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La decrescita e i tassi di interesse negativi

di Jacopo Foggi

È un tema di importanza cruciale quello che Mauro Bonaiuti ha affrontato nel suo articolo Ecco la fine della crescita. Un tema che molto probabilmente ci accompagnerà nei decenni a venire, quanto meno a causa della sempre maggiore importanza che da qualche anno a questa parte sembrano acquistare i dibattiti sui debiti pubblici, sulle loro dimensioni e sulla loro sostenibilità. Un’importanza che sembra non essere destinata ad esaurirsi a breve, ma che sembra anzi essere dovuta ad una crescente attenzione alle caratteristiche strutturali che le tematiche finanziarie hanno assunto nelle nostre vite di cittadini globali del terzo millennio, nel presente modello di sviluppo.

Per questo motivo, il presente articolo intende collocarsi all’interno del dibattito che si sta sviluppando da qualche anno, del rapporto tra le dimensioni ecologico-ambientali e quelle finanziarie e monetarie. In particolare, sempre di più, da Herman Daly agli attivisti sociali di Occupy, la preoccupazione riguardo al trade-off fra crescita economica e sostenibilità ambientale intesa nelle sue molteplici dimensioni1, viene letta attraverso la lente della compresenza di crisi ecologica ed esplosione della crisi finanziaria.

Inserendosi in tale dibattito, Il presente articolo intende essere una riflessione aggiuntiva all’enorme questione presentata da Mauro Bonaiuti nel suo articolo uscito qualche settimana fa su questo sito.


Bonaiuti descrive in sostanza come istituzioni finanziarie internazionali di grande rilievo come il Fondo Monetario Internazionale (il discorso di Larry Summers presso il FMI dello scorso Novembre, da cui prende le mosse questa discussione) stiano attualmente prendendo in seria considerazione l’ipotesi che la tesi dei rendimenti decrescenti e della fine dell’età della crescita economica, sia essenzialmente vera. Starebbero quindi accettando sempre di più l’idea che il mondo avanzato stia entrando in una fase in cui l’epoca della crescita economica ad un tasso del 2-3% o superiore sia ormai destinata a rimanere alle spalle, e che si debba quindi escogitare delle soluzioni. La notizia della conferenza di Summers viene riportata da un editoriale di Paul Krugman sul New York Times2, il quale la saluta e la commenta con molto interesse. La soluzione che Summers e Krugman propongonoper gestire questa situazione consisterebbe in sostanza nello stimolare il livello di investimenti necessari alla piena occupazione, attraverso l’affermazione di un tasso di interesse stabilmente negativo (nominale per Summers, preferibilmente reale per Krugman). Le Banche centrali quindi, dovrebbero creare un ulteriore stimolo sia agli investimenti delle imprese sia alla spesa del reddito delle famiglie, portando l’interesse sotto al livello zero, producendo in questo modo l’effetto di rendere il risparmio sempre più costoso.

Con un tasso di interesse negativo però – Bonaiuti in effetti si focalizza su questo aspetto – le famiglie e i cittadini in genere, sarebbero fortemente disincentivati a risparmiare, dal momento che il risparmio verrebbe nel tempo eroso da una sorta di tassa sul suo ammontare nominale, la quale si andrebbe quindi ad aggiungere alle normali spese sostenute per le commissioni bancarie di gestione del conto. Oppure verrebbe eroso da un’inflazione che da più parti si vorrebbe più elevata al fine di rendere più sostenibili i debiti. In questo modo si realizzerebbe l’ennesimo stratagemma per rendere possibile, attraverso un consumo forzato, la sopravvivenza di un modello di sviluppo ecologicamente insostenibile e iniquo (Bonaiuti riprende l’esempio ironico di Krugman su un ipotetico obbligo per le aziende di comprare i nuovi occhiali Google per tutti i dipendenti).

Stando a ciò che ci ha presentato Bonaiuti, la questione appare essere veramente così: la paura che un contesto di crescita bassa o nulla venga affrontato con un approccio emergenziale e tecnocratico indifferente alle sorti dei cittadini e dell’ambiente, e che mira semplicemente a reiterare un modello di sviluppo ormai esangue, è pienamente legittima3.

Il limite analitico di queste considerazioni deriva però a mio avviso dal fatto che il dibattito sull’ecologia e sull’ambiente non è ancora ben sviluppato nel suo legame con i temi della moneta e della finanza. Il dibattito su di un ipotetico sistema finanziario e monetario adeguato a contesti come quelli prospettati di crescita zero o negativa, è insomma ancora soltanto agli inizi.

È opportuno quindi evidenziare anche le implicazioni positive di certe dinamiche legate ad un tasso di interesse negativo, del quale Bonaiuti ci ha presentato gli aspetti critici; implicazioni che potrebbero, in linea di principio, essere di grande interesse proprio per coloro che sostengono che, in primo luogo, la crescita economica, oltre ad essere a lungo termine impossibile in ogni caso, una volta eletta a fine ultimo, e a mezzo per ogni fine, stia già da qualche decennio producendo maggiori effetti negativi di quanto siano i benefici, e che, in relazione a ciò l’avvento di un’era a crescita bassa, nulla e perfino negativa, potrebbe pertanto essere salutata addirittura come una benedizione piuttosto che come una calamità; naturalmente solo una volta che si fosse ripensato il modello sociale ed economico nella maniera “giusta” e adeguata4.

Diversi teorici di una finanza sostenibile, sembrano sempre di più essere favorevoli alla creazione di un sistema monetario con interessi pari a zero – interesse che quindi in pratica finirebbe per essere spesso negativo. È quindi interessante che ad una medesima strategia istituzionale vengano associate potenzialità tanto diverse. Per esempio Daly - teorico di lunga data della ‘steady-state economy’ – seguendo alcuni dibattiti, come lo studio sul Piano di Chicago da parte di Benes e Kumhof per il FMI e quelli del gruppo Positive Money5, auspica la forte prevalenza degli obiettivi di stabilità finanziaria e di protezione del risparmio, la fornitura di prestiti con riserva integrale al 100% e quindi la riduzione della liquidità dei depositi, e l’emissione di nuova moneta solamente tramite una moneta statale non a debito e senza interesse, cioè che per esser emessa non necessiterebbe di avere in garanzia presso la Banca centrale né titoli di stato né titoli privati da scontare.

Al di là dell’effettiva funzionalità di tali proposte – una questione su cui c’è ancora un vasto dibattito –, vorrei concentrarmi su quali potrebbero essere dal punto di vista ecologico, le implicazioni positive di un tasso di interesse non soltanto pari a zero, ma anche negativo; argomenti che potrebbero rovesciare di 180 gradi l’opinione nei confronti della strategia commentata. Esiste infatti la possibilità che ciò possa essere parte essenziale di un sistema economico che superi l’imperativo della crescita economica, rivelandosi in questo modo favorevole all’ambiente in misura maggiore di quanto sarebbe invece dannoso.

Possiamo infatti osservare che uno dei meccanismi strutturali che obbligano i nostri sistemi economici a dover incessantemente aumentare la quantità di beni prodotti e scambiati sul mercato, sia proprio l’esistenza del tasso di interesse. Qualunque interesse superiore a zero obbliga un’azienda o uno stato che abbiano contratto dei debiti ad avere un aumento del reddito o della produzione maggiore del tasso di interesse stesso. Come è noto, infatti, la condizione di stabilità del debito pubblico è che nel lungo periodo il tasso di crescita sia superiore al tasso di interesse, e questa condizione può essere estesa al debito privato e in genere a qualsiasi unità che abbia un indebitamento netto. In sua assenza il debito è insostenibile.

In un’economia che decresce, indipendentemente dal fatto che si tratti di una decrescita felice o forzata, per utilizzare le distinzioni di Latouche e Bonaiuti, si pone dunque un importante problemarelativo alla sostenibilità della struttura finanziaria6. Il punto è proprio quello spiegato da Bonaiuti: una situazione economica in cui i tassi di interesse ‘naturali’ siano negativi, ma in cui continuassero a sussistere tassi nominali e reali positivi, sarebbe una situazione in cui il settore imprenditoriale nel suo insieme potrebbe non essere in grado di far fronte ai propri debiti una volta che contrae nuovi prestiti, e tantomeno quindi di farlo con l’ulteriore sovrappiù dell’interesse. In una situazione di questo genere, che secondo Summers e Krugman sarebbe la condizione attuale, ancora di più si porrebbe il problema della sostenibilità dei debiti pregressi.

In tale situazione, vi sarebbe un blocco della circolazione monetaria, blocco che invece non si verificherebbe nel caso in cui la moneta non fosse emessa dall’esterno, dal sistema bancario, ma se ne garantisse la circolazione su basi diverse. A questo proposito possiamo ricordare quanto è stato proposto da molti sistemi locali di credito multilaterale e di monete complementari, che hanno proprio quello della sostenibilità ecologica come uno dei loro valori fondanti, oltre che da altri sviluppi teorici e pratici. In molti di tali circuiti monetari la pratica del cosiddetto ‘decumulo’ o ‘demurrage’ è molto diffusa ed affermata e consiste appunto in una sorta di ‘tassa di stazionamento’ che si applica ai crediti non spesi accumulati in una certa moneta.

La pratica del decumulo è inoltre spesso accompagnata da una destinazione d’uso: i soldi non sparirebbero, non verrebbero semplicemente incamerati dalla banca come fosse un interesse al contrario, o dallo stato in forma di tassa, ma la cifra può venire progressivamente vincolata per essere donata ad associazioni senza scopo di lucro o ad attività socialmente utili, potendo costituire così una fonte di finanziamento per opere di tutela ambientale. Il tasso di interesse negativo si presterebbe inoltre, come nota Krugman nell’articolo citato da Bonaiuti, a disincentivare la rendita finanziaria in generale e potrebbe in particolare essere orientato a scopi di riequilibrio macroeconomico. Ne sono un esempio le varie proposte emerse recentemente, che vanno dal penalizzare i crediti commerciali accumulati presso la BCE dalle banche dei paesi europei in surplus, proposta da Luca Fantacci, fino a quanto proposto sia da Joseph Stiglitz che dall’economista messicano Alejandro Nadal per il sistema monetario internazionale, dove si include appunto la destinazione d’uso verso progetti di tutela ambientale, in particolare nei paesi in deficit del sud del mondo7. Entro un’ottica di maggiore segmentazione e diversificazione degli strumenti di politica monetaria, questo ‘prelievo’ potrebbe essere inoltre differenziato in base al livello di risparmio, escludendo dal prelievo, per esempio, i risparmi al di sotto di una certa soglia, oppure in base al tipo di investimento che si vuole incentivare (per esempio attività e settori ad alta intensità relazionale e di lavoro, l’unico settore che, avendo una bassa base materiale, sarebbe quindi utile sostenere in vista di una riforma ecologicamente sostenibile del modello di sviluppo8).

Si pone poi il problema del finanziamento degli investimenti. Una volta che coloro che sono chiamati a finanziare le imprese non vedono prospettive redditizie, possiamo immaginare una situazione in cui la maggior parte degli investimenti che vengono effettuati dalle imprese venga fatta ricorrendo all’autofinanziamento - che d’altra parte è in molti paesi sviluppati ancora la fonte maggiore. Oppure, nei casi in cui è necessario ricorrere all’indebitamento, le banche farebbero semplicemente ricorso al loro compito tradizionale di raccolta del risparmio e prestito delle cifre da investire– previa verifica della profittabilità di lungo periodo del progetto specifico. Ma a questo punto è molto probabile che, come diceva Keynes, tali attivi finanziari non possano più essere scambiati su mercati liquidi, cioè che facilitano la loro riconversione in moneta. Si tratterebbe cioè, da un lato, di non poter più dare per scontato un rendimento costantemente positivo, a cui si accompagna la possibilità della cedibilità del titolo che non rispetta un tale vincolo; e dall’altro, di incentivare le scelte di investimento di risparmiatori o di istituzioni finanziarie nella prospettiva non già del loro rendimento di breve o brevissimo termine ma di lungo periodo9. È molto probabile che una simile funzione per gli investimenti possa in certa misura associarsi a una socializzazione degli investimenti e ad un nuovo ruolo pubblico nel sistema bancario10.

Tutto ciò si inserisce in quella che potrebbe costituire una modifica dei caratteri più profondi e problematici dell’istituzione della moneta come riserva di valore, una moneta fatta cioè per poter essere indefinitamente risparmiata ed estratta dalla circolazione, accumulata e resa fruttuosa. Un tasso negativo ci ricorda che dopotutto la moneta non è ricchezza netta per la società nel suo insieme,e non può produrre ricchezza reale se non nella misura in cui circola. Uscire da un modello in cui la crescita economica è condizione necessaria per la sostenibilità finanziaria implica necessariamente uscire dall’ottica di un valore monetario capace di auto accrescersi, ed in cui l’emissione e la detenzione di moneta siano attività remunerative. Un sistema ben organizzato che introduca un tasso di decumulo potrebbe quindi essere parte di una struttura finanziaria che possa essere realmente indifferente alla crescita economica, pur mantenendola possibile.

È evidente quindi che una riforma della riserva di valore, deve essere connessa ad ampie riforme nei sistemi previdenziali e di protezione sociale, nonché dei sistemi distributivi e redistributivi. In assenza di tali ripensamenti della struttura istituzionale, le paure di Bonaiuti si riveleranno fondate, ma, ancora una volta, si tratta di evidenziare le tensioni e i possibili esiti che specifiche soluzioni possono avere una volta inquadrate in più ampie modifiche dei contesti economici e sociali.

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Note
1 Cfr. D. Graeber, Debito, Il Saggiatore, 2012; recentemente anche il ripensamento di I. Musu, il quale diversamente dai suoi più ottimistici lavori precedenti afferma che in sostanza il de-coupling non ci salverà; cfr. I. Musu, “Crescita economica. Una sfida alla sostenibilità”, in P. Ciocca e I. Musu, Natura e capitalismo, pp. 59-94, Luiss 2013.

2 L’articolo è Secular Stagnation, Coalmines, Bubbles and Larry Summers, reperibile on-line.

3 Cfr. anche la reazione fortemente critica di H. Daly alla medesima conferenza di L. Summers nell’articolo sul suo blog, The Negative Natural Interest Rate and Uneconomic Growth, reperibile on-line.

4 TimJakson, Prosperità senza crescita, Edizioni Ambiente, 2009; e soprattutto Peter Victor, Managing Withouth Growth. Slower by Design, Not Disaster, Edward Elgar Publishing, 2008.
5 H. Daly, Ecological Economics, cap. 15, Island Press, 2010; J. Benes e M. Kumhof, Chicago Plan revisited, reperibile on-line; B. Dyson e A. Jackson, Modernising Money, PositiveMoney, 2013. Cfr. anche l’introduzione di T. Jackson al volume di Edo Ronchi, Un Green New Deal per l’Italia, Edizioni Ambiente, 2013;
6 Cfr. S. D’Alessandro, L’economia della decrescita per la sostenibilità ecologica e l’equità sociale, in (a cura di) La Posta, Crisi dell’economia e crisi della teoria economica?, pp. 249-268, Liguori, 2012; L. Becchetti, Il mercato siamo noi, Bruno mondadori, 2011.
7 L. Fantacci e A. Papetti, il debito dell’Europa con se stessa, Costituzionalismo, 2/2013; M. Amato e L. Fantacci, Come salvare il mercato dal capitalismo, Donzelli 2012; A. Nadal, Rethinking macroeconomic for sustainibility, cap.7, Zedbooks, 2011.
8 Cfr. sempre Tim Jackson, Prosperità senza crescita; nonché A. Montebugnoli, Questioni di ecologia, dispensa on-line.
9 Cfr. anche il bel libro uscito recentemente di Felix Martin, Il denaro. La storia vera, quello che il capitalismo non ha capito, Utet, 2014. Martin propone per esempio che la garanzia del mantenimento del valore debba essere riservata ai risparmi nei depositi bancari, ma non agli investimenti.
10 G. Ingham, Whose money is it? , Our Kingdom, 24 Febbraio, 2014, articolo on-line; anche T. Jackson, Introduzione, cit.

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