente americano – sarà meglio disfarsene. Si ritorna al nazionalismo; l’imperialismo cambia sovrastruttura ma rimane – in entrambi i casi – nemico dei lavoratori e delle calssi popolari. Negli stessi termini, con i medesimi involucri politici – cosmopolitismo o nazionalismo – Washington resta una superpotenza imperialista. Ha ragione Michele G. Basso: "L’imperialismo cambia tattica ma non riduce l’oppressione’’4. Soltanto diversi ingenui possono abbracciare la tesi – in realtà una vera americanata – sul nuovo ordine mondiale, variante di ‘’destra’’ del “Toni Negri pensiero”. L’imperialismo americano-sionista detta le danze, chi lo nega è uno sciocco.

Il nazionalismo ‘’yankee’’ appoggia il governo giallo-verde italiano che a sua volta asseconda le pulsioni xenbofobe e filosioniste di Matteo Salvini: guerra all’Iran ed islamofobia politica. Il capitalismo ha tante facce, ma chi vorrebbe difendere i diritti dei lavoratori non può optare – nemmeno tatticamente – per il dialogo con forze dichiaratamente neocolonialiste, soprattutto se simpatizzanti per il genocida israeliano Netanyahu. Gli americano-sionisti cambiano pelle, ma restano nemici dell’umanità.


http://www.voltairenet.org/article202028.html
http://nhttp://notizie.tiscali.it/esteri/articoli/vertice-trump-putin/otizie.tiscali.it/esteri/articoli/salvini-e-un-bravo-ragazzo/
http://notizie.tiscali.it/esteri/articoli/vertice-trump-putin/
http://www.linterferenza.info/esteri/tallone-ferro-limperialismo-cambia-tattica-non-riduce-loppressione/

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