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Come cura la psicoanalisi lacaniana

di Roberto Pozzetti

lacan teaching1Introduzione

La psicoanalisi sorge come metodo di cura di una serie di disturbi psichici e, in particolar modo, dell’isteria a partire dall’incontro di Breuer e Freud con le loro pazienti. Le estensioni di tale metodo e della teorizzazione che ne è derivata alla lettura di fatti sociali, culturali e politici non ne modifica questo statuto essenziale e non ne fa una visione del mondo, una Weltanschauung. Lo sosteneva lo stesso Freud: “La psicoanalisi, a mio parere, è incapace di crearsi una sua particolare Weltanschauung” .

Molte volte è l’orientamento analitico lacaniano a instillare questo dubbio tanto che molti si chiedono se i lacaniani pratichino effettivamente la psicoanalisi e non compiano soltanto delle mere astrazioni, analoghe a quelle dei filosofi.

Lacan fu, al contrario, un clinico rigoroso il quale si dedicò ogni giorno alla pratica della psicoanalisi, dal 1944 presso Rue De Lille, 5. Mantenne un legame con la clinica psichiatrica per tutta la sua vita svolgendo conferenze e incontri di formazione in centri ospedalieri di Parigi e di altre città francesi.

 

1) Vita di Lacan

La storia dell’esistenza di Lacan è molto più complessa e variegata. Ne diamo qui un breve sunto.
Nato a Parigi nel 1901 da una famiglia molto cattolica, con un fratello che diverrà poi vescovo, Jacques Lacan si forma presso una scuola di religiosi gesuiti.

Iscrittosi a Medicina, si specializza in Psichiatria nel 1930 con una tesi che portò contributi rivoluzionari sull’importanza dell’ambiente nella genesi della malattia mentale. La tesi viene pubblicata e riscuote successo soprattutto fra artisti annoverabili nella corrente del surrealismo, come Salvador Dalì.

Nel 1932 inizia la sua analisi con Loewenstein, il quale diverrà poi un noto esponente della corrente, molto diffusa negli Stati Uniti, della Ego Psychology, e dopo un paio d’anni viene nominato Membro della Società Psicoanalitica di Parigi. Nel 1936 propone il suo primo intervento ad un Congresso Internazionale dell’International Psychoanalitical Association, a Marienbad, nell’attuale Repubblica Ceca, dal titolo Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’Io .

Diviene via via uno dei più famosi analisti francesi, noto per essere vicino alle posizioni della Klein e di Winnicott. Cominciò a raccogliere una serie di domande di formazione da parte di giovani colleghi e iniziò a praticare sedute di tempo variabile, tendenzialmente breve, anche per poter fissare numerosi appuntamenti al giorno.

Instaura legami di amicizia e collaborazione con molti intellettuali parigini: Breton, Sartre, Simone de Beauvoir, Queneau, Camus, Merlau-Ponty e Bataille di cui poi sposerà la moglie. Privilegiato e nutrito da questi scambi, diverrà una figura sempre più rilevante nella cultura francese.

Nel 1953 si consuma una scissione nella SPP proprio a causa dei criteri sulla formazione degli analisti. Lacan, Dolto, Lagache ed altri giovani colleghi fondano allora la Società Psicoanalitica Francese che chiede il riconoscimento all’IPA domandando di farne parte. L’iter di tale procedura di affiliazione si trascina fino al 1963, anno in cui l’IPA decise di accogliere la domanda di alcuni analisti della SFP ponendo, però, a Lacan due condizioni per venirvi anch’egli riaccolto: quella di svolgere sedute di tempo standard e quella di non tenere più il suo seminario aperto al pubblico. Lacan non accettò tale imposizione fondando allora l’Ecole Freudienne de Paris che, poi, nel 1980, sciolse dando forma all’Ecole de la Cause Freudienne. La fonda dicendosi “solo come sono sempre stato nel mio rapporto con la causa analitica” .

L’insegnamento di Lacan si è svolto soprattutto in forma orale, con un Seminario annuale tenuto dagli anni Cinquanta fino alla sua morte avvenuta nel 1981. Le trascrizioni del Seminario sono state poi raccolte dall’erede testamentario J.A. Miller. Lacan non ha scritto libri e i suoi interventi a convegni così come i suoi testi pubblicati in varie riviste sono stati raccolti, da François Wahl, nei due volumi degli Scritti e nei recenti Altri Scritti curati da J.A.Miller. Il tutto nella logica del “ritorno a Freud”, alla lettura del testo di Freud. Lacan si dedica, per decenni, a rendere maggiormente logico e rigoroso il cammino freudiano intersecandolo con linguistica, antropologia, matematica, filosofia e altre branche del sapere, come si può vedere dai titoli dei suoi Seminari

 

2) Il riconoscimento: dal narcisismo al desiderio inconscio

Un tema centrale dell’opera di Lacan è la divisione del soggetto. Questa tematica era già presente in Freud a livello delle varie istanze dell’apparato psichico: nella prima topica, con la distinzione fra Conscio, Preconscio e Inconscio; nella seconda topica, successiva alla svolta metapsicologica degli anni Venti, con Io, Es e Super-Io. Tali parti dell’apparato psichico entrano sovente in conflitto fra loro.

Lacan distingue innanzitutto due forme per dire il pronome personale di prima persona: je e moi. Il moi è l’io immaginario, quello che si vede allo specchio. L’immaginario ha a che fare con l’immagine e lo stadio dello specchio è un momento della prima infanzia in cui il bambino ha un effetto di giubilo mentre si riconosce allo specchio. L’io si aliena, però, nella propria immagine e da questo sorgeranno tutte le questioni sullo iato fra reale e ideale, fra come si è e come si vorrebbe essere. L’io è narcisistico, ha il suo prototipo nella figura di Narciso che si ammira nelle acque di uno stagno salvo morire abbracciandosi. L’io per Lacan è, in realtà, una passione suicidaria in quanto “in questo nodo risiede il rapporto dell’immagine con la tendenza suicida espresso essenzialmente dal mito di Narciso” . Qui il riferimento filosofico rinvia alla celebre dialettica servo/padrone di Hegel basata appunto su di una lotta a morte in cui un’autocoscienza cerca di distruggere l’altra. Lacan conosceva Hegel soprattutto per aver seguito le lezioni del filosofo Kojève sul maestro tedesco, pubblicate in La dialettica e l’idea della morte in Hegel . Attraverso Hegel il concetto freudiano di desiderio, di libido entra nella dialettica del riconoscimento: il desiderio non è tanto desiderio di qualcosa di preciso; è innanzitutto desiderio del desiderio dell’altro, desiderio di ciò che l’altro desidera, desiderio di essere desiderato dall’altro, di essere riconosciuto dall’altro.

Il je ha una funzione simbolica. In italiano viene tradotto come soggetto, soggetto dell’inconscio. Questo assetto soggettivo relativo all’inconscio è di tipo simbolico, imperniato sul linguaggio. Lacan propone questa formula: l’inconscio è strutturato come un linguaggio. Il linguaggio è la condizione dell’inconscio.

L’inconscio è anzitutto luogo del desiderio. Le formazioni dell’inconscio sono appagamenti del desiderio, come da celebre tesi freudiana. La differenza rispetto a Hegel sta nel fatto che il desiderio si situa a livello dell’inconscio e non dell’autocoscienza.

In cosa consiste l’analisi, dunque ? In questo momento dell’opera di Lacan, consiste in una riduzione del narcisismo, dell’io narcisistico. Limare il narcisismo permette di spostare la libido dalla propria immagine agli altri, trasformandola da libido narcisistica in libido oggettuale, per dirla con i termini del Freud di Introduzione al narcisismo . Questo rende più facile iscriversi nel legame sociale, nei legami di amicizia e d’amore. Semplifica l’inserimento nel mondo e la costruzione di legami solidi come quello familiare a partire dal proprio desiderio.
Tale impostazione analitica si rivela particolarmente centrale là dove prevalgono le problematiche narcisistiche, ad esempio nei casi di ragazze con Disturbi del Comportamento Alimentare.

 

3) Non siamo padroni : il significante e la parola

Roman Jakobson

“L’inconscio non è il primordiale, né l’istintuale, e di elementare conosce solo gli elementi del significante”.

Quali implicazioni ci porta intendere come l’inconscio abbia struttura di linguaggio? Innanzitutto Lacan ha letto le formazioni dell’inconscio freudiane (lapsus, atti mancati e manifestazioni oniriche) trovando che loro leggi, enunciate da Freud nella sua basilare Interpretazione dei sogni (condensazione e spostamento) , corrispondono a metafora e metonimia descritte nella linguistica da Jakobson . “La condensazione e lo spostamento sono antecedenti alla scoperta, con l’aiuto di Jakobson, dell’effetto di senso della metafora e della metonimia” .

Inoltre è l’esperienza che Lacan aveva con le psicosi – campo di cui Freud si era occupato piuttosto raramente – a dimostrare l’importanza del linguaggio. Il fenomeno più tipico della psicosi è l’allucinazione verbale in cui il soggetto intende con certezza, come riferite a lui, delle voci che pronunciano frasi, di solito spezzate ed incomplete. Queste manifestazioni dimostrano l’importanza del linguaggio che, nella nevrosi, viene riconosciuto come collegato con il proprio inconscio (sogni, lapsus, fantasie, pensieri, illusioni, ecc.). Nella psicosi il linguaggio si presenta, invece, con un automatismo di cui il soggetto non si riesce a riconoscere come produttore per quanto sia certo si rivolga a lui. E’ l’Altro che parla (Dio, il Diavolo, i morti dall’oltretomba, la televisione, i vicini di casa, ecc.) ed il soggetto risulta convinto che si riferisca proprio a lui indirizzandogli messaggi rivelatori che lo vanno a riguardare nella sua più privata intimità.

Il simbolico si organizza, dunque, sul linguaggio. L’Altro è la batteria dei significanti, l’insieme di tutti i significanti. Il soggetto psicotico si sostiene in un mondo immaginario, imitando i suoi simili, fino a che il linguaggio comincia a parlargli. Gli parla con significanti di cui spesso il soggetto non capisce il significato pur avendo la convinzione che quanto altri gli dicono oppure dicono di lui lo implichi intimamente, pur convinto che quanto percepisce voglia dire qualcosa di tanto più fondamentale per la sua esistenza quanto meno chiaro.

Lacan scopre qui l’elemento di differenza essenziale fra nevrosi e psicosi, nei termini della diagnosi differenziale. Nella psicosi risulta azzerato, inesistente un signficante fondamentale fra quelli che compongono il campo del linguaggio: Lacan lo chiama significante del Nome-del-Padre. Tale assenza viene definita forclusion con un termine giuridico che viene tradotto in italiano sia con forclusione che con preclusione. Prediligo quest’ultimo vocabolo in quanto la preclusione è l’impossibilità legale di accedere ad una determinata funzione; ad esempio l’impossibilità di ottenere una misura altermativa alla carcerazione in seguito a condizioni ad essa ostative. In questi termini, nella psicosi, non è fruibile e non lo sarà mai la funzione paterna. Nessuno è padrone del linguaggio, nessuno governa totalmente il significante dal quale, semmai, dipendiamo tutti. Tuttavia, nella nevrosi vi è un certo funzionamento del Nome-del-Padre e questo permette al soggetto di capire il linguaggio, di intendersi con gli altri e di cogliere i riferimenti metaforici che caratterizzano sempre le nostre conversazioni.

La differenza significante/significato era già fondamentale nell’opera del linguista ginevrino De Saussure il quale influenza enormemente tanto Lacan quanto Jakobson. Un significante corrisponde a pioù significati contemporaneamente, come rosa può rinviare alla rosa dei venti, alla rosa come fiore, al colore rosa, alla rosa di una squadra sportiva e così via. Un elemento di un sogno va interpretato come un signficante che corrisponde a più significati contemporaneamente.

Il campo del linguaggio precede il soggetto. Da prima ancora che un bimbo nasca già si parla di lui, i genitori valutano quale nome dargli, gli cominciano a parlare mentre ancora si trova nell’utero materno tanto che il neonato reagisce attivandosi all’ascolto della voce materna. Il bimbo ascolta dei significanti, sente delle voci e comincia a selezionare, dal bagno di linguaggio, in cui è immerso, i significanti per lui rilevanti.

Dal campo del significante e del linguaggio, che ha una propria autonomia rispetto al soggetto, si tratta per il bimbo di estrarre la propria parola. Dall’iniziale ripetizione del linguaggio che ascolta, pronunciando un termine per volta (mamma, papà, latte, acqua, ecc.) arriverà ad articolare i vari termini fra loro formulando un vero e proprio discorso in cui i vari elementi si concatenano.

De Saussurre ha sottolineato due dinamiche incardinate nella logica del discorso: quella di selezionare i significanti e quella di esecuzione dell’atto di parola. Quando un essere umano prende la parola, compie una selezione del materiale acustico ascoltato ed esegue poi un atto di parola . Non ne è, comunque, padrone come dimostra il lapsus in cui diciamo qualcosa di diverso da quanto intendevamo pronunciare affermando, così, qualcosa di significativo.

Come opera l’analista lacaniano, sulla base di questa teoria relativa alla parola e al linguaggio ? Il compito dell’analista è quello di dare la parola, di dare spazio all’analizzante affinché questi possa dire la sua, possa parlare in modo soggettivo, con le proprie parole. Per questo, un atto analitico cruciale è quello di ascoltare il paziente, con interesse e desiderio di saperne di più sull’inconscio. La psicoanalisi si basa sulla parola e sul linguaggio proprio in quanto l’inconscio è strutturato come un linguaggio. Sia a livello mentale sia sul piano corporeo, l’inconscio determina dei sintomi strutturati dal linguaggio. Dunque individuare, ad esempio con un’azzeccata interpretazione, tale struttura produce una risoluzione o un allentarsi dei sintomi stessi. In questi termini, l’analista è anzitutto un interprete in una logica tutto sommato ermeneutica che punta a dare senso ai sintomi stessi per dissolverli. L’analisi si dimostra, dunque, particolarmente idonea a trattare sintomi corporei o mentali che hanno struttura di linguaggio, la struttura dell’inconscio.

Lacan rilegge, perciò, il mito dell’Edipo di Freud nei termini linguistici. Il padre è colui che dà il Nome, il significante è sempre paterno. Cosa desidera la madre? Desidera il fallo che le manca e che, invece, ha il padre. E’ questa la celebre metafora paterna in cui il padre si sostituisce alla madre. Questa sostituzione sottrae il bambino al legame alienante con la madre. Con un caso di nevrosi, verosimilmente l’analizzante si orienterà verso l’essere padre, verso il dare il nome ai figli, verso il procreare, accettando i limiti della propria esistenza. Il limite, detto anche castrazione simbolica, tenderà a bonificare le inquietudini e a tranquillizzarlo sedando l’angoscia. L’effetto della funzione paterna del mettere un limite sarà il desiderio. “La castrazione subentra, di fatto, come legame con il padre, e questo in ciascun discorso viene connotato come virilità” . Il desiderio è il significato della metafora paterna.

Nella psicosi, l’assenza dell’operazione metaforica determinata dal Nome-del-Padre, renderà inesistente la funzione paterna. Dunque non si coglierà il fallo come significato. Questo farà divenire impossibile l’esercizio della funzione fallica oltre che di quella paterna e renderà arduo comprendere il significato di certe parole. In alcuni casi, si arriverà al punto di attribuire ad alcune parole un significato personale (si tratta dei cosiddetti neosemantemi) oppure di inventare delle parole nuove (dette neologismi attivi) ai quali il soggetto tiene tantissimo in quanto racchiudono il suo delirio inteso come tentativo di guarigione . Per questo ruoli di responsabilità e di leadership che implicano una funzione paterna e un ruolo attinente al fallo simbolico rischiano sempre di scompensare il precario equilibrio del soggetto psicotico. Compito dell’analista sarà allora quello di astenersi da interpretazioni falliche e paterne proteggendo il paziente da tali ambiti per lui pericolosi orientandolo verso il trovare una propria soggettività e un proprio posto, più adeguato a quanto la struttura gli impone.

Tanto nel caso di nevrosi quanto nel caso di psicosi, il primo principio della posizione etica dell’analista sta nel dirigere la cura senza dirigere il paziente. L’analista dirige la cura stabilendo il numero di sedute settimanali, la cifra dell’onorario, ponendo una scansione al termine dell’appuntamento. Il paziente opta per orientarsi nella sua esistenza senza costrizioni dell’analista, anche se le scelte che compierà non saranno mai del tutto libere in quanto determinate dalla struttura inconscia.

 

4) La struttura incompleta: affetto e oggetto (a)

Dopo la corposa elaborazione riservata alla linguistica, verso la fine degli anni Cinquanta si incontra un certo calo della rilevanza del campo del linguaggio in Lacan il quale scrive, infatti, l’Altro come incompleto, inconsistente, barrato. Lacan è stato spesso tacciato di un heideggerismo dal quale si scosta: “ho potuto passare per uno ossessionato da chissà quale filosofia del linguaggio o heideggeriana mentre si trattava solo di un riferimento propedeutico” . Il concetto di struttura di Lacan deve sicuramente molto allo strutturalismo, corrente filosofica diffusa in Francia all’epoca grazie a Levy-Strauss, Roland Barthes ed Althusser anzitutto a partire dalla già citata opera di De Saussurre nel quale trova gli elementi di una logica strutturale dell’inconscio, appunto di tipo linguistico. Se ne discosta però in parte perché la struttura di Lacan è incompleta, bucata. Il campo del linguaggio non ricopre tutto l’universo.

Un esempio dell’inconsistenza dell’Altro è l’impossibilità del simbolico a definire il cuore del soggetto, l’essere del soggetto che rimane una mancanza-a-essere. Non esiste infatti un significante che definisca in toto il soggetto.

Non esiste, inoltre, alcun significante che definisca La donna: non esiste La donna scritto con la lettera maiuscola. L’uomo si contraddistingue per l’avere il fallo, il significante fallico, mentre non c’è un significante che definisca la posizione femminile. Posizione meno situabile sul versante linguistico e, invece, maggiormente volta alla singolarità, all’eccezionalità. Le donne vanno approcciate una per una, ognuna nella propria unicità.

Non esiste un significante che definisca il rapporto sessuale in quanto fra due, quali essi siano (uomo e donna, due donne, due uomini) sarà sempre impossibile fare Uno. La sessualità è sempre fonte di equivoci, di sintomi, di fallimento, di sconfitte. Su questo piano si situa allora l’amore che supplisce all’inesistenza del rapporto. Le invenzioni d’amore, ad esempio delle parole d’amore, rendono realizzabili dei momenti di gioia nella coppia, nel rapporto genitori-figli, in quello allievo-docente, in una comunità.

Cosa viene in primo piano, nell’opera di Lacan, se l’Altro è mancante? Cosa acquisisce una supremazia logica in questo declino del linguaggio e del significante ?

Quello che giunge a prevalere è la pulsione, ovvero la spinta verso un soddisfacimento, che si impernia sull’oggetto. Su questo punto, va precisato e ricordato con forza come la pulsione vada disgiunta dall’istinto. In tutta l’opera di Freud, il termine Istinkt si trova soltanto sei volte mentre quello di Trieb (pulsione, appunto) risulta del tutto ricorrente. L’istinto è qualcosa di animale, come lo è l’istinto di sopravvivenza, mentre la pulsione delinea la posizione della vita umana.

L’oggetto pulsionale è chiamato da Lacan oggetto (a). Si tratta di un oggetto sempre mancante i cui sembianti, le cui apparenze, sono soltanto delle forme occasionali, delle espressioni episodiche: seno, feci, sguardo e voce ne rappresentano le modalità più comuni. Si tratta di forme dell’oggetto pulsionale che possono variare, sia nell’esistenza che nell’esperienza analitica, in quanto, fra i quattro elementi del montaggio pulsionale freudiano (la fonte, la spinta, la meta e appunto l’oggetto), quest’ultimo si dimostra del tutto indifferente. L’oggetto è sempre mancante in quanto causa del desiderio e, nel contempo, causa del godimento ben al di là di tutte le sostanze accidentali con le quali si manifesta. Dunque si dimostra sbagliata l’espressione oggetto del desiderio poiché l’oggetto è la fondamentale causa del desiderio. In riferimento all’oggetto (a) emerge l’affetto che trova la sua figura principale nell’affetto d’angoscia, l’unico affetto ontologico.

A questo punto della teoria di Lacan, esordisce la centralità di quel punto capitale di organizzazione dell’inconscio che è il fantasma, modo di correlazione del soggetto con l’oggetto causa di desiderio. Il soggetto desidera l’oggetto e punta a rintracciarlo nel campo dell’Altro, ad esempio nel corpo dell’Altro. Questa frase inconscia tende a decretare i destini della nostra vita portando il soggetto a ripetere situazioni in cui il fantasma viene messo in scena. Freud stesso aveva descritto alcune fantasie inconsce tipiche: da “un bambino viene picchiato” alla concezione sadistica del coito, dalla nascita cloacale alle donne dotate del pene .

Nella psicosi, questa articolazione di desiderio non si struttura in quanto il soggetto rimane nella posizione di oggetto, ad esempio di oggetto del godimento materno mortifero in assenza della funzione paterna. Il soggetto psicotico tende dunque a coincidere con l’oggetto, in special modo con l’oggetto di scarto. Per questo la sua condizione soggettiva si va a trascinare sovente in problematiche dal forte, opprimente e duraturo stampo depressivo.

Come agisce l’analista in questa fase delle elaborazioni lacaniane ? L’analisi con un soggetto nevrotico mira ad attraversare il fantasma, ad analizzarlo bene spazzando via le incrostazioni che portano a riviverlo di continuo. Un’analisi riuscita conduce l’analizzante a non essere più schiavo del proprio fantasma. L’analisi non è dunque più un’ermeneutica. L’analisi non punta più al senso quanto a ridurre tutti i signficanti a quel nocciolo di non-senso che Lacan chiama appunto oggetto (a), considerandola la sua unica invenzione nel campo della psicoanalisi. Il trattamento analitico così concepito si dimsotra particoalrmente appropriato con pazienti che pongono in luce la relazione con un oggetto, ad esempio nei casi di dipendenza nei quali giunge in risalto un oggetto soverchiante come l’alcol, certe droghe, gli psicofarmaci.

In questi anni, Lacan critica aspramente, in linea per certi versi con Foucault, il sapere come forma del potere. Con il soggetto psicotico si tratta di essere molto prudenti quanto al sapere, di smarcarsi dall’incarnare un sapere pieno che potrebbe essere persecutorio. Il sapere dell’Altro può stigmatizzare in alcuni casi di psicosi la figura drammatica di un Altro che vuole godere del soggetto, che gli mostra la faccia oscena di una volontà di godimento di cui egli è l’oggetto principale. Si tratta perciò di favorire i suoi sforzi per separarsi dalla posizione di oggetto, aiutandolo a dire di no all’Altro.

Alla diagnosi differenziale si affianca un altro tipo di differenza: la difformità fra soddisfacimento maschile e soddisfacimento femminile. L’uomo si appaga a livello dell’organo fallico, dell’orgasmo e dei sostituti fallici (godendo nell’avere la parola, nell’avere il sapere, nell’avere il potere, nell’avere la ricchezza). Una donna trova gratificazioni in un modo maggiormente diffuso, situabile più estesamente a livello dell’essere: essere apprezzata, essere amata, essere desiderata tanto da voler essere adorata alla follia. Un uomo punto all’oggetto nel corpo femminile (al seno, alle forme, allo sguardo) mentre una donna rifiuterà sovente di essere un oggetto volto al godimento maschile.

Come funziona allora l’analisi, su questo piano ? Nel caso di un uomo, punterà a renderlo meno rozzo, meno brutale, consentendogli differire il soddisfacimento. Nel caso di una donna, mirerà a ridurre l’infinita domanda d’amore che la contraddistingue permettendole di accettare sinanche il piacere nel ritrovarsi nel ruolo di oggetto della passione altrui. In modo del tutto soggettivo, ci sarà poi da varcare la questione del posizionamento femminile rispetto alla maternità in quanto, in un’analisi, una donna scopre il proprio desiderio di diventare o no madre. Lacan, a differenza di Freud, non faceva obbligo alle donne di passare per le vie della procreazione per realizzarsi.

 

5) Passioni e legami sociali: la topologia dei nodi

La teoria di Lacan si impernia, sin dagli anni Cinquanta, su tre registri che organizzano il mondo: immaginario, reale e simbolico.

L’immaginario è l’ambito dell’immagine e dell’identificazione che trae origine dallo stadio dello specchio.

Il Simbolico è il campo delle regole sociali che precedono il soggetto: il linguaggio, il significante, la cultura, il Padre, la Legge, le dinamiche di autorità, di eredità, di successione, e così via. Si capisce facilmente quando Lacan scrive un concetto come Simbolico in quanto tutto ciò che pertiene all’ordine Simbolico è scritto da Lacan con la lettera iniziale maiuscola (l’Altro, la Domanda, ecc.)

Il reale è ciò che esiste indipendentemente dalla Legge, che sussiste al di fuori di ogni simbolizzazione. E’ ciò che il campo della parola e del linguaggio così come la dimensione dell’immagine sono impossibilitati a trattare: la pulsione, la morte e il godimento ne danno degli esempi emblematici.

L’attenzione di Lacan si sposta progressivamente, soprattutto a partire dalla fine degli anni Sessanta, verso il reale. J. A. Miller propone di orientare l’analisi proprio verso il reale.

Questi tre registri si possono annodare nella figura del nodo borromeo che Lacan propose dopo averla trovata in occasione di una visita alla Villa Borromeo ubicata sull’Isola Bella, sul Lago Maggiore. Lacan parla dell’insufficienza della distinzione interno-esterno. Questo sarà uno dei fattori che lo porterà verso la topologia, per sovvertire tale distinzione geometrica. Lacan passa dalla logica geometrale, dalle misurazioni fallica, ad un’altra forma di matematica: la topologia. Si tratta di una matematica che va oltre le misurazioni, in grado di superare le distinzioni ancora di stampo kleiniano fra mondo interno e mondo esterno.

Di solito, i tre registri non sono perfettamente agganciati. Per questo, il nodo borromeo viene considerato una raffigurazione ideale. Ciò che tiene insieme i tre resgistri è il sintomo che non è più un disfunzionamento come a livello medico. E’ ciò che funziona meglio. La dimensione cruciale del sintomo, qui scritto sinthomo, secondo una versione arcaica, pone in secondo piano il fantasma, il desiderio e la pulsione tanto da far vacillare la differenza netta fra nevrosi e psicosi.

Il principale riferimento di Lacan non è più tanto Freud quanto Joyce. Come indica J. A. Miller, l’operazione di Lacan, “nel cogliere quello che accade nel corso di un’analisi, contro Freud chiama Joyce” . L’artista irlandese, con la propria arte, supplisce bene alla dimissione del padre, compensa una forclusione del Nome-del-Padre di fatto. Joyce ci ha saputo fare con il linguaggio, con il ronzio incessante della lingua tanto da ottenere da solo, con la scrittura, quanto di meglio ci si possa attendere da un’analisi condotta alla sua conclusione.

L’Edipo, complesso formativo nucleare delle nevrosi, diventa una formazione sintomatica fra le altre, uno degli svariati elementi che permettono una tenuta dei registri.

Fondamentale diventa il corpo che abbiamo e che ci dà identità in un recupero della rilevanza dell’immaginario e della specularità peculiare del Lacan antecedente gli anni Cinquanta.

Questa impostazione clinica attenua le discriminazioni fra sani e malati così come il riferimento stesso alla diagnosi tanto che Lacan parlerà di “cosiddetto schizofrenico il quale non è preso in nessun legame sociale stabilito” precisando, con l’espressione cosiddetto, come si tratti di un termine psichiatrico e poco pertinente alla clinica analitica. Se vi è psicopatologia, questa si situa nell’esclusione dai legami sociali molto più che nei fenomeni della nosografia psichiatrica.

L’analista come opera dunque ? Sostiene il soggetto nelle proprie invenzioni e nelle proprie passioni aiutandolo precisamente in questo: a farne una via di inserimento nel legame sociale. Quello che più importa è il funzionamento delle operazioni in cui ciascuno mette in campo la propria creatività, in modo soggettivo. Ognuno a suo modo, con il proprio stile, con la propria particolarità, crea e inventa qualcosa. L’analista sostiene il paziente nell’inserimento sociale. Le problematiche scaturiscono dalla difficoltà di farne un elemento situabile nel discorso comune, condiviso; quando ci si trova dinanzi al “fuori-discorso della psicosi” , a idee deliranti che nessuno può capire, comprendere e fare proprie. Per questo, un risultato dell’analisi consiste nell’incremento della capacità di instaurare, rafforzare o recuperare legami, legami d’amicizia e d’amore.

L’ultimo Lacan lascia molte più sperazne di quello degli anni Cinquanta in una clinica meno incardinata sulla nosografia. Vi è una prospettiva etica, meno etichettante e, per dirla con semplicità, più positiva. Valorizza il saperci fare con i propri sintomi, il trasformarli da qualcosa di gravoso in una bella risorsa. In una logica più “positiva”, credo fondamentale guardare non soltanto ai punti critici e alle difficoltà, che pure è giusto non misconoscere, ma anche alle abilità e alle potenzialità di ciascun essere umano.

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