Print Friendly, PDF & Email

ilpedante

Superior stabat lupus

di Il Pedante

Bertini fresco of Galileo Galilei and Doge of VeniceNon smette mai di sorprendere il modo in cui le scienze naturali, dacché le si è imbracciate per imporre i provvedimenti più radicali mai osati in tempo di pace, stanno fornendo non solo il combustibile del rogo su cui bruciano intere pagine della nostra carta costituzionale, ma anche i loro stessi statuti, le basi cognitive che le rende praticabili. È, quello tra scienze e politica, l'abbraccio reciprocamente mortale di due naufraghi che si avvinghiano, si intralciano e si trascinano insieme negli abissi, come dimostra l'ultimo anno trascorso nel segno della «crisi pandemica».

Consideriamo le chiusure, i coprifuoco e le restrizioni. Ne è valsa la pena? Ci stanno proteggendo dai danni della nuova malattia? Non potendosi fare una contro-osservazione in laboratorio sarebbe impossibile dare una risposta apodittica, ma è onesto riconoscere che le prove analogiche accumulatesi dall'esordio dell'emergenza sono molto lontane dal promuoverli in modo statisticamente solido. Sui mezzi di informazione si è parlato del paradosso svedese, di praticare un lockdown leggero senza perciò patire conseguenze peggiori di altri Paesi che hanno chiuso con più rigore. Ma senza piluccare nei casi particolari, la generale assenza di correlazioni significative tra intensità delle restrizioni e impatto clinico della malattia non è un segreto: ribadita fin dall'inizio da numerosi studi (qui l'ultimo in ordine di tempo), è approdata anche in televisione. È toccato pochi giorni fa al giornalista Federico Rampini rivelare in prima serata che «quei Paesi che sono praticamente usciti indenni, con dei numeri della mortalità microscopici, non hanno usato lockdown a tappeto».

Lo stesso dato è accessibile a chiunque incollasse su un foglio elettronico i numeri sulla pandemia nel mondo diffusi quotidianamente dall'Università di Oxford. L'ho fatto anch'io nel mio piccolo e ho scoperto che la correlazione tra la severità media dei lockdown e i decessi totali attribuiti al SARS-Cov-2 per milione di abitanti è addirittura positiva (cioè all'aumentare dell'una aumentano i secondi), anche se in modo scarsamente significativo (R2 = 3%).

trmb 1620310061

Asse x: stringency index (media); asse y = decessi attribuiti a SARS-CoV-2 per milione di abitanti. Dati disponibili per 169 Paesi dall'inizio della registrazione (23/02/2020). Fonte: Our World in Data (consultato il 06/05/2021). Elaborazione ilpedante.org.

Pur con ogni eccezione e cautela, come si può continuare a subordinare con certezza redditi, sussistenza e benessere a nessi di questa qualità? Quale consolatio scientiae si può rivolgere ai ristoratori senza clienti, agli albergatori senza lavoro e agli adolescenti reclusi, a quali dure leggi naturali dovrebbero rassegnarsi i nostri lavoratori della neve costretti alla disoccupazione mentre, pochi chilometri più a nord, i loro colleghi svizzeri facevano correre gli skilift pur contando quest'anno meno della metà dei nostri decessi attribuiti SARS-Cov-2 (377 vs 804 su milione di abitanti)? Che cosa sono allora questi sacrifici se non scongiuri o fioretti pasquali, digiuni propiziatori fatti con la pancia degli altri? È questa la società che ascolta solo il nudo verbo della scienza?

Ora però qualcuno alza voce e dice: basta con le chiusure, avanti con le vaccinazioni, perché non c'è altro modo di «venirne fuori». Ma la musica non cambia. Come già i chiusuristi, anche i vaccinisti comprimono la complessità e le incognite del nuovo scenario in una manciata di slogan che tutti devono ripetere. Bisogna perciò parlar piano quando si ricorda che i nuovi farmaci sono soggetti a un'autorizzazione condizionata (conditional marketing authorisation) che ne consente l'uso pur mancando al regolatore tutti i dati necessari alla loro piena valutazione. E che nelle more di questi studi si è sinora stabilito che possono sì scongiurare gli esiti gravi della malattia, ma «gli studi per stabilire se le persone vaccinate, infettate in modo asintomatico, possano contagiare altre persone sono in corso», sicché «le persone vaccinate e quelle che sono in contatto con loro devono continuare ad adottare le misure di protezione anti COVID-19» (dalle FAQ Aifa). Nel frattempo si indaga anche sulla durata dell'immunizzazione, sull'efficacia protettiva verso le mutazioni del patogeno, sull'eventuale ruolo della profilassi nello sviluppo di nuove varianti per pressione selettiva, sul perché «aumentano i casi di operatori sanitari vaccinati che si ricontagiano», anche in modo sintomatico, sulla frequenza e le caratteristiche degli effetti collaterali non rilevati dai primi studi, sull'opportunità di ripetere le somministrazioni e altro.

Globalmente, i dati sugli effetti della campagna di immunizzazione in corso non possono dirsi conclusivi. Se è vero che in Inghilterra e Israele, dove più della metà della popolazione ha già ricevuto almeno una dose di vaccino, i decessi giornalieri sono crollati dalla fine di gennaio ad oggi, dinamiche simili si osservano però anche in Albania con lo 0,2% di vaccinati, o in Sud Africa con lo 0,6%. Altri Paesi come Giappone (2,2%), Thailandia (1,6%) e Taiwan (0,14%) hanno registrato fin dall'inizio dell'anno tassi di mortalità da SARS-Cov-2 uguali o inferiori a quelli raggiunti da inglesi e israeliani, pur con coperture vaccinali prossime allo zero. All'opposto, alcune delle nazioni più vaccinate hanno invece visto crescere in modo preoccupante i decessi, come ad esempio il Cile (43%), l'Uruguay (35%) e l'Ungheria (43%), che è anche il Paese oggi più colpito dalle morti associate alla malattia. Estendendo l'analisi, non si riscontra fino a questo momento una correlazione significativa tra i tassi di vaccinazione e i decessi attribuiti a livello globale.

trmb 1620335067

Asse x: percentuale di popolazione che ha ricevuto almeno una dose di vaccino anti-Covid-19 al 05/05/2021; asse y: nuovi decessi attribuiti a SARS-CoV-2 per milione di abitanti, il 05/05/2021 (media mobile a sette giorni). Dati disponibili per 181 Paesi, sono esclusi i valori pari a zero. Fonte: Our World in Data (consultato il 06/05/2021). Elaborazione ilpedante.org.

Il risultato non cambia se si incrociano le variazioni dei decessi attribuiti dall'inizio delle vaccinazioni con le coperture vaccinali.

trmb 1620498448

Asse x: percentuale di popolazione che ha ricevuto almeno una dose di vaccino anti-Covid-19 al 05/05/2021; asse y: variazione dei nuovi decessi attribuiti a SARS-CoV-2 per milione di abitanti dall'inizio delle vaccinazioni al 05/05/2021 (media mobile a sette giorni). Dati per 131 Paesi, sono esclusi i valori pari a zero. Fonte: Our World in Data (consultato il 06/05/2021). Elaborazione ilpedante.org.

Anche nel caso più estremo, considerando solo i 10 Paesi meno vaccinati (copertura 0,01% ÷ 0,025%) e i 10 più vaccinati (copertura 37% ÷ 63%) del mondo, la linea di tendenza che attraversa le variazioni dei decessi resta sostanzialmente piatta.

trmb 1620498874

Asse x: percentuale di popolazione che ha ricevuto almeno una dose di vaccino anti-Covid-19 al 05/05/2021; asse y: variazione dei nuovi decessi attribuiti a SARS-CoV-2 per milione di abitanti dall'inizio delle vaccinazioni al 05/05/2021 (media mobile a sette giorni). Dati per 20 Paesi (i 10 meno vaccinati: Libia, Niger, Siria, Armenia, Papua Nuova Guinea, Mauritania, Mozambico, Timor Est, Albania, Mali; e i 10 più vaccinati: Malta, Qatar, Ungheria, Cile, USA, Bahrain, UK, Emirati Arabi, Malta, Maldive, Israele). Sono esclusi i valori pari a zero. Fonte: Our World in Data (consultato il 06/05/2021). Elaborazione ilpedante.org.

La novità e la complessità del fenomeno fanno sì che le conoscenze sinora acquisite siano inevitabilmente incomplete e in trasformazione, come dimostrano le decine di studi che si pubblicano ogni giorno. A molte delle domande che ci si pone oggi non è ancora materialmente possibile rispondere in modo certo per i limiti imposti dall'orizzonte cronologico e dall'imprevedibilità dei sistemi in larga scala. È normale. Ciò che è invece del tutto anormale è che non solo nei talkshow, ma ora anche nelle istituzioni si sia scelto di buttare il cuore oltre l'ostacolo dell'incertezza per estorcere agli scienziati una parola d'ordine e trasformare le loro ipotesi in dogmi.

Se al netto di ogni altra riserva «non è ancora noto se la vaccinazione sia efficace anche nella prevenzione dell’acquisizione dell’infezione e/o della sua trasmissione» (così il nostro Istituto Superiore di Sanità), come è allora possibile che una legge in vigore obblighi gli operatori della salute «a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2» (così l'art. 4 del DL 44/2021)? E che lo faccia sotto pena di negar loro il diritto alla retribuzione e al lavoro, con una sanzione che non ha eguali nel mondo e nella storia? E come si concilia la denuncia di una crisi sanitaria senza precedenti con l'idea di rinunciare al personale sanitario? E il mettere le nostre libertà alla mercé di ciò che dicono i medici con la volontà di punire i medici... per ciò che dicono? Siamo all'autoconfutazione in purezza. Oggi si stima che gli esitanti supererebbero le quarantamila unità solo in tre regioni (Toscana, Lazio, Puglia) che, proiettate sul territorio nazionale, diventerebbero circa centottantamila. Si sbagliano tutti? A chi ha cuore la salute andrebbe ricordato che dal lavoro di queste persone, e non dalle ipotesi su cui ancora si lavora, dipendono il benessere e la vita di milioni di pazienti, che lo Stato ha investito anni e miliardi di euro per formarli e che non saremo più in grado di sostituirli per la grave carenza di personale che la nostra sanità sconta già da anni. Ma sarebbe forse inutile farlo, perché non ci sono ragioni nel funerale della ragione.

E siccome poi, aperta la diga, può passare di tutto, le nuove norme sui «passaporti sanitari» hanno impiantato sulle aporie irrisolte del confinamento e dell'immunizzazione farmacologica un attacco ulteriore al nostro modello di civiltà, riproponendo un'eugenetica in salsa immunitaria con acrobazie logiche, costituzionali e scientifiche che lascio all'analisi dei lettori.

***

Qui non ci interessa indovinare la progettualità sottesa a queste forzature, pur restando chiaro che i frangenti più disperati e confusi sono anche quelli più propizi alle incursioni di chi vuole riformare in deroga al consenso. Preoccupa di più la propedeutica a monte, lo scardinamento della capacità di pensiero fin nelle sue funzioni minime di coerenza, conseguenza e misura. Mancando queste basi va da sé che la complessità epistemica maturata in millenni di osservazione della realtà si riduca a un mucchietto di ceneri. L'offesa al metodo della scienza è un sottoprodotto dell'offesa alla ragione, che a sua volta offende la nostra natura («id quod est contra ordinem rationis, proprie est contra naturam hominis», scriveva San Tommaso). Tradizionalmente applicato solo alle condotte sessuali, il peccato contro natura è tra quelli che «gridano vendetta al cospetto di Dio» (Catechismo Maggiore, 966).

Da queste licenze non nascono solo decisioni avventate, ma anche i semi di una violenza profonda, perché della violenza disattivano l'antidoto razionale. La dittatura descritta da George Orwell nel suo ultimo romanzo si imponeva sì con il terrore e le armi, ma ancora più a fondo addestrando i cittadini all'irragionevolezza dell'ossimoro («La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l'ignoranza è forza») e del «bispensiero»:

Sapere e non sapere; avere la certezza di affermare una verità mentre si pronunciano le menzogne accuratamente più artefatte; professare simultaneamente due opinioni che si escludono a vicenda, ben sapendole in contraddizione ma ciò nondimeno credendo vere entrambe; usare la logica contro la logica.

Nel mondo di Winston Smith venti grammi di cioccolata sono più di trenta e due più due «a volte fa cinque, a volte tre. A volte fa cinque, quattro e tre contemporaneamente». Mezzo secolo prima Gilbert K. Chesterton vaticinava che «si accenderanno falò per testimoniare che due più due fa quattro, si sguaineranno le spade per dimostrare che le foglie sono verdi in estate» (Eretici, 1905). La rappresentazione più iconica della tracotanza cognitiva dei più forti si deve però al genio di Fedro, il cui lupo non si fa scrupolo di storpiare sfacciatamente le leggi della gravità e del tempo per giustificare la sua aggressione.

Anche da questi spunti emerge il senso nascosto del «governo dei dati» in cui si reincarna il vizio di travestire l'arbitrio con i panni della necessità naturale. Da qui emerge l'errore di cercare quel senso nel perimetro dell'informazione che esso stesso ha tracciato, di limitarsi cioè ad attribuirne la violenza all'affidabilità e alla corretta rappresentazione del «dato» assurto a legge. Certo, qui grava innanzitutto il peccato epistemico di credere che il dato possegga una sua forza veritativa di memoria galieliana, come se i numeri scaricati da un database istituzionale o letti su un paper possedessero la stessa auto-evidenza delle macchie lunari osservate con il telescopio del pisano. Qui sfugge che la lunga intermediazione del dato governante comporta una altrettanto lunga filiera di criticità di cui quelle materiali (errori di misura, difformità degli standard, ritardo delle registrazioni ecc.) e dolose (omissione, manipolazione, fabbricazione ecc.) non rappresentano che il livello più superficiale, per quanto importante e quasi sempre taciuto. Chi pure volesse accettare questi rischi si scontrerebbe più avanti con le criticità di modello, cioè con la visione e gli scopi veicolati dalla cernita di quei dati e non di altri. Perché, ad esempio, non comunicare quotidianamente contagi, sintomi e decessi delle persone vaccinate? Perché non gli indicatori di mille altre malattie, o di mille altri fenomeni? Il «dato» include il suo fine. Non è un numero, ma la rappresentazione di una Weltanschauung fatta e finita. L'aporia dei data model fa ritenere che il modello si regga sui dati, là dove invece li genera.

Queste criticità da sole renderebbero vani i calcoli e le considerazioni che ho proposto in questo articolo. Perché allora l'ho fatto, amici mattonisti? Per ribadire in modo più rozzo e pedante la lezione dei maestri citati, che il «governo dei dati» non vacilla sulla scivolosità dei «fatti» a cui ci vuole asserviti, ma anzi ci sguazza. Il tiranno che fonda le sue ragioni nell'ordine naturale dei «fatti» si condanna a temere il loro evolversi e il loro rendersi riconoscibili e falsificabili nell'esperienza di tutti e li deve quindi sorvegliare, dominare, imbrigliare. In ciò lo soccorrerebbe sì la loro manipolazione, che però lascerebbe intatta la minaccia maggiore della loro autonomia e della loro falsicabilità, lo metterebbe alle dipendenze di un «vero» che può sempre emergere, restando validi i criteri della sua conoscenza. Più che il merito deve perciò sequestrare il metodo, più che la misura la misurabilità. La produzione continua di informazioni ambigue, scoordinate, contraddittorie e incoerenti produce l'humus della conoscenza impossibile, sdemocraticizza la realtà vanificando i modi della sua esperibilità condivisa (che oggi chiamiamo «scienza») col risultato di delegarla ai rapporti di forza sociale, a chi ha i mezzi per gridarla di più. Se non può conoscersi il vero, allora è vero ciò che dice il più forte. E se il più forte può dettare la realtà fin nel suo metodo, allora non deve più temere e reprimere un dissenso che non ha neanche le basi su cui esercitarsi. La verità esperita diventa rivelata e sacerdotale, si confonde nei fumi del turibolo e nel brusio delle litanie bofonchiate, inaccessibile al volgo reso bambino, cieco e adorante. «L'ingiunzione essenziale e definitiva» del padrone onnipotente, spiega ancora Orwell, è «che non dovevate credere né ai vostri occhi né alle vostre orecchie».

Quindi è vero, non basta belare «qui possum?» come l'agnello di Fedro, che finì infatti sbranato. Non basta asserire che l'acqua scorre a valle, che due più due fa quattro e che le foglie sono verdi d'estate, ma sarebbe almeno un inizio.

Comments

Search Reset
0
Mario M
Wednesday, 12 May 2021 21:42
Quattordici mesi fa, dopo poche settimane di bombardamento mediatico, sono riusciti a convincere i più che stare al chiuso, senza i raggi e la luce del sole, era per il nostro bene. Pochi mesi dopo sono riusciti a convincere i più che respirare con uno straccetto sul volto era per il nostro bene. È inutile argomentare, occorre invece dare forza a tanti movimenti politici che si stanno organizzando: Forza del Popolo con Lillo Massimiliano Musso , R2020 con Sara Cunial, Movimento 3V con Luca Teodori, Vox Italia con Diego Fusaro
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Carlo Tarsitani
Wednesday, 12 May 2021 13:19
Riporto: “qui non ci interessa indovinare la progettualità sottesa...". Ecco, ammettiamo, ma non concediamo, che il comportamento complessivo dello Stato
(perché è comunque Lui a decidere formalmente) abbia dei secondi fini. Promuovere riforme in maniera antidemocratica? Non so come si faccia se il parlamento poi deve approvarle. Ecco, allora occorre che noi, realmente di sinistra, socialisti e non socialdemocratici, quindi contro il capitalismo, cerchiamo di chiarire con un'analisi il cui prodest, soprattutto in senso economico. Esiste un'analisi di questo tipo? O restiamo al sospetto?
Saluti socialisti
Like Like Reply | Reply with quote | Quote

Add comment

Submit