Fai una donazione

Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________

Amount
Print Friendly, PDF & Email

sollevazione

Europarlamento: in guerra contro la Russia

di Leonardo Mazzei

Prenderli sul serio oppure no? La domanda si ripresenta, dopo l’ennesima dichiarazione di guerra alla Russia approvata dal parlamento europeo. Molti pensano che ormai i documenti che escono da quella cloaca massima del bellicismo Ue-Nato siano solo carta straccia. Chi scrive ha un’idea un po’ diversa, dato che quell’assemblea esprime pur sempre gli orientamenti dei maggiori raggruppamenti politici europei. E non è poco.

Naturalmente, il parlamento europeo non è affatto rappresentativo del sentimento prevalente nei popoli del continente, ma di sicuro il voto del 27 novembre ci dice tutto su quel che pensano i decisori politici. Ma quanto contano davvero questi decisori? Più precisamente, quanto conta ancora l’Unione europea? A questa domanda bisogna dare una risposta precisa. Fortunatamente l’Ue conta sempre meno, ma sfortunatamente conta ancora abbastanza per impedire che il più piccolo spiraglio di pace produca qualche effetto.

Dunque – e paradossalmente, visto lo stato comatoso delle sue istituzioni – nell’essenziale l’Unione europea continua a contare fin troppo. Conta non tanto in virtù della propria forza, ma per la concordanza di obiettivi con una parte fondamentale del deep state americano e con la Nato. In quattro anni di guerra l’allineamento tra Ue e Nato è stato totale, e continua a esserlo nonostante Trump. Un fatterello che vorrà pur dire qualcosa, al pari della posizione di Rubio a Ginevra, dell’opposizione di molti parlamentari repubblicani ai 28 punti del piano di Witkoff, della “strana” pubblicazione delle sue conversazioni riservate con i russi.

* * * *

Veniamo allora al contenuto della risoluzione di Strasburgo, inopinatamente salutata nelle traveggole dell’immarcescibile Leoluca Orlando (adesso europarlamentare di Avs) come una scelta “di diplomazia e di pace”. Una falsità così evidente da meritare solo un educato no comment. La verità è che ognuno dei 12 punti che compongono il documento approvato è concepito per sbarrare la strada a ogni ipotesi di accordo con la Russia, questo è il succo della questione.

Il punto (1) invita gli “Stati membri ad assumere maggiore responsabilità per la sicurezza”, dunque avanti tutta con il riarmo. Il (2) stronca il piano di Trump perché sfavorevole a Kiev, mentre il (3) riafferma l’obiettivo del ripristino della “sovranità e dell’integrità territoriale ucraina”. Un chiaro no al negoziato, rafforzato (punto 4) dalla trappola di un “cessate il fuoco” che dovrebbe precedere ogni trattativa.

Fin qui siamo all’antipasto. I piatti forti arrivano con i punti 5-6-7-8-10. Vediamoli nel dettaglio.

Il decisivo punto (5) sottolinea che “qualsiasi accordo di pace non deve porre limiti alla capacità dell’Ucraina di difendere la propria sovranità, indipendenza e integrità territoriale”. Dunque, nessun limite alla consistenza dell’esercito di Kiev, che nella visione europea dovrebbe essere messo in grado di riconquistare perfino la Crimea. Ma siccome anche questo non sarebbe sufficiente, si afferma che ogni intesa debba offrire all’Ucraina “credibili garanzie di sicurezza pari al livello dell’art. 5 della Nato”. Quindi, anche se formalmente fuori dall’Alleanza atlantica, l’Ucraina ne sarebbe nella sostanza un membro di fatto. Ma anche questo appare insufficiente al parlamento europeo, che “ribadisce che l’Ucraina è libera di scegliere le proprie alleanze politiche e di sicurezza”. Libera, perciò, di entrare nella Nato, in barba a quanto previsto dal piano Witkoff-Trump.

A rafforzare questa aggressività arriva il punto (6), che chiede che sia la Russia a risarcire tutti i danni provocati dalla guerra, nonché il deferimento dei russi e dei non meglio precisati “alleati” dinanzi alla Corte penale internazionale. Condizioni che di norma si impongono agli sconfitti, che qui vengono brandite solo per scavare un solco ancor più profondo con Mosca. Di “suo” (si fa per dire) l’Ue metterebbe (7) “un prestito di riparazione finanziato con i beni russi congelati”. Bingo!

Il punto (8) torna invece alla questione territoriale, ribadendo che “il territorio ucraino temporaneamente occupato non sarà legalmente riconosciuto dall’Ue e dagli Stati membri come territorio russo”. Questa chiara volontà di impedire la cessazione delle ostilità viene confermata dal punto (10), che mentre esclude la revoca delle sanzioni in vigore, già si affretta a minacciarne di nuove.

* * * *

Altro che le fesserie di Orlando! La risoluzione approvata dall’europarlamento parla chiaro: il conflitto deve continuare e l’Ue deve essere l’avanguardia del partito della guerra. Il tutto alimentato con la peggior russofobia, ormai la vera carta d’identità degli oligarchi di Bruxelles, spalleggiati dal grosso delle forze politiche rappresentate a Strasburgo.

Il documento ha ottenuto 401 sì, 70 no e 90 astensioni. Hanno votato compattamente a favore (le eccezioni si contano sulle dita di una mano) i 5 gruppi che costituiscono il blocco centrale: i Popolari del PPE, i Socialisti&Democratici (compreso ovviamente il Pd), i Verdi, i Conservatori di ECR (incluso Fratelli d’Italia) e i liberali macroniani di Renew.

A destra ha votato contro (con poche eccezioni) il gruppo Europa Nazioni Sovrane (ESN), incentrato sulla tedesca Afd, mentre il gruppo dei Patrioti (PfE) si è spaccato tra una maggioranza che si è astenuta (tra cui i leghisti italiani e i lepenisti francesi) e una minoranza, capeggiata dagli ungheresi di Fidesz, che ha votato contro.

Ancora più clamoroso il frazionamento a sinistra. Il gruppo di The Left si è infatti spaccato in tre, con 7 favorevoli (oltre ai nordici da segnalare il voto pro-guerra della Salis), 10 contrari (tra i quali tre parlamentari di M5s) e 15 astenuti (i francesi de La France Insoumise, gli altri di M5s, ecc.).

Per quel che riguarda l’Italia da segnalare due cose: 1) la piena convergenza dei due principali partiti (FdI e Pd), che si beccano nei talk show, ma concordano sulla guerra; 2) il pieno allineamento su questa posizione guerrafondaia degli europarlamentari di Avs, a partire dai già citati Orlando e Salis. Una vergogna che si commenta da sola.

* * * *

Anche se verosimilmente non si incontreranno ad Atreju (la politica spettacolo ha bisogno di polemiche) Meloni e Schlein si sono già incontrate nel voto di Strasburgo (la politica di guerra non può invece attendere). Una conferma in più di quanto sia perverso il gioco bipolare della seconda Repubblica.

Quel che è certo è che nella mefitica Unione europea, nei suoi partiti, nei suoi governi, nei suoi leader, non c’è alcun segno di ravvedimento. Anzi, l’attuale corsa verso la reintroduzione di una leva militare concepita solo come tassello per il rafforzamento degli eserciti professionali, è la riprova di una scelta bellicista che sarebbe assurdo sottovalutare. Oggi questa corsa è guidata dalla Germania, dalla Francia e dai nordici, ma anche l’Italia sta iniziando a fare i primi passi.

Fin qui l’orribile Ue 2025. Ovviamente i giochi si faranno soprattutto altrove, e sappiamo come Trump cerchi l’accordo con Putin in funzione anti-cinese. Ma, davanti a settimane potenzialmente decisive, qualcosa di torbido si annuncia anche negli Stati Uniti dove la cosca europea, sempre in posizione subalterna, ha i suoi potenti agganci.

Vedremo. Ma non sarà mai troppo presto per riprendere l’iniziativa per l’uscita dall’Unione europea, dal suo regime oligarchico e antidemocratico, dalla sua politica guerrafondaia, dalla sua ideologia occidentalocentrica e russofobica. Non sarà mai troppo presto.

Pin It

Add comment

Submit