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Megamacchine del neurocapitalismo

Genesi delle piattaforme globali

di Giorgio Griziotti

euronomade438Flussi e piattaforme

Lewis Mumford introduce nel 1967 il concetto di megamacchina1 come complesso sociale e tecnologico che modellizza le grandi organizzazioni e progetti dove gli umani diventano pezzi intercambiabili o servo-unità e lo applica risalendo addirittura alla costruzione delle Piramidi in Egitto.

Mentre Mumford considera che le megamacchine più rappresentative dell’era industriale sono i grandi complessi militari-tecnocratici che gestiscono il potere nucleare noi prendiamo come ipotesi che le grandi Piattaforme del Capitalismo (PdC) siano le megamacchine del Neurocapitalismo.

Possiamo schematicamente ridurre a due le componenti tecniche/funzionali delle piattaforme. La funzione di server centralizzato che nel caso delle PdC è controllato dal proprietario e le interfacce umano-macchina (H2M) e macchina-macchina2 (M2M) che permettono le interazioni fra il centro ed il mondo esterno.

Non bisogna intendere la funzione server come una macchina fisica ma come un insieme di sistemi complessi di software e hardware capaci di gestire i big data e che includono fra l’altro server farm, data center3 e funzioni di cloud. Non a caso Amazon, oltre ad essere la prima piattaforma di commercio online, è anche il leader mondiale dei servizi di cloud computing.

Le interfacce multimediali delle piattaforme sono sempre più differenziate, specifiche ed ergonomiche per interagire con l’insieme dei dispositivi mobili connessi che appartengono all’ambiente del Bioipermedia4 .

Le PdC sfruttano appieno le capacità dei dispositivi bioipermediatici ed un ulteriore salto di qualità avviene proprio quando siti come Facebook, Amazon, Airbnb etc. entrano in simbiosi con questo ambiente mentre altre nascono già predisposte ad un funzionamento nomade (Twitter, Uber…). Nuovi flussi mettono in connessione i sensi, i processi e le carte della mente con le funzioni della macchina e si sviluppano nell’interazione nomade. Le emozioni ed i segni a-significanti rimpiazzano o si intrecciano con il linguaggio ed i processi razionali.

L’ambiente bioipermediatico è quindi percorso dai flussi che sono generati o che attraversano sia le piattaforme che le servo-unità, una moltitudine di singolarità ibride che si costituiscono in un continuum fra soggetto e oggetto, natura e cultura, umano e macchina.

Qual’è la natura di questi flussi che alimentiamo e che ci raggiungono? Quale ruolo giocano nel capitalismo? L’approccio qui adottato per rispondere ai vari interrogativi consiste nell’analizzare la genesi delle PdC. Il percorso che va dalla fine degli anni 80 ad oggi si può suddividere in 3 fasi: 1- le piattaforme di “pianificazione delle risorse” nelle grandi imprese (ERP), 2-le piattaforme del Web 2.0 e la nascita del prosumer ed infine 3- le piattaforme globali contemporanee.

 

Prima fase: le piattaforme delle grandi imprese (ERP)

La prima fase è caratterizzata dall’introduzione e la diffusione generalizzata nelle grandi imprese (intese come entità private o pubbliche) dei pacchetti applicativi dell’ERP (Enterprise Resources Planning) un acronimo dove la parola chiave è “pianificazione”. Si tratta di vere e proprie piattaforme delle grandi imprese transnazionali destinate ad essere usate su grande scala. L’ERP è infatti il sistema applicativo integrale - e quindi un insieme complesso di componenti ed applicazioni software integrate – che informatizza la globalità delle procedure: dal pilotaggio dei processi di fabbricazione all’amministrazione e alla gestione del personale. In questo processo le piattaforme traggono linfa vitale dalla cooperazione del lavoro vivo nei siti di produzione cognitiva captando e centralizzando le informazioni interne ed esterne che attraversano l’intera organizzazione. Questi dispositivi procedurali vengono imposti dalle direzioni per rispondere all’esigenza degli azionisti di aumentare la produttività ed ottimizzare la rendita tramite una finanziarizzazione capillare.

“Lavorare in un’impresa contemporanea significa appartenere, aderire al suo mondo, ai suoi desideri alle sue credenze”5 scriveva Maurizio Lazzarato alcuni anni fa. I mondi delle grande imprese sono modellati sia da esplicite prescrizioni di soggettività tramite linguaggio che da un asservimento macchinico6 composto dall’insieme di stimoli, di azioni, di costrizioni, di condizionamenti in provenienza dalle macchine. Queste due componenti intervengono in modo simultaneo e complementare. La piattaforma ERP agisce su entrambe contrariamente, per esempio, alla catena di montaggio più orientata sulla seconda con limiti di tempo rigidi.

L’assoggettamento sociale dei salariati nell’impresa è fondamentale per stabilire gerarchie, definire ruoli e funzioni ma anche per creare un contesto di vita centrato il più possibile sull’impiego. I software applicativi dell’ERP ed i social network aziendali, hanno molto contribuito a standardizzare i modi di procedere della moltitudine dei salariati, e quindi anche a prescrivere modi di pensare, di dire e di agire. Nelle corporation l’obbiettivo esplicito è di agire su un piano transnazionale per generare un’uniformizzazione dei comportamenti, per favorire l’adozione di un linguaggio e di una subcultura d’impresa. A partire dagli anni 80 e 90 le piattaforme aziendali anticipano i ruoli che quelle globali allargheranno alla comunità intera. Ne è un esempio la campagna di motivazione messa in opera da una multinazionale dei servizi informatici sul social network interno e destinata alle giovani generazioni di tecnici e consulenti. Portata dallo slogan “Il mio lavoro, la mia vita”, la Direzione Risorse Umane promuove attività “dopolavorative” in cui gli interessi di vita e lavoro diventano indistinguibili.

L’altra componente è operata tramite l’asservimento macchinico che “consiste nel mobilitare e nel modulare le componenti pre-individuali, precognitive e pre-verbali della soggettività, e fa funzionare gli affetti, le percezioni e le sensazioni primarie come parti o elementi di una macchina7.”

Il salariato non è più considerato come un individuo ma come un ingranaggio/servo-elemento della macchina impresa. Prima ancora che le continue notifiche dello smartphone imponessero il loro ritmo alla nostra attenzione, le piattaforme aziendali innescano operazioni, fanno scattare notifiche ed allarmi e costringono ad una serie di azioni che condizionano l’attività quotidiana e debordano dagli orari di lavoro. Possiamo solo citarne alcune nell’ambito della gestione di progetti informatici: il reporting individuale quotidiano e dettagliato delle attività, dei tempi e delle spese, il planning, i calcoli di rischio, gli obiettivi ed i tempi da rispettare etc.

Un esempio più specifico d’asservimento macchinico dei salariati è la piattaforma di gestione del personale, una macchina che obbliga questi ultimi a delle autovalutazioni periodiche che vanno esaminate al di là del loro contenuto verbale e significante. In questo caso l’asservimento prodotto dalla macchina è piuttosto nell’accettazione inconscia di essere “un pacchetto di competenze, un ingranaggio intercambiabile dell’industrializzazione del lavoro in rete”8. La scomposizione dell’individuo evoca il concetto sviluppato da Deleuze e Guattari del “dividuale”.9 Nel caso della “Direzione delle risorse umane” la terminologia usata indica che le “risorse” sono dei beni a parte, separabili dall’individuo considerato nella sua complessità e unicità. Per tale ragione le piattaforme sono concepite per gestire il “dividuale professionale”. Questa operazione passa più attraverso l’asservimento macchinico10 che non il linguaggio, un modo di procedere che in seguito uscirà dall’impresa per essere generalizzato dalle grandi PdC di cui l’esempio più lampante è proprio Facebook (FB).

 

Seconda fase: la nascita del prosumer, delle piattaforme e del Web 2.0

La fase di transizione verso la situazione attuale comincia innanzitutto nell’impresa con la diffusione del Customer Relationship Management (CRM) una strategica estensione tecnica e funzionale dell’ERP. Con questo acronimo si designa il passaggio che inizia verso la fine degli anni novanta in settori tecnologici emergenti, come quello della telefonia mobile, dove

appare evidente la necessità di fare evolvere la gestione interna dell’ERP verso un modello che permetta di accaparrarsi rapidamente il più gran numero di clienti “consumatori”. Le tecnologie di rete permettono di sviluppare strumenti adatti per gestire finemente ed individualmente la relazione con grandi volumi di clienti che affluiscono in tempi ristretti: un vero banco di prova per le nascenti applicazioni e pacchetti del CRM (Customer Relationship Management) che trovano allora il loro settore faro. Il marketing, le direzioni finanziarie, commerciali, informatiche e logistiche si attivano per mettere in funzione una serie di processi rivolti al mondo esterno e capaci di acquisire dati entranti (inbound) e di lanciare campagne marketing (outbound).11

Sullo slancio di questa gestione delle relazioni col cliente operata in un primo tempo soprattutto dall’interno dell’impresa arriviamo ai primi anni 2000 dove si comincia a parlare del Web 2.012 in cui l’utente dispone di funzioni tecnologiche che permetterebbero nuove libertà. Il Web 2.0 viene allora definito come un “approccio filosofico alla rete che ne connota la dimensione sociale della condivisione e dell'autorialità rispetto alla mera fruizione”13. In un apparente paradosso è proprio nell’epoca della primavera araba e all’apice delle celebrazioni delle virtù emancipatrici della rete che comincia a maturare il sentimento di “Net delusion”14. Un’anticipazione dove Morozov, fra i primi a criticare l'euforia generata dalle (presunte) virtù democratizzanti della rete, mette in guardia sui rischi di manipolazione.

Silicon Valley non tarda ad utilizzare le nuove potenzialità tecniche e funzionali per sfruttarle in un approccio capitalista. Prima ancora del lancio di FB le tecniche del Web 2.0 sono implementate per operare un salto di paradigma nella gestione del cliente. Si tratta di trasformare il cliente-consumatore in cliente-produttore non retribuito. Non ci dilungheremo qui sulla figura del prosumer se non per sottolineare una sua filiazione diretta con le piattaforme CRM e per mettere in evidenza il filo rosso che, partendo dalle piattaforme d’impresa, passa attraverso le tecnologie del Web 2.0 e si snoda nell’ambito globale della rete in piena mutazione ed espansione.

L’ineluttabilità della messa a lavoro del cliente emerge dalle caratteristiche stesse del Web 2.0, secondo O’Reilly. Prendiamo per esempio il principio della “Perpetual beta” con cui inizialmente “si indicano i prodotti/ software che vengono aggiornati in maniera pressoché continua, tanto rapidamente che non esiste più la distinzione tra versione di test e quella di produzione.”15

In un intervista del 2005 O’Reilly afferma:

Gli utenti devono essere trattati come co-sviluppatori, seguendo le stesse procedure di sviluppo dei prodotti open-source (anche se è improbabile che il software in questione venga distribuito con una licenza open-source). Il motto dell' open-source «Produci presto e pubblica spesso» si è evoluto in una posizione ancora più radicale, "la beta perpetua", dove il prodotto è sviluppato nell’ambito “open” con nuove caratteristiche inserite a cadenza mensile, settimanale o addirittura giornaliera.16

L’editore mette l’accento soprattutto sullo spirito cooperativo ben presente nell’etica hacker. Sta di fatto che il principio di rendere disponibili prodotti/software instabili, incompleti ed in continua evoluzione si sviluppa in tutti i settori mercantili e obbliga il cliente/utilizzatore ad un contributo “volontario”. Non è il principio della partecipazione o della cooperazione che è da criticare ma quello dell’utilizzazione del lavoro gratuito. A partire dalla problematica della “relazione col cliente” cominciano a essere costruite le piattaforme della “messa al lavoro della vita” tramite le tecnologie della Web 2.0 e dei dispositivi mobili del Bioipermedia. Qui ci interessa capire in che modo le pratiche sperimentate sui salariati d’azienda vengano trasferite, ampliate, modificate all’ambito quasi illimitato dei clienti-utilizzatori-consumatori.

Come fare nel caso del cliente-consumatore per metterlo al lavoro senza retribuzione? Quale tipo di incentivi devono essere messi in opera a questo scopo? In un impiego o in un lavoro precario il capitale, comprando la forza lavoro, paga l’assoggettamento sotto forma di tempo di presenza e, soprattutto nel caso di lavoro cognitivo, sotto forma di un tempo di disponibilità produttiva della mente che travalica i confini dell’impiego. Il prosumer viene stimolato proprio su questo aspetto e in un patto faustiano riceve la ricompensa per la sua disponibilità produttiva fornita gratuitamente sotto forme diverse che possono essere: il corretto funzionamento del prodotto o del software, la gratuità delle applicazioni o il presunto low cost del servizio acquistato.

La sociologa del lavoro Marie-Anne Dujarier afferma che:

La partecipazione dei consumatori nella produzione è estremamente eterogenea[...] Abbiamo dimostrato che ognuna di queste attività può essere qualificata come lavoro nel senso economico, sociologico ed ergonomico della parola. Esse producono valore per l'impresa[...] l’attività del consumatore è altamente organizzata e inquadrata come quella di un salariato. Un’attività che spesso dev’essere realizzata con vincoli di tempo, di produttività, di risultato e con strumenti specifici»17.

In questo senso il potenziale della “dimensione sociale della condivisione e dell’autorialità” del Web 2.0 sono utilizzate come strumenti di produttività e lavoro gratuito in un’ulteriore dimostrazione della non-neutralità delle tecnologie.

Il prosumer è quindi una figura intermediaria e decisiva nella rottura delle separazioni fra lavoro e vita. Nella fase seguente, quella attuale, le PdC diventano le principali macchine di estrazione di plusvalore dalla vita.

 

Terza fase: le piattaforme diventano megamacchine

La “messa a profitto” della vita non è cominciata né con internet né con le ICT18. Per esempio la famosa frase sul “temps du cerveau disponible”19 dell’utente che le televisioni vendono ai pubblicitari già ci informava che il telespettatore oltre a pagare il canone fornisce un plusvalore indipendente da una sua attività specifica.

A partire dalla nascita del prosumer e vieppiù con gli sviluppi dell’ambiente del Bioipermedia le opportunità ed i modi di amplificare questa pratica si moltiplicano ed è in tale contesto che le grandi piattaforme del capitalismo operano in quanto megamacchine multidimensionali che agiscono a/traverso dispositivi connessi sempre più densi su mille piani.

Facebook (FB) è un buon esempio del divenire-macchina, del trasformarsi di due miliardi di “amici” in servo-elementi di una megamacchina. Un luogo dove

lavoriamo e produciamo con una strutturazione ed in una disposizione collettiva. Ma il collettivo comprende non solo gli individui e gli elementi della soggettività umana. Include anche 'oggetti', macchine, protocolli, semiotiche umane e non-umane, affetti, relazioni micro-sociali pre-individuali e relazioni sovra-individuali etc.20

Chi può negare che FB sia un territorio globale di stimolazioni comportamentali, emotive, affettive, neurali dei processi di simbiosi fra oggetto tecnico e sistema nervoso umano? I videogiochi fanno parte della stessa dinamica ed hanno in comune con FB un’autoadesione diffusa. Sussistono però differenze sostanziali fra cui primeggia, per le giovani generazioni, il quasi-obbligo ad aderire a FB in quanto luogo di cooperazione e di lavoro21, pena l’esclusione produttiva e sociale. Se il tempo passato nei due ambienti è ugualmente rilevante la popolazione dei videogiochi è frammentata fra molti editori e nessun di loro può pretendere di avere l’influenza di Zuckerberg.

Cinque secoli fa La Boétie denunciava la “servitù volontaria”22 al “tiranno” in un mondo dove i soggetti di tale servitù sono i cortigiani e gli strati intermedi del potere. La “servitù volontaria” promossa da FB obbedisce alle norme di prescrizione di soggettività dominanti, amplificandole. L’importante dice Zuckerberg nel suo bien nommé documento di governance Building global community23 è costruire la “social fabric”24. “Una società sana ha molti strati di comunità fra noi ed il governo (ed entrambi) si prendono carico dei nostri bisogni”.

Nella sua global community Zuckerberg auspica l’assoggettamento di ciascuno a un ruolo volontario per arrestare un declino del tessuto sociale che sembra ineluttabilmente portato al disfacimento. Un assoggettamento dove siamo protetti da grandi sorprese perché grazie agli algoritmi delle ‘filter bubbles’ siamo esposti “solo a opinioni simili alle nostre”. Notevole la sua scelta di far coincidere l’inizio di questo declino, in cui “grandi percentuali di popolazione hanno perso la speranza nel futuro”, con l’irresistibile ascesa del neoliberalismo cominciata negli anni 70. Dove avrà ricavato tali informazioni: dal pastore (foucaultiano?) con cui dice di aver discusso o dai big data in suo possesso?

Significativamente l’analisi socio-politica si ferma qui. Zuckerberg non ci spiega cosa sia successo a partire dagli anni 70 che ha generato questa sfiducia vitale delle moltitudini ma ci espone le sue idee sul come rimediare a questa situazione grazie soprattutto all’intelligenza artificiale (IA) nella quale FB sta investendo massicciamente. Sono date ormai per scontate le captazioni ed i riconoscimenti biometrici statici e dinamici (foto, video, audio etc.) che evidentemente non servono solo per segnalarci o farci inserire nomi e cognomi di amici e conoscenti nelle foto di gruppo. Nei casi in cui gli algoritmi di riconoscimento abbiano ancora bisogno di “imparare” ci sono le piattaforme di digital labor e micro-lavoro à la “Amazon Mechanical Turk”25 in cui nativi digitali di paesi poveri per qualche centesimo al click alimentano l’apprendimento automatico (machine learning) delle macchine.

Ci viene anche fatto sapere che l’IA comincia a riconoscere i messaggi “pericolosi” analizzando i contenuti linguistici di FB. Nulla sappiamo dei criteri e delle “business rules” che governano la sorveglianza elettronica di Facebook e se siano più o meno efficaci o illegali di quelli denunciati da Snowden alla NSA. Sta di fatto che già oggi un terzo delle schede trattate dai “servizi” FB che controllano i “contenuti della sua comunità” sono generate dall’IA.

In questo momento, stiamo iniziando ad esplorare i modi d’uso dell’IA per capire la differenza tra l’informazione sul terrorismo e la propaganda terrorista in modo da poter rimuovere rapidamente chiunque tenti di utilizzare i nostri servizi per reclutare per un’organizzazione terroristica.26

Anche se ci vorranno ancora anni, scrive Zuckerberg, perché l’IA diventi un vero agente semiotico in grado di capire e valutare il senso di tutti i contenuti del social network in modo da poter intervenire opportunamente, questo resta l’obbiettivo di FB “per combattere il terrorismo mondiale”. La promessa di costruire l’infrastruttura sociale che aiuterà la Global Community di FB a “identificare i problemi prima che avvengano” va nello stesso senso e si ispira direttamente a Minority Report27.

Fermiamoci qui per mettere in evidenza che siamo invitati ad un assoggettamento volontario: “creo il mio profilo e le mie pagine su FB per partecipare alla ricostruzione di un tessuto sociale a pezzi in un ambito in cui gestione e controllo vengono devoluti agli algoritmi in una governance da dittatore illuminato”. E’ sempre più difficile sottrarsi a tale invito anche essendo coscienti di entrare in un territorio totalmente privato e popolato da robocop semiotici che obbediscono a regole dettate nella totale opacità. Siamo pienamente situati nel campo di un asservimento macchinico che agisce sul pre-cognitivo e pre-cosciente.

Tiziana Terranova ha pienamente ragione nello scrivere che “Facebook si pone dunque esplicitamente nella inedita posizione di governatore dell’informazione sociale, e quindi come nuova infrastruttura della società (post)civile globale”28. L’esempio da lei citato sul movimento Occupy che utilizza nella tragedia dell’uragano Katrina “per primo, in maniera significativa e orientata politicamente la capacità logistica delle reti sociali, cioè la loro capacità di trasformarsi da reti di opinione a reti capaci di coordinare azioni su larga scala”29 conferma che i Social Network possono essere utilizzati in una produzione del comune. A questo esempio possiamo anche aggiungere quello di Wikipedia sesta piattaforma globale. Non possiamo dimenticare però che nell’aquario di Facebook30 (N° 1 mondiale) il comune è sotto il controllo biopolitico neoliberale. Quale sarà il grado d’autonomia che potrà essere praticato se e quando l’azione si situerà ad un livello di scontro politico non più limitato all’ “autogoverno dell’emergenza” come nel caso citato precedentemente?

Nel documento Zuckerberg utilizza una tonalità da leader di un territorio privato che comprende una buona parte della popolazione mondiale (con la notevole eccezione della Cina) in cui sotto un’apparenza di libertà d’espressione, viene esercitato un controllo biopolitico in cui si intrecciano organicamente tanto le prescrizioni di soggettività che gli asservimenti macchinici. Nella dichiarazione sulla Global community il nuovo “governatore dell’informazione sociale” entra a far parte integrante della governance neoliberale globale. Il fatto che oggi sia in contrasto coi populismi nazionalisti fascistizzanti di cui Trump è il capofila, lo rende in un certo senso più “moderno” ed attraente (o forse solo più accettabile) agli occhi di generazioni di nativi digitali.

Il problema che si pone sta nella scelta dei percorsi che portano alla liberazione di questo comune e quindi sui modi per rendere veramente autonoma la Global Community e tutte le altre comunità delle Piattaforme del capitalismo liberandole dalla presa della governamentalità neurocapitalista dei GAFAM.


Note
1 Edizione italiana: L. Mumford, il mito della macchina , Il saggiatore, 2011
2 dette anche M2M gestiscono l’interoperabilità con altri macchine/server ed oggetti connessi dell’Internet of Things.
3 Sono i grandi complessi dove sono concentrate grandi quantità di server organizzati in rack fisici e clusters logici.
4 “Bioipermedia è termine derivato dall’assemblaggio di bios/biopolitica e ipermedia, come una delle attuali dimensioni della mediazione tecnologica. Le tecnologie connesse ed indossabili, i cui oggetti popolano il territorio, ci sottomettono ad una percezione multisensoriale in cui spazio reale e virtuale si confondono estendendo ed amplificando gli stimoli emozionali. Entriamo nell’ambito in cui il corpo nella sua integralità si connette ai dispositivi di rete in modo talmente intimo da entrare in una simbiosi in cui avvengono modificazioni e simulazioni reciproche”. G. Griziotti, Neurocapitalismo, mediazioni tecnologiche e linee di fuga, Mimesis 2016 (p. 120).
5 M. Lazzarato, les Révolutions du capitalisme, Les empecheurs de tourner en rond, 2004
6  Si tratta di un concetto messo in evidenza da F. Guattari “Mentre l’assoggettamento sociale investe delle persone globali, delle rappresentazioni soggettive molari e facilmente manipolabili, l'asservimento macchinico passa attraverso dei sistemi di rappresentazione e significato in cui si riconoscono e si alienano gli soggetti individuati” Félix Guattari, La Révolution moléculaire, Paris, Omnibus, « 10/18 », 1980, p. 93).
7 Maurizio Lazzarato, La machine 10/2006 http://eipcp.net/transversal/1106/lazzarato/fr
8 Op. Cit. Neurocapitalismo P. 94
9 “Il linguaggio digitale del controllo è fatto di cifre che segnano l'accesso all'informazione, o il rifiuto. Non ci si trova più di fronte alla coppia massa/individuo. Gli individui sono diventati dei dividuali”, e le masse dei campioni statistici, dei dati, dei mercati o delle “banche”. G. Deleuze « la società del controllo »
10    Nell’asservimento gli individui sono diventati “dividuali” e le masse [sono diventate] «dei campioni, dei dati, dei mercati o delle «banche». Il dividuale funziona nell’asservimento come parti “non umane” di macchine tecniche, come procedure organizzative, come la semiotica,” M. Lazzarato, Signs and Machines Capitalism and the Production of Subjectivity Semiotexte 2014
11  op. cit. p. 69 Griziotti, 2016
12  Una definizione coniata da Tim O’Reilly l’editore irlandese sostenitore di Free software e open source. “Il Web 2.0 è un'espressione utilizzata per indicare uno stato dell'evoluzione del World Wide Web, rispetto a una condizione precedente. Si indica come Web 2.0 l'insieme di tutte quelle applicazioni online che permettono un elevato livello di interazione tra il sito web e l'utente come i blog, i forum, le chat, i wiki, le piattaforme di condivisione di media (p. es Flickr, Youtube, Vimeo), i social network e ottenute tipicamente attraverso opportune tecniche di programmazione Web e relative applicazioni web afferenti al paradigma del Web dinamico in contrapposizione al cosiddetto Web statico o Web 1.0.” da https://it.wikipedia.org/wiki/Web_2.0 (visitato 20/9/2015)
13 Wikipedia : https://it.wikipedia.org/wiki/Web_2.0 visto il 22/2/2017
14 E. Morozov Net delusion
15 https://it.wikipedia.org/wiki/Perpetual_beta visto il 24/2/2017
16 (Tim O'Reilly. What Is Web 2.0. 4. End of the Software Release Cycle)
17 Marie-Anne Dujarier, Le travail du consommateur, Editions la Découverte, Paris, 2008, p. 230- 231 . Traduzione dell’autore. Citazione ripresa da M. Lazzarato, Signs and Machines Capitalism and the Production of Subjectivity Semiotexte 2014 p29
18 Information & communications technology
19  Frase di Patrick Le Lay, ex-presidente del primo canale televisivo francese TF1.
20   Op. cit. Lazzarato, 2014
21 Nelle università francesi uno studente è praticamente obbligato ad avere un profilo FB e di iscriversi nei gruppi opportuni (Suddivisione per facoltà, per anno etc.) per non essere escluso dalle informazioni essenziali: i contenuti dei corsi, l’avanzamento delle correzioni, dalle convocazioni di incontri e serate etc.
22Etienne De La Boétie. DISCORSO SULLA SERVITU' VOLONTARIA. Jaca Book, Milano, prima edizione italiana ottobre 1979
23https://www.facebook.com/notes/mark-zuckerberg/building-global-community/10103508221158471/ visitato il 24/2/2017
24 Tessuto sociale
25 “Amazon Mechanical Turk (MTurk) è un servizio internet di crowdsourcing che permette ai programmatori informatici (conosciuti come requester) di coordinare l'uso di intelligenze umane per eseguire compiti che i computer, a oggi, non sono ancora in grado di fare. https://it.wikipedia.org/wiki/Amazon_Mechanical_Turk visitato il 24/2/2017
26https://www.facebook.com/notes/mark-zuckerberg/building-global-community/10103508221158471/ visitato il 24/2/2017
27  Minority Report è un film del 2002 diretto da Steven Spielberg, liberamente tratto dall'omonimo racconto di fantascienza di Philip K. Dick Rapporto di minoranza.
28 http://www.euronomade.info/?p=8881 visto il 23/2/17
29 Ibid.
30 http://www.ippolita.net/it/libro/nellacquario-di-facebook

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