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Coordinamenta2

“Analisi concreta di cose concrete”

di Elisabetta Teghil

donghi 180«non esiste una verità astratta, la verità è sempre concreta»
Lenin

Se il pensiero dialettico, come diceva Lenin, consiste nell’«analisi concreta delle condizioni e degli interessi delle diverse classi» significa che deve analizzare il tempo presente e gli interessi di classe nel tempo presente e prima di tutto definire sempre nel tempo presente la composizione di classe.

Il neoliberismo è la struttura ideologica della borghesia transnazionale che ha portato avanti in questi anni una guerra all’interno della propria classe senza esclusione di colpi e ha ridotto le borghesie nazionali ad un ruolo di servizio e proletarizzato la piccola e media borghesia. Ci troviamo di fronte a un variegato insieme di strati sociali oppressi e vessati dal neoliberismo, un arco che va dalle classi medie impoverite al sottoproletariato urbano, agli immigrate e alle immigrate. Questa composizione ha fatto sì che molti abbiano gridato alla scomparsa delle classi sociali, alla definizione di un insieme sociale caratterizzato da fluidità e quindi difficilmente catalogabile ed inquadrabile.

Ma è la vessazione neoliberista che accomuna tutti questi strati sociali seppure in modalità e con livelli di sfruttamento diversificati ma solo apparentemente in contraddizione. E’ proprio l’operare dell’ideologia neoliberista che vorrebbe far credere alla scomparsa delle classi e che inoltre mette in atto una serie di meccanismi molto precisi, ma anche di facile lettura, per fomentare uno strato sociale contro l’altro.

Abbiamo assistito in questi anni ad una lunga serie di tentativi, nella maggior parte dei casi riusciti, di mettere impiegati contro commercianti, cittadini contro dipendenti pubblici, precari contro così detti garantiti, insegnanti contro genitori, proletari delle periferie contro immigrati, uomini contro donne…e, tanto per rimanere all’attualità, vaccinati contro non vaccinati, fragili contro tutelati, chi ha avuto dei sussidi contro chi non li ha avuti…

Una sorta di tutti contro tutti per impedire la composizione delle lotte e per dare la sensazione di una grande insicurezza sociale su cui fondare un controllo serrato e una militarizzazione dei territori oltre che un affossamento dei così detti privilegi di settore in nome di un desiderio collettivo, o meglio spacciato per tale, di eliminazione di ambiti favoriti ma utilizzato, in effetti, per abbassare drasticamente i livelli di protezione sociale.

Dare sponda e fiato a questa guerra tra i vari strati subalterni significa fare gli interessi del neoliberismo. Mai e poi mai la sinistra di classe dovrebbe prestarsi a mettere uno strato sociale vessato contro l’altro, mai e poi mai dovrebbe prestarsi a difendere interessi categoriali che ledono altri strati oppressi. E questo non per un posizionamento etico ma per un semplice interesse di tutte le classi subalterne.

In questi anni abbiamo assistito alla perdita dei riferimenti di base, alla distruzione delle coordinate dell’agire politico operata con molta sistematicità dal neoliberismo e all’impostazione di lotte sociali con parole del tipo <prima i poveri> oppure <la crisi facciamola pagare ai ricchi> che sono definizioni assolutamente spoliticizzate e che un tempo neppure le Acli si sarebbero sognate di usare.

E’ necessario trovare il comune denominatore della sofferenza sociale che sicuramente è la vessazione economica operata dallo Stato attraverso una miriade di tassazioni dirette e indirette che vanificano anche qualsiasi sforzo di miglioramento salariale e di reddito in senso lato. E’ necessario abbandonare moralismi e modalità di lotta di stampo ottocentesco e ricondurre a sintesi il malcontento. Questo significa che partendo dalla profonda sofferenza economica che attraversa tutti coloro che sono vessati dal neoliberismo si potrà immediatamente risalire alle cause politiche di questo danno e scardinare nelle menti i concetti che hanno permesso l’asservimento generalizzato e l’incapacità di riflessione e rivolta: meritocrazia, legalitarismo, la così detta sicurezza, delega, infantilizzazione, controllo sociale e tecnologico serrato, scientismo…

Lo strato sociale che sarà in grado di operare questa sintesi sarà il soggetto rivoluzionario del nostro tempo.

Tesi fondamentale della dialettica è che non esiste una verità assoluta ma la verità è sempre concreta. Attualmente, invece, la sinistra antagonista, salvo pochissime ed isolate realtà, non è stata assolutamente in grado di capire e fornire una risposta al malessere dilagante e si è focalizzata su rivendicazioni tutte interne al sistema. L’obiettivo del potere è una accelerazione verso un tipo di società controllata digitalmente e militarmente a tutto campo e basata sull’asservimento volontario, ed è qui che, insieme alla lotta contro la vessazione economica, è necessario concentrare gli sforzi. La mobilitazione contro l’obbligatorietà dei vaccini, lo smascheramento della sperimentazione su milioni di persone di vaccini di cui non si conoscono affatto gli effetti a medio e a lungo termine, ma neanche quelli a breve, la lotta contro il pass vaccinale, contro l’impostazione ricattatoria di tutti i provvedimenti coercitivi che sono stati messi in atto nei confronti di chi lavora nella sanità ma che saranno sicuramente estesi man mano a tutta la popolazione, sono solo alcuni dei temi che la sinistra di classe non solo non affronta ma della cui pericolosità non si rende nemmeno conto tacciando di complottismo chiunque osi denunciarli.

L’abbandono dei concetti di autonomia, autodeterminazione, autorganizzazione che sono diventate parole svuotate del loro significato e ripetute prive di contenuto, come degli slogan buoni per tutte le occasioni, come dire pace, giustizia e democrazia, hanno privato la classe degli strumenti fondamentali per capire e per agire.

Riprendiamone la definizione dagli Atti dell’Incontro nazionale separato, organizzato dalla Coordinamenta femminista e lesbica nel 2012 “Il personale è politico, il sociale è il privato”

Autonomia. L’autonomia è un modo di lettura della società capitalista/patriarcale, dei suoi protagonisti, del modo di distribuzione dei suoi poteri, della dinamica del suo sviluppo, che prevede la presa in carico direttamente da parte nostra dei nostri desideri e la consapevolezza della possibilità di realizzarli. Pertanto, è una teoria di liberazione. E’, quindi, il rifiuto della delega, non solo perchè la delega dà ad altri soggetti, al di fuori di noi, l’autorizzazione a lottare, chiedere, decidere al nostro posto, ma, soprattutto, perchè questi soggetti, non essendo noi, portano avanti, per noi, esigenze che, nella migliore delle ipotesi, credono nostre, nella peggiore e più comune, sono invece loro[…] Per questo solamente la realizzazione di un’organizzazione autonoma dei soggetti sociali sfruttati può modificare il senso stesso delle relazioni umane e far si che non si riproducano forme di gerarchia e dominio. L’autonomia, permette la nostra crescita e il nostro arricchimento affrancate dal dominio del plusvalore, è sintesi sociale diversa e contrapposta a quella della società neoliberista patriarcale, alla società seriale che si realizza nell’universo dei ruoli. E’ affermazione di una diversità irriducibile. E’ capacità di esprimere rottura e identità politica, di scardinare il controllo sociale che si manifesta nel dominio culturale e sociale prima ancora che in quello militare e repressivo. E’ la riappropriazione di un tempo liberato dal lavoro salariato, dal lavoro di cura, dai ruoli, ed è coscienza e tessuto di comunicazione e organizzazione sociale. E’ la non partecipazione alle cicliche ristrutturazioni capitalistiche e patriarcali e la capacità di allargare i propri spazi.

Autodeterminazione. E’ la capacità di scegliere e decidere con gli strumenti della conoscenza costruita in autonomia la strada da percorrere, di qualsiasi scelta si tratti e in qualsiasi campo. E’ la capacità, determinandone quindi la possibilità, di scegliere quello che riteniamo meglio per noi senza ricorrere agli esperti e alle esperte, a tutele istituzionali, statali, patriarcali. E’ la capacità alla fine di decidere della nostra vita.

Autorganizzazione. L’autorganizzazione è la ricerca e la messa in atto, all’interno di un insieme oppresso, di strumenti per poter realizzare i desideri espressi dall’autonomia. Autonomia e autorganizzazione sono due entità che si rapportano dialetticamente, non c’è un prima e un dopo. L’autorganizzazione è quindi il riconoscimento che i settori subordinati in un’organizzazione sociale di oppressione e sfruttamento, sono in grado di produrre al proprio interno gli strumenti necessari per liberarsi. Ci sono degli elementi di base che definiscono l’autorganizzazione in un’ottica femminista, ossia che sono in grado di produrre all’interno dell’insieme di genere, oppresso dalla società patriarcale/capitalista, strumenti necessari al percorso di liberazione: – l’orizzontalità dei processi decisionali che non ha nulla a che fare con la “teoria del consenso”, con le “decisioni a maggioranza” e con la così detta “democrazia dal basso” che fa sempre riferimento, comunque, ad un’autorità superiore, ad esempio lo Stato, a cui rimettere le decisioni prese. – il lavoro politico per la presa di coscienza di genere che è costituito dal rapportarsi con le “donne” che costituiscono l’insieme oppresso e dall’analisi delle contraddizioni e delle oppressioni, in un rapporto dialettico tra teoria e pratica. – la messa in comune delle esperienze e delle sperimentazioni così che la condivisione crei realmente una crescita collettiva facendo fronte alla sproporzione che nella società capitalistica c’è tra chi può accedere ad un’istruzione qualificata e alla cultura e chi non ha le possibilità materiali per sperimentare e conoscere. – l’anti-istituzionalità perché un reale percorso di liberazione è alternativo e incompatibile con le strategie e le finalità che hanno le componenti istituzionali. Queste (partiti, partitini, sindacati, associazioni ecc..) mirano o a incentivare lo sfruttamento o tutto al più a migliorare le sproporzioni esistenti tra le classi, i generi, le etnie mentre il nostro obiettivo è l’eliminazione delle classi, dei generi ecc … E’ evidente quindi che non esistono scorciatoie o compromessi sulle prospettive che dobbiamo darci come femministe e che deve essere sempre chiara la necessità dell’uscita dalla società patriarcale e capitalista quale obiettivo e continuo riferimento delle nostre lotte.

Invece di portare avanti <l’analisi concreta delle cose concrete> e definire in autonomia, attraverso il lavoro teorico da una parte e territoriale dall’altra, l’effettiva incidenza nei quartieri della così detta pandemia, fuori dagli schemi del potere, partendo dalle esigenze e problematiche sul campo, ponendo il problema della qualità della vita e non dell’assenza di una malattia, rifiutando i provvedimenti coercitivi imposti dallo Stato che rispondono in maniera eclatante agli obiettivi di strutturazione di una società in funzione dei desiderata neoliberisti -dal coprifuoco alle chiusure, dalla demonizzazione della parte ludica della vita alla persecuzione di chi era in disaccordo con il devastante concetto di distanziamento sociale- la sinistra di classe ha completamente distorto il concetto di solidarietà e si è dedicata a fare la dama di san vincenzo. Ha dimenticato così che non siamo affatto tutti nella stessa barca, che non esiste <gente in difficoltà> bensì strati sociali oppressi e che è necessario portare allo scoperto le contraddizioni e non contribuire a celarle. Il rifiuto del controllo sociale, di qualsiasi tipo sia e qualunque sia la ragione addotta, è il primo imprescindibile gradino di lotta, non contrattabile con niente.

Tutto questo è potuto accadere perché la consapevolezza non si realizza a partire dall’automatismo in sé, non dipende solo dalle nostre possibilità o capacità, ma ha le radici dentro le condizioni sociali cioè nella natura della società e può essere dissolta solo dalla prassi consapevole di soggetti che intendono liberarsi. Lo Stato neoliberista colonizza il territorio e, amministrativamente, la vita privata, l’esperienza individuale e collettiva e non vuole solo ridurre tutto a merce ma impossessarsi anche di tutti gli aspetti privati. E quindi anche dell’immaginario e della mente.

E così succede che anche i compagni e le compagne siano incarcerate tra sbarre di segni ideologici e culturali della società patriarcale e borghese, facendosi riproduttori di merce e anche di se stessi come merce. Il dramma, quindi, è l’esecuzione automatica e inconscia della propria programmazione fabbricata dal capitale, è l’essere senza <coscienza per sé> ma coscienza del capitale che opera per il nostro tramite. E’ il mancato riconoscimento di quanto la coscienza individuale sia assoggettata ai programmi di comportamento capitalistici e patriarcali, è il trionfo della <coscienza illusoria di sé> che ci impedisce di individuare il nemico, che provoca la perdita del pensiero in autonomia e della capacità di assumersi delle scelte preferendo la delega. E’ introiettare il pensiero del nemico.

E allora si capisce l’origine delle scelte finora operate dalla sinistra così detta di classe. L’area della comunicazione sociale è l’area della vita sociale, come la sua espansione è misura di ricchezza, così il suo controllo, da parte della borghesia, è una forma di dominio a tutto campo. Il monopolio della lettura del divenire della vita è una strategia di controllo sociale che passa dalla censura alla falsificazione dei segni ideologici e all’uso di strumenti che attraverso la produzione di falsificazioni nelle reti della comunicazione quotidiana fanno guerra semiotica all’identità del movimento antagonista, perchè questi segni e queste falsificazioni, mentre simulano eventi sociali reali ne propongono una modellizzazione menzognera. Questa catena si può spezzare solo ponendo le proprie pratiche sociali in rapporto antagonistico con l’intera società borghese patriarcale. Il rifiuto e la contrapposizione non sono una scelta sono una necessità.

Se provassimo a domandare a dei compagni o a delle compagne “Ti piace il capitalismo?” oppure “ Che giudizio dai sulla società capitalista?” risponderebbero tutti/e senza ombra di dubbio e senza nessuna esitazione che la società del capitale è una società terribile, fondata su uno sfruttamento inusitato, sulla distruzione del pianeta e degli esseri umani e che prima se ne esce e meglio è per tutti. Ma se fosse vero questo, i comportamenti, le lotte, le iniziative dovrebbero essere di tutt’altro tenore e di tutt’altro tipo.

E allora pongo una domanda provocatoria. Ma è proprio vero che non ci piace il capitalismo? O non vorremmo piuttosto un miglioramento un po’ qua e un po’ là? Non è che non vorremmo vedere che la gente dorme sotto i ponti o è costretta a chiedere l’elemosina, che non vorremmo vedere le migranti e i migranti affogare in mare, non è che vorremmo che il pianeta fosse meno inquinato, che non ci fosse violenza sulle donne e magari che nel piccolo del nostro ambito lavorativo ci fossero più riconoscimenti, qualche aumento di stipendio, una sanità che funziona di più ?

Rosa Luxemburg diceva che il mondo si comincia a cambiare chiamando le cose con il loro nome. Il percorso rivoluzionario è prima di tutto un esercizio di verità. Cominciamo da qua.

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AlsOb
Wednesday, 21 April 2021 20:49
La grande Rosa Luxemburg aveva ovviamente ragione nell'esigere un adeguato dare il nome alle cose. Ma non tanto per una semplicistica esigenza di verità (Marx stesso potrebbe magari indugiare su una qualificante verità teologica, ma ciò che gli preme è l'approdo a una appropriata e intelligente logica, che non sia quindi alla sancho panza né di carattere mistico), quanto per definire una opportuna e imprecindibile grammatica e linguaggio, la cui assenza altrimenti impedisce di rappresentare il mondo secondo un punto di vista scientifico e anticapitalistico.
Ciò che è avvenuto, soprattutto a partire dagli anni settanta, è che la classe dominante ha castrato le classi inferiori, rendendole incapaci di dotarsi di una propria grammatica. E per consolidare la falsa coscienza, ha programmaticamente fabbricato fantasmagoriche e antiscientifiche rappresentazioni del mondo, mediante la promozione di mediocri propagandisti di inconsistenti ideologie, come quella neoliberale e pseudometafisiche come l'economia volgare neoclassica.
Le classi inferiori, assimilate a una mera fonte animale di erogazione di plusvalore, sono pure "giocate" in un universo linguistico simbolico, che è funzionale agli interessi della classe dominante.
Gli agenti del marketing della classe dominante sono stati i sedicenti partiti di sinistra e tutto il folclorico mondo di opportunisti, che vanno da giornaletti finanziati, alle imperialistiche ong, agli estremisti verdi anti sviluppo e sostenitori di astratti diritti civili, prodromi delle rivoluzioni colorate.
Per assumere il punto di vista di Lenin e rappresentarsi adeguatamente la realtà fattuale, la sinistra è diventata l'autentica destra, quella che opera sul piano dell'indottrinamento, mentre la destra da cabaret serve a distrarre e al solito a accalappiare i poveri di spirito facilmente suggestionabili.
Per quanto riguarda il mondo femminile, si è assistito al curioso e astuto processo parallelo di premiazione e incentivazione delle figure, che, in modo più aggressivo e tenace, inseguissero il successo sulla falsariga di valori e modelli strettamente contigui a quelli capitalistici e maschili, che ne hanno dato più efficiente interpretazione.
Pertanto giustamente e con verità si è arrivati al punto pianificato o fatalistico, nel quale come sempre la guerra è il toccasana del capitalismo e dell'imperialismo.
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Caddeo Sandro
Wednesday, 21 April 2021 12:39
Io sono di Sinistra, lo sono sempre stato. Prendo per buono tutto quello che hai scritto e analizzato su una parola e frasi che hai ripreso da un uomo che si chiamava Lenin. Io sono Comunista. Lo sono sempre stato. E non è colpa mia, né colpa tua, se i maschi per la stragrandissima volta nel passato sono stati quelli che hanno guidato le grandi battaglie per il cambiamento di questa società nata dalla Rivoluzione Industriale. Partendo in modo particolare dal Marx che è stato un riferimento straordinario per dare come punto di riferimento delle rivoluzioni dell’800 e del 900, e ancora oggi tantissimi compagni comunisti e compagne comuniste hanno portato avanti la battaglia per la nascita di una società socialista.
La battaglia delle donne per una strada diversa dall’uomo, cosiddetto maschio, sicuramente permette un salto di qualità sul tema rivoluzionario di cui parlava Marx. Anche se mi permetto di aggiungere una questione che non sempre viene toccata e che rappresenta un tema specifico del sesso maschile e sesso femminile. Sono da millenni che se ne parla, ma non si arriva mai a concepirlo per quello che realmente è. L’uomo e la donna sono esseri umani e nessuna delle donne e nessuno degli uomini sono perfetti. Chi crede in Dio racconta che Dio è un essere perfetto che non è mai nato e non morirà mai. E tutto quello che Dio ha creato invece non può essere simile a Dio, il quale è eterno, mentre gli esseri umani e tutti gli esseri che vivono sulla terra, partendo dalle piante, dagli animali e dai pesci, tutti quanti vivono e muoiono e non possono già per questo essere perfetti. Io personalmente non credo i Dio e non ho nessuna religione. Non mi interessa parlare di Dio e della religione, ma non sono contro chi crede a Dio, chi va in chiesa, sia che vada in una chiesa cattolica, o ebraica, o mussulmana. Ciascuno di noi esseri umani nella storia dell’umanità ha portato avanti un cammino diverso in funzione di quello che può una razza piuttosto che un’altra. Io che non credo in Dio, sono certo invece che la razza umana di persone in carne ed ossa, siano tutti uguali, anzi diciamo così, dovrebbero essere tutti uguali, al di là del colore della pelle, del sesso, che non può essere perfettamente maschile o femminile perché non siamo degli Dei, ma siamo esseri umani e così vale per gli animali. Lascio queste sciocchezze ai politici di destra, e purtroppo anche di molti politici che dicono di essere di sinistra e invece sono conservatori, non vogliono cambiare la società, come tu proponi e propongo anch’io che sono comunista. Se gli esseri umani non sono sicuramente e perfettamente maschi o femmine, so anche che a differenza dei maschi, che non sono perfetti, le donne invece hanno una virtù che il maschio non ha. La donna infatti crea la prossima generazione di tutti noi, ovvero gli uomini che non sono perfetti come natura maschile, e le donne che non sono perfette come natura femminile.
E allora se è così la battaglia che vede tutti gli esseri umani a mettersi d’accordo e unire tutte le nostre forze per cambiare la società, dove tutti noi maschi, che non siamo perfetti in natura e nemmeno nel cielo, altrettanto avete voi femmine, che non siete perfette in natura e nemmeno nel cielo.
Se invece riprendiamo il discorso che gli esseri umani devono essere tutti uguali, a prescindere dal loro sesso, così come sto scrivendo in questa mia risposta, allora tutti insieme dobbiamo fare la battaglia rivoluzionaria, non solo per il periodo in cui viviamo, ma anche per il futuro dei nostro figli, nipoti, pronipoti, e così via. A meno che ciascuno di noi voglia vivere, come hai scritto tu, solo nel presente. E io su questo non sono d’accordo. Perché se noi facessimo tutti quanti così, allora le generazioni che sono nate prima di noi e quelle che sono nate dopo di noi, è come se non esistessero. Non avremmo un passato e non avremmo un futuro. E invece il passato deve essere la nostra memoria che dobbiamo assolutamente tramandare al futuro. Infatti se non conosciamo il nostro passato, come facciamo a comprendere il presente, le sue crisi, i suoi difetti che magari sono peggiori proprio del passato. Non solo, ma una volta che abbiamo analizzato il nostro passato, la storia che non era soltanto nostra ma era di una vita migliore o peggiore, una volta che l’abbiamo compreso bene, anzi benissimo, dobbiamo giustamente, come dici tu, creare un progetto per il futuro. Non viviamo soltanto di presente, ma viviamo perché la storia ci impone di conoscere il passato per comprendere il perchè in questi 40 anni le grandi riforme degli anni 60 e 70, ci hanno permesso di saltare ad una visione diversa da quella che veniva dal passato fascista. E quella storia che abbiamo studiato nelle nostre scuole con tutta l’insufficienza che prima studiavamo sui libri fascisti, sono stati cambiati e rivoluzionati. Tutte le battaglie che abbiamo fatto in quegli anni dalla riforma del lavoro con l’articolo 18, la grande riforma della famiglia dove le donne venivano finalmente messe in parità con il diritto del marito, e perfino il figlio che era sotto la potestà del padre padrone, la grande riforma della scuola che finalmente anche le famiglie povere potevano andare gratis nelle scuole pubbliche, a differenza della scuola precedente che era ancora fascista, e quei figli potevano studiare anche fino all’università e prendere la laurea, cosa che prime era impossibile fare, perché la scuola fascista guardava solo ai ricchi; e infine la grande riforma sanitaria, che dalla precedente sanità fascista finalmente è nata la sanità pubblica, che era diventata punto di riferimento non solo in Italia ma anche a livello europeo. E allora se oggi ci troviamo in una società completamente diversa da quella che avevamo costruito grazie alle precedenti generazioni, quelle che hanno fatto, uomini e donne, insieme, al di là del loro colore politico, la resistenza, quella guerra che ci ha permesso di essere una società libera dalla dittatura fascista. Il problema nostra, al di là del nostro sesso è questo: per quale motivo noi oggi ci troviamo in una società che rispetto a quella di cui stavo parlando, è diventata enormemente diseguale, con gli esseri umani, di cui le donne sono state ricaricate da diseguaglianze sociali peggiori di prima, anche rispetto agli uomini, ma anche gli uomini sono ritornati indietro rispetto ai diritti che avevano conquistato. Ecco perché io sono convinto che gli esseri umani, al di là del loro colore della pelle, la loro religione, il loro sesso che sia maschio o femmina, o un sesso anche diverso, e tutti lo sanno anche se lo vogliono nascondere, chiunque siano le persone in carne ed ossa, devono essere tutti quanti uguali. Non è possibile che ci siano persone che diventano sempre più ricche ed altre che diventano sempre più povere. E le persone ricche sono in condizioni di consegnare ai loro figli la loro eredità da generazioni in generazioni, mentre i poveri non hanno niente da dare ai loro figli e quindi si perpetua la diseguaglianza sociale ed economica, che è una pura vergogna che non sta né in cielo e tantomeno sulla terra. Ancora oggi abbiamo delle democrazie, così la chiamano loro, dove c’è ancora il re o la regina, o il principe. In una società come questa è veramente l’assenza completa della democrazia. Sembriamo veramente una società ancora feudale, altro che una società che cresce. Sta ritornando indietro in un periodo che io non voglio nemmeno pensare. Per questo è indispensabile che tutti gli esseri umani si mettano insieme affinchè si cambi questa società putrida, che niente ha a che fare con una vera democrazia, quella che nella nostra Carta Costituzionale è scritto che noi siamo il popolo sovrano e non possiamo accettare che ci sia un re, un principe, o qualsiasi altro essere umano che possa avere sula propria testa una corona che lo marchi come un dittatore.
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