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azioni parallele

Guerra alla metafisica

di Leonardo Caffo

1ce3c6854fae4eda83bfe4d77d0a944cQuello che è più importante è che il punto di vista ecologico conduce ad interpretare ogni relazione sociale, psicologica, naturale, in termini non gerarchici. Per l’ecologia non si può comprendere la natura se ci si pone da un punto di vista gerarchico. Inoltre, essa afferma che la diversità e lo sviluppo spontaneo, costituiscono dei fini in sé, che devono essere rispettati per se stessi.
(Murray Bookchin)

La distinzione standard tra metafisica e ontologia, anche quando viene messa in crisi1, caratterizza la prima come lo studio delle qualità dell’essere (che cosa sono le cose che sono) e la seconda come l’analisi delle quantità dell’essere (che cosa esiste). In questi due diversi approcci dovrebbe essere racchiuso tutto ciò che della struttura del reale possiamo sapere (e non sapere)2 attraverso qualche metodo di accesso (epistemologia) e le entità che vengono evidenziate sono classificate generalmente come “oggetti”3 o, più classicamente, come “individui”4. L’approccio generale che ne emerge è basato sull’idea che il mondo sia un presupposto degli individui e che ognuna di queste entità sia analizzabile in modo monadico; basandomi su un’intuizione classica di Lamarck vorrei tuttavia argomentare in favore della tesi che chiamerei “Guerra alla metafisica”, secondo cui il mondo è il prodotto degli “oggetti” più che un suo presupposto. In questa direzione credo sia necessario introdurre la parola “ecologia” alla coppia ontologia e metafisica come strumento essenziale per questa guerra filosofica.

Iniziamo svincolando, con le dovute difficoltà del caso, l’ecologia dalle sue connotazioni morali e rimaniamo sul piano puramente concettuale: l’ecologia risponde, seguendo la falsariga già tracciata, allo studio delle relazioni dell’essere (che cosa esiste “tra” ciò che esiste).

Anche se, come è stato notato5, l’ecologia riproduce spesso le aporie della metafisica su individuo e mondo, ciò che credo sia interessante è l’accento del tutto particolare sul concetto di “relazione”6, che attraverso questo approccio possiamo evidenziare. L’inventario del mondo dell’ontologia contemporanea, ovvero l’organizzazione in scaffali tematici delle entità che dovrebbero appartenere alla sfera del reale (e in certi casi anche del non reale), descrive uno scenario metafisico di entità semi-autonome in cui le relazioni sono al massimo viste come tropismi, fasci che portano da un oggetto all’altro, qualia in condivisione7. Sembra esserci un generale approccio retrò nella metafisica rispetto a ciò che sappiamo dalla scienza sul legame tra entità anche tra loro lontanissime e in aggiunta a ciò, e questo è evidente, un escludere dalla classificazione tutte quelle entità che non sembrano essere catturabili con le nozioni di oggetto o individuo trascurandole o non considerandole mai come rilevanti da un punto di vista metafisico.

Se l’ontologia tende a descrivere il reale come una specie di fascio o accumulo di punti, oggetti dentro un insieme che talvolta può assumere anche la funzione di “campo di senso”8 entro prospettive di derivazione fregeana, l’ecologia descrive un insieme di relazioni e di relata interdipendenti entro certi sotto-contesti possibili che chiamiamo “ambienti” o, più tecnicamente, “ecosistemi”. La cosa che, analogia necessaria per iniziare a capire, in ontologia assomiglia di più a un ecosistema è il contesto di Quine per rintracciare l’identità tra due oggetti9, uno spazio entro il quale l’essere è circondato da un contesto che ne evidenzia confini, principi e parametri. L’ecosistema è l’entità principale da cui l’ecologia stessa prende forma perché è un’entità intrinsecamente relazionale, un insieme sistemico definito costituito da organismi viventi che interagiscono tra loro e con l’ambiente che li circonda10. Tra le tipiche proprietà che definiscono un oggetto è praticamente impossibile, nella letteratura filosofica, trovare le sue interazioni, che al massimo sono viste come attività o proprietà contingenti o collaterali; se provassimo a utilizzare gli strumenti della metafisica descrittiva per parlare di un ecosistema, non ci sarebbe, a rigor di logica, nulla di cui parlare. Potremmo parlare dei suoi componenti singoli, magari radicalizzarli in un contesto, ma l’ecosistema di per sé rimarrebbe niente più che una porzione selezionata di reale, fungendo da contenitore e mai da contenuto. La questione è se un bordo possa essere esso stesso un punto, ovvero se un confine dell’essere non sia esso stesso l’essere che stiamo andando a cercare.

L’ecologia non è abitualmente considerata una parte della filosofia, ma delle scienze biologiche o comunque un campo interdisciplinare delle scienze applicate; eppure, se ci addentriamo dentro l’argomentazione, scavando a fondo nelle sue premesse teoretiche, questo è assurdo come sarebbe assurdo considerare la metafisica come una parte delle scienze fisiche. L’ecologia, come la metafisica, ha come oggetto di analisi le strutture dell’essere, solo che punta immediatamente ai processi vitali, le interazioni e gli adattamenti. Si potrebbe obiettare che l’ecologia si concentra soltanto sulla vita, mentre lo spettro della metafisica è più grande, ma sarebbe un errore grossolano; l’ecologia filosofica si occupa tanto delle interazioni animate che di quelle inanimate, ammesso che dopo il nuovo materialismo e le correnti più recenti dell’ontologia orientata agli oggetti (OOO) questa distinzione in filosofia abbia ancora il senso che ha in biologia. Sappiamo dalla fisica che la materia interagisce con altra materia attraverso processi complessissimi11; questa è di sicuro la tipica interazione tra non viventi di cui dobbiamo occuparci entro un programma di ricerca di ecologia come strumento essenziale di una guerra alla metafisica intesa come sistema che rischia di falsare le nostre informazioni sulla realtà. L’ecologia è il modo per avvicinarsi all’essere considerando ogni suo elemento come entro una rete di direzione spinoziana: ciascuna entità ne segue o ne presuppone un’altra. Le cose sono “inter-connesse”.

Il capovolgimento di un paradigma entro cui l’ecologia si sostituisce all’ontologia, dopo averla, per così dire, “battuta sul campo”, è decisivo perché cambiano le gerarchie metafisiche, parte delle classificazioni, il sistema di riferimento degli oggetti e le loro scaffalature standard (naturali, sociali, artefattuali, ecc.). Prendiamo un’entità che l’ecologia permette agevolmente di considerare reale e non solo strumentale: il bioma. Si tratta di un’ampia porzione di biosfera, per esempio un paesaggio continentale, individuata sulla base della vegetazione dominante (poiché la vegetazione, va da sé, influenza anche la presenza degli animali); in un bioma sono presenti comunità di forme di vita animali e piante comprendenti organismi pluricellulari e unicellulari, anche microscopici, che interagiscono fra loro. In metafisica classica si potrebbe parlare di un oggetto composto o di un meta-oggetto, ma questo non renderebbe giustizia all’entità che, pur dipendendo dalle sue parti, non si risolve nella somma di esse in una classica prospettiva aristotelica sul tutto e le parti.

Ovviamente l’ontologia già di suo discute anche problemi relativi alle caratteristiche delle relazioni più generali tra le entità esistenti; alcuni classici problemi della storia della filosofia sono di fatto problemi ontologici. Il problema di come un universale si riferisca a un particolare di cui ne è istanza o il problema di come un evento, del tipo “Maradona che calcia un pallone”, si riferisca poi ai particolari Maradona e al pallone tramite la relazione di “calciare un pallone” (dando per buono che abbiamo già discusso, accettandola, dell’esistenza di eventi, particolari o relazioni). La differenza è che l’ecologia non considera la relazione come qualcosa di posteriore ed esterno agli oggetti che collega, ma la dà per scontata, trattandola come un presupposto indispensabile; ovviamente i problemi più concettuali dell’ontologia non vengono risolti a loro volta con facilità: una prima serie di problemi è data dal fatto che la risposta a domande come: “che relazione esiste tra A e B” non è per nulla semplice; la seconda sequenza di problemi, filosoficamente rilevanti, derivano dal fatto che in ecologia l’impegno ontologico è ancora più pesante. Impegnarsi sull’esistenza reale di un bioma è più complesso che impegnarsi sull’esistenza di un singolo individuo di quel bioma e anche in questo caso, data per buona la legge sulla semplificazione, bisogna giustificare i motivi di questo impegno.

In un senso anche molto evidente, prima di tutto le spiegazioni ecologiche spiegano più cose di quelle ontologiche, per esempio come un oggetto O, lontanissimo da un altro oggetto O1, possa subire danni o cambiamenti in certe proprietà P quando le analoghe proprietà P1 vengono danneggiate o cambiante in O1. Ovviamente assumere per buono che ci sia una connessione tra le cose, impegnandosi nei confronti della teoria dell’entanglement quantistico, per esempio traslandola su un piano concettuale (è solo un esempio non privilegiato in questa sede), significa dare per assodata ed esistente una “cosa” come la correlazione a distanza (e dunque impegnarsi sull’esistenza di vari tipi di oggetti immateriali, relazioni comprese). Non basta dire: funziona, dunque la assumo come esistente, non essendo su un terreno epistemologico, ma bisogna proprio cercare di capirne l’esistenza.

Ovviamente la metafisica è una parte della filosofia che si impegna a dire qualcosa di vero sulla struttura dell’essere con una piena pretesa di aderenza al reale ed è questo a mio avviso che deve farci gridare a una stagione di guerra nei suoi confronti; ciò che fa sì che non si sfoci nell’epistemologia, difatti, è che non diciamo che cosa o come sappiamo qualcosa sull’essere, ma proprio come l’essere dovrebbe essere. Ho già argomentato sulla parziale impossibilità di astrarre del tutto dalla nostra prospettiva12, uscendo dall’antropocentrismo, per dire qualcosa di “reale sul reale”. Tuttavia la mia tesi è che l’ecologia sia una prima approssimazione a questa descrizione della realtà al di là dei principi del contesto che sottendono l’antropocentrismo cognitivo: la divisione della realtà in oggetti o individui, per esempio, è una chiara riproposizione sul piano concettuale di quello che avviene nel nostro campo visivo e, per dirla con Wittgenstein, noi non vediamo i limiti della metafisica, anche se sappiamo che ci sono come nell’illusione del coniglio-papera, dove avere una certa informazione sul mondo non consente comunque di vedere come la ragione imporrebbe13.

Ecologia è una forma di filosofia che sposta il baricentro da Homo Sapiens verso l’esterno; la metafisica contemporanea assomiglia a un disco rotto interamente ancorato ad argomentazioni avvitate su loro stesse. Il concetto di ambiente in questo senso diventa centrale sia quando relativo ad uno specifico soggetto vivente (singolo o collettivo) sia quando relativo a un oggetto “inanimato”; intendo con ambiente, da un punto di vista filosofico, l’insieme delle condizioni e degli elementi del paesaggio circostante con cui un individuo stabilisce una o più relazioni di diversa natura e importanza. Se vediamo come alla voce “Ecology” dell’Enciclopedia di filosofia di Stanford è descritta la filosofia dell’ecologia14, troviamo invece considerazioni molto diverse che si concentrano o su problemi ermeneutici e concettuali che sorgono a causa del contesto evolutivo o sulle pratiche sperimentali della disciplina intesa come pratica scientifica. È vero, tuttavia, che anche sulla Stanford Encyclopedia, considerandola come uno degli organi più prestigiosi del dibattito filosofico contemporaneo, è ammesso che l’ecologia non ha ricevuto il grado di attenzione filosofica professionale che merita, lasciando appunto da parte tanto le questioni fondative, che quelle interpretative, sollevate dall’ecologia come sistema di pensare la realtà in modo radicalmente alternativo.

Mi pare che qui ci sia lo spazio per un nuovo e interessantissimo programma di ricerca, dove molte pratiche filosofiche andranno ridiscusse dalle basi. Come è stato notato15, il problema della complessità dei sistemi ecologici introduce appunto la questione di oggetti “complessi” nella nostra metafisica. Come è noto, prima facie, i sistemi complessi dovrebbero esibire proprietà “emergenti”, cioè quelle che resistono alla spiegazione riduzionista e in cui i presunti epifenomeni di oggetti materiali non sono riducibili a essi, anche se a essi possono essere ricollegati.

Qui arrivo al punto cruciale di questo programma, che per adesso è anche una conclusone: è necessario iniziare a considerare la classificazione dell’essere come qualcosa che va ampliato anche attraverso entità che prima consideravamo secondarie, ma che invece connettono tra di loro gli ambiti: il respiro, che è il modo con cui parte del mondo esterno entra in quello interno o la fotosintesi clorofilliana16. L’ecologia, prendendo il posto dell’ontologia o quantomeno cambiandone l’assetto, consente non solo di descrivere meglio ciò che c’è, ma anche di capire perché ciò che c’è funziona nel modo in cui funziona.

Più che una ricerca avviata, queste pagine sono ovviamente un invito alla guerra, alla guerra dell’oggetto contro il concetto: di una realtà che si palesa e dopo viene descritta, dando senso alle informazioni contro un presunto reale-concettuale che si impone sul senso della struttura delle cose del mondo.


Note con rimando automatico al testo
1 Cfr. A. Varzi, Sul confine tra ontologia e metafisica, in «Giornale di metafisica», 2007, 29/2, p. 290.
2 Ovviamente non i modi per conoscerlo, che sono dominio della epistemologia.
3 Cfr. A. Varzi, La natura e l’identità degli oggetti materiali, in A. Coliva (a cura di), Filosofia analitica. Temi e problemi, Roma, Carocci Editore, 2007, pp. 17-56.
4 Cfr. P. F. Strawson, Individui. Saggio di metafisica descrittiva, Milano, Mimesis, 2013.
5 Cfr. E. Coccia, La vie des plantes. Une métaphysique du mélange, Paris, Rivages, 2016.
6 Come ho argomentato in L. Caffo, La vita di ogni giorno. Cinque lezioni di filosofia per imparare a stare al mondo, Torino, Einaudi, 2016.
7 Cfr. M. J. Garcia-Encinas, Tropes for Causation, in «Metaphysics», 2009, 10/2, pp. 157-174.
8 Cfr. M. Gabriel, Fields of Sense, Edinburgh, Edinburgh University Press, 2015.
9 W. V. O. Quine, Identity, ostension, and hypostasis, in «The Journal of Philosophy»,1950, 47, pp. 621-633.
10 Cfr. J. G. Miller, La teoria generale dei sistemi viventi, Milano, Franco Angeli, 1971.
11 Cfr. R. Dick, Advanced Quantum Mechanics: Materials and Photons, Berlin, Springer, 2012.
12 Cfr. L. Caffo, Fragile Umanità. Il postumano contemporaneo, Torino, Einaudi, 2017.
13 Cfr. M. Ferraris, L’occhio ragiona a modo suo, in «Annali fondazione europea del disegno», Milano, Bruno Mondadori, 2005, pp. 23-48.
14 S. Sarkar, Ecology, in E. N. Zalta (a cura di), The Stanford Encyclopedia of Philosophy, Winter 2016 Edition, accessibile all’indirizzo https://plato.stanford.edu/archives/win2016/entries/ecology.
15 Cfr. W. H. Zurek, Complexity, Entropy, and the Physics of Information, Boston (MA), Addison-Wesley, 1990.
16 Cfr. E. Coccia, La vie des plantes, cit.

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