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sinistra

Rinascita e caduta cinese

di Salvatore Bravo

Si susseguono nella sinistra radicale e comunista gli interventi a sostegno della Cina socialista. L’ammirazione è sostenuta da alcuni dati indiscutibili. In primis la sconfitta della povertà assoluta e, non è secondaria, la capacità del Partito comunista cinese di attrarre i capitali esteri al fine di sostenere lo sviluppo della Cina nel suo complesso. La Cina non si è lasciata cannibalizzare dai capitalisti come fu dopo la caduta dell’Unione Sovietica per la Russia. Nella Russia di Boris Eltsin lo sfruttamento e la privatizzazione dei servizi sociali portarono a una notevole riduzione dell’aspettativa di vita dei russi. Nel 1994 l’aspettativa di vita era di 64 anni. L’Eden che i russi si attendevano dal capitalismo si trasformò in un incubo reale che falcidiava sogni e vite umane. Non è possibile dimenticare Mikhail Sergeyevich Gorbachev, già pensionato, nel discutibile spot con la nipotina Anastasia nel 1997 per pubblicizzare l’americana Pizza Hut commercial. Lo spot non fu tramesso nelle TV russe, ma diede l’impressione agli occidentali che la Russia fosse ormai terra di conquista dei “capitali” e che la storia fosse finita sotto la bandiera del mercato in cui con le merci si vendono e svendono anche le culture dei popoli e la dignità degli uomini. La classe dirigente russa si svelò nella sua verità, essa era corrotta e aveva abbandonato la nazione al suo destino. Il successo di Putin non può che essere spiegato con il terrore introiettato dai russi dopo la caduta dell’Unione Sovietica di diventare nei fatti una colonia dei capitalisti umiliata nell’identità culturale e con il pericolo di essere smembrata in stati facilmente dominabili.

La Cina ha affrontato la tempesta della Caduta del comunismo dell’alleato con una classe dirigente all’altezza dei tempi e delle finalità politiche. La sua classe dirigente selezionata con criteri rigidissimi si è mostrata funzionale al difficile passaggio. La durezza con cui fu repressa la rivolta di piazza Tienanmen oggi assume un altro valore nel difficile giudizio storico: la Cina intervenne per salvare se stessa dal pericolo coloniale. La simpatia che ancora oggi, è viva e vera in molti occidentali, verso quei giovani che sfidarono il governo, non può essere scissa da ipotesi olistiche e da considerazioni riguardanti il complesso quadro storico, in cui gli eventi si svolsero; è doveroso chiedersi cosa sarebbe accaduto alla Cina, se il governo avesse intrapreso una linea politica simile a quella sovietica. Il dubbio e la domanda, oggi, possono trovare risposte più probabili dinanzi agli eventi che si sono succeduti in Russia e negli stati excomunisti inglobati nella NATO senza rimuovere il terribile disfacimento programmato della Jugoslavia.

 

Pensare la storia

Le valutazioni sulla Cina devono dunque considerare il tempo storico che abbiamo attraversato e verso cui ci stiamo avviando. Il Partito comunista cinese ha vinto la povertà assoluta e ora si avvia a ridistribuire la ricchezza in modo più equo. Essa con una campagna avviata nel 2012 ha strappato dall’indigenza 750 milioni di cinesi. Non ha rotto con il proprio passato, i quadri di Mao campeggiano ancora nelle piazze. La Cina nell’era dell’armonia, così il presidente Hu Jintao denominò l'ideale di una "Società Armoniosa" (谐社会héxié shèhuì) e priva di contraddizioni verso cui ci si orientava, ha scelto di porsi in continuità con la sua storia. L’armonia non conosce rotture ma sintesi. Una nazione senza passato non ha progettualità e non conosce armonia. L’occidente è disarmonia pienamente realizzata. La veloce proletarizzazione delle classi medie nell’occidente ordoliberista rischia di farci cadere nell’idealizzazione della Cina dinanzi alla macelleria sociale che avanza, mentre la logica guerrafondaia penetra nelle istituzioni. La storia trascorsa se pensata e valutata consente di non ripetere i medesimi errori. Nel presente i cinesi evitano accuratamente gli errori di Mao senza rinnegarlo, poiché applicano la lezione dialettica del fondatore dello Stato comunista. Per Mao la verità è oggettiva, essa è iscritta nelle condizioni storiche che possono mutare, sta ai rivoluzionari porsi in ascolto della verità storica per condurla verso il fine ultimo. La variabile umana resta fondamentale: 

La dialettica materialista è l’unica gnoseologia scientifica ed è anche l’unica logica scientifica. La dialettica materialista studia l’origine e lo sviluppo della nostra conoscenza del mondo oggettivo. Studia come noi passiamo dall’ignoranza alla conoscenza e dalla conoscenza incompleta a una conoscenza meno incompleta. Essa studia il modo in cui le leggi dello sviluppo della natura e della società si riflettono giorno dopo giorno in misura più completa e più ampia nella coscienza degli uomini. Esattamente questa è l’unità di dialettica materialista e di gnoseologia. La dialettica materialista studia le leggi più generali dello sviluppo del mondo oggettivo e studia la forma riflessa nel pensiero delle manifestazioni e delle caratteristiche più sviluppate del mondo oggettivo. In questo modo la dialettica materialista studia le leggi della nascita, dello sviluppo, del tramonto e della reciproca trasformazione di ogni processo e di ogni fenomeno del mondo materiale. Nello stesso tempo essa studia la forma in cui le leggi dello sviluppo del mondo oggettivo sono riflesse nel pensiero umano. Questa è l’unità di dialettica materialista e di logica. Per comprendere più profondamente la ragione per cui dialettica materialista, logica e gnoseologia costituiscono una cosa sola, esamineremo qui di seguito come la dialettica materialista risolve il problema del rapporto reciproco fra logica e storia1”.

Si tratta di un’operazione certosina e attenta nella quale l’errore può essere fatale. Ora malgrado gli innumerevoli meriti di questa classe dirigente non si possono tacere i limiti.

 

Pericolosamente socialisti

I successi economici sono stati ottenuti mediante condizioni lavorative al limite della servitù e il “comunismo della sorveglianza” impera e governa. Il socialismo tecnocratico rischia di divorare la Cina in un processo disumanizzante e reificante. La Cina ha un sistema elettorale piramidale e pluripartitico (i liberi partiti sono varianti del Partito comunista), pertanto il partito e la burocrazia governano, mentre il popolo esegue. Tutto questo non è socialismo e non è comunismo. Il paradigma con cui dobbiamo valutare la Cina è Marx, altrimenti si perde ogni riferimento oggettivo. Marx ci ha insegnato che il socialismo è partecipazione politica libera e consapevole degli sfruttati. Il socialismo non libera solo dalle miserie materiali, ma il socialismo ha come obiettivo la liberazione dall’alienazione. Tali finalità sembrano oscurate in Cina e non possiamo considerare nella valutazione sull’attuale stato della Cina che la “grande NEP2 posta in campo dai cinesi è orientata a un economicismo che rischia di erodere e corrodere il socialismo e di consegnarlo a un modello di capitalismo diverso da quello occidentale, ma che risulta essere “capitalismo cinese”, tanto più che un vero dibattito sul destino ultimo della via intrapresa dalla Cina per sconfiggere la povertà materiale non sembra esserci. La valutazione limitata ai soli successi economici rischia di riproporre, ancora una volta, una visione astratta della realtà storica e politica della Cina e del nostro tempo storico, in quanto i risultati economici devono essere riportati ai processi posti in essere per ottenerli. Marx ci ha insegnato che la storia è carne, sangue e sudore dei vinti e degli aggiogati, per cui il socialismo e il comunismo senza umanesimo non sono che maschere dietro cui si cela il dominio. Essere socialisti e comunisti, oggi, non solo è arduo, ma espone a una condizione di tormento dell’anima, in quanto significa tenere accesa, sempre, la priorità dell’essere umano nella sua concretezza storica sul sistema e nel medesimo. Un organismo sociale può essere valutato come “socialista/comunista”, solo se il suo corpo sociale è vivo e dialettico e non è riducibile a braccia che lavorano e a bocche da sfamare. L’essere umano è spirito, non dobbiamo temere questa parola, è spirito incarnato e per avere un’esistenza degna di essere vissuta necessita di vivificare la materia con il suo spirito e di essere, di conseguenza, parola viva e logos che dà forma nella partecipazione corale alla comunità socialista. Senza tale finalità etica e politica, anche la “grande NEP” cinese rischia di arenarsi in un economicismo improntato all’illimitato accumulo di plusvalore e di tutto questo dobbiamo prenderne atto. Può sembrare ingenuo, ma anche la critica positiva e costruttiva verso la Cina di noi occidentali può essere d’ausilio a rendere il gigante cinese capace di non perdere l’idealità comunista nel freddo economicismo. L’Unione Sovietica non è caduta solo a causa della Guerra fredda che ha costretto i sovietici a dirottare enormi risorse materiali e spirituali verso “la guerra”, ma vi è stata, anche, la parallela crisi dell’idealità comunista. Senza la corrente calda dell’idealità lo stato socialista non può che implodere in un imperialismo insensato, in quanto l’economicismo curva la vitalità della comunità verso il calcolo economico con relativa logica patrimoniale. Il rischio, dunque, è che la Cina possa trasformarsi nel tempo in un capitalismo speculare e diverso rispetto al capitalismo occidentale, per cui necessita anche di critica sociale, in fondo i cinesi sono tra di noi, nelle nostre vie e nelle nostre città, pertanto le nostre “critiche amichevoli” possono essere riportate in Cina, anche attraverso il carattere informale della parola, anche questo è materialismo storico. La condizione di sconfitta (momentanea), in cui ci ritroviamo non deve spingerci verso forme di ammirazione irriflesse o parziali, ma dobbiamo conservare una proficua distanza al fine di elaborare nuove sintesi programmatiche e politiche per superare l’attuale stato di paralisi ideologica e umana. L’Umanesimo marxiano ci ha insegnato il valore della concretezza, il quale si esplica nel giudizio integrale e mai limitato a poche variabili. Il coraggio di riappropriarci delle categorie dell’Umanesimo marxiano e di ripensarle potrebbe essere la via per rifondare il comunismo e uscire dalla logica asfissiante dell’economicismo con i suoi riduzionismi.


Note
1 Mao Tse tung, MATERIALISMO DIALETTICO (estate 1937), pag. 137http://www.bibliotecamarxista.org/Mao/libro_5/materialismo_dialettico.pdf
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