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“Proletari senza rivoluzione”. Una attesa e interessante ristampa

di Michele Franco

Qualche decennio fa nelle abitazioni di ognuno di noi, tra la montagna di opuscoli, riviste e libri spiccavano alcuni volumi che ritrovavi quasi ovunque.

Mi riferisco ai quattro (più uno, uscito alcuni anni dopo) volumi di “Proletari senza rivoluzione” redatti da uno storico/militante (“categoria” molto in voga in quegli anni) Renzo Del Carria.

Nella mia gioventù ho acquistato e conservo gelosamente i volumi editi dalla “Savelli edizioni” ma già nei primissimi anni settanta era precedentemente uscita una edizione curata dalle “Edizioni Oriente” una casa editrice che pubblicava materiali marxisti-leninisti provenienti dalla Cina e varie riviste antimperialiste.

Da qualche settimana – per merito della “PGRECO edizioni” è nuovamente disponibile nelle librerie una ristampa dei cinque volumi (disponibili anche singolarmente) di “Proletari senza rivoluzione”.

L’opera di Renzo Del Carria è una trattazione storiografica delle vicende sociali e politiche delle classi subalterne nel nostro paese dal 1860 (ossia dall’unità d’Italia) fino al periodo del “miracolo economico” e alla proposta politica, avanzata dal segretario del PCI, Enrico Berlinguer, del “compromesso storico”.

Una lunga disamina del complesso e variegato percorso che le masse popolari del nostro paese hanno compiuto lungo oltre un secolo (il Novecento, sostanzialmente).

Del Carria ripercorre – con uno stile di scrittura a tratti roboante ma con una buona capacità di sintesi storiografica – la nascita dello stato unitario nazionale e la complessa integrazione territoriale Nord/Sud, il primo conflitto imperialistico, gli echi dell’Ottobre nel nostro paese e il Biennio Rosso, il fascismo e la nascita del Partito Comunista d’Italia, il secondo conflitto mondiale, la Resistenza, lo scontro di classe nel dopoguerra, l’attentato a Togliatti e le elezioni del 18 Aprile, la repressione di Scelba, la destalinizzazione, Tambroni ed il Luglio ’60, Piazza Statuto a Torino, il boom economico, le lotte degli operai e degli studenti nel biennio ’68/’69, Piazza Fontana, lo stragismo di Stato, le formazioni marxiste-leniniste e i gruppi della Sinistra Rivoluzionaria, il superamento delle Commissioni Interne, la nascita dei Consigli di Fabbrica e lo Statuto dei Lavoratori, il riverbero dei fatti del Cile, Berlinguer e la proposta del “Compromesso Storico” fino al ciclo politico della cosiddetta “Unità Nazionale” con la completa integrazione nel paradigma delle compatibilità capitalistiche del Partito Comunista Italiano.

L’opera di Renzo Del Carria è una sorta di lungo ed articolato abecedario della lotta di classe nel nostro paese, una vera e propria enciclopedia divulgativa (l’autore sottotraccia, in alcuni commenti, non nega questa funzione) fornita ai lavoratori, ai giovani e – soprattutto – a quanti, nel gorgo conflittuale degli anni in cui il libro è stato pubblicato per la prima volta, si affacciavano nelle mobilitazioni politiche e sociali che attraversavano il paese.

Lo stile letterario e contenutistico di Del Carria si configura con un lessico sferzante, con un enfasi che rifletteva molto i grandi movimenti di lotta di quel periodo e l’enorme carica ideologica che sosteneva e faceva da cornice quel complesso ed articolato sommovimento che permeava l’Italia e l’intero Occidente capitalistico.

Oggi i libri di storia – anche di quella orale per utilizzare una categoria introdotta dagli studi e dalla ricerche di Cesare Bermani nel dibattito che animava il movimento operaio negli anni ’60 e ’70 – vengono scritti con una prosa più fredda, più distaccata ed attenta, esclusivamente, al solo uso ragionato delle fonti e delle testimonianze.

Insomma se dovessi fare un paragone – forse ardito ma che rende evidente a cosa voglio alludere – la figura storica a chi l’opera scritta da Renzo Del Carria può essere accostata è quella di John Reed quando descriveva l’epopea degli IWW negli Stati Uniti oppure i diari dall’Europa e le successive cronache dell’assalto bolscevico al potere dello Zar.

Nei volumi di “Proletari senza Rivoluzione” l’autore – oltre ogni vezzo e narcisismo intellettuale – è parte del racconto, è schierato fino in fondo dalla parte dei subalterni, avverte e metabolizza conquiste e sconfitte ed è inequivocabilmente Partigiano.

Del resto, anche a distanza di decenni, un lettore privo di preclusioni aprioristiche resta colpito da una narrazione incalzante, sicuramente aulica in alcuni passaggi, ma priva di quegli elementi di vacuità e di astrattismo insignificante tipici del pensiero (triste e debole) che ammorba le moderne società e l’attuale accademia.

“Proletari senza Rivoluzione” è stato un autentico best seller di molte generazioni di militanti comunisti, un testo assunto – con qualche esagerazione derivante da quello straordinario periodo della lotta di classe nel nostro paese – ad icona di una cultura/contro se non ad un vero e proprio manifesto politico.

Non si spiegherebbe – altrimenti – il successo editoriale, la sua diffusione e l’influenza, in termini di formazione e controinformazione politica individuale e collettiva, per numerose generazioni di compagni.

Certo oggi – in una congiuntura politica generale completamente diversa da quella della seconda metà del secolo scorso – l’opera di Renzo Del Carria va letta e interpretata considerando le trasformazioni avvenute a scala globale in tutti i campi della struttura e della sovrastruttura del modo di produzione capitalistico e del complesso dei rapporti sociali vigenti. Una avvertenza – di metodo e di sostanza – che occorre premettere quando approcciamo non solo ai classici ma all’insieme della letteratura che ha raccontato le sofferenze, le aspettative e le lotte delle classi popolari nel corso storico del capitalismo.

Bene – quindi – ha fatto la casa editrice “PGRECO” a ristampare questo testo il quale deve essere conosciuto e letto dalle giovani generazioni e da quanti ritengono che la Storia non sia finita!

Osservazione a margine: i compagni vintage conoscevano Renzo Del Carria non solo come storico/militante ma anche come come un attivo partecipante alla Resistenza antifascista. In seguito fu militante del PCI per approdare poi alla aperta simpatia per le posizioni marxiste-leniniste (anche se nella declinazione viziata da “scolastico dogmatismo”). In ogni caso fu un militante schierato su posizioni di classe lungo tutti gli anni Settanta.

Nella metà degli anni Ottanta – dentro gli effetti destabilizzanti dell’onda lunga della controrivoluzione culturale e materiale – Renzo Del Carria operò un (soggettivo) testa/coda politico per sostenere fantomatiche “posizioni federaliste” candidandosi con la Lega Nord di Umberto Bossi fino ad una successiva collocazione elettorale nell’allora “Polo delle Libertà”.

Renzo Del Carria è morto nel 2010.

Ho ricordato questo epilogo personale – di cui poco mi interessò all’epoca – per evidenziare le pesanti conseguenze, oggettive e soggettive, dell’offensiva capitalistica nei primi anni Ottanta e di come questa frantumò rapporti di forza, elementi di coscienza di classe e, naturalmente, molte singole storie personali.

Questa puntualizzazione – of course – nulla toglie al valore dell’opera di Del Carria e al contributo che seppe offrire in quel contesto temporale!

Comments

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Tullio Rapone
Monday, 01 March 2021 14:51
Fondamentale si’, come La Strage di Stato, per molti di noi, ma rigore storico zero. Masse la cui consistenza vedeva solo lui, rivoluzioni dietro l’angolo semplicemente inesistenti, ideologismo irritante. Fino all’epilogo finale che non mi sorprese affatto. È la descrizione di un sogno non un libro di Storia, ma, nonostante sia stato uno dei tanti truffati, mi fa piacere la ristampa.
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