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sinistra

Nove volte Stalin

di Eros Barone

Stalin 16«La radio al buio e sette operai / sette bicchieri che brindano a Lenin / e Stalingrado arriva nella cascina e nel fienile / vola un berretto un uomo ride e prepara il suo fucile / Sulla sua strada gelata la croce uncinata lo sa / D’ora in poi troverà Stalingrado in ogni città.»

Stalingrado, Stormy Six.

La ricorrenza del centoquarantesimo anniversario della nascita di Iosif Vissarionovic Giugasvili, detto Stalin (1879-1953), costituisce un’occasione per interrogarsi sul ruolo di una personalità che, dopo aver dominato la scena della politica interna del suo paese e la scena della politica internazionale del mondo intero nella prima metà del ventesimo secolo, ha continuato a proiettare una lunga ombra sugli sviluppi politico-ideologici dei decenni successivi sino ai nostri giorni.

Può allora essere utile ricordare il significato di questo soprannome, gridando il quale (“Sa Stalina!”, ossia “Per Stalin!”) milioni di soldati sovietici combatterono nella Grande Guerra Patriottica, sacrificando la loro vita per difendere il primo Stato socialista del mondo: Stalin, cioè ‘acciaio’, un soprannome che indica due qualità essenziali di questo metallo, la durezza e la flessibilità, e la loro incarnazione in un leader bolscevico che lo stesso Lenin ebbe a qualificare come “quel meraviglioso georgiano” (definizione etnica che compare nel sottotitolo di una bella biografia di Stalin scritta da Gianni Rocca 1 ). Poiché una figura come quella di Stalin non permette di operare un taglio netto fra la leggenda (sia eulogica sia demonizzante), che ben presto si è formata attorno a tale figura, 2 e la concreta funzione storica che questa personalità ha svolto nel “secolo degli estremi”, proverò ad accendere su questo soggetto ad alta tensione interpretativa alcuni ‘flash’ che ne fissano quelli che, secondo il mio giudizio, sono i tratti salienti.

 

  1. Il 17 brumaio

Il primo ‘flash’ permette di cogliere, attraverso un episodio avvenuto nel 1927, tanto la dimensione, per così dire, ideal-tipica del conflitto fra due personalità, quali quelle di Trotzky e di Stalin, che rappresentano (non solo) due concezioni (ma anche due vie e due linee) contrastanti della rivoluzione socialista, quanto la solidarietà, per così dire, antitetico-polare che le accomuna nell’àmbito di un periodo drammatico della storia del movimento operaio e comunista. Si tratta della riunione plenaria del comitato centrale del partito comunista bolscevico in cui Trotzky, chiamato a rispondere dell’accusa di essere un controrivoluzionario, gridò a un certo punto del suo discorso, volgendosi a Stalin: «Che cosa aspetti, dunque, a farmi arrestare? Quando mi farai arrestare?». «Non abbiamo fretta – rispose Stalin – ti faremo arrestare il 17 brumaio» [ossia un giorno prima di quel 18 brumaio 1799 in cui Napoleone Bonaparte, attuando un colpo di stato militare, dètte vita ad un modello di azione politica che, nel linguaggio marxista, sarebbe divenuto sinònimo della volontà, da parte di un ‘salvatore della patria’, di impadronirsi di tutto il potere per esercitare, con il sostegno dell’esercito, una dittatura personale]. 3

Se poi qualcuno fra i lettori più giovani di questo articolo si domandasse che razza di animale politico sia il trotzkismo, potrebbe essere opportuno fornire le informazioni essenziali per soddisfare questa curiosità. Lev Davidovic Bronstein, detto Trotzky, è stato un esponente di primo piano del movimento rivoluzionario russo e ha svolto una funzione importante dapprima nella rivoluzione del 1917 e poi nel corso della guerra civile organizzando l’Armata Rossa. Il resto della sua attività politica e teorica è inseparabile dallo scontro con Stalin, che lo vide sconfitto: in un primo momento espulso dal partito comunista (1927), poi esiliato dalla neonata Unione Sovietica (1929) e infine ucciso in Messico da un agente staliniano (1940). A Trotzky e alla sua ideologia si ispira la cosiddetta Quarta Internazionale, dissidenza storica dal movimento comunista bolscevico, le cui molteplici (e contrastanti) ramificazioni si protendono sino ai nostri giorni e godono di un particolare rigoglio in alcuni paesi europei, come la vicina Francia.

 

  1. Breve parentesi sul trotzkismo

Orbene, a parte la famosa battuta di Thorez, segretario del partito comunista francese, che la conosceva assai bene, sulla vocazione scissionista di tale dissidenza - “i trotzkisti, quando sono in due, formano un partito e, quando sono in tre, si dividono” -, il carattere essenziale del trozkismo è la sua somiglianza/differenza rispetto al leninismo, che emerge in particolare dalla teoria della ‘rivoluzione permanente’. Questa teoria pone l’accento sull’unità del mercato capitalistico mondiale e afferma la continuità del processo rivoluzionario, non distinguendo tra le sue differenti fasi e obliterando perciò le particolarità nazionali, le condizioni specifiche della lotta fra le classi quali risùltano in ciascun paese dalla storia e dalla tradizione nazionale, in una parola la necessità di individuare le leggi specifiche della rivoluzione in ogni paese. È tipico di Trotzki sopravvalutare il ruolo delle influenze esterne e non cogliere il ruolo delle forze interne, che mèdiano quelle influenze nella formazione sociale specifica. Lo strabismo ‘internazionale’, congiunto alla miopia ‘nazionale’, lo ha così condotto a spiegare tutte le sconfitte subìte dai partiti comunisti nel periodo tra le due guerre mondiali con l’influenza, a suo giudizio nefasta, di Stalin e della Terza Internazionale. È tipica, inoltre, l’incomprensione della dialettica marxista che non permette a Trotzki di capire che la legge dello sviluppo ineguale del capitalismo determina la legge dello sviluppo ineguale della rivoluzione. L’ineguale sviluppo dei diversi paesi capitalisti, ma anche l’ineguale sviluppo, in ogni formazione sociale, rispettivamente, della base economica e delle sovrastrutture politiche e ideologiche circoscrivono, di regola, la rivoluzione ad un solo paese, mentre una rivoluzione che si verifichi in un certo numero di paesi è un caso eccezionale. A causa dell’evidente schematismo che caratterizza il suo metodo (degenerato con i suoi seguaci o in un aperto revisionismo o in uno schematico dogmatismo) Trotzki individua nella società una struttura semplice, tale per cui la contraddizione principale in linea teorica (quella fra proletariato e borghesia) lo è anche in via di fatto, sempre e dappertutto, durante l’intero periodo della transizione dal capitalismo al comunismo. Parimenti schematica e sostanzialmente meccanica è la concezione trotzkista del rapporto fra la teoria (che prevede la pratica) e la pratica (che applica la teoria). Un’altra concezione tipicamente trotzkista è quella che afferma come verità assiomatica l’egemonia della città nella rivoluzione borghese e quindi, per simmetria, l’egemonia del proletariato nella rivoluzione proletaria (egemonia di cui, per tralasciare altri contro-esempi, la rivoluzione cinese, che ha avuto la sua forza motrice principale nelle masse contadine, costituisce una chiara smentita). Né miglior fortuna è toccata alle teorie sullo ‘Stato operaio degenerato’, sulla ‘casta burocratica’, sul ‘bonapartismo’ e sul ‘Termidoro’, con cui Trotzki, dopo la sua sconfitta, cercò di definire la natura sociale dell’URSS.

 

  1. Una seconda gigantesca ondata rivoluzionaria

Il secondo ‘flash’ riguarda la svolta decisiva segnata nel corso della seconda guerra mondiale dalla battaglia di Stalingrado (1943): un evento di cui il filosofo tedesco Ernst Cassirer colse il significato epocale non solo in termini storici, ma anche in termini teoretici, effigiandolo come lo scontro decisivo fra la destra e la sinistra hegeliane, rappresentate rispettivamente dalla Germania nazista e dalla Russia sovietica. A questo proposito, è utile sottolineare quanto sia importante riflettere sulla storia del movimento comunista internazionale per superare una debolezza di fondo, teorica e politica, della sinistra, che Domenico Losurdo ha opportunamente criticato: la tendenza a fare appello all’analogia piuttosto che all’analisi concreta della situazione concreta. 5

La rivoluzione d’Ottobre scoppia, come è noto, a partire dalla trasformazione della guerra imperialista in guerra civile rivoluzionaria: Lenin smaschera il carattere mistificatorio della parola d’ordine della difesa della patria e rivolge un appello affinché, in ogni realtà nazionale, i comunisti si impegnino in primo luogo per la disfatta del proprio paese e del proprio governo. È dalla spinta di questo possente movimento che scaturisce, come è noto, la Terza Internazionale. Se è vero che innegabili ed enormi sono i meriti storici della Terza Internazionale, è altrettanto vero che a lungo essa ha oscillato e stentato prima di elaborare una strategia all’altezza della situazione radicalmente nuova che si era venuta a creare. Ritardi e incertezze nascevano in effetti dalla tendenza a pensare la nuova ondata rivoluzionaria che stava montando sul modello di quella che aveva dato vita alla Russia sovietica: si scrutava il “movimento reale” alla ricerca della nuova guerra imperialista da trasformare, ancora una volta e secondo il modello ritenuto canonico, in guerra civile rivoluzionaria. Non ci si rendeva conto di quella particolare struttura riflessiva all’opera nelle vicende storiche per cui, proprio in virtù della loro vittoria, i bolscevichi avevano reso improbabile o impossibile la ripetizione meccanica della precedente esperienza. Del mutamento intervenuto nella realtà storica fu invece consapevole Lenin: «…dall’ottobre 1917 siamo divenuti tutti difensisti, fautori della difesa della patria». L’esistenza stessa della Russia sovietica, risultato della rivoluzione vittoriosa, introduceva nel quadro internazionale un elemento del tutto assente nel primo conflitto mondiale, un elemento del quale in ogni paese i comunisti dovevano tenere conto, se volevano procedere ad un’analisi concreta della situazione concreta. Ma non era solo l’esistenza di un paese impegnato nella costruzione del socialismo a conferire una natura e un significato nuovi agli urti bellici fra le grandi potenze che si andavano moltiplicando. Non bisogna infatti dimenticare che, insieme con l’appello alla trasformazione della guerra imperialista in guerra civile rivoluzionaria, i bolscevichi lanciano anche l’appello agli schiavi delle colonie affinché spezzino le loro catene e conducano guerre di liberazione nazionale contro il dominio imperialista delle grandi potenze. Il nazifascismo si presenta come un movimento di reazione estrema anche a questo secondo appello. Alla vigilia della seconda guerra mondiale, prima ancora di aggredire Polonia e URSS, la Germania nazista disgrega la Cecoslovacchia e dichiara in modo esplicito che la Boemia-Moravia è un “protettorato” del Terzo Reich: il linguaggio e le istituzioni della tradizione coloniale sono chiaramente rivendicati e il loro àmbito di applicazione esteso anche all’Europa orientale.

Ciò significa che sin dall’inizio il secondo conflitto mondiale presenta caratteristiche radicalmente diverse rispetto al primo. Non si tratta più di trasformare la guerra imperialista in guerra civile rivoluzionaria; la lotta contro l’imperialismo si intreccia ora strettamente all’appoggio alle guerre di liberazione nazionale dei popoli investiti dall’espansione coloniale e alla guerra per la difesa dell’Unione Sovietica. Di queste radicali novità il movimento comunista si rende conto a partire soprattutto dal settimo Congresso dell’Internazionale (1935). Accade così che la nuova ondata rivoluzionaria comincia a svilupparsi quando, messo da parte il gioco delle analogie, il movimento comunista procede ad un’analisi concreta della situazione concreta. Quei pochi (Bordiga, Trotzki ecc.) che continuano ad agitare meccanicamente la parola d’ordine della trasformazione della guerra imperialista in guerra civile rivoluzionaria si rivelano in realtà prigionieri di una "frase" e finiscono col separarsi dal corpo del movimento comunista. La nuova strategia troverà la sua espressione più alta in due eventi grandiosi: la Lunga Marcia dei comunisti cinesi che, guidati da Mao Zedong, percorrono migliaia di chilometri, in condizioni assai difficili, per porsi alla testa della guerra di difesa nazionale contro l’imperialismo giapponese; l’appello di Stalin ai popoli dell’Unione Sovietica perché si uniscano nella Grande Guerra Patriottica contro le orde hitleriane. È così che si sviluppa, dopo la rivoluzione d’Ottobre, una seconda gigantesca ondata rivoluzionaria, grazie alla quale il campo socialista conosce un’enorme estensione, mentre i popoli che conducono le rivoluzioni anticoloniali infliggono duri colpi all’imperialismo.

 

  1. Terzo ‘flash’: “Stalin è a Mosca!”

La confusione doveva durare tutta la giornata del 18 ottobre [1941]; ma all’improvviso, quasi all’imbrunire, il grande fiume dei fuggitivi si fermò come per miracolo e a un tratto la gente cominciò addirittura a tornare indietro, sempre in silenzio, mentre la polizia era sparita.

Che cosa era successo? Un rumore, quasi un mormorio usciva da quella folla compatta, un attimo prima presa dalla paura: “Stalin è a Mosca! Stalin non abbandona Mosca!” Infatti, quasi all’angolo del Most-Soviet vidi anch’io Stalin, solo, nella sua vecchia Packard decapottabile, dietro il suo autista, che salutava con la mano la folla senza manifestare la benché minima emozione. Quella vecchia vettura americana percorse più volte il tragitto tra la piazza della Rivoluzione e la stazione, perdendosi nelle vie adiacenti per riapparire un momento dopo con Stalin sempre a bordo che salutava con la mano.

In meno di un’ora tutti i moscoviti avevano visto e riconosciuto Stalin. Come spinta da una molla possente quella folla immensa ubbidì all’invito silenzioso che Stalin aveva rivolto: rientrare nelle proprie case, aver fiducia, non abbandonare la città; anche lui, Stalin, il capo amato, non l’aveva abbandonata.

Il mito aveva ancora una volta salvato Mosca.

La sera di quel giorno memorabile, sul tardi, seppi che la discussione al Cremlino era stata vivace, in quanto la polizia era intenzionata a usare la maniera forte contro i vandali e i fomentatori di panico. Secondo quanto mi fu detto da persona assolutamente degna di fede e sempre informata, Stalin aveva respinto con vigore quelle decisioni, condannandole; un attimo dopo chiedeva la sua vettura scoperta e si metteva in giro per la città senza alcuna scorta. Il risultato era stato positivo, l’avevo constatato di persona perché nulla mi era sfuggito del muto colloquio avvenuto tra la folla moscovita e il capo del partito e dello stato sovietici. 6

 

  1. Il sommo giudizio della storia”

Il quarto ‘flash’ riguarda quei critici e denigratori dell’azione di Stalin che ne hanno negato l’acume politico, attingendo i loro sofismi dal vieto campionario dei pregiudizi e delle deformazioni creati ad arte dalla propaganda anticomunista di stampo americano. Tralasciando, per la loro miseria intellettuale, quelle irrilevanti osservazioni di natura psicologica sulla personalità di Stalin che rivelano, per dirla con Hegel, “l’ottica del cameriere” applicata all’analisi storica, vale la pena di sottolineare che anche chi ritiene di criticare i presunti errori di Stalin prima e dopo l’attacco della Germania nazista all’Unione Sovietica deve riconoscere, sia pure a denti stretti, i meriti di Stalin nella conduzione della grandiosa controffensiva dell’Armata Rossa, che porterà i soldati sovietici a innalzare, il 2 maggio 1945, la bandiera rossa sul palazzo del Reichstag a Berlino.

Per quanto riguarda poi l’epurazione dei quadri di comando dell’Armata Rossa (1937-1938), Ludo Martens ha precisato nel suo importante volume dedicato a Stalin che essa fu decisa dopo la scoperta della cospirazione militare che il generale Tuchacevskij stava preparando in combutta con le frazioni opportuniste del partito comunista e si rivelò determinante (non per indebolire ma) per rafforzare la successiva resistenza ideologica, politica e militare dello Stato sovietico nel corso della guerra, che il gruppo dirigente del partito sapeva essere inevitabile, con il fascismo. Eliminando la quinta colonna, Stalin salvò la vita a molti milioni di sovietici, poiché questi morti sarebbero stati il prezzo supplementare da pagare nel caso in cui l’aggressione esterna avesse potuto giovarsi dei sabotaggi e dei tradimenti interni. Certo, il generale Zukov e gli altri capi militari non avevano mai accettato l’inevitabilità di questa epurazione e non avevano nemmeno capito il significato politico del processo a Bucharin; ciò nondimeno, Zukov nelle sue Memorie (tomo II, Edizioni Fayard, Parigi, 1970) confuterà le menzogne di Chruscev sugli errori e le responsabilità di Stalin nella seconda guerra mondiale, sottolineando giustamente che la vera politica di difesa era cominciata nel 1928 con la decisione, da parte di Stalin, di promuovere l’industrializzazione a tappe forzate. Stalin, infatti, preparò la difesa dell’Unione Sovietica costruendo più di 9000 industrie tra il 1928 e il 1941 e seguì la linea strategica di impiantare all’Est del paese una nuova potente base industriale: partendo da questa premessa, Zukov rende perciò omaggio “alla saggezza e alla chiaroveggenza” di Stalin sia prima che durante la guerra, virtù “sancite in modo definitivo dal sommo giudizio della storia”. Per attaccare il prestigio di Stalin, che fu incontestabilmente il più grande capo militare della guerra antifascista, i suoi nemici amano chiacchierare sull’“errore” che commise non prevedendo la data esatta dell’aggressione. In realtà, Stalin sapeva meglio di chiunque altro quale barbarie avrebbe colpito il suo paese nella eventualità di un attacco della Germania nazista e lo stesso Zukov ricorda che, se fu scosso nel momento in cui apprese la notizia dello scoppio della guerra, “dopo il 22 giugno 1941 e per tutta la durata della guerra Giuseppe Stalin assicurò la ferma direzione del paese, della guerra e delle nostre relazioni internazionali”. 7 A tale proposito, può essere allora opportuno ribadire che, in una fase come quella attuale, in cui sembra di essere tornati al periodo 1900-1914, quando le potenze imperialiste decidevano tra loro le sorti del mondo, l’esperienza dimostra che il pensiero e l’opera di Stalin costituiscono, assieme ad altre fondamentali ed essenziali lezioni della storia del ventesimo secolo, una parte integrante del patrimonio ideale, politico e morale del proletariato rivoluzionario e delle classi subalterne.

 

  1. Il giudizio di un teologo su Stalin

Il quinto ‘flash’ dimostra con quale lucidità nell’analisi comparativa e con quale sensibilità per il valore concreto delle persone Karl Barth, uno dei massimi teologi cristiani del ’900, abbia tracciato la corretta linea di demarcazione storica che separa (e contrappone) il nazismo e il comunismo: «Bisognerebbe aver perduto ogni buon senso per mettere sullo stesso piano, sia pure per un momento, il marxismo e il ‘pensiero’ del terzo Reich, un uomo della statura di Giuseppe Stalin e quei ciarlatani di Hitler, Göring, Hess, Göbbels, Himmler, Ribbentrop, Rosenberg, Streicher. Mentre tutti i progetti del nazismo erano chiaramente irrazionali e criminali, l’impresa che è stata iniziata nella Russia sovietica rappresenta, malgrado tutto, un’idea costruttiva […]. Essa è sempre la soluzione di un problema, che anche per noi è urgente e grave e che noi, con le nostre mani pulite, non abbiamo ancora debitamente affrontato: la ‘questione sociale’». 8

 

  1. Il giudizio di un latinista su Stalin

Il sesto ‘flash’ lo fece scoccare nel 1956 Concetto Marchesi, latinista e comunista, tracciando nell’intervento all’ottavo congresso del PCI, all’indomani del ventesimo congresso del PCUS, il memorabile paragone fra «Tiberio, uno dei più grandi e infamati imperatori di Roma», che «trovò il suo implacabile accusatore in Cornelio Tacito, il massimo storico del principato», e «Stalin, meno fortunato, [cui] è toccato Nikita Krusciov». È giusto riconoscere che Concetto Marchesi ebbe il coraggio di denunciare la natura controrivoluzionaria della critica calunniosa e denigratoria svolta da Krusciov nei confronti di Stalin e, insieme, la lucidità di intuire le conseguenze più lontane della stagnazione politica e sociale che, in séguito alla svolta revisionista, avrebbe investito l’Unione Sovietica. 9

 

  1. Settimo ‘flash’: il giudizio di Dimitrov

Da una nota del Diario, scritta il 7 aprile 1934, circa una conversazione tra Stalin e Giorgio Dimitrov, il quale di lì a poco sarebbe diventato presidente del Comintern, emergono considerazioni e riflessioni che presentano, 'mutatis mutandis', un'evidente attualità sia sul piano dell’analisi degli Stati borghesi contemporanei sia sul piano della lotta all’opportunismo.

D[imitrov]: Io ho riflettuto molto in carcere sul perché, visto che la nostra dottrina è giusta, nel momento decisivo milioni di operai non ci seguono e restano con la socialdemocrazia, la cui condotta si è macchiata di tradimento, o perfino - come in Germania - vanno con i nazionalsocialisti. St[alin]: e le Vostre conclusioni? D: Penso che la causa principale stia nel nostro sistema di propaganda, nell'approccio sbagliato verso gli operai europei. S: No, questa non è la causa principale. La causa principale sta nello sviluppo storico: i legami storici delle masse europee con la democrazia borghese. Inoltre, nella particolare posizione dell'Europa: i paesi europei non hanno a sufficienza proprie materie prime, carbone, lana ecc. Essi contano sulle colonie. Senza colonie non possono esistere. Gli operai lo sanno e temono la perdita delle colonie. E in questo senso sono inclini a marciare con la propria borghesia. Nel loro intimo non sono d'accordo con la nostra politica antimperialista. Hanno perfino paura della nostra politica. E perciò sono necessari un paziente lavoro di chiarimento e un approccio giusto nei confronti di questi operai. E' necessaria una lotta continua per ogni singolo operaio. Noi non possiamo conquistare subito e molto facilmente milioni di operai in Europa. Le masse di milioni hanno una psicologia da gregge. Esse operano soltanto attraverso i propri eletti, i propri capi. Quando perdono la fiducia nei propri capi si sentono impotenti e perdute. Esse temono la perdita dei propri capi. E per questo motivo gli operai socialdemocratici seguono i propri capi, anche se non sono soddisfatti di loro. Essi abbandoneranno questi capi quando ne compariranno altri, migliori. Ma per questo c'è bisogno di tempo [...] La gente non bada ai particolari, mentre in genere i particolari sono decisivi. Non fa analisi marxiste [...] La gente non ama l'analisi marxista. Grandi frasi e generiche constatazioni. Questa è ancora l'eredità dei tempi di Zinov'ev. Ah, sotto questo profilo Il'ic era molto accurato, eccome accurato. 10

 

  1. Ottavo ‘flash’: il giudizio di Togliatti

Chiesi in tutta franchezza a Togliatti che cosa pensasse di Stalin, come lo vedeva e giudicava. Con mia sorpresa non si schermì...Mi disse che certamente Lenin aveva scelto Stalin per dirigere il partito in ragione delle sue eccezionali qualità di organizzatore e perché era un uomo razionale e concreto. In un periodo in cui tutti facevano dei grandi discorsi, scoprivano il valore dell’eloquenza per essere intesi dalle masse, un uomo come Stalin che parlava solo se aveva qualcosa da dire e lo esprimeva col minor numero possibile di parole, era per Lenin un collaboratore prezioso.

Anche sulla formazione teorica di Stalin credo che Togliatti avesse un’opinione molto elevata, sebbene talvolta lo trovasse un po’ sommario, scheletrico più che schematico. Per lui non ci potevano essere dubbi sull’arricchimento del leninismo da parte di Stalin, specialmente per la sua teoria della costruzione del socialismo in un solo paese.

Togliatti considerava Stalin uno dei più grandi uomini di stato di tutti i tempi in ragione di una fermezza d’acciaio, di un convincimento senza ombre sulla superiorità del sistema socialista e di una fede assoluta nella vittoria del comunismo nel mondo. Per Togliatti, Stalin aveva soprattutto vinto la sua dura e lunga battaglia contro Trotzky non perché avesse in mano l’apparato del partito, ma perché più realista, più politico, più deciso e anche più saggio. A differenza di Trotzky e dei suoi alleati di sinistra e di destra che pronunciavano bei discorsi, Stalin aveva la qualità innegabile di dare ciò che prometteva e di convincere per la logica e il buon senso. Questa era nelle mani di Giuseppe Stalin la carta decisiva che gli aveva permesso di uscire vittorioso da tutte le prove più dure e difficili. 11

 

  1. Nono ‘flash’: il giudizio di un avversario

Il nono, più che un ‘flash’, è un razzo pirotecnico sparato a suo tempo da un testimone insospettabile, l’ex Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga (la verità a volte ama rivelarsi nelle voci più avverse): «Il marxismo-leninismo è stato una grande ideologia, che ha mosso milioni di persone verso obiettivi di giustizia e di liberazione. Marx è stato il più grande economista classico del XIX secolo e Lenin il più grande teorico rivoluzionario del XX secolo. La forza e il prestigio del marxismo-leninismo sono stati così grandi, che tante persone hanno, proprio per questo motivo, appoggiato e giustificato lo stalinismo» (dichiarazione fatta il 16 aprile 1998 durante la trasmissione televisiva “Porta a porta” condotta da Bruno Vespa).

Sarebbe un esperimento interessante quello di domandarsi che cosa succederebbe oggi se un uomo politico di peso paragonabile a quello di Cossiga avesse il coraggio e la spregiudicatezza di esprimere dei giudizi sul marxismo-leninismo e su Stalin come quelli che ho riportato. Ma il dover constatare che oggi è impossibile e perfino inconcepibile ascoltare, sia pure da un anticomunista di ferro che ami ‘épater le bourgeois’, un giudizio così controcorrente, è solo una conferma di quanto sia vero ciò che Stalin ebbe ad affermare: «Se dovesse cadere l’Unione Sovietica, un’enorme ondata di restaurazione si abbatterebbe sul mondo, sui lavoratori di tutti i paesi, sui popoli coloniali». 12

Ed è essenzialmente questa la ragione per cui, oggi più che mai, ogni autentico comunista sa che la lezione di Stalin, insieme con quella di Marx, di Engels e di Lenin, resta fondamentale per lottare contro il capitalismo, sconfiggere l’opportunismo e avanzare verso il socialismo.


Note
1 G. Rocca, Stalin, quel meraviglioso georgiano, Mondadori, Milano 1988.
2 Si veda, a questo riguardo, il saggio di Domenico Losurdo, Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, Carocci, Roma 2008. Fondamentale è poi, per la puntualità della documentazione e per il rigore dell’argomentazione, la ricerca dello storico statunitense Grover Furr, Krusciov mentì, La Città del Sole, Napoli 2016 (con Prefazione di D. Losurdo).
3 Cfr. C. Malaparte, Tecnica del colpo di Stato (ed. or., Technique du coup d’état, Grasset, Paris 1931), Adelphi, Milano 2011, pp. 35-57, 75-86 e 123-195. Si tratta di un libro notevole sia per la scrittura sia per i contenuti.
4 Una valida analisi critica è quella condotta da K. Mavrakis, Trotzkismo: teoria e storia, Mazzotta, Milano 1972.
5 Cfr. D. Losurdo, La sinistra italiana e i nuovi Hitler, 2002.
6 L’autore delle due testimonianze qui riportate è Giulio Cerreti, un operaio metallurgico toscano che, a partire dagli anni Trenta del secolo scorso, militò, ricoprendo incarichi direttivi, nella Terza Internazionale, nel partito comunista francese e in quello italiano. Cerreti pubblicò le sue memorie nel volume Con Togliatti e con Thorez, Feltrinelli, Milano 1973 (l’episodio descritto in questo paragrafo si trova alle pp. 268-269).
7 L. Martens, Stalin. Un altro punto di vista, Zambon Editore, 2005, pp. 234 e 266.
8 Cfr. il saggio, La Chiesa tra Est e Ovest (1949), ora compreso nella raccolta di testi di K. Barth, Pace e giustizia sociale, Castelvecchi, Roma 2014.
9 Cfr. Concetto Marchesi, Discorso all’VIII Congresso, in Umanesimo e comunismo, Editori Riuniti, Roma 1974, pp. 113-120.
10 Cfr. G. Dimitrov, Diario - Gli anni di Mosca (1934-1945), Einaudi, Torino 2002, pp. 12-13.
11 G. Cerreti, op. cit., p. 246.
12 Cfr. F. Molfese, Riflessioni su Stalin, reperibile nella Rete al seguente indirizzo: https://www.resistenze.org/sito/ma/di/sc/madsmost.htm .

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Mario Galati
Saturday, 25 May 2019 14:04
Non hai le idee chiare sulle caratteristiche dei movimenti religiosi. E lascia a desiderare anche il tuo senso dell'umorismo.
Se vogliamo tradurre in termini religiosi lo stalinismo e il trozkismo, ci troviamo di fronte, da una parte, lo stalinismo, ad un grande movimento religioso di massa che ha concorso a determinare il corso del mondo; dall'altra, il trozkismo, ad una setta con a capo un santone carismatico (spesso un ciarlatano bugiardo). Una setta che ha sempre vissuto di riflesso al movimento di massa, parassitariamente, svolgendo attività disfattista e propaganda anticomunista definita "critica".
Se poi vogliamo uscire dalla metafora religiosa ed entrare nella natura sociale profonda dell'approccio e dell'atteggiamento trozkista, non possiamo non constatarne la natura piccolo-borghese. Il trozkismo si riempie la bocca di parole come "operaio" e "proletario", ma con essi non ha nulla a che fare, trattandosi sempre di minuscoli gruppuscoli di studenti o pretenziosi intellettuali dottrinari che pensano presuntuosamente di essere i predestinati alla direzione dei lavoratori. Essi vogliono essere i capi de lavoratori per il desiderio inconscio di comandarli, come acutamente osservava Gramsci di tanti piccolo-borghesi che si avvicinavano al movimento operaio. Generali (o meglio, che si sentono tali) alla ricerca di truppe da comandare. Sino ad ora non ci sono mai riusciti e il loro livore aumenta furiosamente assieme alla loro frustrazione, portandoli ad un crescendo rabbioso di calunnie e di pseudo spiegazioni teoriche (a leggerne tante sui loro siti viene davvero da ridere).
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Don
Thursday, 23 May 2019 14:02
La scena spettacolare di uno stalinista dichiarato che dà del fedele religioso a qualcuno può rientrare solo in due filoni espressivi : la barzelletta o l'autocritica inconsapevole.
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Mario Galati
Sunday, 19 May 2019 15:07
Amen. Anche per ora il rosario trozkista è stato recitato. I fedeli possono andare in pace e rendere grazie.
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Don
Saturday, 18 May 2019 23:50
1. Il comunismo è la dottrina del proletariato internazionale. Stalin riducendolo a teoria nazionale lo ha svuotato del suo contenuto di classe e l'ha riportato a livello borghese.
2. Il Partito Comunista Russo è una sezione della Terza Internazionale; le decisioni della Terza Internazionale avrebbero dovuto essere vincolanti anche per lui. Invece il PC russo si è impadronito della direzione della Terza Internazionale con la teoria staliniana dello Stato Guida e perciò ha portato avanti una politica imperialistica grande-russa.
3. Invece di predicare la fratellanza e l'uguaglianza e di sforzarsi di eliminare o di diminuire i privilegi di classe, lo stalinismo ha allargato queste differenze attraverso cottimi, premi, benefici, ville, ecc. ed ha perciò fatto una politica borghese nell'interno del proprio paese.
4. Invece di aiutare le sollevazioni proletarie e di indirizzare le sollevazioni contadine dietro il proletariato in Cina ed in Spagna, ha obbligato i comunisti a mettersi al servizio della borghesia (in Cina al servizio di Ciang-Kai Shek ed in Spagna al servizio del governo repubblicano di Madrid) effettuando così una politica controrivoluzionaria.
5. Lo stesso è stato fatto con gli accordi di Yalta, mettendo il movimento par. tigiana agli ordini di Badoglio e Togliatti al servizio di Vittorio Emanuele III, mentre in Francia i comunisti venivano messi alla ruota di De Gaulle.
6. Per eseguire la politica dei punti 4 e 5 la classe al potere in Russia è stata costretta a camminare sopra i cadaveri dei bolscevichi (processi di Mosca del 1936 e del 1938).
7. Per effettuare una politica di collaborazione con la Germania di Hitler Stalin è stato costretta a far fu cilare tutto lo Stato Maggiore dell'Armata Rossa (processo di Tukacevsky).
8. Per quanto sopra detto la Russia di Stalin ha eseguito dal 1927 in avanti una politica di nazione borghese e Stalin è stato lo strumento dell'accumulazione primitiva in Russia, ossia lo strumento della creazione di un potente stato borghese. Egli Stalin ha fatto per la Russia quello che Cavour e Napoleone hanno fatto per l'Italia e per la Francia. Ossia ha consolidato le conquiste della rivoluzione borghese spazzando via definitivamente la sovrastruttura feudale della Russia, ed ha aiutato la crescita di una classe di intellettuali e dirigenti borghesi in un paese di analfabeti e semiasiatico.

Stalin è stato, è vero, lo strumento oggettivo dello sviluppo industriale della Russia. Ma è anche vero che in questo suo ruolo ha operato come lo strangolatore e l'affossatore della rivoluzione socialista russa e mondiale coprendosi dietro la grossolana e falsa teoria della costruzione del socialismo in un solo paese.
Ma se la borghesia russa ha scelto bene nel prendere un rivoluzionario bolscevico per raggiungere i suoi fini storici, ciò non cambia il fatto che Stalin - per adattarsi a questo ruolo - ha dovuto tradire i principi del comunismo internazionalista e mettere la sua firma sotto le sentenze di morte dei suoi ex-compagni di lotta. La carriera di Stalin è seminata di cadaveri di comunisti, russi, cinesi, spagnoli, tedeschi, iugoslavi, polacchi ed anche italiani. E sono questi morti, caduti sul giusto fronte della lotta di classe, che mettono Stalin tra i carnefici del proletariato, assieme a Cavaignac ed a Thiers.
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max
Friday, 17 May 2019 09:53 Like Like Reply | Reply with quote | Quote
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Marco
Friday, 12 April 2019 18:23
Concordo in pieno con l'affermazione che "gli errori commessi non erano connaturati col sistema socialista": infatti erano dovuti, in ultima analisi, proprio alla sua degenerazione burocratica. Se si fosse trattato soltanto di qualche errore qua e là, lo si sarebbe potuto correggere senza eccessivi sforzi e senza conseguenze catastrofiche; ma, siccome il regime si era ben presto cristallizzato, tutti i tentativi di riforma erano destinati a fallire.
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Eros Barone
Thursday, 11 April 2019 23:51
Intervenendo sulla questione di Stalin nei giorni del XX Congresso del Pcus e delle denunce kruscioviane circa il «culto della personalità», i comunisti cinesi adoperarono una formula aritmetica popolare per riassumere la loro autonoma valutazione: «I meriti e gli errori di Stalin sono nel rapporto di sette a tre». Del resto, una critica
marxista-leninista che affronti spregiudicatamente la questione degli errori di Stalin rientra nel metodo corretto della critica e dell'autocritica, che non soltanto non nega i princìpi fondamentali della teoria e della prassi ma mira, anzi, ad una migliore elaborazione ed applicazione della strategia e della tattica rivoluzionarie. In tal senso, anche chi - e sono ancora milioni nel mondo - riconosce la grandezza e l'importanza storiche di Stalin non può ritenersi esentato dall'indicarne gli errori, pur avvertendo che, come disse Niccolò Machiavelli di Girolamo Savonarola, “d’uno tanto uomo se ne debbe parlare con riverenza”. Così, soltanto una critica di sinistra, cioè marxista-leninista, può permettere di individuare un errore nella reiterata affermazione di Stalin, che risale all'incirca al 1936, sulla ormai raggiunta "unità della società sovietica": tesi che chiaramente contrasta con le leggi, desunte dal materialismo dialettico e storico, sulle perduranti contraddizioni che esistono fra le classi e fra le strutture economico-sociali e le sovrastrutture politiche, giuridiche e culturali nel corso della costruzione del socialismo. Va detto poi che i successi di importanza storico-mondiale conseguiti dalla dittatura del proletariato nell'Urss lungo tutto il periodo della direzione staliniana autorizzano a sostenere che gli errori commessi non erano connaturati col sistema socialista, ma furono provocati principalmente da vari fattori storici (e tra questi soprattutto dall'arretratezza del paese e dalla pressione controrivoluzionaria), nonché da taluni metodi di lavoro adottati in certi periodi per determinati settori e per determinare scelte. Per quanto concerne la fondamentale questione dell'internazionalismo proletario, è doveroso osservare che, sotto la piena direzione staliniana che lo contraddistinse (1928), il VI Congresso dell'Internazionale Comunista (tanto vituperato dai revisionisti e dagli opportunisti) affermò correttamente che «la guerra è inseparabile dal capitalismo». Da questa affermazione conseguiva logicamente che "l''abolizione' della guerra è possibile soltanto attraverso l'abolizione del capitalismo". Gli operai vennero quindi esortati a trasformare la guerra che minacciava di scoppiare tra gli Stati imperialisti "in guerra civile proletaria contro la borghesia per l'instaurazione della dittatura del proletariato e del socialismo". Intorno alla natura del fascismo, il Congresso affermò inoltre che esso era una forma di reazione imperialista del capitalismo in presenza di specifiche condizioni storiche ("il cerchio di ferro che serve a tenere unita la botte sfasciata del capitalismo"). Al contrario, il VII Congresso (1935), che non vide Stalin come relatore, se lanciò la strategia dei fronti popolari che ispirò l'azione dei comunisti nella lotta contro il nazifascismo, manifestò anche aspetti problematici, sui quali sarebbe opportuno condurre un'analisi approfondita, sia nella concezione teorica sia, soprattutto, nell'applicazione pratica di tale linea. E' peraltro indubbio che sulle contraddizioni presenti nella linea dell'Internazionale Comunista riguardo al carattere della seconda guerra mondiale influirono anche le direttrici della politica estera dell'URSS e il suo strenuo sforzo per difendersi da un'aggressione imperialista. Sennonché giova osservare che, in ultima analisi, la sicurezza di uno Stato socialista dipende dal trionfo del socialismo a livello mondiale o dal suo prodursi nell'ambito di un forte gruppo di paesi, e quindi dalla lotta rivoluzionaria che si svolge in ciascun paese.
Pertanto, la decisione di sciogliere l'Internazionale Comunista, presa all'unanimità da tutti i partiti comunisti nel 1943, segnò un evidente contrasto con i princìpi che ne avevano ispirato la fondazione e con la necessità, valida per qualsiasi circostanza, di una comune strategia rivoluzionaria dei partiti comunisti nella lotta contro l'imperialismo internazionale. E' pur vero che, quando dopo la seconda guerra mondiale si manifestò l'esigenza di un'azione unitaria del movimento comunista internazionale per fronteggiare e respingere la controffensiva unitaria dell'imperialismo internazionale, fu costituito nel 1947 l'Ufficio di informazione (Cominform), che comprendeva i rappresentanti di nove partiti comunisti e operai (URSS, Jugoslavia, Romania, Bulgaria, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Francia e Italia). Tuttavia, il Cominform, se svolse un ruolo direttivo nell'ambito del movimento comunista internazionale, non si pose l'obiettivo di dare vita a una nuova Internazionale Comunista. Non a caso, esso fu sciolto nel 1956, in séguito alla svolta revisionista e opportunista determinata dal XX Congresso del Pcus e alla crisi del movimento comunista internazionale che fu provocata da tale svolta.
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Marco
Thursday, 11 April 2019 18:35
Eh sì,
"il grande merito di Stalin risiede nell’aver rovesciato la visione pessimistica di Trotsky e nell’aver indicato alla classe operaia e ai lavoratori sovietici un obiettivo arduo, ma concreto ed entusiasmante: la costruzione del socialismo"
... in un paese solo, sciogliendo l'Internazionale e rassicurando poi costantemente e concretamente i governi borghesi sull'assenza di intenzioni rivoluzionarie da parte dei partiti a lui fedeli che avevano la "sfortuna" di trovarsi al di fuori della sfera d'influenza sovietica (e questo non mi pare indice di grande ottimismo). Stendiamo un velo pietoso sulla riuscita dell'impresa, che era impossibile senza lo sviluppo della rivoluzione sul piano internazionale (e questo non è pessimismo, è realismo).
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giorgio
Thursday, 11 April 2019 18:35
Paradossalmente il sostenere che Napoleone fu "fermato e sconfitto" dall'esercito della zar e che la bandiera rossa fu issata a Berlino "grazie all'impegno occidentale" ci aiuta a chiarire ancor meglio la trasformazione della Unione Sovietica grazie a Stalin.
Napoleone ottenne solo vittorie in Russia e giunse a Mosca ,conquistandola. Poi dovette ritirarsi per mancanza di approvvigionamenti e in inverno e allora fu soggetto ad una guerriglia che consumò le fila di un esercito denutrito e non in grado di affrontare l'inclemenza dell'inverno russo: Hitler, forte di milioni di uomini e migliaia di mezzi moderni fu sconfitto prima di giungere a Mosca e poi battuto a Stalingrado, a Kursk e da allora fino a Berlino. Come potè farlo l'Unione Sovietica se non utilizzando sì mezzi militari moderni ed efficaci, prodotti dalle acciaierie costruite da Stalin ma soprattutto impiegando uomini capaci di "progettare" i primi razzi delle battaglie moderne
e carri armati migliori di quelli tedeschi, frutto della politica scolastica Staliniana.
Oltre a questo l'unione patriottica di fronte all'invasore riconosceva in Stalin la personificazione dell'Unione Sovietica e permise di superare in audacia ed eroismo qualunque altra guerra della storia (20 milioni di militari e civili partigiani o patrioti che si sono battuti fino alla morte).
Nel giugno del 1944 le armate sovietiche in un mese avanzarono di 500 km e dall'agosto 1944 all'aprile 1945 avanzarono di altri 1100km fino a Berlino, battendo e distruggendo i 3/4 di tutte le forze militari di Hitler.
Gli "occidentali", salvati gli uni fino ad allora dal nazismo dall'abitare un'isola e gli altri in un altro continente, affrontarono un solo quarto delle forze tedesche e riuscirono ad essere sconfitti nelle Ardenne nell'autunno inverno del 1944, dopo avere percorso in 4 mesi 670 km.
Poi, come si insegna anche nelle nostre scuole, le armate germaniche si arresero agli "occidentali" piuttosto che combattere sul fronte orientale e cadere prigionieri dei sovietici temendo la loro giusta vendetta: se aiuto vi fu si trattò di quello di permettere la sopravvivenza della borghesia e del tessuto nazista della parte occidentale della Germania. Nulla a che fare con la bandiera sul Reichstag.
Fatte queste precisazioni sugli "effetti " dello stalinismo nel salvare non solo l'Unione Sovietica bensì l'intera Europa dal nazismo dei mille anni, come sosteneva Hitler,
mi stupisco che non si voglia continuare la discussione sull'eredità di Stalin oggi, sulle strategie che un paese progressista potrebbe o dovrebbe adottare di fronte al capitalismo e se queste possono richiamare le scelte staliniane : insisto il Venezuela oggi rappresenta lo scontro più duro e maturo fra principi socialisti e dominio borghese, come accadde all'Unione Sovietica accerchiata o alla Cina di Mao con la differenza delle loro dimensioni e diverse risorse naturali economiche e produttive. Quanto la lotta venezuelana e la resistenza del suo popolo all'intera finanza mondiale e a tutti i paesi capitalisti del globo deve a Stalin piuttosto che a Kautskij
o a Togliatti e non è forse la determinazione classista della dirigenza del venezuela un richiamo al bolscevismo?
Perché tutti i paesi che si oppongono all'imperialismo americano si sono posti al fianco del venezuela e questo è stato o no il prodotto della sua resistenza di massa e di classe unita al patriottismo anti-imperialista che incarnò Stalin?
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Mario M
Thursday, 11 April 2019 13:18
Quoting Eros Barone:
Come ha scritto Hegel, “un grande uomo costringe gli altri a spiegarlo”.


Si può essere grandi nel bene e nel male. In ogni caso i grandi, come Mozart o Philip Glass, si spiegano da sé: basta ascoltare le loro musiche e leggere i loro scritti.

Quoting Eros Barone:
(Stalin) permise all’Unione Sovietica di uscire vittoriosa dalla durissima prova della seconda guerra mondiale, schiacciando il nazifascismo e arrivando ad issare la bandiera rossa sulla Porta di Brandeburgo a Berlino.


Beh, in precedenza anche i generali degli Zar avevano fermato e respinto Napoleone. Nella grande guerra i tedeschi non erano penetrati molto nel territorio russo. E se la bandiera rossa fu issata sulla porta di Brandeburgo, fu anche grazie all'impegno sul fronte occidentale.
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Eros Barone
Wednesday, 10 April 2019 23:48
Come ha scritto Hegel, “un grande uomo costringe gli altri a spiegarlo”. È quanto è accaduto nel corso dell’ampio dibattito innescato da questo articolo che ho scelto di intitolare “Nove volte Stalin” giocando, per un verso, con il titolo esclamativo e provocatorio di un libretto recante il titolo “Tredici volte Lenin”, ma rispettando, per un altro verso, le debite proporzioni storiche, pur nel pieno riconoscimento della continuità dialettica che caratterizza l’esperienza teorica e pratica dei classici del socialismo scientifico. Tuttavia, proprio perché mi sembra giusto evitare, quanto al metodo, che il dibattito si fossilizzi sulla questione del c.d. “testamento di Lenin”, assumendo quasi i contorni, se non la sostanza, di una disputa scolastica, ritengo indispensabile, intervenendo nel merito, ribadire che il grande merito di Stalin risiede nell’aver rovesciato la visione pessimistica di Trotsky e nell’aver indicato alla classe operaia e ai lavoratori sovietici un obiettivo arduo, ma concreto ed entusiasmante: la costruzione del socialismo fino all’espropriazione totale (nelle città e nelle campagne, nell’industria e nell’agricoltura) della borghesia come classe, alla liquidazione dei rapporti di produzione capitalistici e alla creazione di una formazione
economico-sociale basata sulla proprietà collettiva dei mezzi di produzione, su una produzione organizzata collettivamente e su un lavoro svolto in reciproca cooperazione da tutti i lavoratori sotto l’impulso e la direzione di un piano centrale. Si trattava di costruire "il regime del socialismo” (cfr. Lenin, “Sulla cooperazione”, in “Opere”, vol. 33, Editori Riuniti, Roma 1967, p. 431). Un risultato che fu raggiunto dall’Unione Sovietica già intorno alla metà degli anni ’30, con la partecipazione generosa ed appassionata delle masse nel quadro della dittatura proletaria. In sostanza, Stalin, come segretario generale del partito bolscevico, ebbe, insieme ai suoi diretti collaboratori e a tutti i comunisti sovietici, la capacità di imprimere alla rivoluzione del 1917 una enorme forza propulsiva che, trasformando la Russia arretrata in un moderno e forte Stato socialista, permise all’Unione Sovietica di uscire vittoriosa dalla durissima prova della seconda guerra mondiale, schiacciando il nazifascismo e arrivando ad issare la bandiera rossa sulla Porta di Brandeburgo a Berlino. Per questa ragione ogni autentico comunista ha sempre difeso, e sempre difenderà, il pensiero e l’opera di Stalin. Per questa ragione nel 1939 Mao Tse-tung esortava le masse popolari cinesi a seguire la via tracciata da Stalin, a “schierarsi con lui, appoggiare la sua causa, la vittoria del socialismo e la strada che ha indicato all’umanità”, “perché la grande maggioranza del genere umano vive oggi nelle sofferenze, e solo attraverso la strada indicata da Stalin e con l’aiuto che viene da lui l’umanità potrà liberarsi da queste sofferenze” (Cfr. Mao Tse-tung, “Opere scelte”, vol. II, Casa Editrice in Lingue Estere, Pechino 1971, p. 349).
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Ernesto
Wednesday, 10 April 2019 14:27
Stalin era georgiano , si, ma odiato dai georgiani e fautore dello sciovinismo grande russo . E Lenin lo attacca ( anche ) su questo . La questione è spiegata bene da Piero Acquilino nel suo articolo “LE ULTIME BATTAGLIE DI LENIN , La lotta per contrastare la burocrazia e l’ascesa di Stalin” http://www.progettocomunista.it/06-04MR3AcquilinoLenin.htm
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Mario Galati
Wednesday, 10 April 2019 12:45
Scopriamo qualche altarino.
BIGLIETTO ALL’UFFICIO POLITICO SULLA LOTTA CONTRO LO SCIOVINISMO DI GRANDE POTENZA
“Dichiaro guerra mortale allo sciovinismo grande-russo. Non appena mi sarò liberato di questo maledetto dente, lo assalirò con tutti i miei denti sani.
Bisogna assolutamente insistere affinchè il CEC federale sia presieduto a turno da
Un russo
Un ucraino
Un georgiano ecc.
Assolutamente!
Vostro Lenin”
Scritto il 6 ottobre 1922.
Pubblicato per la prima volta nella Pravda, n. 21, 21 gennaio 1937
Da: Lenin Opere complete, Editori Riuniti, 1967 Roma, pag. 339
Dov’è la dichiarazione di guerra mortale allo “sciovinista” grande-russo Stalin?
Vale ha qualche problema di vista?
Stalin, Lenin malato, presiedeva la commissione del CC per dirigere il lavoro preparatorio per la confederazione delle Repubbliche Sovietiche. Evidentemente Lenin riteneva che nei progetti preparatori vi fossero elementi di “sciovinismo grande-russo”. Peccato, però, che Stalin fosse georgiano (mi dispiace comunicare la ferale notizia a chi si beava nella sua ignoranza).
Nella relazione di Stalin alla conferenza, si dà atto dell’accoglimento di una aggiunta nei principi proposta da Trotzki, che viene inserita nella risoluzione approvata. Se ne deduce che Trotzki, la sua l’aveva detta, la sua proposta era stata accolta e, quindi, anche lui condivideva il documento. Era forse uno sciovinista grande-russo? Sarebbe preferibile essere seri, invece di apparire gente dal sillogismo facile.
Ecco cosa dice Stalin nella sua relazione: “L’aggiunta, o inserimento (riguardante la parte di principio) di cui ha parlato Trozki, deve essere accettata, giacchè non cambia assolutamente nulla al carattere della parte di principio della risoluzione, ma anzi ne è una naturale conseguenza. Tanto più che, sostanzialmente, la aggiunta di Trozki è una ripetizione del noto paragrafo della risoluzione del X Congresso sulla questione nazionale, il quale parla della inammissibilità nel trapianto meccanico nelle regioni e nelle repubbliche di schemi validi a Pietrogrado e a Mosca. Questa è certamente una ripetizione, ma penso che qualche volta non fa male ripetere certe cose. . …. POI PROSEGUE … L’intervento di Skrypnik….interpreta a modo suo questa parte di principio, cercando di mettere in ombra l’altro pericolo, il pericolo del nazionalismo locale, rispetto al compito fondamentale della lotta contro lo sciovinismo grande-russo, che rappresenta il pericolo principale”. Da Stalin, Opere complete, edizioni Rinascita, 1955, vol. V pagg. 397-398
Poiché Lenin e Stalin erano uomini, Stalin potrebbe non aver condotto i lavori (collettivi. Stalin li presiedeva) verso un esito soddisfacente, sbagliando. Lenin, però, non bolla l’involontario peccatore (pure georgiano) di essere uno sciovinista grande-russo, ma bolla il peccato, come dice saggiamente la chiesa cattolica. Ora, il dissenso di Lenin sull’erroneo operato di Stalin (che non viene mai bollato come sciovinista grande-russo. Né, tantomeno, come il futuro dottor Mengele sovietico) in una vicenda può cancellare tutta la sua esatta, e apprezzata da Lenin, impostazione sulla questione delle nazionalità?
Se faccio anche io le pulci ad affermazioni che, per la loro abnormità e falsità, non meriterebbero alcun commento, ma solo un infastidito disprezzo, è per evidenziare quali sono i metodi scientifici degli antistalinisti di professione.
Probabilmente, come i testimoni di geova, useranno dei libercoli con le citazioni pronte, alle quali attingere per risolvere ogni questione. Citazioni ad usum delphini, naturalmente.
Eros Barone, Giorgio ed io abbiamo cercato di ragionare, di capire (anche i crimini, che pure ci sono stati). Dall’altra parte si getta solo fango raccattato nei posti più sporchi.
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Mario Galati
Wednesday, 10 April 2019 08:33
A quanto pare, il web prolifera di imbecilli. L'intenzione di Marco è contribuire alla conferma di questo assunto?
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Marco
Tuesday, 09 April 2019 17:31
Ahi ahi ahi, al Cominform sono saltati i nervi. Calmatevi, vi prego, o finirete per rovinare la lieta ricorrenza...
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Mario Galati
Tuesday, 09 April 2019 15:07
Vedo che continua ad essere totalmente ignorato il piano della discussione proposto da Eros Barone: l'unico degno di elevarla a discussione. Si preferisce, invece, affermare assurdità infamanti e fare le pulci (anche queste sbagliate) ad alcune affermazioni. Per es. Vale ostenta molta sicumera nell'affermare che "come si può leggere, il “non fu certamente casuale” di Lenin non è riferito al “non bolscevismo di Trotski”, ma a “l'episodio di cui sono stati protagonisti nell'ottobre Zinoviev e Kamenev”. Davvero? e chi lo dice che il "non fu certamente casuale" non si riferisca all'intero periodo e, quindi, al comportamento di Zinoviev, Bukarin e Trotzki, tutti equiparati? Perchè non leggi bene la frase e non valuti pure questa possibilità?. Ma ciò sposta di una virgola il rilievo politico che Lenin muove a Trotzki? E, ti torno a chiedere, indicando i difetti dei vari leaders, dov'è che Lenin, vista la sua guerra aperta e dichiarata allo "sciovinista nazionalista darwiniano" Stalin, ne fa cenno? Anzi, dove sono i rilievi politici, oltre a quelli personali di carattere, che egli muove a Stalin? Un'accusa tanto grave viene taciuta, dopo avergliela mossa tempo prima, perchè dimenticata? Una dimenticanza su un fatto così essenziale...
Forse anche questo è stato interpolato da Stalin? E se il testo è interpolato favorevolmente a Stalin, perchè i suoi diffamatori continuano ad usarlo nella loro guerra contro l'odiato nemico? Sono forse degli idioti?
Ma lo sai come si rivolgeva la Krupskaia a Stalin in occasione del suicidio della moglie? Sai come riferiva la considerazione per lui nella famiglia di Lenin? Forse la Krupskaia aveva dimenticato tutto e non sapeva che, in realtà, Lenin lo detestava. Ah, ecco, questa è la spiegazione. Ma davvero pensate di attaccarvi a delle cose dettate (forse) in circostanze e condizioni ben precise, isolandole da tutto il resto?
"Stalin è l’unico a cui Lenin non trova nemmeno un pregio". Veramente spassoso. Sofisma da azzeccagarbugli. Stalin è l'unico a cui Lenin trova solo difetti caratteriali, confermando in pieno la correttezza teorico-politica (il leader alternativo a Stalin doveva differenziarsi da lui "solo" per quei motivi caratteriali). Questo è quanto trovi scritto.
"lì lo definisce solo come un autocrate pericoloso". Ma davvero? E dove dice che è un autocrate? Avere poteri estesi equivale ad essere autocrati? Nel 1922? Ma tu stai sovvertendo anche la storiografia borghese! Stalin già autocrate nel 1922. Interessante e ardita tesi storiografica. Almeno in qualche cosa dimostri di essere rivoluzionario.
A cosa si riferisce Vale quando dice che io ignoro quello che ci siamo detti? Vuole qualcosa di più preciso sulle false affermazioni fatte sulle deportazioni? E' necessario falsificare affermazioni gratuite da lui fatte? Per es., i Ceceni si erano sollevati con una rivolta proprio mentre infuriava lo scontro verso Stalingrado e il Caucaso con le truppe hitleriane. Essi avevavno approfittato della guerra. La rivolta era guidata da un avvocato e da uno scrittore ceceni. Questa rivolta, chiaramente favorevole ai nazisti, viene oggi celebrata anche dai siti neonazisti. A quanto ammontano i deportati ceceni? a quasi 500.000 persone. Quale la mortalità in seguito alla deportazione? lo 0,268 %, ossia, circa 2,5 morti ogni mille persone. Ti sembra una percentuale da genocidio (e in tempo di guerra)? Dove sono "la metà dei deportati" morti nei convogli e gli altri morti in Siberia? Come mai, allora, i ceceni non sono spariti e ci sono ancora, se l'intera popolazione ha subito quella sorte?
E poi, risulta verità che la deportazione è stata indscriminata e senza eccezioni?. No. E' uno dei tanti falsi propalati da Kruscev, come risulta da una pubblicazione russa del 1995 (nella quale si riportano domande di esenzione dalla deportazione e relative risposte). Quindi non si era deportati per odio etnico o per nazionalismo. Ma ancora, da grandi storici, non vi siete accorti che c'era una guerra terribile, all'ultimo sangue.
Voi che avete già "confutato" il libro di Losurdo, avete già confutato quanto egli scrive sui piani (principalmente di Churchill, che parla delle espulsioni e delle deportazioni come cose normali, attuabili facilmente con i moderni mezzi di trasporto) di deportazione ed sulle espulsioni dei tedeschi dei sudeti. E avrete anche confutato il fatto che a trattare umanamente i tedeschi nei territori cechi erano i soldati dell'armata rossa (stalinista) e i comunisti (stalinisti, ovviamente) sovietici. Voi confutate tutto con una frase. Vi verrà facile.
"Sarebbe ridicolo identificare la cricca hitleriana col popolotedesco, conlo stato tedesco. Le esperienze della storia dimostrano che gli Hitler vanno e vengono, ma che i popolo tedesco, lo stato tedesco rimane. La forza dell'Armata Rossa risiede nel fatto che essa non nutre e non può nutrire alcun odio razziale contro altri popoli e quindi neppure contro il poploo tedesco; essa è educata nello spirito dell'uguaglianza di tutti i popoli e di tutte le razze, nello spirito del rispetto dei diritti degli altri popoli". Stalin.
Così incitava lo "sciovinista", "nazionalista", "darwiniano", "eugenetico" (il Mengele rosso, vero?). Si potrebbe continuare, ma qui non si tratta di confutare l'odio anticomunista viscerale. Questo non si può confutare con nessuna dimostrazione storica, fattuale o razionale. Si può solo combattere perchè non si diffonda il contagio dell'anticomunismo.
L'anticomunista viscerale non prova alcuna vergogna e non ha bisogno di cambiare idea. Al contrario, ha bisogno di confermarsi nel suo odio.
Cos'altro avrei ignorato? Avrei dovuto mettermi a sputtanare la contabilità macellaia che viene spacciata per storia? Si potrebbe fare. I "20 milioni", forse addirittura 40, imprigionati nei gulag citati da Brezinski o tutte le altre cifre iperboliche sparate da Conquest, Soljenitzin e riprese da seri a stimati storici cattedratici?. Un enorme gulag che avrebbe imprigionato un terzo della popolazione del quale nessuno si sarebbe accorto. Trasportati e ammasati nei gulag nel totale segreto. Facile no? A sputtanare queste cifre ci sono i dati esaminati dagli archivi sovietici aperti negli anni '90. Anche la CIA ne ha preso atto. Ma voi di questo non sapete nulla, naturalmente. Oppure i milioni e milioni uccisi nelle "purghe"? Ci avrebbe pensato già lo storico Archibald Getty (ovviamente in opere non tradotte in italiano. Qua si leggono solo Conquest, Soljenitzin e i trozkisti vari) a dare un resoconto più realistico e a studiare le cosiddete "ezvchine". Ma voi, naturalmente, non ne sapete nulla. Che importa? Tanto Stalin è un mostro a prescindere.
Oppure ignorerei pure le cifre di milioni e milioni, forse miliardi, di vittime della "carestia indotta" da Stalin in Ucraina? Lo storico Davies avrebbe fatto studi un po' più seri che escludono molte assurdità (senza contare il canadese Tottle, che ha sputtanato tutta la narrazione datane dai mezzi di comunicazione in quegli anni: campagna della stampa americana di Hearst su orchestrazione di Goebbels), ma questo non conta. Se avessero applicato al Canada i disinvolti metodi statistici usati per contare le vittime della carestia ucarina, si sarebbe arrivati alla conclusione che in Canada si era vericata una terribile carestia. Peccato che quella carestia in Canada non si è mai verificata.
E così per gli stupri di massa delle bestie asiatiche bolsceviche dell'Armata Rossa. Due milioni di donne (civili e arianissime tedesche, soprattutto) stuprate dai brutali barbari asiatici (v. Goebbels)! Andate a leggere gli studi e i metodi statistici usati, ma leggete pure "La tregua" di Primo Levi.
Oppure sarei capace di ignorare pure il massacro di Katin? Vi informo che c'è stato un ritrovamente che prova inconfutabilmente che la versione Goebbels-CIA-stato polacco e russo-anticomunisti di ogni risma è falsa. Leggete lo studio di Grover Furr su questo.
A tutto questo, ora si aggiunge anche lo Stalin-Mengele. Nella vita non si finisce mai di imparare.
Come definire chi non capisce che chi diffama e calunnia il movimento comunista storico del novecento e il suo capo (Stalin. Che si può e si deve criticare, ma non calunniare), calunnia e diffama il comunismo? Ma se quel movimento di grandi masse era guidato da un capo criminale, da un apparato criminale ed era esso stesso criminale, si può ancora mantenere aperta quella prospettiva?
Mi astengo dal dare la giusta definizione di chi non capisce questa cosa elementare.
Ma, qui sta il punto, chi dice di farlo "da comunista" mente anche con se stesso. Nel fondo e nell'intimo è solo un anticomunista viscerale. E si merita i suoi compagni di strada, come ha detto benissimo Eros Barone.
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Mario M
Tuesday, 09 April 2019 10:56
Trovavo raccapriccianti i processi farsa a Mosca degli anni '30, gli eccidi e gli stermini di Stalin, l'eliminazione della precedente classe dirigente che aveva guidato il partito, l'instaurazione del clima di terrore. Eros Barone ora ci offre una giustificazione che mi disorienta, mi stordisce:

Quoting Eros Barone:
non vi è alcun dubbio che un deficit di comprensione di questi dati e del modo di agire su di essi per trasformarli in altrettante leve della transizione sia all’origine della sconfitta degli oppositori di Stalin e dell’affermazione della base operaia, contadina e intellettuale, che lo sosteneva. I processi di Mosca degli anni Trenta sono la conseguenza di questa sconfitta e dimostrano che, come era già avvenuto ai tempi di Cromwell e di Robespierre con il taglio delle ali estreme (da Carlo I ai Levellers, da Danton a Hébert, da Trotsky a Bucharin), il processo rivoluzionario, in cui quei processi necessariamente rientravano, viene sempre governato dal centro e deve premunirsi dai sussulti controrivoluzionari estirpando le radici interne delle cospirazioni internazionali, poiché, come osservava Stalin con sagacia e lungimiranza, “le fortezze si espugnano dall’interno”.
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Vale
Tuesday, 09 April 2019 01:14
Barone , la Krupskaia non disse niente a Lenin della telefonata , per cui è da escludere ch'essa l'abbia influenzato nel ritratto che egli fece di Stalin nella nota del 4 gennaio 1923. Solo il 5 marzo Lenin viene a conoscenza dell'incidente. [ i testi di riferimento dove sono riportati tutti i passaggi sono E.H. Carr, La morte di Lenin. L'interregno 1923-24. ed. Einaudi 1965. e M. Lewin, L'ultima battaglia di Lenin, ed. Laterza 1969 ] . E quelle che tu definisci “tendenze accentratrici” di Stalin non è che furono “favorite a suo tempo dallo stesso Lenin”. Semplicemente Lenin le sottovalutò. Poi, come si può leggere, il “non fu certamente casuale” di Lenin non è riferito al “non bolscevismo di Trotski”, ma a “l'episodio di cui sono stati protagonisti nell'ottobre Zinoviev e Kamenev” [ Lenin si riferisce al loro comportamento tenuto nel 1917, allorché si opposero alla sollevazione armata, divulgando presso un giornale non comunista la decisione segreta del partito ].
Comunque, se continui a leggere quel testo come non sfavorevole a Stalin, ammiro la tua fantasia ; ma Stalin non la pensava come te. Nell'ottobre del ‘27, al plenum del CC, Stalin parzialmente citò e commentò nel suo discorso la “Lettera” di Lenin. Il discorso venne poi inserito nelle Opere di Stalin in maniera sintetica: totalmente esclusi furono i passaggi relativi alla proposta della sua rimozione. E durante tutto il periodo della dittatura staliniana il Testamento fu addirittura considerato inesistente. Sparito.( Benché nel 1927 fosse apparso all'estero per opera di alcuni simpatizzanti trotzchisti ) Sarà solo nel 1956 che la rivista Kommunist pubblicherà integralmente questo testamento politico, che ora si trova anche nella V edizione delle Opere complete di Lenin .
Detto questo, certamente non ha senso ridurre “l’oggetto dell’azione politica all’esistenza semantica di un documento” ( sarebbe meglio per Stalin che fosse così ; perché quello che significò lo stalinismo , anche dopo il 1923, è riportato su tutti i libri di storia ). Ho accennato al cosiddetto Testamento solo in risposta ad un passaggio divertente del simpatico Galati.
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Eros Barone
Monday, 08 April 2019 23:45
Sarebbe facile rispondere all'equazione tra lo stalinismo e la dittatura della borghesia, tesi formulata da Vale (cfr. commento n. 45) ma presente sotto traccia in altri interventi, osservando, per usare un linguaggio terzinternazionalista, che lo schema interpretativo sotteso a codesta equazione è sostanzialmente quello menscevico e socialdemocratico di Plechanov, di Martov e di Kautsky, secondo cui un processo di transizione al comunismo in Russia non poteva realizzarsi, e dunque non si è mai realizzato, a causa dell’arretratezza economica e delle condizioni semifeudali di questo paese eurasiatico. In base ad una concezione meccanicistica di tipo stadiale, che oblitera, insieme con la dialettica, la teoria leniniana della catena imperialistica e della rottura dell’anello più debole, si sostiene dunque che, essendo quella dal feudalesimo al capitalismo l’unica transizione possibile, la rivoluzione d’Ottobre, nonostante alcune trascurabili differenze come il rifiuto di massa di continuare a partecipare alla guerra imperialista e il rovesciamento del governo di Kerenskij attraverso l’insurrezione operaia diretta da Lenin e dai bolscevichi, si sarebbe posta in un rapporto di sostanziale continuità con quella di febbraio e sarebbe stata, fin dall’inizio, una rivoluzione capitalistica. La conseguenza inevitabile di un simile approccio, contrassegnato, ad un tempo, dalla negazione dell’evidenza storica, dallo schematismo e dal nullismo, è che il nodo teorico della transizione dal modo di produzione capitalistico al modo di produzione comunista, che sta al centro della rivoluzione d’Ottobre e dello stesso giudizio su Stalin, cessa di essere un problema teorico e politico non perché in tal modo la questione sia stata risolta, ma perché è stata semplicemente rimossa. Il ‘lucus a non lucendo’, cui ricorrono coloro che ripropongono oggi le posizioni dei critici della rivoluzione sovietica negli anni Venti e Trenta del secolo scorso, è allora lo pseudoconcetto del ‘capitalismo di Stato’, idest dittatura della borghesia, il cui contorto significato, diversamente da quello attribuitogli da Lenin e dal gruppo dirigente bolscevico durante il periodo della Nep (1921-1929), servirebbe ad indicare il carattere fondamentale di una società, quella sovietica per l’appunto, in cui lo Stato è il proprietario dei principali mezzi di produzione e li gestisce in modo capitalistico.
Sennonché affermare questo significa non tenere conto della situazione dell’Urss dopo la rivoluzione d’Ottobre e non comprendere con quali difficoltà e con quali potenzialità, sia a livello interno (l’industrializzazione e il problema dell’alleanza con i contadini) sia a livello internazionale (l’accerchiamento capitalistico e il problema dell’alleanza con i movimenti di liberazione nazionale delle colonie e semicolonie), si siano dovuti misurare i dirigenti che si contesero l’eredità teorica e politica di Lenin, ossia la generazione di Stalin, Trotsky, Bucharin, Kamenev e Zinov'ev, per dare al socialismo, con i soviet e l’elettrificazione, le due basi indicate dal grande rivoluzionario russo nella sua sintetica formula, e per mantenere aperta, lungo questa via, una prospettiva comunista. Sotto questo profilo, vale la pena di ricordare che il 7 novembre del 1917 non ha segnato la fine della rivoluzione, ma il suo inizio; parimenti, così come prevede la teoria marxista-leninista della ‘rivoluzione ininterrotta per tappe’, la fine della guerra civile ha costituito non la conclusione del processo rivoluzionario, ma la sua ulteriore continuazione in direzione del socialismo e del comunismo. Del resto, una volta sconfitte tanto le forze reazionarie legate al passato regime zarista quanto le forze controrivoluzionarie sempre riemergenti, le une e le altre appoggiate dal blocco delle potenze imperialiste coalizzate contro il primo paese socialista del mondo, il problema era quello, da un lato, del consolidamento dello Stato proletario e dei risultati sino ad allora conseguiti e, dall’altro, dei tempi, delle modalità e delle forme di sviluppo della transizione al comunismo. Queste nuove tappe non erano e non potevano essere lo sbocco di processi pacifici, giacché, come si è detto e come non si deve mai dimenticare, il loro raggiungimento era fortemente condizionato dalla costante pressione aggressiva dell’imperialismo e dalla realizzazione, sia nella struttura che nella sovrastruttura dello Stato sovietico, dei mutamenti qualitativi che erano necessari per garantire la direzione di marcia, anticapitalista e comunista, dell’intero processo della transizione.
L’industrializzazione del paese, la difesa militare, la lotta contro le forze conservatrici della piccola e media borghesia radicate nelle campagne, così come i riflessi politici e ideologici dei conflitti sociali all’interno del partito, incarnati dalle fughe in avanti e dalle giravolte di Trozky, nonché dai cedimenti e dalle capitolazioni di Zinov'ev e di Bucharin, hanno rappresentato altrettante sfide con cui il partito comunista ha dovuto misurarsi sotto la direzione di Stalin. Solo una salda direzione e la capacità di individuare con chiarezza gli obiettivi immediati, intermedi e finali del processo in corso potevano garantire, in un periodo di ferro e di fuoco (1924-1953), il successo non solo della costruzione del socialismo in un solo paese, ma anche della realizzazione di una base rossa per la rivoluzione mondiale. Un corretto approccio a questa grandiosa vicenda storica, per non essere superficiale, unilaterale e in definitiva opportunistico, deve perciò poggiare su un’esatta comprensione degli effettivi processi storici, dei concreti rapporti di classe e delle reali forze in campo. In questo senso, non vi è alcun dubbio che un deficit di comprensione di questi dati e del modo di agire su di essi per trasformarli in altrettante leve della transizione sia all’origine della sconfitta degli oppositori di Stalin e dell’affermazione della base operaia, contadina e intellettuale, che lo sosteneva. I processi di Mosca degli anni Trenta sono la conseguenza di questa sconfitta e dimostrano che, come era già avvenuto ai tempi di Cromwell e di Robespierre con il taglio delle ali estreme (da Carlo I ai Levellers, da Danton a Hébert, da Trotsky a Bucharin), il processo rivoluzionario, in cui quei processi necessariamente rientravano, viene sempre governato dal centro e deve premunirsi dai sussulti controrivoluzionari estirpando le radici interne delle cospirazioni internazionali, poiché, come osservava Stalin con sagacia e lungimiranza, “le fortezze si espugnano dall’interno”.
In conclusione, ritengo che, dal punto di vista storico e soprattutto teorico, sia fondamentale ancor oggi per coloro che militano nel movimento operaio e comunista acquisire una conoscenza ampia e approfondita sulle scelte compiute, sulle motivazioni che le ispirarono e sugli indirizzi adottati in Urss dalla maggioranza del gruppo dirigente bolscevico durante il periodo che va dal 1924 al 1953. Lo scopo di tale conoscenza naturalmente non può essere quello di individuare schematiche analogie tra quella fase storica e la fase attuale (anche se con la creazione di più poli imperialistici su scala mondiale e dopo che la progressiva restaurazione del capitalismo in Urss è sfociata nel dissolvimento dello Stato socialista non mancano talune analogie con il periodo compreso tra il 1900 e il 1914), ma quello, per usare una bella espressione del marxista nordamericano Paul Sweezy, di capire “il presente come storia”. Solo in tal modo, imparando come i princìpi della teoria scientifica siano stati applicati in altri contesti e applicando tali princìpi alle situazioni concrete in cui si trova ad operare oggi il movimento di classe, sarà possibile non solo rivalutare, insieme con Stalin, ciò che questo nome rappresenta, ma anche svolgere un’azione efficace nel contrastare l’offensiva ideologica e culturale che tende a liquidare l’esperienza teorica e pratica del proletariato mondiale nelle società di transizione e ad espungere tale esperienza dalla formazione politica e intellettuale di quella parte delle nuove generazioni che manifesta la sua opposizione al sistema capitalistico.
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Eros Barone
Monday, 08 April 2019 23:10
“Questi sono i fatti”, scrive Vale e trascrive con diligenza le famose note che Lenin dettò tra il 23 dicembre 1922 e il 5 gennaio 1923. Orbene, a meno che non si intenda ridurre l’esistenza della realtà effettiva e potenziale (ossia di ciò che costituisce l’oggetto dell’azione politica) all’esistenza semantica di un documento o, il che è lo stesso, elevare questa a quella, i “fatti”, in sede storica e in punto di analisi, vanno decifrati e inquadrati. Lenin propone di allargare il Comitato Centrale a “un centinaio di membri”, poiché ritiene che “ciò sia necessario e per elevare l'autorità del CC, e per lavorare seriamente al miglioramento del nostro apparato, e per evitare che conflitti di piccoli gruppi del CC possano avere una importanza troppo sproporzionata per le sorti di tutto il partito. Io penso che il nostro partito abbia il diritto di esigere dalla classe operaia 50-100 membri del CC”. Precisa quindi che si tratta di “misure da prendere contro la scissione” e afferma che, “da questo punto di vista, fondamentali per la questione della stabilità sono certi membri del CC come Stalin e Trotsky”, i cui “rapporti”, a suo giudizio, “rappresentano una buona metà del pericolo di una scissione”. Sennonché la contraddittorietà che si avverte in questo documento è così palese, che è impossibile non pensare al suo estensore come ad un uomo malato e menomato. In che modo, infatti, da cinquanta a cento operai aggiunti al CC avrebbero potuto “elevare l’autorità del CC” o diminuire il pericolo di una scissione? Non dicendo nulla in merito alle concezioni sul partito di Stalin e di Trotsky, Lenin si limita ad esprimere una semplice mozione degli affetti, come se fossero stati i rapporti personali tra i due dirigenti a minare l’unità del partito. Seguono i giudizi sui cinque massimi dirigenti del partito. Quello su Stalin, non a caso nominato per primo, non è affatto negativo, come gli ‘antistalinisti’ vorrebbero far credere con le loro acrobazie interpretative, ma al massimo, visto che si riferisce alle tendenze accentratrici di Stalin, peraltro favorite a suo tempo dallo stesso Lenin, è da ritenersi cautelativo, mentre quello su Trotsky è esplicitamente caratterizzato da ben quattro note negative: la lotta contro il CC sulla questione del “commissariato del popolo ai trasporti” in cui Trotsky sostenne la tesi della “militarizzazione dei sindacati”, la megalomania già citata, un’attitudine burocratica nel modo di affrontare i problemi e il suo non-bolscevismo che, sottolinea Lenin, “non fu certamente casuale”. Ebbene, Lenin dettò queste righe animato dal proposito di evitare una scissione nel gruppo dirigente, ma le valutazioni ivi espresse sui suoi massimi esponenti sembrano fatte per minare il loro prestigio e per farli scontrare fra di loro. Ho già messo in rilievo la particolare congiuntura psicofisica in cui Lenin giunse a dettare queste note, e mi si scuserà se non mi soffermo sul ‘post-scriptum’ (inerente alla “brutalità” di Stalin) aggiunto da Lenin dieci giorni dopo, ‘post-scriptum’ che evidentemente si riferisce al rimprovero che Stalin aveva rivolto alla Krupskaja dodici giorni prima. Non ci vuol molto a capire che, gravemente ammalato, semi-paralizzato, Lenin era sempre più dipendente da sua moglie, ragione per cui alcune parole troppo dure di Stalin nei confronti della Krupskaja bastarono ad indurlo a chiedere le dimissioni del segretario generale del partito. Domanda: per sostituirlo con chi? Risposta: con un uomo che avesse tutte le qualità di Stalin e un solo vantaggio: quello di essere “più tollerante e riguardoso”. Certo, Lenin non si riferiva a Trotsky, poiché in realtà non si riferiva a nessuno. Né il ripetersi di un nuovo incidente nei rapporti tra Stalin e la Krupskja, il 5 marzo successivo, cui seguì una lettera di Lenin a Stalin, ove il primo chiedeva al secondo di scusarsi, pena la rottura completa dei rapporti (lettera che la stessa Krupskaja non volle che fosse trasmessa al destinatario), può modificare il quadro complessivo della vicenda nei suoi lineamenti ormai del tutto patologici. Ovvero, se qualcosa di patologico non mancò nella fase successiva alla morte di Lenin, questo fu allorché Trotsky, indossate le mentite spoglie di ‘detective’, fabbricando di sana pianta la sua accusa contro Stalin, da lui qualificato come “l’assassino di Lenin”, e utilizzando in modo fraudolento il c.d. “testamento di Lenin”, giunse a screditare completamente tutta la sua campagna contro Stalin.
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Marco
Monday, 08 April 2019 18:39
Cittadino Galati, il "testamento" era così favorevole a Stalin... che Stalin ha deciso di ritoccarlo. E, fra l'altro, il riferimento al "non bolscevismo" di Trotsky è appunto una delle interpolazioni che Canfora gli ascrive.
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giorgio
Monday, 08 April 2019 17:37
Poiché non sono "incatenato" ad un computer solo ora rispondo alla richiesta di indicare in cosa Stalin e la Unione Sovietica dalla rivoluzione d'ottobre al secondo dopoguerra può insegnare oggi a chi vuole una trasformazione del sistema sociale ed economico capitalista. Innanzitutto la volontà di conquistare il potere politico grazie ad una organizzazione rivoluzionaria che non si preoccupa di maggioranze elettorali eterogenee ma di interessi di classe perseguiti con ogni mezzo oltre i vincoli culturali e materiali in cui si trova sussunta una società -Marx ci ricorda che l'uomo è il suo essere sociale e quindi può comprendere o non comprendere il suo interesse collettivo di classe come quello personale di individuo- e si preoccupa di conservare detto potere per la trasformazione della società secondo la propria visione: questo è ciò che esattamente fanno per i propri fini tutti i poteri borghesi del mondo e della storia e non si comprende perché invece un potere rivoluzionario dovrebbe rinunciarvi per permettere alla borghesia di continuare a perseguire i propri obiettivi contrari.
Tutti gli stati borghesi, è inutile l'elencazione storica, hanno sempre combattuto con mezzi militari le attività rivoluzionarie: ho letto in alcuni interventi che nei paesi capitalisti si può essere "comunisti" ed è vero se con tale termine si vuole descrivere uno "stato individuale di letture o sentimenti" inoffensivo ma è completamente falso se si intende per comunista colui che persegue con ogni mezzo la rivoluzione sociale. In Italia come in ogni paese capitalista esiste il delitto di opinione e ci sono norme che prevedono l'immediata risposta repressiva per chi voglia "sovvertire l'ordinamento dello stato", ovviamente borghese ( caratterizzato oggi da proprietà privata dei mezzi di produzione e controllo del sistema finanziario e dei mezzi di comunicazione).
Quindi Stalin insegna ancor oggi anche a resistere agli attacchi della borghesia ponendo al centro la politica trasformatrice e il Venezuela chavista, oggi, non negli anni'30, sta applicando quella lezione nonostante tutto il mondo capitalista voglia distruggerlo dopo che lo ha tentato prima da sola la borghesia autoctona senza risultato se non di distruggere lo stato e la sua economia.
Ma Stalin ci insegna oggi anche l'errore della dirigenza Chavista ovvero il non aver spossessato dei mezzi di produzione la borghesia Venezuelana se non in minima parte, permettendogli di distruggere le aziende e le fonti di ricchezza del popolo per combattere in tal modo il governo socialista: quando Chavez aveva le risorse necessarie per poterlo fare mantenne un approccio collaborativo con ampi settori economici privati del paese
alla ricerca di un consenso che era solo strumentale e ovviamente tattico in attesa dei temi migliori di un attacco a fondo per la restaurazione del potere capitalista asservito in primis agli USA. Il sostegno popolare all'attuale governo, sia nelle molte elezioni del 2018 sia nelle piazze oggi che l'economia è in stato disastrato e soggetta alle "sanzioni" ammazzaminori del sistema iracheno dimostra che avrebbe avuto ragione Stalin nel nazionalizzare quello che Chavez non ha completato.
Stalin ha sviluppato l'industria moderna salvando il paese
nella seconda guerra mondiale e lo ha fatto sviluppando il sistema scolastico e mi pare che entrambi questi criteri di impostazione politica siano validi anco oggi.
La domanda potrebbe essere formulata all'opposto: cosa invece ci aiuta oggi delle idee, visto che fatti non ce ne sono di qualità e natura trasformatrice anticapitalista, propugnate dai marxisti liberali occidentalizzati al di là di sostegni al reddito (di sudditanza) ?
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Vale
Monday, 08 April 2019 11:51
No Galati, hai letto male. Non mi interessa difendere Trotzki (come a te sembra), ma la frase corretta è “non gli si può ascrivere.. il non bolscevismo (a Trotzki)”. Lenin, come si può leggere, vuole raddoppiare i membri del CC contro l’autocratismo montante di Stalin; come si può leggere, Stalin è l’unico a cui Lenin non trova nemmeno un pregio; e, infine, sempre come si può leggere, Stalin è l’unico che Lenin vuole venga destituito.
Quoting Mario Galati:
Faccio notare che nel "Testamento", che scolpirebbe i giudizi definitivi e le ultime volontà di Lenin, non c'è alcun cenno allo "sciovinismo" di Stalin.

Infatti, lì lo definisce solo come un autocrate pericoloso che deve essere destituito dal suo incarico. “Sciovinista” si trova in un'altra lettera. Come ti ho già detto ( commento nr 50 ), quella frase di Lenin [ “Dichiaro guerra (e non una guerricciola, ma una lotta per la vita e per la morte) allo sciovinismo granderusso di Stalin” ] si trova nel biglietto indirizzato a Lev Kamenev e la puoi andare a leggere nella versione pubblicata sotto il titolo «Biglietto all’Ufficio Politico sulla lotta contro lo sciovinismo di grande potenza» (6 ottobre 1922) [ in V.I. Lenin, Opere complete, vol. XXXIII, cit., p. 339 ]
PS : per tutto quello che ci siamo già detti ( e che tu chiaramente ignori, da come si può notare nei commenti precedenti ) non c’era bisogno di Lenin per capire che Stalin fosse uno sciovinista, nazionalista e influenzato dal darwinismo eugenetico .
Ciao.
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Mario Galati
Monday, 08 April 2019 09:44
Dunque, nel "Testemento", Lenin sottolinea il narcisismo, l'amministrativismo e, soprattutto, il "non bolscevismo" "non casuale", di Trotzki. Lenin lo ha sempre ritenuto legato ad un fondo menscevico. Poi parla del dubbio marxismo di Bukarin, della sua assenza di dialettica, e della non casualità del comportamento di Zinoviev e Kamenev nella preparazione della rivoluzione (si ricordi la loro contrarietà all'insurrezione e alla presa del potere e la pubblicazione svelatrice dei piani dell'insurrezione fatta da Zinoviev sui giornali. Un fatto gravissimo). A Stalin, invece, non muove alcun rilievo teorico o politico. Anzi, ne condivide in pieno l'impostazione teorica e la linea politica. Gli rimprovera solo limiti caratteriali ("designare a questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più tollerante, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, ecc.". Dunque, si tratta "solo" di difetti caratteriali. per il resto, non vi è alcun motivo di sostituire Stalin). Dovreste sapere che Lenin scrive in seguito ad una telefonata di Stalin alla Krupskaia, nella quale la rimprovera indelicatamente di violare le disposizioni dei medici che vietavano nel modo più categorico di affaticare Lenin, prescrivendone il riposo assoluto, pena la morte. Invece, si sottoponevano a Lenin questioni e lo si interessava della vita del partito e dello stato, proprio tramite la moglie. Questo rimprovero brutale viene riferito dalla Krupskaia a Lenin (sbagliando, così, due volte), il quale, come è umanamente comprensibile, reagisce irritato e urtato in difesa della moglie e scrive quelle cose sulla indelicatezza e brutalità di Stalin. Ora, il partito aveva incaricato Stalin di attendere al rispetto delle prescrizioni mediche e alla tranquillità di Lenin (pena la vita, si badi bene). ma tutto questo viene interpretato dal ciarpame antistalinista come il muro di isolamento costruito da Stalin intorno a Lenin. per il resto, Eros Barone ha chiarito bene come le decisioni circa il cosiddetto testamento di Lenin siano state collegiali, Trotzki compreso, anche se poi lo ha dimenticato. E si era in un periodo nel quale non era ancora consolidato il potere di Stalin.
Ripeto, Luciano Canfora non è così fesso da non capire che il "testamento" colpisce politicamente Trotzki, Bukarin, Zinoviev e Kamenev e, invece, conferma politicamente Stalin. Tanto è vero che ritiene che lo stesso Stalin possa averlo ritoccato.
Dunque, perchè continuare con questa stupida speculazione su uno scritto che, tra l'altro, non è neppure scritto di pugno da Lenin?
P.S. Faccio notare che nel "Testamento", che scolpirebbe i giudizi definitivi e le ultime volontà di Lenin, non c'è alcun cenno allo "sciovinismo" di Stalin. Invece c'è spazio per il menscevismo di Trozki. Come la mettiamo?
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Vale
Monday, 08 April 2019 01:41
Daniele grazie e concordo su tutto.
Concludo anch’io, con qualche osservazione in ordine sparso.
La rivoluzione del ’17 ( che fosse in linea o meno con Marx ) seppe comunque dare un senso di dignità alle classi subalterne e accendere le speranze emancipatrici di alcune generazioni , mobilitando milioni di essere umani attraverso il pianeta.
Negare i crimini e le vittime della “costruzione del socialismo in un paese solo” è come negare la schiavitù o i crimini del colonialismo.
A Stalingrado fu scritta una pagina gloriosa contro il nazismo.
La fine del marxismo ufficiale dell’URSS ha liberato Marx dalla pubblica identificazione con il leninismo nella teoria e con i regimi leninisti nella pratica.
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Vale
Monday, 08 April 2019 01:35
Questi sono i fatti :
La Lettera al Congresso, conosciuta sotto il nome di "Testamento" fu dettata da Lenin dal 23 al 26 dicembre 1922 e il "supplemento alla lettera del 24 dicembre 1922" il 4 gennaio 1923. Lenin riteneva indispensabile che dopo la sua morte la lettera fosse portata a conoscenza dell'imminente congresso del partito.
Ne fu data lettura ai delegati del XIII Congresso che si tenne dal 23 al 31 maggio 1924. La lettera non fu mai resa pubblica da Stalin . Morto Stalin, fu pubblicato nel ’56, su decisione del XX Congresso del PCUS , nel Kommunist n. 9 e poi raccolte in un opuscolo di grande tiratura.
Ora, come potrete leggere, Stalin fu l’unico a cui Lenin non trovò nemmeno un pregio , ma solo pericolose lacune , per le quali , dice Lenin “propongo ai compagni di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico” ( Aggiunta alla lettera del 24 dicembre 1922 )
Di seguito il testo completo :
“Consiglierei vivamente di intraprendere a questo congresso una serie di mutamenti nella nostra struttura politica.
Vorrei sottoporvi le considerazioni che ritengo più importanti.
In primo luogo propongo di elevare il numero dei membri del CC portandolo ad alcune decine o anche a un centinaio. Penso che, se non intraprendessimo una tale riforma, grandi pericoli minaccerebbero il nostro CC nel caso in cui il corso degli avvenimenti non ci fosse del tutto favorevole (cosa di cui non possiamo non tener conto).
Penso poi di sottoporre all'attenzione del congresso la proposta di dare, a certe condizioni, un carattere legislativo alle decisioni dei Gosplan, andando così incontro, fino a un certo punto e a certe condizioni, al compagno Trotski.
Per quel che riguarda il primo punto, cioè l'aumento del numero dei membri del CC, penso che ciò sia necessario e per elevare l'autorità del CC, e per lavorare seriamente al miglioramento del nostro apparato, e per evitare che conflitti di piccoli gruppi del CC possano avere una importanza troppo sproporzionata per le sorti di tutto il partito.
Io penso che il nostro partito abbia il diritto di esigere dalla classe operaia 50-100 membri del CC e che possa ottenerli senza un eccessivo sforzo da parte di essa.
Una tale riforma aumenterebbe notevolmente la solidità del nostro partito e faciliterebbe la lotta che esso deve condurre in mezzo a Stati nemici e che, a mio parere, potrà e dovrà acuirsi fortemente nei prossimi anni. Io penso che la stabilità del nostro partito guadagnerebbe enormemente da un tale provvedimento.
Per stabilità del Comitato centrale, di cui ho parlato sopra, intendo provvedimenti contro la scissione, nella misura in cui tali provvedimenti possano in generale essere presi. Perché, certo, la guardia bianca della Russkaia MysI (mi pare fosse S. F. Oldenburg) aveva ragione quando, in primo luogo, faceva assegnamento, per quanto riguarda il loro gioco contro la Russia sovietica, sulla scissione del nostro partito, e quando, in secondo luogo, faceva assegnamento, per l'avverarsi di questa scissione, sui gravissimi dissensi nel partito.
Il nostro partito si fonda su due classi, e sarebbe perciò possibile la sua instabilità, e inevitabile il suo crollo, se tra queste due classi non potesse sussistere un'intesa. In questo caso sarebbe inutile prendere questi o quel provvedimenti e in generale discutere sulla stabilità del nostro CC. Non ci sono provvedimenti, in questo caso, capaci di evitare la scissione. Ma spero che questo sia un avvenimento di un futuro troppo lontano e troppo inverosimile perché se ne debba parlare.
Intendo stabilità come garanzia contro la scissione nel prossimo avvenire, e ho l'intenzione di esporre qui una serie di considerazioni di natura puramente personale.
Io penso che, da questo punto di vista, fondamentali per la questione della stabilità siano certi membri del CC come Stalin e Trotski.
I rapporti tra loro, secondo me, rappresentano una buona metà del pericolo di quella scissione, che potrebbe essere evitata e ad evitare la quale, a mio parere, dovrebbe servire, tra l'altro, l'aumento del numero dei membri del CC a 50 o a 100 persone.
Il compagno Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e io non sono sicuro che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza. D'altro canto, il compagno Trotski come ha già dimostrato la sua lotta contro il CC nella questione del commissariato del popolo per i trasporti, si distingue non solo per le sue eminenti capacità. Personalmente egli è forse il più capace tra i membri dell'attuale CC, ma ha anche una eccessiva sicurezza di sé e una tendenza eccessiva a considerare il lato puramente amministrativo dei problemi.
Queste due qualità dei due capi più eminenti dell'attuale CC possono eventualmente portare alla scissione, e se il nostro partito non prenderà misure per impedirlo, la scissione può avvenire improvvisamente.
Non continuerò a caratterizzare gli altri membri del CC secondo le loro qualità personali. Ricordo soltanto che l'episodio di cui sono stati protagonisti nell'ottobre Zinoviev e Kamenev non fu certamente casuale, ma che d'altra parte non glielo si può ascrivere personalmente a colpa, così come il non bolscevismo a Trotski.
Dei giovani membri del CC, voglio dire qualche parola su Bukharin e Piatakov. Sono queste, secondo me, le forze più eminenti (tra quelle più giovani), e riguardo a loro bisogna tener presente quanto segue: Bukharin non è soltanto un validissimo e importantissimo teorico del partito, ma è considerato anche, giustamente, il prediletto di tutto il partito, ma le sue concezioni teoriche solo con grandissima perplessità possono essere considerate pienamente marxiste, poiché in lui vi è qualcosa di scolastico (egli non ha mai appreso e, penso, mai compreso pienamente la dialettica
Ed ora Piatakov: è un uomo indubbiamente di grandissima volontà e di grandissime capacità, ma troppo attratto dal metodo amministrativo e dall'aspetto amministrativo dei problemi perché si possa contare su di lui per una seria questione politica.
Naturalmente, sia questa che quella osservazione sono fatte solo per il momento, nel presupposto che ambedue questi eminenti e devoti militanti trovino l'occasione di completare le proprie conoscenze e di eliminare la propria unilateralità.

Aggiunta alla lettera del 24 dicembre 1922
Stalin è troppo grossolano, e questo difetto, del tutto tollerabile nell'ambiente e nel rapporti tra noi comunisti, diventa intollerabile nella funzione di segretario generale. Perciò propongo ai compagni di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico e di designare a questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più tollerante, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, ecc. Questa circostanza può apparire una piccolezza insignificante. Ma io penso che, dal punto di vista dell'impedimento di una scissione e di quanto ho scritto sopra sui rapporti tra Stalin e Trotski, non è una piccolezza, ovvero è una piccolezza che può avere un'importanza decisiva.
Lenin
4 gennaio 1923

Continuazione degli appunti.
26 dicembre 1922
L'aumento del numero dei membri del CC a 50 o anche a 100 persone deve servire, secondo me, a un duplice, o, anzi, a un triplice scopo: quanto più saranno i membri del CC, tanto più saranno quelli che impareranno a lavorare nel CC e tanto minore sarà il pericolo di una scissione derivante da una qualsiasi imprudenza. La partecipazione di molti operai al CC aiuterà gli operai a migliorare il nostro apparato, che è piuttosto cattivo. Esso, in sostanza, c'è stato tramandato dal vecchio regime, poiché trasformarlo in così breve tempo, soprattutto con la guerra, la fame, ecc., era assolutamente impossibile. Perciò a quei "critici" che, con un sorrisetto o con cattiveria, ci fanno notare i difetti del nostro apparato, si può tranquillamente rispondere che essi assolutamente non comprendono le condizioni della rivoluzione contemporanea. Non si può assolutamente trasformare a sufficienza un apparato in cinque anni, soprattutto nelle condizioni in cui è avvenuta da noi la rivoluzione. E' già abbastanza che in cinque anni abbiamo creato un nuovo tipo di Stato in cui gli operai marciano alla testa dei contadini contro la borghesia; e ciò, con una situazione internazionale avversa, rappresenta di per sé un fatto enorme. Ma la coscienza di questo non ci deve assolutamente far chiudere gli occhi sul fatto che noi abbiamo ereditato, in sostanza, il vecchio apparato dello zar e della borghesia, e che ora, sopravvenuta la pace e assicurato il minimo necessario contro la fame, tutto il lavoro dev'essere diretto al suo miglioramento .
La mia idea è che alcune decine di operai, entrando a far parte del CC, possono accingersi meglio di qualsiasi altro alla verifica, al miglioramento e al rinnovamento del nostro apparato. L'Ispezione operaia e contadina, cui prima spettava questa funzione, si è rivelata incapace di adempierla e può essere utilizzata solo come "appendice" o come aiuto, in determinate condizioni, a questi membri del CC. Gli operai che entrano a far parte del CC debbono essere, a mio parere, in modo prevalente non di quegli operai che hanno compiuto un lungo servizio nelle organizzazioni dei soviet (dicendo operai, in questa parte della mia lettera intendo sempre anche i contadini), poiché in questi operai si sono già create certe tradizioni e certi pregiudizi contro i quali appunto noi vogliamo lottare.
Gli operai che devono entrare nel CC debbono essere in prevalenza operai che stiano più in basso di quello strato che è entrato a far parte da noi, in questi cinque anni, della schiera degli impiegati sovietici, e che appartengano piuttosto al numero degli operai e dei contadini di base, che tuttavia non rientrino direttamente o indirettamente nella categoria degli sfruttatori. Io penso che tali operai, assistendo a tutte le sedute del CC, a tutte le sedute dell'Ufficio politico, leggendo tutti i documenti del CC, possano costituire un nucleo di devoti partigiani del regime sovietico, capaci, in primo luogo, di dare stabilità allo stesso CC e, in secondo luogo, capaci di lavorare effettivamente al rinnovamento e al miglioramento dell'apparato.
Aumentando il numero dei membri del CC, ci si deve a mio parere, preoccupare anche e, forse, soprattutto, di controllare e migliorare il nostro apparato, che non va affatto. A questo scopo dobbiamo utilizzare l'opera di specialisti altamente qualificati, e la ricerca di questi specialisti deve essere compito della Ispezione operaia e contadina.
Come combinare questi specialisti-controllori, - dotati delle necessarie conoscenze - e questi nuovi membri del CC? E' questo un problema che deve essere risolto praticamente.
A me pare che l'Ispezione operaia e contadina (per effetto del suo sviluppo nonché delle nostre perplessità a proposito del suo sviluppo) ha dato in ultima analisi ciò che ora osserviamo, e cioè uno stato di transizione da un particolare commissariato del popolo a una particolare funzione dei membri del CC; da una istituzione che revisiona tutto e tutti, a un insieme di revisori non numerosi, ma di prim'ordine, che debbono essere ben pagati (questo è soprattutto necessario nella nostra epoca, in cui tutto va pagato, e dato che i revisori si pongono direttamente al servizio di quelle istituzioni che meglio li pagano).
Se il numero dei membri del CC sarà opportunamente aumentato e se essi svolgeranno di anno in anno un corso di amministrazione statale con l'aiuto di tali specialisti altamente qualificati e di membri della Ispezione operaia e contadina dotati di grande autorità in tutti i settori, allora, io penso, adempiremo felicemente questo compito che per tanto tempo non siamo riusciti ad assolvere.
Insomma, fino a 100 membri del CC e non più di 400-500 loro collaboratori, membri dell'Ispezione operaia e contadina, che svolgano funzioni di revisione per loro incarico.”
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Eros Barone
Sunday, 07 April 2019 23:57
Intervengo per chiarire la questione del c.d. ‘testamento’ di Lenin, classico ‘topos’ della polemica ‘antistalinista’ richiamato nel corso del presente dibattito, se non erro, da Vale e da Antonio, oltre che, in sede di rettifica delle distorsioni interpretative in cui sono incorsi costoro, da Mario Galati. Orbene, a partire dall’VIII Congresso del Partito Comunista (bolscevico) dell’URSS (1919) Stalin era stato designato quale membro dell’Ufficio Politico al fianco di Lenin, Kamenev, Trotsky e Krestinskij. Nel mese di febbraio del 1922, su proposta di Lenin, Stalin fu nominato anche segretario generale del partito. Dal canto suo, Lenin, colpito da un primo attacco di paralisi nel maggio dello stesso anno e da un nuovo attacco nel mese di dicembre, non si sarebbe più ristabilito. per questo motivo i medici avevano vietato che il capo dello Stato sovietico svolgesse qualsiasi genere di attività politica e Stalin era stato incaricato di gestire i rapporti con Lenin, con i medici e con la Krupskaja: un incarico, data la situazione, estremamente delicato. Sennonché, verso la fine di dicembre del 1922, quest’ultima aveva scritto una lettera che Lenin le aveva dettato e Stalin, per via di questa infrazione alle istruzioni impartite dai medici, la riprese per telefono. Fu in questa particolare congiuntura psicofisica che, sempre alla fine di dicembre, vide la luce quello che gli ‘antistalinisti’ borghesi, trozkisti e revisionisti definiscono tanto concordemente quanto impropriamente “il testamento di Lenin”. Nel 1925 Max Eastman, un trozkista statunitense, pubblicò questo documento con lo scopo di farne una testa di ariete apologetica a favore di Trotsky, cosicché questi si vide costretto a replicare sulla rivista “Bolševik” nei seguenti termini: “Eastman afferma che il Comitato Centrale ha nascosto il preteso ‘testamento’ al Partito...Vladimir Il’ič non ha lasciato alcun “testamento” e lo stesso carattere dei suoi rapporti con il Partito, come lo stesso carattere del Partito, esclude ogni idea di ‘testamento’. Generalmente la stampa degli emigrati e la stampa straniera borghese e menscevica designano sotto questo nome, deformandola al punto da renderla incomprensibile, una lettera di Vladimir Il’ič che contiene alcuni consigli di natura organizzativa. Il Congresso del Partito l’ha esaminata con la più grande attenzione. Tutte le chiacchiere secondo le quali si è nascosto o respinto un ‘testamento’ sono delle malevole invenzioni” (cfr. Gérard Walter, “Lénine”, éd. Albin Michel, 1971, p. 472). Il fatto che, qualche anno dopo, lo stesso Trotsky, nella sua autobiografia, manifestasse la sua indignazione per il “testamento di Lenin che si è nascosto al Partito”, rientra, al solito, nelle giravolte della sua tattica anguilleggiante. Che altro dire circa il pompaggio propagandistico con cui gli ‘antistalinisti’ hanno gonfiato un documento dettato da una persona certamente eccezionale ma anche condizionata da una grave malattia, se non che, pur limitandone la lettura alla parte in cui Lenin esprimeva alcuni giudizi sui cinque principali dirigenti del Partito (Stalin, non a caso nominato per primo, Trotsky, Bucharin, Zinov’ev e Kamenev), ha pienamente ragione Mario Galati ad affermare che “il cosiddetto testamento di Lenin, nella versione in cui circola, è favorevole a Stalin, tanto è vero che fu proprio lui a farlo leggere al Comitato Centrale”? Valga il vero. Cito integralmente i giudizi di Lenin sui due antagonisti: “Il compagno Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un potere smisurato, ed io non sono sicuro che egli possa sempre servirsene con sufficiente oculatezza. D’altra parte il compagno Trotsky, come ha già dimostrato la sua lotta contro il Comitato Centrale sulla questione del Commissariato del popolo alla Comunicazione, non si fa notare soltanto per le sue eminenti capacità. Egli è forse l’uomo più capace dell’attuale Comitato Centrale, ma pecca di un’eccessiva sicurezza di sé e di un’infatuazione esagerata per l’aspetto puramente amministrativo delle questioni”. Secondo Trotsky, affetto da palese megalomania, questo giudizio equivaleva alla sua designazione quale successore di Lenin, ma niente di simile emerge in queste righe. Stalin spicca, invece, per il suo curriculum rivoluzionario senza macchie e l’unico interrogativo che Lenin pone concerne l’uso equilibrato degli ampi poteri concentrati nelle sue mani. Anni dopo, nel 1927, quando l’opposizione unificata tentò nuovamente di strumentalizzare il ‘testamento’ contro la direzione del partito, Stalin dichiarò in modo netto e inequivocabile quanto segue: “Gli oppositori hanno sollevato qui un gran clamore pretendendo che il Comitato Centrale del Partito abbia ‘nascosto’ il ‘testamento’ di Lenin. Questa questione è stata trattata numerose volte...È stato provato e ancora provato che nessuno ha nascosto alcunché, che questo ‘testamento’ di Lenin fu indirizzato al XIII Congresso [che si svolse nel 1924, a ridosso della morte di Lenin] e che il Partito ha deciso all’unanimità di non pubblicarlo, tra l’altro perché Lenin non lo aveva voluto e sollecitato...Si dice che in questo ‘testamento’ Lenin avesse proposto che si discutesse, data la ‘villania’ di Stalin, se non fosse il caso di sostituire Stalin, come segretario generale, con qualche altro compagno. Ciò è del tutto esatto. Sì, compagni, io sono brutale verso coloro che rompono e dividono il Partito in modo brutale e a tradimento. Già nella prima sessione del Plenum del Comitato Centrale, dopo il XIII Congresso, ho chiesto che il Plenum mi sollevasse dalla funzione di segretario generale...Ogni delegazione ha dibattuto questa questione e tutte le delegazioni, tra le quali Trotsky, Zinov’ev e Kamenev, hanno obbligato Stalin a restare al suo posto. Un anno dopo, ho nuovamente rivolto al Plenum una richiesta affinché mi sollevasse dal mio incarico, ma nuovamente sono stato obbligato a rimanere al mio posto” (Stalin, “Werke”, vol. 10, Dichiarazione del 23 ottobre 1927, Dietz-Verlag, 1950, pp. 151, 153).
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daniele benzi
Sunday, 07 April 2019 22:00
Cari ex Compagni Giorgio (cognome np), Galati e Barone (Professor Eros),

riprendo le dovute distanze dopo aver constatato che il quesito di un semplice primate piccolo borghese come me (mai più Vostro Compagno) non è stato considerato degno di risposta:

Che cosa esattamente dovremmo rivalutare e recuperare dell'esperienza dell'URSS e, in particolare, della gloriosa epoca di Iósif Vissariónovich Dzhugashvili, detto Stalin, per la lotta sociale e politica di oggi in Italia, in Europa e nel mondo?

Non sarete per caso l'ultima categoria di uomini elencata da Don Mariano Arena nel Giorno della civetta?

Magari la risposta che darebbe Vale al questo di questo primate non sarebbe credibile lassù, perchè per voi forse è un provocatore, un agente troskoimperialista o un nemico del popolo. Ma qui, fra la gente delle palme, i suoi argomenti sono stati più che sufficienti per ricordarci che razza di impostori sono gli "stalinisti". Manipolatori e insidiosi come i testimoni di geova. Ha riscosso successo Vale, perchè come dicono i nostri cugini primati compagni siciliani (tutto in minuscolo) è evidente che "quattru fili si mancia"...

La vostra "verità", invece, ancorchè fosse rivoluzionaria (è senz'altro non lo è), non si mangia, non cura le malattie e, soprattutto di questi tempi, non offre un lavoro degno nemmeno ai raccomandati. "Niente saldi di speranza. Niente saldi di esistenza. Niente voti alla Madonna"...Ed io, orgogliosamente primate e piccolo borghese, per riprendere il testo del Manifesto dei CCCP citato con tanta sicumera dall'onorato stalinista Galati, raffino i sentimenti, trasgredisco i rituali e, di sicuro, valgo molto di più di un aumento economico e di un posto garantito che non avrò...

Caro ex compagno prof. Barone, nella repubblica libera dei primati (tutto rigorosamente in minuscolo), le noci di cocco ce le mangiamo, mica le sprechiamo per tirarle in testa a chi delira senza essersi mai fatto di alcol e roipnol, manco un "flash" vero, ma appena dosi massicce di ideologia stantia e un esercizio ossessivo-compulsivo di uno sport fortunamente in via di estinzione per ragioni non politiche, ma squisitamente demografiche e sociali: l'onanismo teorico-intellettuale, figlio spurio della scolastica tardo marxiana del XX secolo.

Quando qualche prof. come lei (rigorosissimamente in minusculo) giunge ancora fra i primati per farci la lezione, affermando o, ancora peggio, comportandosi di fatto come se Marx avesse detto letteralmente che "L’anatomia dell’uomo è una chiave per l’anatomia della scimmia", noi abitanti delle palme per prima cosa gli offriamo un cocco, poi gli spieghiamo che di Marx ci prendiamo quello che ci serve, quando ci serve e a modo nostro e, terzo, se continua a scassarcela con la sua saccenza anticrittogramica, ce lo mangiamo vivo, proprio come facevano i comunisti con i bambini.

Un addio senza rimpianti ai miei mai più Compagni,
daniele
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Vale
Sunday, 07 April 2019 19:37
No, non ci credo, sto crepando.. ma qui siamo a dei livelli che nemmeno Corrado Guazzanti… Chapeau.
Quoting Mario Galati:
Se si deportano gli adulti è inevitabile e anche giusto che i bambini li seguano. In ciò i terribili stalinisti si sono mostrati umani e non hanno smembrato le famiglie.

Galati, la metà dei deportati non è arrivata nemmeno a destinazione. E’ morta nei convogli. E molti altri di loro sono morti in Siberia.
E le deportazioni etniche erano state decise prima, e vennero fatte a prescindere da , l’operazione Barbarossa di Htler. Dall’estremo oriente al Baltico.
Fammi capire... le politiche di deportazioni etniche di Stalin furono definite , dal PCUS nel ’56 ( nel XX Congresso ), “atti mostruosi e profonde violazione dei principi di base leninisti delle politiche della nazionalità degli stati sovietici” .. e , dal Soviet supremo dell’URSS (14 novembre ’89) “criminali, atti repressivi perpetrati ai danni delle popolazioni che furono assoggettate a deportazioni forzate”. Domanda inevitabile : anche il PCUS e il Soviet supremo non hanno capito il materialismo storico ? Oppure erano “borghesi” ( o “trotzkisti” o “liberali” o “primati” ) pagati dal complotto massonico antistalinista ? Anche Lenin , che “dichiarò guerra” allo “sciovinismo grande russo di Stalin”, non ragionava secondo il materialismo storico ?

Quoting Mario Galati:

il cosiddetto testamento di Lenin, nella versione in cui circola è favorevole a Stalin, tanto è vero che fu proprio lui a farlo leggere al Comitato Centrale.

Eh si, era favorevole a Stalin, come no.. :
“Il compagno Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e io non sono sicuro che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza (..)Stalin é troppo grossolano, e questo difetto, del tutto tollerabile nell'ambiente e nei rapporti tra noi comunisti, diventa intollerabile nella funzione di segretario generale. Perciò propongo ai compagni di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico e di designare a questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più tollerante, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, ecc. "

E non fu Stalin a portarlo al Comitato Centrale . Fu Stalin se mai a decidere di non pubblicarlo. Fu pubblicato nel ’56 al XX Congresso del PCUS.

Mi sono fermato qua.. ( vado di fretta; appena ho un attimo leggerò il resto, anche perché promette bene.. ). Comunque si, certo, Stalin ( e chiunque altro ) non si comprende e non si risolve con le categorie del buono/cattivo, pazzo/non pazzo …Va inquadrato in un contesto storico, ovvio. Ma qui sto solo rispondendo a chi nega i crimini dello stalinismo e propone di “ripartire da Stalin” : a proposito, quando torno a leggere, sarei curioso anch’io di trovare una risposta al quesito proposto da daniele benzi .
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Franco
Sunday, 07 April 2019 17:27
Non capisco come non si possa e voglia vedere il "comunismo russo e quello cinese" ,come forme autonome di capitalismo. Il capitalismo e' diventato un sistema mondiale, e tutte le nazioni se le sono date e se le danno tra di loro usando gli "strumenti storici" che hanno a disposizione. Degli esseri umani non gliene frega niente a nessuno. Purtroppo. Ma forse e' troppo semplice. Per un'ignorante come me.
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Mario Galati
Sunday, 07 April 2019 15:30
Mi sembra che Vale non valuti bene quanto scritto. La popolazione tatara risultava un elemento di appoggio interno per i nazisti. Bisognava togliere questo appoggio. Se si deportano gli adulti è inevitabile e anche giusto che i bambini li seguano. In ciò i terribili stalinisti si sono mostrati umani e non hanno smembrato le famiglie. Quanto alle risorse petrolifere del caucaso, ci può essere una sciocchezza più sciocca di questa? Queste si trovavano già in territorio sovietico. Secondo te Stalin e l'URSS ne avrebbero potuto fare a meno e lasciarle nella libera disponibilità dei locali e poi di Hitler, che aveva aggredito l'Unione Sovietica anche per questo?
Il problema è che voi non cercate alcuna spiegazione storico-razionale alle azioni di Stalin. Voi partite dal presupposto-pregiudizio che si tratta delle azioni di un malvagio pazzo sanguinario. Dopo di che accogliete di buon grado qualunque grossa cazzata inventata a suo carico.
Per es., i milioni e milioni di vittime di questa o quella malvagità dello psicopatico Stalin, che aumentano sempre in linea progressiva iperbolica, continuano a circolare tranquillamente nonostante l'apertura degli archivi e più recenti studi storici seri (non certamente la letteratura alla Conquest e quella trozkista) che li smentiscono irrefutabilmente.
Si tratta di cifre come quelle sparate dalla propaganda fascista, oggi propaganda ufficiale, sulle foibe. Cifre assurde, prive di ogni fondamento e totalmente inventate.
Anche sulla genuinità delle disposizioni attribuite a Lenin sulla fine della sua vita forse sarebbe il caso di andare coi piedi di piombo. La propaganda trozkista si dà la zappa sui piedi, perché non si rende conto che il cosiddetto testamento di Lenin, nella versione in cui circola è favorevole a Stalin, tanto è vero che fu proprio lui a farlo leggere al Comitato Centrale. Per es., questa è la tesi di Luciano Canfora ne "La storia falsa", che ritiene che proprio Stalin l'abbia presentato come un punto a suo favore, dopo averlo "aggiustato".
Invece di inquadrare il grande scontro tra Stalin e l'opposizione nelle due linee divergenti sullo sviluppo della rivoluzione e dello stato sovietico, nella difficile situazione storica, che assumeva i caratteri di uno scontro sempre più duro e mortale, ne fate una questione di personalità malvagie che aggrediscono sadicamente persone, pacifici agnelli sacrificali, e popolazioni per soddisfare la propria sete di potere personale. Poi concentrate tutte queste pulsioni sadiche e di dominio nella persona di Stalin e la storia è fatta e spiegata.
La linea del socialismo in un paese solo, con tutto ciò che ne conseguiva (creazione veloce di una forte base produttiva, industrializzazione a tappe forzate, per la quale era necessaria una base agricola più forte e stabile, quindi collettivizzazione. Senza questa premessa l'Unione Sovietica non avrebbe potuto resistere all'assedio capitalistico e vincere la guerra) non è mai stata accettata da Trotzki e dalle opposizioni. Ma il problema è che non si sono limitati a dissentire e poi a collaborare lealmente nella difesa del paese. No, essi hanno pensato che l'obiettivo principale fosse scalzare il potere di Stalin. E per fare questo hanno cercato di indebolire l'URSS, sino alla collaborazione con i nazisti (altro che patto Molotov-Ribbentrop. Leggi "Il volo di Piatakov"). Che lo abbiano fatto, come sostiene Giorgio Galli, perché avevano sfiducia nella capacità di resistere alla prossima aggressione tedesca, arriva.do a patti nel tentativo di salvare un'area limitata del territorio sovietico, ormai ripulita dallo "stalinismo", non invece perché fossero venduti ai nazisti, poco importa. Essi lavoravano per la disgregazione e le accuse di agenti nazisti loro mosse potrebbero anche essere estreme, ma oggettivamente collegate con il loro operato. Erano sempre comunisti, può darsi, ma lavoravano per la disgregazione. Secondo voi Stalin e il gruppo dirigente potevano accettare elementi di indebolimento davanti allo snodo storico vitale ed alla guerra che si avvicinava?
Se parlate della collettivizzazione, dei contadini, della repressione delle opposizioni senza avere presente quali erano i nodi storici che bisognava sciogliere, parlate del nulla.
Ragionare su questo significa dire che Stalin e lo stato sovietico sono stati santi e infallibili? Per nulla.
Le cosiddette ezovchine hanno fatto innumerevoli vittime innocenti e tra gli stessi compagni. È chiaro che i crimini ci sono stati. Ma la versione fornita dalla storiografia ufficiale e anticomunista è falsa. Oggi esistono studi che la pongono nella giusta luce e dimensione.
Ciò che si chiede, e che per molti, temo, sia impossibile, è di ragionare nei termini del materialismo storico, non nei termini religiosi manichei. Accettando questo piano di analisi tutto può essere messo in discussione (anzi, deve essere messo in discussione). In caso contrario, il dialogo sarà tra sordi.
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daniele benzi
Saturday, 06 April 2019 22:18
Mannaggia cari Compagni Giorgio, Mario ed Eros (Professor Barone)!!!

Di ritorno dalla manifestazione piccolo borghese per "Lula livre" a cui alla fine ho deciso di partecipare insieme ad altri primati come me scesi un paio d'ore dalle palme, non trovo delucidazioni da parte Vostra sul mio quesito, ma questo Vale che continua a sciorinare argomenti storici convincenti contro la Nostra causa...

Che faccio, lo prendo a colpi di noci di cocco dall'albero su cui sono di nuovo appolaiato, così vediamo un po'se la smette?

Un Compagno (in fieri) titubante,
daniele
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Vale
Saturday, 06 April 2019 18:19
Quoting Mario Galati:
Vale dovrebbe leggere ciò che c'è scritto. Non ho scritto che tutti erano arruolati nella divisione Galizien, ma che vi erano stati arruolamenti in massa , non solo nelle divisioni Galizien, che ho portato ad esempio di collaborazionismo, di giovani tatari e che la popolazione, per questo fatto, poteva fungere da appoggio alle SS. Forse non hai sufficientemente presente che quella era una guerra condotta dal nazismo per la decimazione e la schiavizzazione dei sovietici.

Ah, ecco.. erano tutti collaboratori dei nazisti . Tutti, presi in blocco. Anche i karaciai , i calmucchi o i coreani, erano tutti , in blocco, bambini compresi, filo nazisti ? Sembrano indagini un po' sbrigative . Lo sciovinismo non c’entra . Ho capito. Quindi nel 1944, ( solo per fare un esempio su tanti ; sempre perché tu possa spiegarmi Galati ), quando venne soppressa la Repubblica autonoma dei ceceni-ingusci e vennero deportati di un milione di abitanti.. Stalin lo fece perché erano tutti, bambini compresi, collaborazionisti di Hitler [ Mario Galati ] ?… Oppure non sarà che lo fece per avere mano libera sulle risorse petrolifere della zona, che ammontavano a circa un terzo di quelle dell’intera Unione Sovietica [ Aleksandr Uralov, Stalin al potere, Cappelli, Bologna 1953, pp. 179-188 ] ?

Quoting Mario Galati:
Perché non dedicate un po' di attenzione alla storia e alla funzione del nazismo, che mi sembra conosciate poco quanto il cosiddetto stalinismo, se non nelle istupidenti versioni liberali.

Ma no Mario, non preoccuparti, conosco il nazismo, sono costretto ( faccio quel che posso ovviamente ) e ci andrei giù anche in maniera più pesante… ma l’oggetto qui è Stalin… non Hitler, Reagan o Pinochet

Quoting Mario Galati:
Perché non dedicate un po' di attenzione alla storia e alla funzione del nazismo, che mi sembra conosciate poco quanto il cosiddetto stalinismo, se non nelle istupidenti versioni liberali.
Ma almeno lo sai che Stalin è stato il teorico e l'artefice, apprezzato da Lenin, delle politiche delle nazionalità e di uno stato multinazionale?.

Si, certo Galati… Lenin lo apprezzava talmente tanto che lo bollò come “sciovinista” e per questo gli “dichiarò guerra”. Nell’agosto 1922, Stalin, in quanto Commissario del popolo alle Nazionalità, elaborò un piano di regolamentazione delle relazioni tra la Federazione Russa e le altre repubbliche che Lenin considerava sciovinista. Mentre ciò avveniva Lenin era malato. Appena si riprese, intervenne contro il piano di Stalin: “Dichiaro guerra (e non una guerricciola, ma una lotta per la vita e per la morte) allo sciovinismo granderusso di Stalin” [ Citato in Moshe Lewin, L’ultima battaglia di Lenin, Laterza, Bari 1969, p. 68 . Si trattava di un biglietto indirizzato a Lev Kamenev. Cfr. anche la versione pubblicata sotto il titolo «Biglietto all’Ufficio Politico sulla lotta contro lo sciovinismo di grande potenza» (6 ottobre 1922), in V.I. Lenin, Opere complete, vol. XXXIII, cit., p. 339.]. La cosa interessante è che, su questa faccenda, Stalin definì le posizioni antiautoritarie di Lenin con lo stesso termine in cui tu ed Eros Barone insultate gli antistalinisti : “liberalismo” [ in Moshe Lewin, op. cit., p. 67, nota 11]. Tra l’altro, come noto, oltre che sciovinista, lo considerava anche ignorante, pericoloso e accecato dalla brama di potere. [ guardare il cosiddetto “Testamento” di Lenin ]
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Marco
Saturday, 06 April 2019 18:10
Domanda per il cittadino Barone o chi ne fa le veci: se è vero, come voi mi insegnate, che noialtri revisionisti-trotzkisti-nemici del popolo siamo marchiati dalla nostra essenza piccolo-borghese, come mai voi, che incarnate la Storia e avete sempre mostrato un amore sconfinato per la piccola borghesia (tanto da allearvici dappertutto), ci disprezzate così? Forse perché esiste una piccola borghesia buona e una cattiva? Ma qual è, allora, il metodo giusto per distinguerle? Ah già: il fatto che siano di volta in volta gradite o sgradite al Grande Capo, che ci nutre e ci sostenta e agisce per la maggior gloria del socialismo... Fino alla prossima giravolta.
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Mario Galati
Saturday, 06 April 2019 15:14
P.S. Il vuoto di quelle sciocche formulette senza né capo né coda con cui di denigra arbitrariamente l'Unione Sovietica e Stalin non necessita di repliche. Le affermazioni assurde, di fantasia, non sono né vere né false, e non occorre confutarle. Ma dico io, quando si parla di "sfruttamento feudale dei contadini", almeno si ha idea di quali strati sociali rientravano nelle generica categoria "contadini"? Complimenti per lo "sfruttamento feudale". È una vera perla. Ma quale storico o fantasista ha coniato questo concetto?
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daniele benzi
Saturday, 06 April 2019 15:00
Cari Compagni Giorgio, Mario ed Eros (Professor Barone):

Mi scuso nuovamente per il disturbo, ma confido nella Vostra comprensione verso i primati (Compagno in fieri nel mio caso) che si sforzano di capire.

Cresce l'interesse e aumenta il numero di visualizzazioni dell'articolo "Nove volte Stalin" ma, Vi confesso, anche la mia confusione. Traverso, Flores, Hobsbawm...chi sono costoro? Agenti dell'imperialismo e del complottto giudaico-massonico-anticomunista?

Un amico cubano che si professa comunista, io ho i miei dubbi ma non glielo dico, mi ha passato un romanzo di un tal Leonardo Padura, anche lui cubano, che parla della storia di un tale Ramón Mercader. Ma ho visto che Padura è un oppositore del socialismo cubano. Sarà un Soljenitzin tropicale?

E questo Vale che non rifugge dal dibattito storiografico (a differenza di me che, purtroppo, sono un primate, ma Compagno in fieri) chi è per Noi? Un provocatore, un agente infiltrato, un compagno che sbaglia (quindi con la c minuscola) o un nemico di classe?

Nell'attesa di Vostre delucidazioni, Vi lascio per partecipare alle mobilitazioni di oggi qui in Brasile per "Lula livre", un affamato "menino" del Nordeste, poi operaio metallurgico e dirigente sindacalista dell'ABC paulista e del PT, a cui mi sono opposto in tutti i modi possibili quando fu presidente per la sua linea nemmeno socialdemocrakata (con la k come scrive il Compagno Marku) e falsamente popolare, ma che da un anno si trova ingiustamente in prigione mentre i militari, gli evangelici, i latifondisti e il capitale finanziario hanno stravinto democraticamente le elezioni grazie a un nome impreciso, ma potente, come dicono i Compagni di passapalavra, Jair Bolsonaro...Mmm...Adesso che ci penso, faccio bene ad andare o sto facendo il gico dello Stato borghese?

Un Compagno (in fieri) sempre più confuso,
daniele
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Mario Galati
Saturday, 06 April 2019 14:57
Vale dovrebbe leggere ciò che c'è scritto. Non ho scritto che tutti erano arruolati nella divisione Galizien, ma che vi erano stati arruolamenti in massa , non solo nelle divisioni Galizien, che ho portato ad esempio di collaborazionismo, di giovani tatari e che la popolazione, per questo fatto, poteva fungere da appoggio alle SS. Forse non hai sufficientemente presente che quella era una guerra condotta dal nazismo per la decimazione e la schiavizzazione dei sovietici. Perché non dedicate un po' di attenzione alla storia e alla funzione del nazismo, che mi sembra conosciate poco quanto il cosiddetto stalinismo, se non nelle istupidenti versioni liberali.
Ma almeno lo sai che Stalin è stato il teorico e l'artefice, apprezzato da Lenin, delle politiche delle nazionalità e di uno stato multinazionale?
Ma vi rendete conto che non è sostenibile affermare il totale scarto tra quanto professato e quanto operato da Stalin e dai comunisti? Che non può reggere dire che si predicava bene e si razzolava male e che dietro le parole comuniste si nascondeva l'inganno assoluto? Quando si fa il confronto con il nazismo, ma anche col liberalismo, si constata immediatamente che essi hanno apertamente teorizzato quanto hanno fatto. I comunisti e Stalin no. Erano essi dei perfidi serpenti? Gli ipocriti assoluti della storia?
Ma tu pensi che difendere e valorizzare quella storia, la nostra storia, significa dipingere una realtà sovietica idilliaca e facile? Tutt'altro.
Il fatto è che sono proprio i diffamatori manichei di quella storia e di quella realtà a non aver nessun senso della tragicità di quel periodo storico. Per loro nella dialettica storica non esistono scelte laceranti e contraddittorie, ma soltanto buone e cattive azioni di buoni e cattivi soggetti. Le contraddizioni oggettive non trovano posto.
E poi, ricorda, le rivolte degli schiavi non erano azioni di angeli buoni e non erano esenti da crimini e atrocità. Ma sul piano storico erano lotte di emancipazione.
La storia sovietica è tragica, non la lineare realizzazione di una bella idea. È costellata non solo di successi, ma anche di errori e di crimini. E dobbiamo far tesoro della lezione che ci deriva (dopo trent'anni dalla caduta del blocco sovietico, molte cose dovrebbero essere più chiare. Ma vedo che la nuova prospettiva storica è come se non esistesse per gli ossessivi ripetitori di formule e pregiudizi). Sul piano storico, però, si colloca sul cammino dell'emancipazione umana, del protagonismo dei lavoratori e del socialismo.
Ma capisco che molti avrebbero preferito che l'Unione Sovietica facesse presto la fine della Comune di Parigi. In questo modo avrebbe contribuito ad alimentare il sentimentalismo "comunista", dietro la cui facciata si nasconde spesso l'anticomunismo pratico e reale.
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Vale
Saturday, 06 April 2019 13:49
Interessante.. “è stato giustamente rilevato che in Italia la dittatura della borghesia ti ‘consente’ addirittura (sino ad oggi) di essere ‘comunista’ ma non sopporta, non ammette lo ‘stalinismo’”(Eros Barone)

Strano.. cos’era lo stalinismo se non “dittatura della borghesia”? Casta burocratica, lavoro forzato , sfruttamento militaristico e feudale dei contadini, cottimo, nazionalismo ecc.
In realtà “è stato giustamente rilevato” che il disastro di quello che viene impropriamente definito "socialismo realizzato" è stato utilizzato dalla classe dominante, nella campagna di propaganda più martellante della storia, per dimostrare che il capitalismo fosse l’unico sistema possibile.
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Vale
Saturday, 06 April 2019 13:33
Galati, nella divisione SS "Galizien" erano in 80.000 : Stalin deportò 3 milioni di persone colpevoli di appartenere a “nazioni” antisocialiste . E ti ho citato Traverso, Flores e Hobsbawm .. non Solženicyn che non ho mai letto..
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daniele benzi
Saturday, 06 April 2019 01:25
Caro Professor Compagno Eros Barone,

chiedo scusa anche a Lei per averLe sucitato dell'irritazione, ma mi rallegro allo stesso tempo di averLe provocato anche un’impressione d'ilarità, come quella che prova chi venga preso a noci di cocco in testa da un primate appollaiato su un albero.

Io che sono un primate, Suo Compagno in fieri, e che ci vive davvero dove crescono le noci di cocco, La rassicuro che non mi permetterei mai, perchè i cocchi in testa fanno male davvero e il Suo acume materialista dialettico potrebbe vedersi severamente pregiudicato.

Orbene, porgo anche a Lei la fatidica domanda rivolta al Compagno Mario su quali sono esattamente nel programma del nostro Partito (di cui ancora non faccio parte, è vero, ma spero di esservi ammesso dopo le prove ideologiche ed attitudinali corrispondenti...) i punti tattici e strategici da recuperare dell'esperienza dell'URSS e in particolare degli anni gloriosi della dittatura del proletariato del Compagno Stalin, per sconfiggere la dittatura borghese al potere in Italia e nel mondo.

Parimenti, Le faccio i miei migliori complimenti per il numero di visualizzazioni ottenute dal Suo articolo in appena 5 giorni, indudabile segno di un vasto interesse verso una posizione radicalmente enantiodromica come la Sua e, in futuro, chissà, forse anche di questo primate, Compagno in fieri.

RammentandoLe di non abbassare mai la guardia, giacchè purtroppo il nemico sovranista-populista spesso ottiene un ranking similare o superiore al Suo su questo sito, mi scuso nuovamente. In trepida attesa del Suo prossimo articolo.

Un Compagno (in fieri) confuso,
daniele
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Eros Barone
Saturday, 06 April 2019 00:44
L'articolo "Nove volte Stalin" ha registrato in soli cinque giorni circa millequattrocento visualizzazioni, segno di un vasto interesse verso una posizione radicalmente enantiodromica dal punto di vista politico e ideologico, sulla quale tanti dovranno riflettere. Certo, un articolo che colpisce frontalmente un pilastro di quel sistema di luoghi comuni non verificati e spesso non verificabili, in cui consiste l'ideologia anticomunista nella sua duplice veste di destra e 'di sinistra', non poteva non suscitare opposizioni e reazioni, come dimostra il dibattito, di livello non eccelso, che è stato innescato dagli 'antistalinisti'. Ritengo tuttavia che l'articolo abbia inciso in modo argomentato e documentato su quella crosta ideologica, indurita da decenni di "controrivoluzione preventiva", che imprigiona nei luoghi comuni più tenaci le menti di non pochi esponenti e militanti di larga parte della sinistra. Orbene, è stato giustamente rilevato che in Italia la dittatura della borghesia ti ‘consente’ addirittura (sino ad oggi) di essere ‘comunista’ ma non sopporta, non ammette lo ‘stalinismo’. Sennonché sono molti (troppi) quelli che si sono piegati a questo 'diktat'. Con il coraggio politico e ideologico che ci deriva dalla convinzione che la verità è rivoluzionaria, io e Mario Galati abbiamo provato a contestare questo 'diktat'.

Poscritto per Daniele Benzi: La ringrazio per avermi eletto ad anti-modello delle Sue invettive antistaliniste, le quali, dal mio punto di vista, rientrano semplicemente nel classico repertorio di un anticomunismo viscerale. D'altronde, perfino un transfuga come Arthur Koestler, che ha impersonato questo genere di malattia politica, riconosceva, sia pure a denti stretti, che “quando si combatte contro i comunisti ci si vergogna sempre dei propri alleati”. Leggendo la Sua prosa composta da un coacervo di mal filati raziocinî, di riferimenti introdotti in modo estrinseco e pretestuoso, nonché, per lo meno a livello intenzionale, di deformazioni caricaturali dei miei interventi, ho faticato a individuare un filo conduttore diverso dalla schematica dicotomia fra autoritarismo e
anti-autoritaritarismo. Sicché, se dovessi attribuire alle Sue posizioni politico-ideologiche una qualifica che le nobìliti, penso che quella di ‘anti-autoritarismo infantile’ (mutuata per analogia da quella leniniana di ‘estremismo infantile’) sarebbe la più pertinente. Devo però confessare che, rispetto all’esigenza di nobilitare una materia così scadente, è prevalsa piuttosto un’impressione mista di ilarità e irritazione, come quella che prova chi venga preso a noci di cocco in testa da un primate appollaiato su un albero.
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daniele benzi
Friday, 05 April 2019 23:47
Oh (stupore)...
Non ci avevo mai pensato, che sciocco che sono! Mi hai quasi convinto Mario (adesso ti chiamo per nome perchè mi sento molto più vicino alle tue posizioni)...

Però scusa Compagno Mario, non si sa mai qualcuno me lo chiedesse, che cosa esattamente nel programma del nostro Partito (di cui ancora non faccio parte, è vero, ma spero di essere ammesso dopo le prove ideologiche ed attitudinali corrispondenti...) vogliamo recuperare, strategicamente e tatticamente, dell'esperienza dell'URSS e in particolare degli anni gloriosi del Compagno Stalin, per avanzare, questo sì, nella povera Italia di oggi, nella lotta di classe, sconfiggendo borghesia, imperialismo e sinistre devianti e deviate, per seguire il lato giusto della Storia, quello che conduce al Sol dell'Avvenire?

Per favore, me lo puoi spiegare?

Il tuo Compagno confuso,
daniele
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Mario Galati
Friday, 05 April 2019 22:05
P.S. Sulle trattative dei sovietici con l'Inghilterra e la Francia c'è la ricerca dettagliata della storica francese Annie Lacroix-Ritz, orgogliosamente ebrea e comunista, la quale, proprio perché tale, ha compreso perfettamente la pericolosità del revisionismo storico e il riemergere della cultura nazifascista in Ucraina, per es., che riprende la tradizione collaborazionista con le SS (Vale ha mai sentito parlare del battaglione Galizien?), propria anche dei tatari. Sempre che Vale voglia sentirsi dire che i tatari, maschi adulti,si erano arruolati in massa, anche se non nella totalità, con i nazisti e che, perciò, non si poteva lasciare una sacca di popolazione che desse appoggio logistico ai nazisti. Ciò che stai vedendo adesso in Ucraina è lo specchio di ciò che si agitava allora in alcune popolazioni.
Soljenitzin è tra le fonti della propaganda anticomunista. Il reazionario fascista, nazista, zarista Soljenitzin (il contaballe Soljenitzin: si confrontino le informazioni da lui fornite sui gulag e i dati emersi dall'apertura degli archivi sovietici) . Ebbene, egli racconta della brutalità con la quale un soldato sovietico (senza dubbio uno sgherro di Stalin) trascina e colpisce una sua povera vittima. Quale migliore esempio della brutalità dei comunisti stalinisti? Peccato che la povera vittima della brutalità comunista-stalinista fosse un prigioniero del battaglione Galizien, cioè uno spregevole massacratore collaborazionista delle SS. Ti invito ad informarti sulle loro azioni e sulla loro brutalità, ritenuta eccessiva, come quella degli ustascia croati, persino dalle SS.
E visto che ci sono, ti dó qualche informazione sulla Carelia e sui territori polacchi di confine. Erano territori russi strappati dalla Finlandia e dalla Polonia con la guerra di aggressione del 19-20 contro il giovane stato sovietico uscito dalla rivoluzione. Ma l'URSS non li ha ripresi per questo. No. Forse non sai che dalla Carelia a Leningrado c'erano meno di 70 km di distanza. Cioè, Lenigrado sarebbe stata sotto il tiro dell'artiglieria nemica. Allora il tiro d'artiglieria arrivava a 70 km di distanza. E tu dovresti sapere che in Finlandia c'era un regime filonazista che faceva le parate militari alla presenza dei gerarchi nazisti. L'URSS voleva sottrarsi a questo pericolo e aveva chiesto la restituzione della Carelia offrendo in cambio un territorio 5 volte più grande. Nessuna volontà espansionistica, tanto è vero che mosse guerra alla Finlandia e la concluse guerra senza invadere la Finlandia, ma soltanto ottenendo la fascia di sicurezza richiesta. Per la Polonia la faccenda è simile. La Polonia era retta da un regime fascista, in rapporti con la Germania nazista. Anche da lì proveniva il pericolo di invasione e la necessità di una zona cuscinetto. Ma la Polonia, istigata dall'Inghilterra e dalle potenze capitalistiche rifiutò un accordo anti Hitler (non entro nei particolari). Anzi, partecipò alla spartizione della Cecoslovacchia con i nazisti e i protagonisti del patto di Monaco. Quanto ai protocolli segreti aggiunti al patto Molotov-Ribbentropp, sono di dubbia genuinità. In ogni caso l'URSS non ha mai invaso e occupato lo Stato polacco e non c'è stata alcuna spartizione della Polonia con i tedeschi. Questo è quanto storicamente avvenuto (ti meraviglierai di questa affermazione, ma è la verità e non posso dilungarmi molto). Saprai pure che la Romania era retta da un regime fascista, e così pure l'Ungheria. L'URSS era circondata.
Non proseguo oltre.
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daniele benzi
Friday, 05 April 2019 21:37
Galati, già l'ho spiegato al Professor Barone, a te e adesso anche a Giorgio.
Te lo ripeto di nuovo, poi se vuoi continuamo a cantare i CCCP, gli Africa Unite e Robert Wyatt, tanto come non mi sono mai stancato di smascherare e denunciare gli autoritari, i razzisti e i machisti omofobi di sinistra, a maggior ragione non mi stancherò mai di smascherare e denunciare quelli che senza roipno e alcol affermano candidamente "stalinista è un onore"...

La ringrazio per la brillante postilla ai suoi precedenti 9 flash.

Ritengo ugualmente opportuno chiarire il perchè del totale disaccordo con le sue tesi nonché, sebbene implicitamente, con il commento chiaro, preciso ed esemplare di Mario Galati. Dal punto di vista scientifico e metodologico, prenderò in prestito la sua costruzione stilistica e sintattica, letteralmente, limitandomi a cambiare e/o aggiungere alcune parole chiave per evidenziare la differenza di posizioni.

Per la gente della sinistra critica ed antiautoritaria, Stalin non è un ‘mostro’, ma un tipico rappresentante della sua epoca e del bolscevismo novecentesco, il cui pensiero e la cui politica costituiscono uno spartiacque, per lo più negativo, ma non solo (“rimbomba la fabbrica di macchine e motori, più forte il silenzio di mille lavoratori”...), segnato dal dogmatismo, dall’intolleranza, dal burocratismo ed anche da numerosi crimini, dal quale è possibile riprendere un discorso di ampio respiro sull’intera esperienza del movimento comunista internazionale e sulla pluralità di esperienze di lotta contro lo sfruttamento e l’oppressione nella seconda metà del ´900. Ripartire da Stalin ha quindi il carattere di una sfida, in quanto significa:
a) confutare il punto di vista che, grazie alla resilienza del marxismo-leninismo di stampo sovietico (= negazione dell’evidenza storica sull’esperienza dell’URSS da Stalin in poi), si vorrebbe affermare attraverso la vacua nozione di ‘socialismo scientifico’;
b) combattere il comunismo che si inspira unicamente nel marxismo-leninismo ‘scientifico’ e specialmente nell’esperienza sovietica come modello virtuoso che, attraverso la lente deformante del ‘materialismo dialettico’, ha rovesciato e continua a rovesciare una lettura più ampia e complessa degli avvenimenti che hanno caratterizzato il ’900 a partire dalla Grande Guerra e dalla Rivoluzione d’Ottobre, transformandosi oggi in un candido idealismo manicheo.
Il ruolo dell’URSS e lo sviluppo della ‘rivoluzione’ in questo e negli altri paesi dell’Europa orientale; il carattere verticistico, dogmatico e molto spesso autoritario di tanti partiti comunisti, tra cui il PCI, ma anche nazionalisti e di liberazione nazionale inspirati nel modello leninista di partito, hanno reso molto più difficile, insieme all’imperialismo statunitense ed europeo, il compito di quelle persone che negli anni 60 e 70 hanno provato a dare vita a nuclei di sinistra rivoluzionaria alternativi al sovietismo, che hanno resistito e continuano tenacemente a remare controcorrente. Occorre inoltre sottolineare che, nonostante i tentativi compiuti soprattutto da Stalin e dagli stalinisti, il termine “comunista” (nonchè l’opera e l’interpretazione di Marx) non è mai stato monopolio di una sola dottrina, corrente o partito, e che in questi anni il termine “comunista” è stato spesso adoperato da organizzazioni e da personaggi come Daniel Ortega, Raúl Castro o il Partito Comunista Cinese che sono puntualmente concordi con l'ideologia dominante nell’interpretazione del capitalismo novecentesco e che di quel termine si sono fatti usbergo per contrabbandare posizioni che nulla avevano e hanno a che fare con la teoria e con la prassi di chi lotta contro lo sfruttamento e l’oppressione. È così accaduto, a causa dei numerosi fallimenti del ‘socialismo reale’ (e spesso tropicale) e di una crescita sempre maggiore dei temi e delle posizioni coerenti contro qualsiasi forma di oppressione e sfruttamento, che, proprio nel momento in cui la crisi della società capitalistica fu risolta, momentaneamente, con una nuova tornata di innovazioni tecnologiche, delocalizzazioni e soprattutto di finanziarizzazione, ha sempre più guadagnato terreno il ‘pensiero unico’ (= abbandono dei princìpi teorici del keynesianismo + guerra di classe dall’alto contro i lavoratori del primo mondo e distruzione completa di ciò che rimaneva dell’ex terzo mondo). Ripartire serenamente e con rigore storiografico da Stalin è allora un atto di chiarezza e di rottura con i comunisti e nazionalisti autoritari del mondo intero, dei neostalinisti e pseudosocialisti, che per fortuna hanno un peso infimo, sebbene in crescita, soprattutto quando strizzano l’occhiolino a sovranisti e populisti dell'ultima ora, sulle posizioni politiche e le forme di organizzazione antagoniste certamente limitate ed imperfette che si sono andate sviluppando nel corso degli ultimi decenni, ma che, per quanto concerne i conflitti interpretativi del movimento comunista, non sono rimasti attaccati alla doxa novecentesca della Terza Internazionale contribuendo a promuoverla. E questa è, in un periodo reazionario come quello che ha avuto inizio nel quinquennio 1968-1973 e dura tuttora, una ragione in più sia per mettere in guardia da tale revisionismo autoritario sia per valutare serenamente ma da una enorme distanza critica la figura e l’opera di Stalin.
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Mario Galati
Friday, 05 April 2019 20:56
La psicopatologia, la demonologia e la teratologia come spiegazione storica sono misere e miserabili. Ma c'è chi se ne accontenta e vi costruisce tutta la sua visione religiosa manichea della vita e vi trova le spiegazioni della storia e della società. La cosa è ancora più ridicola e assurda quando, contemporaneamente, si pretende di rifarsi al marxismo, cioè, al materialismo storico. Se la storia è un'arena di psicopatici sadici, paranoici o schizofrenici, di demoni malvagi o di mostri, allora tutto diventa un manicomio o un macello, con pazzi sanguinari che determinano il corso della storia. Una storia sanguinolenta di con carnefici protagonisti e vittime che subiscono.
Se non si capisce questa cosa fondamentale, inutile trattare nel merito le affermazioni introdotte. La cosa fa il paio con quanto dice Giorgio sulla sostanziale ignoranza delle questioni trattate. Per es., si conosce almeno quale era la storia recente della Carelia, della Finlandia, della Polonia e dei territori polacchi di confine (Al netto di tutte le altre questioni)?.
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Vale
Friday, 05 April 2019 19:35
Ma è tutto chiaro Giorgio, hai ragione … il “Protocollo segreto” del Patto Molotov-Ribbentrop ( si proprio l’accordo tra Stalin e Hitler per garantirsi i propri obbiettivi di espansione ).. Stalin l’ha fatto solo perché l’Inghilterra era antisovietica .. Insomma Stalin mica ce l’aveva con la Polonia e i paese Baltici; l’ha fatto solo per dispetto nei confronti dell’Inghilterra! Punto.
E hai ragione anche sulle deportazioni etniche : i finnici della Carelia, i coreani dell’estremo oriente, i ceceni, i tatari di Crimea, i tedeschi del Volga, oppure gli asociali russi ecc.. erano tutti antimarxisti! Se la sono cercata ( lo diceva anche Marx che gli antimarxisti erano da deportare, no ?). Poi si, è vero, forse Stalin si era fidato di un’indagine sociologica un pò frettolosa e grossolana, ma sono risultati tutti antimarxisti. Tutti. Così, a gruppi, presi in blocco. Sfiga! Non c’entra nulla lo sciovinismo, il darwinismo eugenetico, la paranoia per la sicurezza, il socialismo mischiato al nazionalismo ecc. Punto e a capo anche qui.
E vogliamo parlare di tutto il resto? Non scherziamo..
Giorgio sono con te . Mi chiedo anch'io come si possa leggere storici come Enzo Traverso, Eric Hobsbawm , Marcello Flores e tutti gli altri .. chiaramente è tutta gente al servizio degli USA e dell'Occidente . Basta vedere la loro biografia e bibliografia . Va bé ,dai, leggendo "Il secolo armato" di Traverso, “Il secolo breve” Hobsbawm, o “Tutta la violenza di un secolo” di Flores, ci sono mazzate non solo a Stalin, e a Hitler, ma anche agli USA e l'Occidente . Ma noi lo sappiamo : sono stati solo dei lapsus che confermano la nostra Verità.
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daniele benzi
Friday, 05 April 2019 16:47
Tu menti tu menti tu menti menti
conosco chi conosci
so dove vai
ti sei preso in giro
ti sei rovinato
ti hanno fottuto
fregato fregato

eri così carino
eri così carino
pigro di testa
e ben vestito

non fai niente di male
niente di ciò che credi
non sai quello che vuoi
non riuscirai ad averlo
niente è gratis
niente è a posto
le insegne luminose attirano gli allocchi...
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giorgio
Friday, 05 April 2019 16:40
Mi chiedo quanti siano, fra coloro che intervengono in questo sito internet,che conoscano la storia e la ragione del patto firmato da molotov e ribbentrop (dopo che l'inghilterra, a seguito di una trattativa di molti mesi, negò le garanzie di alleanza e le forniture militari chieste dai sovietici, sperando che Hitler attacasse l'unione sovietica invece della Polonia) tuttavia ben descritta fin da allora anche da gionalisti americani e pubblicate in italia da mondadori, oppure le circostanze del conflitto fra stalin e trotskij raccontate, giorno per giorno, dal giornalista italiano Aponte per il Corriere che raccoglieva notizie dagli uni e dagli altri richiamando i sabotaggi e la lotta clandestina contro stalin nel partito ben prima della espulsione di trotskij o, infine ,sappia le atrocità dei collaborazionisti ucraini e tatari contro i russi pur pubblicate anche in libri italiani. I fatti storici vanno prima conosciuti al di là e contro la propaganda dei vincitori, che si riscrivono la storia per i prori fini e solo a partire da fatti e non da slogan è possibile una discussione politica e mi pare che questo passaggio oggi venga omesso sistematicamente preferendo assimilare le vulgata dominanti rimanendovi invischiati, come del resto si è autoinvischiata quella che si definisce sinistra anrticapitalista o addirittura comunista.
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Vale
Friday, 05 April 2019 16:22
Può essere Galati, non l'ho letto … che poi quei fatti si possono leggere anche su wikipedia e su tutti i libri di storia.. poi , certo, a differenza tua, di Eros Barone e del Giornale di Berlusconi ( immagino anche del "il libro nero del comunismo", non ne dubito )... wikipedia e i libri di storia non collegano i fatti dello stalinismo direttamente a Marx . Neanche Stalin ( su wikipedia e sui libri di storia, e di storia delle dottrine politiche, si riportano anche le distorsione e le censure operate da Stalin su Marx e su lo stesso Lenin.. ). Ma io credo a te e al Giornale di Berlusconi . Marx è quella roba li . Mi avete convinto.
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Mario Galati
Friday, 05 April 2019 15:07
In effetti, Vale potrebbe aver letto tutti i "fatti" da lui elencati sul Giornale di Berlusconi, oltre che sul suo "Libro nero del comunismo".
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Vale
Friday, 05 April 2019 13:22
dimenticavo il patto Molotov-Ribbentrop , l'invasione dei Paesi Baltici , l'attacco alla Finlandia ecc.ecc.
Si , tutte teorie di Marx , me lo ricordo anch'io.. è vero.
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Vale
Friday, 05 April 2019 13:18
Ripartiamo da Stalin, si.. da Stalin e da Berija , nel nome di Marx. Come no, ci mancherebbe. Soprattutto nel nome di Marx . Infatti me lo ricordo bene Marx quando teorizza il cesarismo, l’idolatria del capo, i gulag , lo "sciovinismo grande russo", l’aberrante simbiosi tra nazionalismo e comunismo, le deportazioni di ceceni, tatari di Crimea o tedeschi del Volga, lo sterminio dei kulaki, l'eliminazione sistematica delle correnti di sinistra del Partito, il burocratismo e la corruzione, i processi farsa, lo stato di polizia ecc.ecc. Si, me le ricordo bene queste teorie di Marx .. non ricordo precisamente dove le ho lette , forse sul Giornale di Berlusconi, non ricordo.. ma l'ho letto anch'io che "Marx" vuol dire quella roba li..
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daniele benzi
Friday, 05 April 2019 01:45
appunto
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giorgio
Thursday, 04 April 2019 18:59
stalin ha rappresentato l'incarnazione delle idee bolsceviche russe, diversamente dagli intellettuali occidentalizzati convertiti al bolscevismo, come trotskij, e fiu per queste siue caratteristiche di sintonia con il popolo russo , non con i ceti francesizzanti che avevano dominato la russia pur la stessa rimanendo loro estranea,che lenin, a sua volta per nulla occidetalizzato,lo indicò come il migliore capo del partito.
Negare l'azione di stalin significa oggi negare il bolscevismo definendo per differenza il comunismo come una mera ideologia costruita con pezzi di marxismo teorico e pratica della socialdemocrazia tdesca di kautskij di cui tutti sappiamo la parabola e l'impossibilità struturale di raggiungere il potere statale e trasmetterlo alla classe rivoluzionaria, prima operaia e oggi lavoratrice insenso più lato. lo salinismo è stato il tentativo del socilaismo mentre gli altri ismi sono terminati nella cooptazione borghese dei dirigenti e nelal represione continua e brutale delel masse in tuto il mondo italia compresa, altro che purghe di dirigenti del 37 e 38.
la storia ha già mostrato dove il socialismo è stato perlomeno tentato e dove è stato esercizio di parolai
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daniele benzi
Thursday, 04 April 2019 13:14
Sono perfettamente d'accordo Galati, allora però anche tu per favore smettila, insieme al Professor Barone, di spararle grosse, grossissime e, soprattutto, indigeste per molti. Non si sa mai la caciara ben informata e la critica costruttiva che, non so se ci hai fatto caso, nel mio caso ha utilizzato semplicemente i vostri stessi strumenti discorsivi e linguistici, ti faccia venire il mal di testa.

Il roipnol fa un casino se mescolato all'alcol, ma a quanto il "materialismo dialettico" può produrre gli stessi effetti...

Tante buone cose,
daniele
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Mario Galati
Thursday, 04 April 2019 11:45
Mi sembra che continuare la discussione citando la discografia dei CCCP-CSI-PGR ecc. (che conosco benissimo. E allora perchè non "Stalin wasn't stallin'" nella versione di Robert Wyatt?), oppure ricopiando interi brani di Serge (che, tra l'altro, descrivono l'URSS come un manicomio) serva solo a buttarla in caciara. E io non intendo farlo. Per cui, vi auguro buon divertimento.
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Mario M
Wednesday, 03 April 2019 22:07
Da Lenin a Stalin (di Victor Serge)

Stalin torna a casa dopo questi trionfi. A guardia ci sono gli uomini più capaci e più fidati, che a loro volta si fanno la guardia e si spiano l'un con l'altro. Tutti i suoi movimenti sono segreti. Egli è felice. La macchina funziona in modo perfetto. Le ovazioni. le mozioni di approvazione, i voti, i decreti, le leggi, le risoluzioni, i Comitati centrali dei trenta partiti affiliati all'Internazionale Comunista (non dobbiamo dimenticare i partiti comunisti della Colombia e delle Filippine), i messaggi con milioni di firme, i telegrammi dall'estero, le poesie, l'amore dei popoli. Non ha che da fare un cenno, perché tutta l'orchestra inizi a suonare in modo impeccabile. I limiti dell'adulazione sono stati superati. L'amore delle masse non conosce confini. L'unanimità, la fede, l'esaltazione superano se stesse. La repubblica dei soviet - o si tratta forse di un impero - ha 170 milioni di abitanti, e tutti sono unanimi, unanimi come scarafaggi. Il solo guaio è che, ieri o l'altro ieri, egli ha ordinato - ed ha pagato - tutta la messa in scena, compreso nel "Freiheit" di Zurigo... Così le ovazioni non fanno altro che nascondere il silenzio più totale. Non una voce si leva senza il suo ordine. Non un gesto viene fatto, non un telegramma viene inviato. E' come se egli fosse tutto solo al mondo ad adorare se stesso. Stalin è preoccupato. Niente in nessun luogo viene fatto senza ordini. Che cosa succederebbe se si dimenticasse di dare ordini? La macchina non potrebbe funzionare da sola? Forse che non si farebbe nulla? E se questa obbedienza senza limiti fosse la superficie falsa di una disobbedienza senza limiti? Tutti i suoi ordini, eseguiti alla lettera, diventano così assurdi, che vene il giorno in cui egli deve diramare contro ordini. Dice: "Collettivizzazione completa"; in tre settimane l'ordine viene eseguito e il bestiame viene distrutto. Allora è costretto a gridare: "Collettivizzazione volontaria!". Immediatamente i colcoz cominciano a vuotarsi. Deve di nuovo gridare: "basta!". Dice che la scienza non può ignorare il marxismo; subito i trattati di ostetricia vengono tempestati di frasi prese dal Capitale. Allora deve intervenire: "E' inutile introdurre il marxismo nella ginecologia!" (Testuale).
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MD
Wednesday, 03 April 2019 17:31
@ daniele benzi

di nulla, ciao
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MD
Wednesday, 03 April 2019 17:24
Diciamo così .. Se per Marx la lotta di classe è il motore della storia, per i credenti stalinisti la lotta di classe è invece l’ostacolo che si frappone alla costruzione di uno Stato di polizia delirante e nazionalista.
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daniele benzi
Wednesday, 03 April 2019 17:17
Спасибо товарищ
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MD
Wednesday, 03 April 2019 17:08
Questa cosa di etichettare come “borghese”, “liberale”, “quinta colonna” ecc..
chiunque critichi Stalin dice molto di chi etichetta e nulla di chi viene etichettato. Abbassandosi allo stesso livello (praticamente bisogna sdraiarsi a terra) si potrebbe rispondere che l’operazione successiva, cioè quella di tracciare e sacralizzare una linea di congiunzione tra Marx e Stalin, è molto sospetta : è in fondo sempre stato l’obbiettivo dei portavoce degli interessi del capitale. Saranno forse “borghesi” e “quinte colonne” ?
I crimini e le mistificazioni ideologiche del piccolo dittatore georgiano, vanno inquadrati in un noto contesto storico, e nulla tolgono alle tragedie e ingiustizie del campo occidentale, ma sono stati ampiamente accertati da autorevoli storici, filosofi e militanti, soprattutto marxisti ( la bilbiografia è immensa.. Si, si certo, non Domenico Losurdo, ma il suo libro è già stato ampiamente confutato e non da “quinte colonne”, ma da comunisti : trovate facilmente anche in rete )

@ daniele benzi

Aggiungerei “Unità di produzione” :

Rosso fiammante
Ma senza età matura
Marcia impostura
Ma senza età matura
Marcia impostura
Delirio onnipotente
Dominio che sovrasta
Efficenza d'inetto
Burocratica casta…
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daniele benzi
Wednesday, 03 April 2019 15:34
Spara Jurij spara...
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daniele benzi
Wednesday, 03 April 2019 14:03
si, si, si...così nel frattempo smettiamo pure di parlare di sciocchezze come rivalutare la figura di Iosif Vissarionovic Giugasvili, detto Stalin (1879-1953)...

Tu menti tu menti tu menti menti
conosco chi conosci
so dove vai
ti sei preso in giro
ti sei rovinato
ti hanno fottuto
fregato fregato

eri così carino
eri così carino
pigro di testa
e ben vestito

non fai niente di male
niente di ciò che credi
non sai quello che vuoi
non riuscirai ad averlo
niente è gratis
niente è a posto
le insegne luminose attirano gli allocchi...

CCCP, seconda traccia di Socialismo e Barbarie (1987)

Ps. Le letture fuori contesto di quei magnifici geni punk, e sottolineo la parola punk, che furono i CCCP non gli rendono giustizia (nemmeno proletaria), soprattutto dopo i CSI ("Chi è stato è stato e chi è stato non è", "così vanno le cose così devono andare...") e i sempre più scialbi PGR, fino alla conversione ratzingeriana di Giovanni Lindo Ferretti, a cavallo mentre Teresa de Sio canta la "montanara" di Andrea Sacco o accompagnato dall'organetto di Ambrogio Sparagna, a cui riconosco, in ogni caso, una grande libertà di pensiero, sempre controcorrente, da amminare...
No, le letture astoriche non rendono giustizia ai CCCP, ma per fortuna fra tutta quella feccia umana e controrivoluzionaria piccolo borghese che bolli come anarchica, troskista, movimentista, (forse anche gay, lesbica, ambientalista, antirazzista e chi sa cos'altro...) ho sempre avuto molta simpatia per Guy Debord (un altro autoritario mica da ridere...ma che almeno smascherò in modo brillante lo show sovietico, "le insegne luminose attirano gli allocchi"...) per cui sia benvenuto il plagio e il détournement...
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Mario Galati
Wednesday, 03 April 2019 13:30
Di "considerarlo" lo sviluppo del comunismo che non avrebbe funzionato, non di "considera lo". Errore da smartphone.
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Mario Galati
Wednesday, 03 April 2019 13:27
"I Soviet più elettricità
Non fanno il Comunismo
Anche se è un dato di fatto
Che a Stalingrado non passano
Anche se è un dato di fatto
Che a Stalingrado non passano
Non si svende
Neanche se non funziona..."
Manifesto, CCCP-Fedeli alla linea.
Almeno i CCCP non sono così arretrati da non riconoscere il "dato di fatto" (anche se non fanno l'ulteriore passo avanti dopo averlo strappato all'irrelatezza assoluta, di considera lo sviluppo del comunismo che non avrebbe funzionato), e, soprattutto, comprendono che "non si svende anche se non funziona", cioè, hanno una consapevolezza della concretezza storica della lotta e della parte dalla quale stare.
Invece, la salmodia anarchica contro il "potere", con tutto il rispetto per gli Africa Unite, mi sembra di un infantilismo ingiustificabile.
Vogliamo divertirci con altri artisti?
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daniele benzi
Wednesday, 03 April 2019 12:48
Miracolo da salmodia la contrapposizione
Che libera tutti i giusti da ogni merda di prigione
Dal dio dagli eserciti alla privatizzazione
Liberaci da tutti i mali

Miracolo da salmodia la controinformazione
Che recita la merce in fondo è distruzione
Il verme di partito il trafficante e il suo padrone
Non avranno assoluzione...

Africa Unite
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Mario Galati
Wednesday, 03 April 2019 09:34
Scusate gli errori ("i" e virgole di troppo) ma ho qualche difficoltà con la visualizzazione del testo prima dell'invio.
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Mario Galati
Wednesday, 03 April 2019 09:27
Scusate questa piccola postilla. L'importanza della vittoria di Stalingrado diventa una "mezza verità" soltanto se la si separa da tutto il corso impresso da Stalin all'Unione Sovietica e dal contesto storico mondiale del tempo. In realtà, con Stalingrado tutte le mascherature della storia cadono e le cose si rivelano nude nella loro evidenza e verità. A ciascuno il suo. Il nodo è proprio questo: che si vorrebbe far propri gli "aspetti" positivi separandoli da quelli "negativi", smenbrando la totalità reale. Tipico di mentalità dogmatiche (in genere, degli antidogmatici di professione) e non dialettiche. Il fatto è che con la storia non ci troviamo al mercato, nel quale sciegliamo i prodotti e gli ingredienti che ci servono e ci aggradano.
“Collocare sul medesimo piano morale il comunismo russo e il nazifascismo, in quanto entrambi sarebbero totalitari, nel migliore dei casi è superficialità, nel peggiore è fascismo. Chi insiste su questa equiparazione può ben ritenersi un democratico, in verità e nel fondo del cuore è in realtà già fascista, e di certo solo in modo apparente e insincero combatterà il fascismo, mentre riserverà tutto il suo odio al comunismo”. Thomas Mann
Insisto con questo aforisma di Thomas Mann, perchè trovo negli interlocutori critici della discussione proprio questo atteggiamento latente.
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Mario Galati
Wednesday, 03 April 2019 08:54
Da quando è nato il movimento socialista e comunista ci sono sempre stati socialismi antisocialisti e comunismi anticomunisti. Ovvero, ci sono sempre stati socialismi e comunismi piccolo borghesi che hanno sempre lavorato come minoranze antiautoritarie, cioè, disgregatrici del movimento storico reale in atto. In questo, la loro oggettiva funzione di quinta colonna nel movimento proletario. Per costoro, ogni affermazione del potere dei lavoratori e ogni costruzione reale del loro stato e della loro società non è niente altro che tradimento degli ideali (i loro ideali: un misto di anarchismo, liberalismo, economicismo, spacciato per socialismo). Per loro, la storia è un continuo tradimento ed una continua smentita degli ideali. C'è sempre un ideale più elevato (il classico "più uno") che condanna inesorabilmente come errata la lotta reale e le contraddizioni dello sviluppo storico. Per costoro vale sempre il detto per il quale "un comunista buono è solo un comunista morto". Infatti, Castro è cattivo e Guevara è buono, Togliatti è cattivo e Gramsci è buono. Stalin è cattivo e Lenin è buono (ma non per tutti, ovviamente, perchè Lenin, pur essendo morto subito dopo e prima della ricostruzione, ha avuto l'ardire di fare la rivoluzione vera e di porre le basi di uno stato socialista). E così per ogni figura di comunista che non sia stato sconfitto.
Costoro amano i loro vezzi intellettualistici di grana grossa (perchè la storia vera è meno schematica e più sottile) e disprezzano la lotta (non è certamente visione di lotta la fantasiosa concezione irenica del conflitto sociale). Ma soprattutto, disprezzano il potere quando esso viene acquisito dai lavoratori (quelli veri, non le mosche cocchiere e i grilli parlanti piccolo borghesi che ne funestano il cammino).
Le nostre visioni non si incroceranno mai, perchè sono visioni alternative, non per persuasione intellettuale e differente formazione libresca, ma per posizione di classe.
Inutile rimandare alla più recente ricerca storica che smentisce la rozza vulgata antistalinista e antisovietica, ossia, anticomunista. Non servirebbe a nulla.
Per capirci, nella demonizzazione di Stalin io non considero secondario un aspetto: che Stalin era di estrazione proletaria e non borghese o piccolo borghese. E tutto ciò è sempre stato ritenuto insopportabile dalla borghesia e dalla piccolo borghesia di tutto il mondo. Sia essa democartica e liberale che sedicente socialista o comunista.
Non era, invece, insopportabile, ma motivo di forza ed orgoglio per i lavoratori oppressi di tutto il mondo che uno di loro, Stalin, finalmente avesse rovesciato lo storico rapporto di subalternità e di fronte a lui e al suo stato i padroni di tutto il mondo dovessero trattare con tutti i riguardi e il rispetto, seppure con odio latente.
Costui rappresentava tutti loro.
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Aliquis
Tuesday, 02 April 2019 09:39
Quoting daniele benzi:
La ringrazio per la brillante postilla ai suoi precedenti 9 flash.

Ritengo ugualmente opportuno chiarire il perchè del totale disaccordo con le sue tesi nonché, sebbene implicitamente, con il commento chiaro, preciso ed esemplare di Mario Galati. Dal punto di vista scientifico e metodologico, prenderò in prestito la sua costruzione stilistica e sintattica, letteralmente, limitandomi a cambiare e/o aggiungere alcune parole chiave per evidenziare la differenza di posizioni.

Per la gente della sinistra critica ed antiautoritaria, Stalin non è un ‘mostro’, ma un tipico rappresentante della sua epoca e del bolscevismo novecentesco, il cui pensiero e la cui politica costituiscono uno spartiacque, per lo più negativo, ma non solo (“rimbomba la fabbrica di macchine e motori, più forte il silenzio di mille lavoratori”...), segnato dal dogmatismo, dall’intolleranza, dal burocratismo ed anche da numerosi crimini, dal quale è possibile riprendere un discorso di ampio respiro sull’intera esperienza del movimento comunista internazionale e sulla pluralità di esperienze di lotta contro lo sfruttamento e l’oppressione nella seconda metà del ´900. Ripartire da Stalin ha quindi il carattere di una sfida, in quanto significa:
a) confutare il punto di vista che, grazie alla resilienza del marxismo-leninismo di stampo sovietico (= negazione dell’evidenza storica sull’esperienza dell’URSS da Stalin in poi), si vorrebbe affermare attraverso la vacua nozione di ‘socialismo scientifico’;
b) combattere il comunismo che si inspira unicamente nel marxismo-leninismo ‘scientifico’ e specialmente nell’esperienza sovietica come modello virtuoso che, attraverso la lente deformante del ‘materialismo dialettico’, ha rovesciato e continua a rovesciare una lettura più ampia e complessa degli avvenimenti che hanno caratterizzato il ’900 a partire dalla Grande Guerra e dalla Rivoluzione d’Ottobre, transformandosi oggi in un candido idealismo manicheo.
Il ruolo dell’URSS e lo sviluppo della ‘rivoluzione’ in questo e negli altri paesi dell’Europa orientale; il carattere verticistico, dogmatico e molto spesso autoritario di tanti partiti comunisti, tra cui il PCI, ma anche nazionalisti e di liberazione nazionale inspirati nel modello leninista di partito, hanno reso molto più difficile, insieme all’imperialismo statunitense ed europeo, il compito di quelle persone che negli anni 60 e 70 hanno provato a dare vita a nuclei di sinistra rivoluzionaria alternativi al sovietismo, che hanno resistito e continuano tenacemente a remare controcorrente. Occorre inoltre sottolineare che, nonostante i tentativi compiuti soprattutto da Stalin e dagli stalinisti, il termine “comunista” (nonchè l’opera e l’interpretazione di Marx) non è mai stato monopolio di una sola dottrina, corrente o partito, e che in questi anni il termine “comunista” è stato spesso adoperato da organizzazioni e da personaggi come Daniel Ortega, Raúl Castro o il Partito Comunista Cinese che sono puntualmente concordi con l'ideologia dominante nell’interpretazione del capitalismo novecentesco e che di quel termine si sono fatti usbergo per contrabbandare posizioni che nulla avevano e hanno a che fare con la teoria e con la prassi di chi lotta contro lo sfruttamento e l’oppressione. È così accaduto, a causa dei numerosi fallimenti del ‘socialismo reale’ (e spesso tropicale) e di una crescita sempre maggiore dei temi e delle posizioni coerenti contro qualsiasi forma di oppressione e sfruttamento, che, proprio nel momento in cui la crisi della società capitalistica fu risolta, momentaneamente, con una nuova tornata di innovazioni tecnologiche, delocalizzazioni e soprattutto di finanziarizzazione, ha sempre più guadagnato terreno il ‘pensiero unico’ (= abbandono dei princìpi teorici del keynesianismo + guerra di classe dall’alto contro i lavoratori del primo mondo e distruzione completa di ciò che rimaneva dell’ex terzo mondo). Ripartire serenamente e con rigore storiografico da Stalin è allora un atto di chiarezza e di rottura con i comunisti e nazionalisti autoritari del mondo intero, dei neostalinisti e pseudosocialisti, che per fortuna hanno un peso infimo, sebbene in crescita, soprattutto quando strizzano l’occhiolino a sovranisti e populisti dell'ultima ora, sulle posizioni politiche e le forme di organizzazione antagoniste certamente limitate ed imperfette che si sono andate sviluppando nel corso degli ultimi decenni, ma che, per quanto concerne i conflitti interpretativi del movimento comunista, non sono rimasti attaccati alla doxa novecentesca della Terza Internazionale contribuendo a promuoverla. E questa è, in un periodo reazionario come quello che ha avuto inizio nel quinquennio 1968-1973 e dura tuttora, una ragione in più sia per mettere in guardia da tale revisionismo autoritario sia per valutare serenamente ma da una enorme distanza critica la figura e l’opera di Stalin.


Concordo.
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Mario M
Tuesday, 02 April 2019 01:01
Scrive Mario Galati: "Se Victor Serge scriveva queste cose nel 1947, dopo la seconda guerra mondiale, due sono le ipotesi: o era totalmente dissennato o era un agente dell'imperialismo"

Se prima, leggendo Barone, sbigottivo, ora allibisco. (Wikipedia ci offre un sintetico ma onesto ritratto di Victor Serge). Partiamo dalla seconda ipotesi: agente dell'imperialismo. Caspita, un agente che però aveva scontato più di cinque anni di carcere in Francia perché non voleva denunciare gli anarchici, e poi più di tre anni al confino in Unione Sovietica, col rischio di essere eliminato da Stalin se non si fossero mobilitati molti suoi amici scrittori e intellettuali europei. La prima ipotesi che formula Mario Galati è la dissennatezza, che però si può facilmente scartare. Perché Victor Serge è stato collaboratore stretto di Lenin, Kamenev e Zinoviev, aveva organizzato se non sbaglio la terza internazionale, era stato poi inviato come agente in Germania e in Austria, dove aveva intessuto rapporti anche con Gramsci. Da storico ha scritto della rivoluzione Russa, e una biografia di Trotsky. Meriterebbe un altare, e invece c'è chi dubita della sua saviezza, e incensa Stalin -amen. Un romanzo di Victor Serve si intitolava appunto "Se è mezzanotte nel secolo".
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daniele benzi
Monday, 01 April 2019 23:44
La ringrazio per la brillante postilla ai suoi precedenti 9 flash.

Ritengo ugualmente opportuno chiarire il perchè del totale disaccordo con le sue tesi nonché, sebbene implicitamente, con il commento chiaro, preciso ed esemplare di Mario Galati. Dal punto di vista scientifico e metodologico, prenderò in prestito la sua costruzione stilistica e sintattica, letteralmente, limitandomi a cambiare e/o aggiungere alcune parole chiave per evidenziare la differenza di posizioni.

Per la gente della sinistra critica ed antiautoritaria, Stalin non è un ‘mostro’, ma un tipico rappresentante della sua epoca e del bolscevismo novecentesco, il cui pensiero e la cui politica costituiscono uno spartiacque, per lo più negativo, ma non solo (“rimbomba la fabbrica di macchine e motori, più forte il silenzio di mille lavoratori”...), segnato dal dogmatismo, dall’intolleranza, dal burocratismo ed anche da numerosi crimini, dal quale è possibile riprendere un discorso di ampio respiro sull’intera esperienza del movimento comunista internazionale e sulla pluralità di esperienze di lotta contro lo sfruttamento e l’oppressione nella seconda metà del ´900. Ripartire da Stalin ha quindi il carattere di una sfida, in quanto significa:
a) confutare il punto di vista che, grazie alla resilienza del marxismo-leninismo di stampo sovietico (= negazione dell’evidenza storica sull’esperienza dell’URSS da Stalin in poi), si vorrebbe affermare attraverso la vacua nozione di ‘socialismo scientifico’;
b) combattere il comunismo che si inspira unicamente nel marxismo-leninismo ‘scientifico’ e specialmente nell’esperienza sovietica come modello virtuoso che, attraverso la lente deformante del ‘materialismo dialettico’, ha rovesciato e continua a rovesciare una lettura più ampia e complessa degli avvenimenti che hanno caratterizzato il ’900 a partire dalla Grande Guerra e dalla Rivoluzione d’Ottobre, transformandosi oggi in un candido idealismo manicheo.
Il ruolo dell’URSS e lo sviluppo della ‘rivoluzione’ in questo e negli altri paesi dell’Europa orientale; il carattere verticistico, dogmatico e molto spesso autoritario di tanti partiti comunisti, tra cui il PCI, ma anche nazionalisti e di liberazione nazionale inspirati nel modello leninista di partito, hanno reso molto più difficile, insieme all’imperialismo statunitense ed europeo, il compito di quelle persone che negli anni 60 e 70 hanno provato a dare vita a nuclei di sinistra rivoluzionaria alternativi al sovietismo, che hanno resistito e continuano tenacemente a remare controcorrente. Occorre inoltre sottolineare che, nonostante i tentativi compiuti soprattutto da Stalin e dagli stalinisti, il termine “comunista” (nonchè l’opera e l’interpretazione di Marx) non è mai stato monopolio di una sola dottrina, corrente o partito, e che in questi anni il termine “comunista” è stato spesso adoperato da organizzazioni e da personaggi come Daniel Ortega, Raúl Castro o il Partito Comunista Cinese che sono puntualmente concordi con l'ideologia dominante nell’interpretazione del capitalismo novecentesco e che di quel termine si sono fatti usbergo per contrabbandare posizioni che nulla avevano e hanno a che fare con la teoria e con la prassi di chi lotta contro lo sfruttamento e l’oppressione. È così accaduto, a causa dei numerosi fallimenti del ‘socialismo reale’ (e spesso tropicale) e di una crescita sempre maggiore dei temi e delle posizioni coerenti contro qualsiasi forma di oppressione e sfruttamento, che, proprio nel momento in cui la crisi della società capitalistica fu risolta, momentaneamente, con una nuova tornata di innovazioni tecnologiche, delocalizzazioni e soprattutto di finanziarizzazione, ha sempre più guadagnato terreno il ‘pensiero unico’ (= abbandono dei princìpi teorici del keynesianismo + guerra di classe dall’alto contro i lavoratori del primo mondo e distruzione completa di ciò che rimaneva dell’ex terzo mondo). Ripartire serenamente e con rigore storiografico da Stalin è allora un atto di chiarezza e di rottura con i comunisti e nazionalisti autoritari del mondo intero, dei neostalinisti e pseudosocialisti, che per fortuna hanno un peso infimo, sebbene in crescita, soprattutto quando strizzano l’occhiolino a sovranisti e populisti dell'ultima ora, sulle posizioni politiche e le forme di organizzazione antagoniste certamente limitate ed imperfette che si sono andate sviluppando nel corso degli ultimi decenni, ma che, per quanto concerne i conflitti interpretativi del movimento comunista, non sono rimasti attaccati alla doxa novecentesca della Terza Internazionale contribuendo a promuoverla. E questa è, in un periodo reazionario come quello che ha avuto inizio nel quinquennio 1968-1973 e dura tuttora, una ragione in più sia per mettere in guardia da tale revisionismo autoritario sia per valutare serenamente ma da una enorme distanza critica la figura e l’opera di Stalin.
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Eros Barone
Monday, 01 April 2019 19:05
Ritengo che vi sia ben poco da aggiungere a quanto Mario Galati ha già chiarito e precisato in modo esemplare.
Per i comunisti, infatti, Stalin non è un ‘feticcio’ ma uno spartiacque ideologico e politico a partire dal quale è possibile riprendere un discorso di ampio respiro sull’intera esperienza del movimento comunista. Ripartire da Stalin ha quindi il carattere di una sfida, in quanto significa:
a) confutare il punto di vista che, grazie al revisionismo storico (= rovesciamento dei giudizi consolidati sulla storia del movimento comunista), si è andato affermando attraverso la vacua nozione di ‘totalitarismo’;
b) combattere l’anticomunismo che, attraverso la lente deformante dell’‘antistalinismo’, ha rovesciato la lettura materialistica degli avvenimenti che hanno caratterizzato il ’900 a partire dalla Rivoluzione d’Ottobre.
Il crollo dell’URSS e la controrivoluzione in questo e negli altri paesi dell’Europa orientale; la degenerazione, prima, e la liquidazione, poi, di tanti partiti comunisti, tra cui il PCI, hanno reso più difficile il compito di quei nuclei di comunisti che hanno resistito e continuano tenacemente a remare controcorrente. Occorre inoltre sottolineare che in questi anni il termine “comunista” è stato spesso adoperato da organizzazioni e da personaggi che erano puntualmente concordi con l'ideologia dominante nell’interpretazione del comunismo novecentesco e che di quel termine si sono fatti usbergo per contrabbandare posizioni che nulla avevano e hanno a che fare con la teoria e con la prassi dei comunisti. È così accaduto, a causa della pressione congiunta del ‘pensiero unico’ e di un ripiegamento sempre maggiore rispetto a posizioni coerentemente comuniste, che, proprio nel momento in cui la crisi della società capitalistica ha creato le condizioni oggettive di una trasformazione potenzialmente rivoluzionaria, ha sempre più guadagnato terreno il revisionismo politico-ideologico (= abbandono dei princìpi teorici del socialismo scientifico + cedimento politico e ideologico all’avversario di classe). Ripartire da Stalin è allora un atto di chiarezza e di rottura con le correnti revisioniste, neotrozkiste e movimentiste, che ancora influenzano pesantemente le posizioni politiche e le forme di organizzazione pur antagoniste che si sono andate sviluppando nel corso degli ultimi decenni, ma che, per quanto concerne i conflitti interpretativi del movimento comunista, accettano il punto di vista della borghesia e contribuiscono a promuoverlo. Così come è un atto di chiarezza e di contestazione nel campo della cultura, ove il connubio tra revisionismo storico e revisionismo politico-ideologico rischia di produrre frutti velenosi anche dal punto di vista intellettuale ed educativo. E questa è, in un periodo reazionario come quello che ha avuto inizio nel triennio 1989-1991 e dura tuttora, una ragione in più sia per mettere in guardia da tale duplice revisionismo sia per difendere e rivalutare la figura e l’opera di Stalin.
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Antonio
Monday, 01 April 2019 18:58
Decimo ‘flash’: il giudizio di Lenin

“Il compagno Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e io non sono sicuro che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza. (...) Stalin è troppo grossolano, e questo difetto, del tutto tollerabile nell'ambiente e nei rapporti fra noi comunisti, diventa intollerabile nella funzione di segretario generale. Perciò propongo ai compagni di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico e di designare a questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più tollerabile, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, ecc. Questa circostanza può apparire una piccolezza insignificante. Ma io penso che, dal punto di vista di una scissione e di quanto ho scritto sopra sui rapporti tra Stalin e Trotzkij, non è una piccolezza, ovvero è una piccolezza che può avere un'importanza decisiva.”

( Lenin su Stalin, nella Lettera al Congresso del dicembre '22, il suo cosiddetto "Testamento" )
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Aliquis
Monday, 01 April 2019 18:30
Quoting Mario Galati:
Gli esorcismi non servono a nulla. Stalin, per fortuna, c'è stato, ha svolto il suo insostituibile ruolo storico ed io mi ritengo beneficiario, a livello personale diretto, di tutto ciò.
Nemmeno gli anatemi infuriati servono a qualche cosa.
Se Victor Serge scriveva queste cose nel 1947, dopo la seconda guerra mondiale, due sono le ipotesi: o era totalmente dissennato o era un agente dell'imperialismo (chiaro che questa categoria sarebbe solo un'invenzione degli stalinisti e, quindi, sarebbe a tutti interdetto l'uso per volontà dei sacerdoti dell'antistalinismo. Ma io non faccio parte della chiesa trozkista e antistalinista e , perciò, non mi sento toccato dall'interdetto). Oppure, terza ipotesi, entrambe le cose. Cioè un dissennato, agente inconsapevole dell'imperialismo. Il che sarebbe un'aggravante.
Ma io credo poco nell'ingenuità delle buone intenzioni. Le buone intenzioni (il vero socialismo, ecc.) celano un'ostilità di classe di fondo, che non si intende consciamente rivelare neppure a se stessi. Questo livore irrazionale, in nome del vero comunismo, si avvale di tutta l'ignobile propaganda anticomunista per stigmatizzare le reali esperienze di liberazione maturate nella dialettica storica, non nel cielo della fantasia e delle buone intenzioni da anime belle (buone intenzioni che lastricano sempre le vie dell'inferno). Questa consonanza assoluta è indicativa. Nel 1947 inizia la propaganda anticomunista orwelliana, inizia la vulgata “totalitaria” di Hannah Arendt, si concentra l'ostilità della guerra fredda, e, guarda caso, tutti i falsissimi luoghi comuni diffusi da Victor Serge sono esattamente quelli diffusi dalla Arendt, da Orwell e dalla CIA, con l'ausilio del materiale di propaganda nazista riciclato.
Lasciamo perdere l'uso distorto dell'opportunissimo, sul piano tattico, patto Molotov-Ribbentropp per sostenere l'insostenibile. Studiare la storia, l'atteggiamento della Francia e dell'Inghilterra, la situazione europea e quella della Polonia, prima e dopo l'invasione nazista, costa un po' di fatica. Meglio e più facile la rozza propaganda anticomunista.
Trovo imperdonabile non aver compreso la portata dello scontro storico tra nazismo e comunismo (sovietico), tra schiavismo e antischiavismo, tra concezione antinuniversalista, particolarista e razziale, e concezione universalista dell'uomo, tra deemancipazione ed emancipazione, tra colonialismo e anticolonialismo,tra destra e sinistra hegeliana, come suggerisce Eros Barone,(tutto ciò andava ben al di là dello scontro tra capitalisti e proletari).
“Collocare sul medesimo piano morale il comunismo russo e il nazifascismo, in quanto entrambi sarebbero totalitari, nel migliore dei casi è superficialità, nel peggiore è fascismo. Chi insiste su questa equiparazione può ben ritenersi un democratico, in verità e nel fondo del cuore è in realtà già fascista, e di certo solo in modo apparente e insincero combatterà il fascismo, mentre riserverà tutto il suo odio al comunismo”. Thomas Mann
Vengo a quanto sostenuto più pacatamente e razionalmente, ma non meno erroneamente, a mio avviso, da Aliquis.
La storia è sempre storia contemporanea, diceva Benedetto Croce. Pertanto, l’utilità storiografica è utilità politica. Senza contare, poi, il detto di Orwell, secondo cui chi controlla il presente controlla il passato e chi controlla il passato controlla il futuro. Ora, il nostro passato è controllato dal potere capitalistico totale e il senso comune creato e diffuso sul comunismo e su Stalin è quello della propaganda americana, propaganda targata CIA, ma che riprende direttamente la propaganda nazista di Goebbels. Esiste un legame chiaro Goebbels (v. cosiddetto Holodomor ucraino e Katin)-Orwell-Hannah Arendt-Conquest e CIA e servizi inglesi (anche in collegamento con università prestigiose), sino al libraccio nero del comunismo, per fermarci soltanto alle voci guida e simboliche, ai bastioni, della propaganda capitalistica anticomunista (alla quale il trozkismo ha dato il suo appassionato contributo). Il legame è il poderoso apparato di propaganda anticomunista tout court, sotto veste di antistalisnismo-antisovietismo.
Domenico Losurdo definiva autofobica e in fuga dalla storia una certa sinistra, anche autodefinitasi comunista, che prendeva le distanze dal movimento storico reale novecentesco, dal comunismo novecentesco, e lo abiurava, assumendo e interiorizzando l’immagine (totalmente falsa e distorta, caricaturale) che il nemico di classe proiettava per evidenti ragioni di lotta ideologica e di scoraggiamento dal “riprovarci di nuovo” (tutta “La fattoria degli animali” di Orwell ha questo preciso significato).
E’ evidente che la morte dell’URSS ha radici nella sua storia (ma non schematicamente nel suo “sistema”, preso come un dato fisso), ma ignorare il contesto internazionale nel quale si trovava e la lotta internazionale aspra (e la forza dell’avversario dove la mettiamo?) che ne derivava significa peccare di astrazione. La categoria della “implosione” è fuorviante.
L’obiezione che la dottrina del socialismo in un paese solo possa aver frenato la rivoluzione mondiale possibile non mi sembra seria. Si tratta di fantasia che neppure in un ragionamento di storia controfattuale può reggere.
L’articolo di Barone individua chiaramente i tratti storici di quel periodo: attacco capitalistico contro i lavoratori e ricolonizzazione, ossia attacco coloniale anche nel cuore dell’Europa (i popoli slavi da decimare e schiavizzare; la guerra contro l’Unione Sovietica come guerra razziale; l’obiettivo di creare nell’est europeo le “indie tedesche”. Il nazismo vuole rinverdire, estremizzandola, la tradizione coloniale liberale (molto ammirata dai nazisti era la democrazia razziale americana) e, persino, reintrodurre la schiavitù, ). Cos’altro sono stati il fascismo e il nazismo? Mezza Europa era fascista e nazista e l’altra metà “liberale” e democratica era connivente. La reazione infuriava e secondo Aliquis c’era una situazione rivoluzionaria e non difensiva?
Ma Stalingrado è stata una passeggiata? La situazione era tanto rivoluzionaria in Europa e i rapporti di forza erano così favorevoli che L’URSS ha pagato con oltre venti milioni di morti ed ha potuto vincere soltanto con una difesa strenua e disperata la battaglia decisiva e la guerra. C’è da strabiliare a leggere certe affermazioni.
L’esempio della guerra di Spagna è il solito luogo comune anarco-trotzkista. L’unico paese ad aiutare la repubblica spagnola fu l’Unione Sovietica di Stalin (che avevano ben compreso che l'attacco era iniziato), mentre le democrazie capitalistiche lasciavano fare. La seconda guerra mondiale iniziò con la guerra di Spagna, non con l’occupazione dei Sudeti (le democrazie liberali fecero col patto di Monaco, ciò che fecero con la Spagna: incoraggiare Hitler) e con l’invasione della Polonia. In Spagna non si è riusciti a difendere la repubblica democratica borghese e c’è chi rilancia con rivoluzioni possibili “represse dagli stalinisti”. Sarebbe meglio svegliarsi dal torpore indotto dal narcotico “rivoluzionarista”.
Quella contro Tito sarà stata una crociata (ma non è vero: vi erano ragioni politiche, oltre che ideologiche, molto concrete), ma, come la storia ha dimostrato con la dissoluzione della Yugoslavia in seguito alla dissoluzione dell’URSS, un terzomondismo non allineato (anzi, la stessa Yugoslavia socialista e “antistalinista”) ha potuto esistere soltanto grazie all’esistenza del secondo mondo sovietico. Non parliamo poi del movimento anticoloniale, se non ci fosse stata l’URSS con il blocco comunista. Oggi siamo in piena ripresa del colonialismo. Sarà un caso? E sarà un caso ed una semplice coincidenza la fine dell’URSS e del blocco socialista e lo storno dei diritti dei lavoratori nell’occidente capitalistico, cioè la fine del compromesso keinesiano e l’arretramento della democrazia? Non la fine del socialismo, ma la fine della socialdemocrazia, la quale deve la sua esistenza e il suo ruolo sempre all’URSS. Così come lo stesso trotzkismo ha trovato la sua ragion d’essere unicamente nell’esistenza di Stalin e dell’URSS. Voglio vedere oggi tutte questi antistalinisti socialdemocratici, trozkisti e di ogni genere e specie, rilanciare la lotta per il socialismo sulle basi per le quali hanno sempre polemizzato, denigrato e contrastato Stalin e l’URSS.
Ma come, la fine dello stalinismo e dell'URSS non dovevano rappresentare la primavera del vero socialismo?
Si accomodino i veri socialisti e comunisti, gli “antiautoritari”, la strada è spianata.


Certo galati, sono io il primo ad ammettere che oggi, a 30 anni dal crollo dell'Urss, siamo in un vortice di diseguiaglianze spinte all'estremo. Guai ai poveri; meglio sarebbe stato se avesse vinto l'Urss e non l'Occidente. Ma, proprio per questo, perchè non riconoscere gli errosri di Stalin?
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daniele benzi
Monday, 01 April 2019 15:33
Per l'appunto, un indigesto rosario propagandistico marxista-leninista "scientifico", che mescola mezze verità (l'importanza enorme della battaglia di Stalingrado per esempio) con un cumulo di falsità e approssimazioni che si inscrivono in una visione binaria, evolutiva e manichea dei processi storici, pardon, della Storia. Il tutto condito in salsa "rossa" solo velatamente autoritaria (ai giovani da indottrinare non piace...), che gli "antiautoritari" di sinistra, liberali e socialdemocrati non è affar mio, non si stancheranno mai di smascherare, denunciare e quando è necessario di combattere. Non lo dubiti Galati.
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Mario Galati
Monday, 01 April 2019 14:50
Scusate l'errore: dopo "Questa consonanza assoluta è indicativa" ci vanno i due punti, non il punto.
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Mario Galati
Monday, 01 April 2019 14:46
Gli esorcismi non servono a nulla. Stalin, per fortuna, c'è stato, ha svolto il suo insostituibile ruolo storico ed io mi ritengo beneficiario, a livello personale diretto, di tutto ciò.
Nemmeno gli anatemi infuriati servono a qualche cosa.
Se Victor Serge scriveva queste cose nel 1947, dopo la seconda guerra mondiale, due sono le ipotesi: o era totalmente dissennato o era un agente dell'imperialismo (chiaro che questa categoria sarebbe solo un'invenzione degli stalinisti e, quindi, sarebbe a tutti interdetto l'uso per volontà dei sacerdoti dell'antistalinismo. Ma io non faccio parte della chiesa trozkista e antistalinista e , perciò, non mi sento toccato dall'interdetto). Oppure, terza ipotesi, entrambe le cose. Cioè un dissennato, agente inconsapevole dell'imperialismo. Il che sarebbe un'aggravante.
Ma io credo poco nell'ingenuità delle buone intenzioni. Le buone intenzioni (il vero socialismo, ecc.) celano un'ostilità di classe di fondo, che non si intende consciamente rivelare neppure a se stessi. Questo livore irrazionale, in nome del vero comunismo, si avvale di tutta l'ignobile propaganda anticomunista per stigmatizzare le reali esperienze di liberazione maturate nella dialettica storica, non nel cielo della fantasia e delle buone intenzioni da anime belle (buone intenzioni che lastricano sempre le vie dell'inferno). Questa consonanza assoluta è indicativa. Nel 1947 inizia la propaganda anticomunista orwelliana, inizia la vulgata “totalitaria” di Hannah Arendt, si concentra l'ostilità della guerra fredda, e, guarda caso, tutti i falsissimi luoghi comuni diffusi da Victor Serge sono esattamente quelli diffusi dalla Arendt, da Orwell e dalla CIA, con l'ausilio del materiale di propaganda nazista riciclato.
Lasciamo perdere l'uso distorto dell'opportunissimo, sul piano tattico, patto Molotov-Ribbentropp per sostenere l'insostenibile. Studiare la storia, l'atteggiamento della Francia e dell'Inghilterra, la situazione europea e quella della Polonia, prima e dopo l'invasione nazista, costa un po' di fatica. Meglio e più facile la rozza propaganda anticomunista.
Trovo imperdonabile non aver compreso la portata dello scontro storico tra nazismo e comunismo (sovietico), tra schiavismo e antischiavismo, tra concezione antinuniversalista, particolarista e razziale, e concezione universalista dell'uomo, tra deemancipazione ed emancipazione, tra colonialismo e anticolonialismo,tra destra e sinistra hegeliana, come suggerisce Eros Barone,(tutto ciò andava ben al di là dello scontro tra capitalisti e proletari).
“Collocare sul medesimo piano morale il comunismo russo e il nazifascismo, in quanto entrambi sarebbero totalitari, nel migliore dei casi è superficialità, nel peggiore è fascismo. Chi insiste su questa equiparazione può ben ritenersi un democratico, in verità e nel fondo del cuore è in realtà già fascista, e di certo solo in modo apparente e insincero combatterà il fascismo, mentre riserverà tutto il suo odio al comunismo”. Thomas Mann
Vengo a quanto sostenuto più pacatamente e razionalmente, ma non meno erroneamente, a mio avviso, da Aliquis.
La storia è sempre storia contemporanea, diceva Benedetto Croce. Pertanto, l’utilità storiografica è utilità politica. Senza contare, poi, il detto di Orwell, secondo cui chi controlla il presente controlla il passato e chi controlla il passato controlla il futuro. Ora, il nostro passato è controllato dal potere capitalistico totale e il senso comune creato e diffuso sul comunismo e su Stalin è quello della propaganda americana, propaganda targata CIA, ma che riprende direttamente la propaganda nazista di Goebbels. Esiste un legame chiaro Goebbels (v. cosiddetto Holodomor ucraino e Katin)-Orwell-Hannah Arendt-Conquest e CIA e servizi inglesi (anche in collegamento con università prestigiose), sino al libraccio nero del comunismo, per fermarci soltanto alle voci guida e simboliche, ai bastioni, della propaganda capitalistica anticomunista (alla quale il trozkismo ha dato il suo appassionato contributo). Il legame è il poderoso apparato di propaganda anticomunista tout court, sotto veste di antistalisnismo-antisovietismo.
Domenico Losurdo definiva autofobica e in fuga dalla storia una certa sinistra, anche autodefinitasi comunista, che prendeva le distanze dal movimento storico reale novecentesco, dal comunismo novecentesco, e lo abiurava, assumendo e interiorizzando l’immagine (totalmente falsa e distorta, caricaturale) che il nemico di classe proiettava per evidenti ragioni di lotta ideologica e di scoraggiamento dal “riprovarci di nuovo” (tutta “La fattoria degli animali” di Orwell ha questo preciso significato).
E’ evidente che la morte dell’URSS ha radici nella sua storia (ma non schematicamente nel suo “sistema”, preso come un dato fisso), ma ignorare il contesto internazionale nel quale si trovava e la lotta internazionale aspra (e la forza dell’avversario dove la mettiamo?) che ne derivava significa peccare di astrazione. La categoria della “implosione” è fuorviante.
L’obiezione che la dottrina del socialismo in un paese solo possa aver frenato la rivoluzione mondiale possibile non mi sembra seria. Si tratta di fantasia che neppure in un ragionamento di storia controfattuale può reggere.
L’articolo di Barone individua chiaramente i tratti storici di quel periodo: attacco capitalistico contro i lavoratori e ricolonizzazione, ossia attacco coloniale anche nel cuore dell’Europa (i popoli slavi da decimare e schiavizzare; la guerra contro l’Unione Sovietica come guerra razziale; l’obiettivo di creare nell’est europeo le “indie tedesche”. Il nazismo vuole rinverdire, estremizzandola, la tradizione coloniale liberale (molto ammirata dai nazisti era la democrazia razziale americana) e, persino, reintrodurre la schiavitù, ). Cos’altro sono stati il fascismo e il nazismo? Mezza Europa era fascista e nazista e l’altra metà “liberale” e democratica era connivente. La reazione infuriava e secondo Aliquis c’era una situazione rivoluzionaria e non difensiva?
Ma Stalingrado è stata una passeggiata? La situazione era tanto rivoluzionaria in Europa e i rapporti di forza erano così favorevoli che L’URSS ha pagato con oltre venti milioni di morti ed ha potuto vincere soltanto con una difesa strenua e disperata la battaglia decisiva e la guerra. C’è da strabiliare a leggere certe affermazioni.
L’esempio della guerra di Spagna è il solito luogo comune anarco-trotzkista. L’unico paese ad aiutare la repubblica spagnola fu l’Unione Sovietica di Stalin (che avevano ben compreso che l'attacco era iniziato), mentre le democrazie capitalistiche lasciavano fare. La seconda guerra mondiale iniziò con la guerra di Spagna, non con l’occupazione dei Sudeti (le democrazie liberali fecero col patto di Monaco, ciò che fecero con la Spagna: incoraggiare Hitler) e con l’invasione della Polonia. In Spagna non si è riusciti a difendere la repubblica democratica borghese e c’è chi rilancia con rivoluzioni possibili “represse dagli stalinisti”. Sarebbe meglio svegliarsi dal torpore indotto dal narcotico “rivoluzionarista”.
Quella contro Tito sarà stata una crociata (ma non è vero: vi erano ragioni politiche, oltre che ideologiche, molto concrete), ma, come la storia ha dimostrato con la dissoluzione della Yugoslavia in seguito alla dissoluzione dell’URSS, un terzomondismo non allineato (anzi, la stessa Yugoslavia socialista e “antistalinista”) ha potuto esistere soltanto grazie all’esistenza del secondo mondo sovietico. Non parliamo poi del movimento anticoloniale, se non ci fosse stata l’URSS con il blocco comunista. Oggi siamo in piena ripresa del colonialismo. Sarà un caso? E sarà un caso ed una semplice coincidenza la fine dell’URSS e del blocco socialista e lo storno dei diritti dei lavoratori nell’occidente capitalistico, cioè la fine del compromesso keinesiano e l’arretramento della democrazia? Non la fine del socialismo, ma la fine della socialdemocrazia, la quale deve la sua esistenza e il suo ruolo sempre all’URSS. Così come lo stesso trotzkismo ha trovato la sua ragion d’essere unicamente nell’esistenza di Stalin e dell’URSS. Voglio vedere oggi tutte questi antistalinisti socialdemocratici, trozkisti e di ogni genere e specie, rilanciare la lotta per il socialismo sulle basi per le quali hanno sempre polemizzato, denigrato e contrastato Stalin e l’URSS.
Ma come, la fine dello stalinismo e dell'URSS non dovevano rappresentare la primavera del vero socialismo?
Si accomodino i veri socialisti e comunisti, gli “antiautoritari”, la strada è spianata.
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daniele benzi
Monday, 01 April 2019 14:04
sic!
e pensare che sinistrainrete due mesi fa si rifiutò di pubblicarmi un innocuo articoletto sul Venezuela in cui sostenevo semplicemente che l'equazione “se non stai con Maduro sei un traditore e un collaborazionista dell’Impero” o che, “oggettivamente”, ti stai schierando a fianco degli “yanquis de mierda” e dei golpisti, fosse ridicola e inaccettabile...

Mala tempora currunt per la sinistra critica quando un sito di ampia diffusione come questo, il cui sottotitolo è "Archivio di documenti e articoli per la discussione politica nella sinistra", privilegia gli stalinisti senza se e senza ma, che celebrano "La ricorrenza del centoquarantesimo anniversario della nascita di Iosif Vissarionovic Giugasvili, detto Stalin (1879-1953)", senza nessuna "interrogazione" minimamente seria, come promesso nell'incipit, presentando invece solo il vecchio e per molti (spero moltissimi) indigesto rosario propagandistico del marxismo-leninismo "scientifico", ma soprattutto autoritario
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Sergio Falcone
Monday, 01 April 2019 12:01
Mai più Stalin.
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Mario M
Monday, 01 April 2019 10:33
Sono rimasto sbigottito alla lettura di questo intervento. Sembra che le purghe staliniane e lo sterminio interno fossero inevitabili per salvare la rivoluzione. Una lettura diametralmente opposta ce la fornisce Victor Serge, rivoluzionario e stretto collaboratore di Lenin e dei primi bolscevichi, poi giornalista, storico e sublime romanziere. Riporto l'incipit di un articolo scritto poco prima della sua scomparsa, nel 1947, quando Stalin era al massimo della fama e del successo:
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"Gli anni 1938-1939 segnano una nuova svolta decisiva. Grazie anche alle implacabili «epurazioni», la trasformazione delle istituzioni, come quella dei costumi e dei quadri di uno che si definisce ancora sovietico, pur non essendolo più affatto, si è conclusa. Un sistema perfettamente totalitario ne è il risultato, i cui dirigenti sono i padroni assoluti della vita sociale, economica, politica, spirituale del paese, mentre l’individuo e le masse non godono in realtà di nessun diritto. La condizione materiale di otto, forse nove decimi della popolazione si è stabilizzata ad un livello bassissimo. Il conflitto aperto con i contadini continua seppure in forme attenuate.

Ci si rende conto che ha trionfato poco a poco una vera e propria controrivoluzione. L’URSS con il suo intervento nella guerra civile spagnola [1936-1939, ndt] ha tentato di controllare il governo della Repubblica spagnola e si è opposta con i metodi peggiori – corruzione, ricatto, repressione, assassini – al movimento operaio che si ispirava a quelli che un tempo erano i suoi ideali; dopo la sconfitta della Repubblica spagnola, di cui Stalin porta una grande parte di responsabilità, l’URSS patteggia rapidamente, prima in segreto, con il III Reich [Patto sovietico-tedesco firmato a Mosca il 23 agosto 1939, tra Joachim von Ribbentrop, ministro degli Esteri del III Reich, e Vjačeslav Michajlovič Molotov, alla presenza di Stalin, ndt].

Nel momento della crisi più profonda dell’Europa, vediamo improvvisamente le due potenze, quella fascista e quella antifascista, quella bolscevica e quella antibolscevica, lasciar cadere le maschere e unirsi nella spartizione della Polonia. L’URSS estende, con l’assenso della Germania nazista, la sua egemonia sui paesi baltici che si erano distaccati dalla Russia durante le lotte del 1917-1919. Questa svolta nella politica internazionale dal lato russo si spiega solo con gli interessi di una casta dirigente avida e inquieta, ridotta ad una capitolazione morale di fronte al III Reich del quale teme, in primo luogo, la superiorità tecnica. Le somiglianze interne delle due dittature l’hanno enormemente facilitata."
http://rproject.it/2017/04/victor-serge-e-la-rivoluzione-dei-soviet/
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Aliquis
Monday, 01 April 2019 09:45
Ciò mi pare utile soltanto a livello storiografico. Ma per l'azione politica attuale, forse ci sarebbe bisogno di qualcosa di nuovo. Magari, anche su Stalin. Se dopo la sua morte l'Urss, sia pure con un lungo processo, è caduta, permettendo il dispiegarsi di quella restaurazione da lui descritta, non dipende anche dai difetti del sistema da lui cretao? Perchè si deve per forza essere "gregge" di un capo e non uomini consapevoli che pensano con la propria testa? E poi, sicuri che la dottrina del "socialismo in un solo paese", non abbia frenato la rivoluzione nel mondo, in momenti in cui essa era possibile? (Si veda, Spagna 1936-37, quando la rivoluzione, promossa dagli anarchici, fu repressa dagli stalinisti; la crociata contro la Jugoslvia di Tito nel 1948, che, oltre a squassare i partiti comunisti di tutto il mondo, determinò la sconfitta della rivoluzione in Grecia, già boicottata da Stalin per rispettare gli accordi con Churchill?
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