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“La Sumud Flotilla vuole aprire un corridoio per Gaza”

di Alessio Ramaccioni intervista Maria Elena Delia

Sumud barca.jpgTra qualche giorno inizierà il viaggio della Global Sumud Flottilla, la più grande missione marittima civile coordinata della storia per sfidare il blocco illegale imposto da Israele sulla Striscia di Gaza. Imbarcazioni di ogni dimensione salperanno da più porti, convergendo verso Gaza per aprire un corridoio umanitario e chiedere la fine del genocidio.

Con una serie di interviste, approfondimenti e collegamenti dalle navi, Radio Città Aperta seguirà questi ultimi giorni di preparazione, gli eventi, la partenza ed il viaggio. Sulle nostre piattaforme social e sul sito potrete ascoltare i podcast e seguire gli approfondimenti.

In questo primo episodio dello Speciale Maria Elena Delia, portavoce del Global Sumud Flottilla, spiega come è nato il progetto, che obiettivi si pone di raggiungere e racconta cosa sta succedendo in questi ultimi giorni di preparativi.

L’intervista è a cura di Alessio Ramaccioni.

* * * *

Come annunciato dalle nostre piattaforme social e dal sito, inizia oggi il racconto di Radio Città Aperta, il contributo al racconto da parte di Radio Città Aperta, del viaggio della Global Sumud Flottiglia, che vuole rompere il blocco israeliano a Gaza, aprendo un corridoio umanitario. Questa prima puntata avrà come protagonista Maria Elena Delia, che è la portavoce italiana di Global Sound Flottiglia. Da qui ai prossimi giorni proporremo interviste, approfondimenti e collegamenti dalle navi, nel corso della traversata. Entriamo nel merito con Maria Elena: vi aspettavate la visibilità, il consenso, le adesioni che stanno arrivando numerose in queste settimane?

“Lo speravamo, ma devo dire che non ci aspettavamo una risposta così importante come quella che abbiamo avuto. Si è creato, come dire, un volano che sta portando sempre più sostegno da parte della società civile in generale, da parte del mondo della cultura, della musica, del cinema: abbiamo visto proprio recentemente quello che è successo al Festival di Venezia e che davvero è stato è stato straordinario.

No quindi no: lo speravamo, ma di sicuro non ce lo aspettavamo. E questo non solo ci fa un grande piacere, non tanto per la nostra iniziativa ma perché, se c’è una cosa che può dare forza ai palestinesi – che già di forza ne hanno tantissima ma che capiamo dopo quasi due anni di quello che stanno vivendo sarebbe anche umano se cominciasse a ogni tanto vacillare -, una delle tante cose che spesso si chiedono è ‘raccontate quello che ci succede, non lasciateci soli’.

Ecco, la risposta che stiamo avendo è la risposta che noi vogliamo che arrivi alla popolazione di Gaza, perché si rendano conto che laddove governano istituzioni che rimangono indifferenti e nell’ignavia, oppure addirittura sono attivi, complici di questo genocidio, le donne e gli uomini di questo pianeta invece sono al loro fianco, o quantomeno ci provano con i mezzi che hanno”.

 

Entriamo nei dettagli più tecnici: come nasce, come è cresciuta questa iniziativa, quando nasce l’idea di mettere in mare la Sumud Flottilla, qual è lo spunto, e che tipo di ragionamenti avete messo in comune per giungere a questo a questo obiettivo, a questa programmazione?

“La genesi della Global Sumud Flottilla si colloca quattro o cinque mesi fa, nel momento in cui per la prima volta Israele decise di chiudere e di bloccare i corridoi umanitari istituzionali bloccando centinaia di camion delle Nazioni Unite al valico di Rafah e cominciando a utilizzare la fame come arma di distruzione. Voglio ricordare che affamare una popolazione è assolutamente vietato anche dalla Convenzione di Ginevra.

Detto questo, all’epoca, gli attivisti che da sempre si spendono per i diritti dei palestinesi, molte associazioni, si riunirono in un grande movimento per creare una grande marcia che potesse partire dal Cairo e quindi dall’Egitto arrivare a Rafah per creare una pressione internazionale e far sì che si riaprisse il valico, e quindi che cibo e medicinali potessero rientrare. Questa Global March to Gaza non riuscì a raggiungere il proprio obiettivo, perché il governo egiziano – per vari motivi – ci impedì di arrivare al valico, ma ebbe come grande risultato quello di essere riuscita a ricreare un grande movimento internazionale intorno all’idea di questa marcia: si raccolsero migliaia di persone provenienti da 80 Paesi diversi.

Quando ritornammo dal Cairo ci rendemmo conto che è vero che non eravamo riusciti ad arrivare a Rafah, però era anche vero che questo movimento che si era creato era molto prezioso. Ci riunimmo e decidemmo che era giunto il momento di nutrirlo, questo movimento, di mettersi a un tavolo, di pensare a un altro progetto. L’idea fu, visto che non eravamo riusciti ad arrivare via terra, di provare via mare.

Naturalmente non era la prima volta che si pensava di arrivare a Gaza via mare: ricordo che la prima missione via mare, che tra l’altro riuscì a raggiungere Gaza, risale all’agosto del 2008, quando due barche del Gaza Movement con a bordo anche Vittorio Arrigoni arrivarono al porto di Gaza.

Quello che cambia oggi con la Global Sumud Flottiglia è la dimensione di questa flotta, perché se finora a navigare era una barca, due barche qualche volta tre o quattro barche, questa volta saranno molte decine di barche, con a bordo centinaia di persone, donne e uomini provenienti da decine e decine di paesi del mondo che saranno rappresentati a bordo di queste barche. Quasi tutti i Paesi del mondo: chi con delle delegazioni più nutrite, chi magari anche solo con una persona, però ci saranno veramente quasi tutti.

L’idea nasce da un’urgenza umanitaria, ma questa iniziativa non vuole solo provare a riaprire un corridoio umanitario portando aiuti e cercando di tenerlo aperto, perché è chiaro che gli aiuti che possono portare anche sessanta barche non risolveranno il problema della fame a Gaza. Ma se questo corridoio si apre una volta, la nostra speranza è quella di poter far passare avanti e indietro tante barche, che continuino a portare cibo e che nel frattempo facciano sì che si aprano anche altri corridoi.

Però questa azione ha anche una valenza politica molto forte, perché noi salperemo per chiedere che questo genocidio finisca, per chiedere che l’assedio della Striscia di Gaza – che ricordo non è iniziato il 7 ottobre, ma è iniziato nel 2006 ed è un assedio illegale – venga sospeso, venga rotto e finisca, e chiediamo che l’occupazione illegale della Palestina finisca.

Quindi la genesi della Global Sumud Flottilla nasce da un’urgenza umanitaria, ma questa urgenza umanitaria si colloca all’interno di quasi due anni di barbarie perpetrata sulla popolazione di Gaza. Barbarie rispetto alla quale la maggior parte dei governi del mondo e delle istituzioni non hanno mosso un dito, e quindi noi non ce la siamo più sentita, di fronte a un momento storico come questo, di fare la parte di coloro che hanno girato la testa dall’altra parte”.

 

Quindi diciamo che gli obiettivi sono sia di natura umanitaria, con tutti gli aiuti materiali – immaginiamo cibo, medicinali, quello che serve a un popolo allo stremo – sia di natura politica, creare una massa critica per spingere la comunità internazionale a intervenire sul serio. Chi potrebbe essere l’interlocutore del messaggio politico? L’ Unione Europea, ad esempio, che potrebbe avere un problema di fronte a una iniziativa così forte: decine di marche centinaia di persone da tutto il mondo in mare non è una cosa che capita tutti i giorni…

“ No, non è una cosa che avviene tutti i giorni, e di questo siamo consapevoli. Ed è anche il motivo per cui stiamo cercando di valorizzarla il più possibile qui ed ora. Anche perché ci rendiamo conto che il momento è assolutamente critico: ricordiamo che Israele ha dichiarato di voler iniziare l’occupazione via terra della Striscia di Gaza, e quindi aspettare ancora avrebbe significato forse non averla neanche più, Gaza sul mappamondo.

Su chi cerchiamo di fare pressione? Tu hai citato l’Unione Europea: io sono italiana, sono europea, faccio parte di questa Unione che, peraltro, noi ci aspettavamo che avrebbe quanto meno non rinnovato gli accordi economici con Israele, che quantomeno avrebbe pensato a delle sanzioni, come è stato spesso fatto con altri Paesi che obiettivamente, rispetto a quello che sta facendo Israele, si sono quasi comportati con i guanti di velluto. E invece tutto questo non è avvenuto: ma nonostante non sia ancora avvenuto, noi ci rivolgiamo a loro, noi ci rivolgiamo all’Unione Europea, noi ci rivolgiamo, ciascuno di noi, al proprio Governo e ci rivolgiamo alle Nazioni Unite.

Ci rivolgiamo alle Corti internazionali, anche se le Corti Penali hanno già fatto quello che potevano fare. I nostri interlocutori sono innanzitutto i nostri governi, che in qualche modo sono stati votati da noi, in alcuni casi. Io credo che l’Unione Europea e i nostri Governi dovrebbero ascoltare i propri cittadini, e dovrebbero soprattutto ascoltarli anche in vista del fatto che prima o poi questi cittadini torneranno nelle cabine elettorali. E questi cittadini sono tanti, perché noi saremo centinaia e centinaia, ma queste centinaia rappresentano su quelle barche altre migliaia e migliaia di persone che per motivi logistici sulle barche non possono salire, ma che idealmente e moralmente sono con noi. E quindi noi ci rivolgiamo a loro pur sapendo che fino adesso le manifestazioni, le proteste, le richieste, le petizioni non sono servite a niente. Abbiamo pensato che mettere i nostri corpi, le nostre voci e le nostre energie, insieme a quelle di tutte le persone che ci supporteranno da terra, potesse forse essere un modo per ottenere la loro attenzione. E noi lo speriamo”.

 

Anche se, diciamo, finora hanno dato pessima prova di sé stessi: parlo dell’Unione europea e parlo del Governo italiano. Ma veniamo alla logistica: per quello che è possibile raccontare immaginiamo che siate ancora fase finale dell’organizzazione. Quali sono le date di partenza, da quali Paesi europei partiranno le barche, come funziona tecnicamente e logisticamente questo progetto, che immaginiamo sia davvero complicato?

“Si, certamente è un progetto complesso perché naturalmente implica il coordinamento di tantissime persone, tantissimi gruppi di lavoro e tantissime barche e tantissime competenze: perché le competenze coinvolte in questo progetto sono davvero straordinarie e lo voglio sottolineare. Veniamo diciamo alle informazioni: ci saranno due date, due partenze: la prima data è il 31 agosto, avremo una grande una grande partenza da Barcellona e una partenza da Genova, che vedrà mobilitarsi la città il giorno prima e il giorno stesso della partenza. Noi stiamo collaborando moltissimo e ringraziamo anche i Music for Peace di Genova che stanno occupandosi in maniera straordinaria della raccolta di aiuti, di cibo, di medicinali.

Questi aiuti saranno caricati su alcune barche a Genova e il 31 cominceranno a viaggiare verso la Sicilia, mentre le barche che partiranno da Barcellona avranno a bordo moltissimi passeggeri, tra cui anche Thiago Avila, Yasmin Acar Greta Thunberg, tutti nomi che avrete già sentito anche nelle precedenti missioni della Freedom Flottilla. Ricordo che abbiamo con noi diversi attivisti della Flottilla che partiranno per andare invece verso le acque tunisine. Il quattro di settembre ci saranno altre partenze e cioè la Sicilia, la Tunisia e la Grecia: quindi avremo due ondate che porteranno tutte queste barche a riunirsi in un meeting point di cui al momento, per ragioni di sicurezza, non posso parlare. Quando si riuniranno tutte insieme parliamo di decine e decine di barche che cominceranno a muoversi compatte, in un’unica flotta, tutte insieme, navigando in acque internazionali e muovendosi verso Gaza”.

 

Sappiamo tutti quanti che molto probabilmente ci sarà un’intercettazione da parte del dell’IDF, dell’esercito israeliano: non è pessimismo ma un’ipotesi purtroppo realistica. Nel caso in cui però ciò non avvenisse, avete dei contatti a Gaza a cui consegnare il materiale, gli aiuti, una sorta di rete logistica pronta a ricevere questi aiuti e a distribuirli alla popolazione?

“Assolutamente sì. Noi stiamo analizzando e valutando tutti i possibili scenari che ci possiamo trovare di fronte. Quindi un’intercettazione da parte della Marina militare israeliana è prevista, tra le possibili situazioni che ci troveremo di fronte. Questa intercettazione tra l’altro potrebbe essere declinata in vari modi, e noi li stiamo provando a immaginare un po’tutti. Ma c’è anche la possibilità che tutte o parte di queste barche possano raggiungere Gaza: ricordiamo che a Gaza non esiste più un porto perché è stato distrutto, quindi naturalmente stiamo anche analizzando questo scenario.

Siamo naturalmente in contatto anche con diverse organizzazioni, anche non palestinesi, che sono in questo momento a Gaza, e quindi anche organizzazioni umanitarie, che nel caso in cui arrivassimo – cosa che naturalmente speriamo perché altrimenti non ci avremmo nemmeno provato – ci daranno poi una mano per consegnare questi aiuti. Sull’ipotesi di non riuscire ad arrivare a Gaza, spesso ci viene fatta una domanda: ci viene chiesto ‘ma sapete che quasi certamente sarete intercettati e magari non arriverete a Gaza, perché lo fate lo stesso?’.

Questa è una domanda molto importante, perché la risposta sta proprio nella valenza politica di questa iniziativa di cui io parlavo prima e che si affianca naturalmente anche a quella umanitaria. Il fatto stesso di averla creata, questa iniziativa, di essere riusciti a raccogliere intorno a queste partenze migliaia di persone, un supporto davvero straordinario, inimmaginabile per molti di noi che si occupano di Palestina da tanti anni, il fatto stesso di solcare quelle acque e di mandare questo messaggio per noi comunque è parte del risultato che vogliamo ottenere.

Resta primario, naturalmente, l’obiettivo di arrivare a Gaza e aprire questo corridoio, sapendo che ci sono bambini che muoiono di fame, neonati che muoiono due ore dopo essere nati, perché le madri sono così denutrite da non poterli neanche allattare, sapendo che ci sono medici che a volte sono combattuti tra l’idea di tornare a Gaza per dare una mano, e ritenerlo inutile perché a Gaza un medico non può più fare niente, non c’è più niente, non c’è corrente elettrica, non ci sono medicinali.

Io stessa ho parlato con diversi dottori che mi hanno detto che l’ultima volta non sono andati perché non c’è più niente che possano fare. Ecco, è chiaro che di fronte a tutto ciò riuscire a portare medicinali e cibo e creare un precedente, far sì che magari dopo di noi si riesca a portare altre barche, e poi altre barche ancora, e poi magari aprire anche il valico, è chiaro che per noi sarebbe un risultato straordinario.

Se questo non dovesse succedere, sarà messo ancora una volta in evidenza come Israele scelga consapevolmente di violare il diritto internazionale, perché fermare queste barche significa commettere un atto di pirateria, perché loro non avrebbero alcun motivo legittimo per farlo. Quelle non sono acque israeliane. Lo sottolineo perché magari molti all’ascolto non lo sanno: quelle sono acque internazionali dove, se io decido di prendere una barca e navigare, lo posso fare. Nessuno si può permettere di intercettarmi e mandarmi indietro. Ecco, se loro comunque dovessero decidere di farlo, il mondo deve sapere che sta impedendo a delle persone disarmate, dei civili del tutto non violenti e pacifici di portare del cibo e dei medicinali a una popolazione, come hai detto tu prima, totalmente allo stremo”.

 

Tra l’altro, Maria Elena, la tua voce sarà quella che racconterà anche dai nostri microfoni la traversata della Global Sumud Flottilla, lo confermiamo anche in diretta!

“Lo confermo pubblicamente!”.

 

Siamo in conclusione. Volevo chiederti, ci sono degli eventi previsti di qui ai giorni delle partenze: momenti pubblici di sensibilizzazione, presentazioni nelle città, appuntamenti che possiamo rilanciare a chi ci ascolta magari nelle varie città?

“Si, i vari gruppi regionali che appunto afferiscono al Global Movement to Gaza stanno organizzando tantissimi eventi sul territorio, a partire dai due eventi che saranno legati alle due partenze, come dicevo prima, e a Genova il 30 e il 31 agosto. In quella circostanza la città si animerà proprio intorno a questa partenza, e la stessa cosa accadrà poi in Sicilia. Ma ci saranno tantissimi eventi in tantissime città italiane, presidi, concerti, incontri con alcuni di noi o comunque con persone che insieme a noi racconteranno questo progetto. Se poi vi capita vi capita di andare sui nostri canali social – ci trovate come Global Movement to Gaza Italia o Global Sumud Flottilla o Global Movement to Gaza – via via li andremo a pubblicare in modo che possiate appunto sapere dove e quando nei prossimi giorni sui territori ci saranno appunto degli eventi a supporto delle partenze.

 

Noi ovviamente poi rilanceremo questi contenuti anche sulle piattaforme di Radio Città Aperta. Io ti ringrazio per averci aiutato a inaugurare questa serie di trasmissioni e di podcast che contribuiranno a raccontare il progetto meraviglioso della Global Sumud Flottilla.

“Grazie a voi, grazie a voi perché è uno spazio di informazione bellissimo, e quindi ci sentiamo presto da terra e anche dal mare”.


Link per ascoltare il podcast: https://www.radiocittaperta.it/podcast/speciale-global-sumud-flottilla-episodio-1/
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Comments

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Paolo
Friday, 05 September 2025 21:25
Ho provato a cercare chi è la "Sumud Flotilla", ho trovato solo nomi di attivisti (tra cui la mediatica Greta Thumberg) e reti di ong, senza che venissero nominate le ONG. Mi piacerebbe sapere da chi sono finanziati gli attivisti e da chi le ONG. Solo per chiarezza. Non vorrei che negli elenchi dei finanziatori ricorressero nomi che finanziano anche Israele. Non è la prima volta nella storia che taluni finanziano i "pro" e i "contro" e così sono sempre dalla parte giusta. Mi sembra ci sia solo tanta ipocrisia in queste iniziative "umanitarie" e tanta nebbia. Da molti anni non "sopporto" le ONG, ed è un sentimento emotivo di derivazione politica. Non c'è neanche bisogno di argomentare i contro le ONG, sono abbastanza evidenti per chi vuole ragionarci.
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