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Le innovazioni teoriche di Immanuel Wallerstein

di Bollettino Culturale

Wallerstein by Brennan Cavanaugh is licensed under CC BY NC 20Parte I

Se osserviamo tutto il lavoro di Immanuel Wallerstein, e anche l'insieme globale di linee in cui ha sviluppato questa prospettiva dell'analisi dei sistemi-mondo, possiamo renderci conto che questo lavoro e detta prospettiva sono fondamentalmente visualizzati attorno a quattro assi tematici principali, assi che si articolano l'un l'altro in modi diversi, ci danno l'architettura completa dell'edificio concettuale e teorico da questa stessa prospettiva dell'analisi dei sistemi-mondo.

Quattro assi che, a volte sovrapposti, e altri che si intersecano trasversalmente, contengono anche le chiavi principali dell'originalità di questa analisi dei sistemi-mondo, nonché la loro eccezionale irradiazione all'interno delle più diverse sfere accademiche e intellettuali di tutto il mondo

Perché quando attraversiamo attentamente l'opera di Immanuel Wallerstein, è evidente che un primo asse è quello storico critico, che cerca di spiegare, in modo nuovo, l'intera storia del capitalismo e della modernità all'interno della quale viviamo ancora, avendo iniziato la sua esistenza storica nel "lungo sedicesimo secolo" cruciale e decisivo, postulato da Fernand Braudel, in un’onda che arriva fino ai nostri giorni.

L’asse storico-critico di una storia globale del capitalismo moderno, dal XVI secolo ad oggi, che non era solo la matrice originale dell'intera prospettiva dell'analisi dei sistemi-mondo, ma è stata anche concretizzata, parzialmente, nell'opera di Immanuel Wallerstein, che è senza dubbio la sua opera più tradotta e conosciuta in tutto il mondo: Il Moderno Sistema-Mondo.

Un secondo asse riconosciuto di questa prospettiva, che allo stesso tempo prolunga e concretizza l'argomento del primo asse, è quello dell'analisi critica dei principali eventi e processi del "lungo ventesimo secolo", cioè di quelle realtà e tendenze che sono più familiari e vicine, nella misura in cui corrispondono ai contesti specifici dei personaggi, degli eventi e dei processi evolutivi che abbiamo vissuto e osservato, siamo noi stessi, sono le generazioni con cui abbiamo vissuto direttamente, quella dei nostri genitori o dei nostri nonni.

La diagnosi critica del lungo ventesimo secolo, che pur sostenendo la rottura con il mito radicato ma assurdo secondo cui la storia è la "scienza del passato", ci fornisce le chiavi per comprendere i processi essenziali del nostro secolo.

Sulla stessa linea, e in quella che sembrerebbe una sorta di successivi movimenti analitici di "primo piano", il terzo asse affronta un doppio problema, coprendo sia lo studio della storia più immediata, sia il coraggioso esercizio della definizione di possibili scenari prospettici della futura evoluzione del sistema capitalistico mondiale. Dal 1968 e la fondazione di questa prospettiva dell'analisi dei sistemi-mondo nel 1974, Immanuel Wallerstein ha accompagnato gli eventi che stava vivendo con spiegazioni critiche su di essi, spiegazioni che, pur introducendo una forte "densità storica" nell'interpretazione di questi fatti immediati - densità derivata, ovviamente, dal lavoro di Wallerstein attorno ai due assi critici sopra menzionati - sono stati restaurati continuamente da una chiara prospettiva globale e comparativa, cioè da una prospettiva geograficamente planetaria che è sempre attenta alle somiglianze, alle differenze, alle causalità comuni e alle ricorrenze degli stessi fatti analizzati.

Allo stesso tempo, e anche in modo permanente, Wallerstein ha svolto l'esercizio di proiettare verso il futuro le tendenze storiche dell'evoluzione globale del sistema capitalistico mondiale che ha studiato, nello spirito di prefigurazione e per il resto, vale la pena sottolineare , con un notevole grado di successo, i possibili scenari prospettici di questa stessa evoluzione del capitalismo mondiale.

Infine, un quarto asse articolante del lavoro di Immanuel Wallerstein e anche della prospettiva dell'analisi dei sistemi del mondo, è l'asse della riflessione epistemologica critica riguardante i nostri modi abituali di apprendere le realtà sociali che investigiamo e, più in generale, quella dell'attuale configurazione dell'attuale struttura della conoscenza costituita dalla modernità capitalista stessa ancora in vigore.

La critica delle attuali scienze sociali e la struttura della conoscenza oggi dominante che, a differenza dei tre assi precedenti, non si trova in questo chiaro movimento di approcci successivi dalla più lontana storia del capitalismo al suo presente più vivo, ma attraversa trasversalmente questi tre assi, per esplicitare e criticare criticamente le ipotesi non assunte dalla sua stessa costruzione, nello spirito di mostrare i suoi limiti epistemologici e di promuovere la costruzione di nuove "scienze storiche" radicalmente nuove e profondamente non disciplinari.

Quattro assi articolanti dell'intera prospettiva dell'analisi dei sistemi-mondo che, per la loro successiva costruzione hanno fatto affidamento, principalmente, su due delle matrici del pensiero critico contemporaneo che costituiscono, a loro volta, prima di tutto la più importante eredità intellettuale all'interno delle scienze sociali contemporanee, cioè le scienze sociali degli ultimi centocinquanta anni circa, e in secondo luogo nell'opera più rilevante a livello mondiale negli studi storici nel corso del XX secolo.

Cioè, da un lato nella matrice del pensiero critico di Karl Marx, e in questo modo, di alcuni dei suoi discepoli e epigoni successivi, e dall'altro lato nella matrice dell'eredità costituita dalle opere di Fernand Braudel, e in di conseguenza, di alcuni dei principali contributi della prospettiva della corrente francese degli Annales.

Perché al di là del complesso "albero genealogico" delle affiliazioni intellettuali che hanno alimentato il viaggio intellettuale di Immanuel Wallerstein, e con esso anche alla prospettiva dell'analisi dei sistemi mondiali, e che includono autori rilevanti come Frantz Fanon, Ilya Prigogine, Marc Bloch, Raúl Prebisch o Paul Sweezy, tra molti altri, sembrano essere chiari sul fatto che le due matrici di pensiero che sostengono essenzialmente questa prospettiva Wallerstiniana sono, come abbiamo detto, questa matrice marxista e quella matrice braudeliana appena menzionate. Perché l'apparato categorico di Marx è presente e attivo durante l'analisi e il lavoro di Immanuel Wallerstein, che parla del capitalismo storico, basato sulla logica dell'accumulazione del capitale, e permanentemente segnato dalla dinamica della lotta di classe, accompagnata da chiari processi di alienazione ideologica e funzionamento degli stati capitalisti che obbediscono sempre agli interessi delle classi dominanti.

E mentre Wallerstein interpreta molti dei tradizionali e antichi dibattiti e tesi marxiste in modo originale e molto poco ortodosso, lo fa sempre dall'orizzonte di assumere quell'apparato generale dei concetti e delle teorie fondamentali elaborati dal quadro generale della sua analisi e allo stesso tempo, e come ha affermato in diverse occasioni, il suo lavoro è stato nutrito in modo molto importante da alcune delle più importanti opere e dibattiti marxisti sulla storia economica e sulla sociologia critica degli anni sessanta e oltre.

D'altra parte, è anche chiaro l'enorme debito di Wallerstein con il lavoro di Fernand Braudel, da cui prende prima la teoria dei diversi periodi storici e in particolare il focus della lunga durata storica, ma anche alcuni concetti centrali come quello dell'economia mondiale, o alcune tesi specifiche come il particolare rapporto tra monopoli e libera concorrenza all'interno delle dinamiche globali del capitalismo.

Allo stesso tempo avviene il recupero profondo dell'idea braudeliana della storia globale che è legata, inoltre, alla richiesta marxiana di analizzare tutti i problemi "dal punto di vista della totalità", con la sua pretesa di una storia sempre critica, un altro ovvio spazio di coincidenza con Marx. Wallerstein attingerà anche dalla ricerca che nel campo della storia economica è stata sviluppata da alcuni degli autori della corrente degli Annales, in una gamma che include dalle opere geniali di Marc Bloch, ai contributi dello stesso Braudel e di alcuni suoi discepoli diretti.

Questa è la doppia matrice alla base delle opere di Immanuel Wallerstein, senza le quali non è possibile comprendere la ricchezza e l'originalità della prospettiva dell'analisi dei sistemi-mondo. Al punto che possiamo affermare che, per una corretta e approfondita comprensione di questa stessa prospettiva, è anche obbligatoria una minima conoscenza del complesso contributo di Marx e di alcune posizioni marxiste successive, nonché una solida rilettura del lavoro di Fernand Braudel, insieme ad alcuni importanti contributi di alcuni analisti di cui sopra.

Da questa mappa generale che presenta questo approccio all'analisi dei sistemi-mondo e di queste due matrici fondamentali che supportano la loro elaborazione principale, vale la pena di rivedere ora, in modo più dettagliato, quali sono i contributi originali specifici dello stesso, quelli che non gli hanno solo dato la sua peculiare forza euristica, ma anche la sua vasta capacità di diffusione planetaria e di irradiazione in generale.

Wallerstein ha provato a scrivere una storia globale del sistema capitalistico mondiale, dalle sue origini e al presente, lontana dalle storie descrittive tradizionali e noiose del sedicesimo, diciassettesimo, diciottesimo, diciannovesimo o ventesimo secolo. Ha cercato di costruire un modello teorico completamente nuovo per la caratterizzazione globale e per la spiegazione completa e critica di quel percorso completo della storia capitalista degli ultimi cinque o sei secoli.

Cioè, una storia interpretativa e teorica del capitalismo, o una teoria storica e un'interpretazione dell'evoluzione della società capitalista moderna, che, di conseguenza, riporta il nome di Immanuel Wallerstein all'interno di quel piccolissimo elenco di pensatori che, negli ultimi centocinquanta anni hanno osato pensare al capitalismo come a un problema globale, cioè, nella sua unità integrale e nelle sue dimensioni più generali, un elenco che a partire da Karl Marx si prolunga solo con pochi altri autori, come Max Weber, Werner Sombart , Norbert Elías, Karl Polanyi o Fernand Braudel.

E se questo sforzo per arrestare il capitalismo moderno, dalla sua storia globale e dalla ricostruzione teorica delle sue strutture più essenziali, metterà in relazione Wallerstein con questo breve gruppo di importanti pensatori appena citati, si affermerà invece la sua originalità specifica, attorno a tre tesi principali, che costituiscono l'approccio unico all'analisi dei sistemi-mondo, attorno a questo stesso tema della spiegazione teorica storica del capitalismo moderno. Tre tesi o proposte metodologiche, che si riferiscono, prima di tutto, alla relativa unità di analisi per analizzare e indagare i diversi fenomeni, eventi e processi che sono stati dispiegati all'interno di questa storia secolare del capitalismo. Secondariamente alla struttura gerarchica interna da cui è configurato questo stesso capitalismo e, infine, alle diverse dinamiche e curve di trasformazione che ritmano la vita storica e il corso di questo stesso sistema storico capitalista.

Quindi, una delle proposte più originali, e anche più discusse, da questa prospettiva di analisi dei sistemi-mondo, è quella che si riferisce a questo punto su quale unità specifica di analisi dovrebbe essere usata come il quadro necessario e generale di tutte le nostre analisi. E qui, e in aperta controversia con praticamente tutti i precedenti scienziati sociali, Immanuel Wallerstein affermerà che questa unità di analisi non può essere e non dovrebbe essere diversa da quella del sistema mondiale sempre considerato nella sua interezza, vale a dire nella maggior parte dei casi, nella sua vasta dimensione geografica, che è stata, negli ultimi cinque secoli, o semi-planetaria o poi strettamente planetaria.

Il che significa che, secondo questa analisi dei sistemi-mondo, è un errore metodologico importante considerare il nostro quadro di analisi o la nostra unità di analisi globale, quella dello Stato-nazione, ovvero lo spazio nazionale in cui il problema che studiamo è stato distribuito, uno spazio nazionale che sotto i nomi di "società", "formazione sociale" considerata o "la struttura sociale" di riferimento, limita sempre i nostri orizzonti epistemologici di spiegazione a queste coordinate e processi nazionali specifici, dal Messico, all'Argentina, alla Francia, al Guatemala, alla Russia o agli Stati Uniti, tra molti altri.

Metodo di analisi con il quale, e per citare solo alcuni esempi possibili, vogliamo spiegare il movimento di indipendenza messicana solo dai processi specifici e particolari della Nuova Spagna, mentre esaminiamo e spieghiamo il movimento francese del 1968 senza lasciare la considerazione di cause e fattori puramente francesi, o indagare a fondo sulle ragioni e sugli elementi puramente inglesi che hanno scatenato la rivoluzione industriale della fine del XVIII secolo, avvenuta proprio in Inghilterra. In questa stessa linea, viene analizzata la caduta del muro di Berlino con vettori esplicativi puramente tedeschi, mentre si cerca di capire il governo tardivo e limitato di Vicente Fox in Messico esclusivamente dalle circostanze messicane.

Ma con ciò, le dinamiche globali sottostanti di tutti questi processi ed eventi evocati, dinamiche sovranazionali che derivano dal funzionamento del sistema mondiale capitalista globale, considerato come "unità di analisi" unica e veramente pertinente, che metta l'indipendenza messicana all'interno del vasto movimento di decolonizzazione generale di tutte le Americhe, un movimento che è stato anche innescato dalla dinamica globale della riorganizzazione della geopolitica europea e planetaria della fine del XVIII e dell'inizio del XIX secolo, si combina e si sovrappone ai processi protonazionali e locali di ciascuna delle aree di questo vasto continente americano.

Dinamiche mondiali che reinseriscono anche il Maggio francese nella rivoluzione culturale mondiale del 1968 e la rivoluzione industriale inglese all'interno della più ampia costituzione del nuovo ciclo egemonico caratteristico del lungo diciannovesimo secolo, ripensando al crollo del Muro di Berlino nel contesto del collasso globale dell'ideologia liberale, o riformulare quella vergognosa e impoverita politica di Vicente Fox nel processo di nuova polarizzazione sociale e politica generata da quel crollo del liberalismo e dalla concomitante comparsa mondiale della fase senile del capitalismo che ha generato mostri come Trump, Orban e Modi.

Quindi, di fronte a tutte queste solite spiegazioni di storici e scienziati sociali che assumono, consciamente o talvolta inconsciamente, quadri nazionali limitati come unità essenziale di analisi, Wallerstein rivendicherà invece l'esistenza, sempre presente e sempre fondamentale per un'adeguata spiegazione scientifica, quell'unità globale che è il sistema mondiale capitalista nel suo insieme, e con essa, di quelle dinamiche globali sovranazionali che determinano e influenzano sempre, in modo essenziale, tutti i fatti sociali, i fenomeni e i processi che si verificano ovunque nel mondo durante l'ultimo mezzo millennio. Inoltre, e come seconda tesi forte di questo asse storico-critico, il nostro autore ha difeso l'idea che durante la sua vita storica, il capitalismo è sempre stato strutturato da una struttura gerarchica, profondamente disuguale e asimmetrica, struttura tripartita che divide il pianeta in un piccolo nucleo di paesi o aree molto ricche che compongono il centro del sistema, insieme a una piccola zona intermedia di paesi e aree che hanno una ricchezza moderata e sono semiperiferiche e accanto a una vastissima periferia povera e sfruttata, che costituisce la stragrande maggioranza delle aree e delle nazioni del mondo, e che in quanto ampia base del sistema nel suo complesso supporta sia la semiperiferia sia il centro di questo stesso sistema capitalista.

Tesi su questa divisione tripartita del mondo capitalista che è già un primo criterio discriminante di ciò che è possibile e ciò che è impossibile in ciascuno dei paesi o nazioni di questo stesso pianeta capitalista. Le aree centrali saranno quasi sempre i generatori delle nuove tecnologie all'avanguardia e il quartier generale dei grandi monopoli transnazionali, sviluppando il più alto reddito, consumo e standard di vita e pagando i salari più alti in termini relativi, che non sono altro che diverse espressioni e conseguenze di quella maggiore ricchezza che concentrano, quando sfruttano in modo diverso la semiperiferia, e in particolare la vasta periferia che le circonda.

D'altra parte, queste molteplici periferie, sfruttate attraverso meccanismi che vanno dallo scambio disuguale secolare e il blocco esplicito dello sviluppo di interi rami produttivi, alle forme più recenti degli onerosi debiti esteri dei paesi meno sviluppati, saranno sempre le aree e paesi più poveri, con uno sviluppo tecnologico scarso o molto scarso e con industrie e imprese di piccole e limitate dimensioni, di portata locale, insieme a livelli molto bassi di reddito, consumo e anche di entità salariale.

Differenze economiche acute tra centro e periferia, indebolite debolmente nelle aree della semiperiferia, che si riflettono anche a livello sociale, politico e persino culturale, ponendo al centro gli stati forti e imperialisti, gli stati medi nella semiperiferia e stati deboli, o coloniali, dipendenti o subordinati nella periferie, oppure sviluppando in quelle stesse aree del centro, modelli e comportamenti sociali e culturali che cercano di prevalere come dominanti su scala planetaria, promuovendo per esempio ora l'uso dell'inglese o dello stile di vita americano come presunti segni di "progresso", e presentando come arretrati o sottosviluppati le restanti lingue del mondo o le abitudini culturali delle regioni periferiche e semiperiferiche di tutto il mondo.

La struttura diseguale e gerarchica delle tre aree geografiche del sistema capitalistico mondiale, che inoltre, lungi dal tendersi a chiudersi e cancellarsi, si è ampliata e approfondita durante i cinque secoli di vita storica capitalista. Perché se il piccolo nucleo centrale del sistema è sempre più scandalosamente ricco, lussuoso e fatiscente, ciò è solo perché l'immensa periferia è sempre più povera, ascetica, limitata e pudica nel suo consumo e nel suo uso delle scarse risorse che non sono espropriate da detto centro. Poiché la ricchezza di quel centro, oggi come da cinquecento anni, è il risultato diretto dello sfruttamento, del saccheggio, della rapina, dell'espropriazione e dell'impoverimento sistematico di queste vaste periferie.

Ciò implica, non solo al livello più teorico, che tutte le supposte teorie dello sviluppo, della modernizzazione, del progresso o dei modelli sulle possibilità dell'uscita dall'arretratezza o del sottosviluppo, sono totalmente inoperanti e assurde come teorie esplicative o come proposta per l'evoluzione dei paesi poveri e periferici del capitalismo, ma anche e ad un livello più pratico e più profondo, che i paesi di quella periferia non hanno alcun destino promettente all'interno delle attuali strutture di questo stesso sistema mondiale capitalista .

Una terza tesi centrale di questo asse storico-critico si riferisce alle diverse dinamiche che, anche in tempi storici diversi, sono ritmiche e accompagnano l'evoluzione specifica del divenire storico capitalista.

Dinamiche differenziate, sebbene anche profondamente intrecciate, che racchiudono, nel piano delle congiunture storiche o del tempo medio braudeliano, i noti cicli di Kondratiev, ma anche e già nel più vasto concetto della lunga durata, in primo luogo, la dinamica degli importanti cambiamenti imposti dai "lunghi secoli" diversi e sovrapposti della storia capitalista e, secondo, i successivi movimenti di espansione e consolidamento del sistema stesso, e terzo, e forse il più importante di questi ultimi tre, quello della dinamica globale dei successivi cicli egemonici di questo stesso viaggio generale della modernità capitalista.

Perché come ha insegnato Fernand Braudel, seguito a questo punto da vicino da Immanuel Wallerstein, la trama della storia è sempre intrecciata in più piani e periodi simultanei, che nella loro interrelazione e gioco complesso, definiscono la particolare configurazione delle società in ogni singolo momento e circostanza storica. Pertanto, e anche come importanti elementi esplicativi, la prospettiva dell'analisi dei sistemi del mondo rivendica quella delle domande se in un determinato momento siamo in una fase espansiva, o al contrario, depressiva, come nel ciclo di Kondratiev, accanto al dubbio sull'inserimento di quel momento in questo o quel lungo secolo storico, in un'ondata di espansione, consolidamento o stadio di biforcazione del capitalismo, ma anche in quale momento singolare del ciclo egemonico allora in vigore.

Quindi, e per esemplificare questa idea in un modo più concreto, possiamo affermare che secondo Immanuel Wallerstein, questo momento attuale che viviamo non può essere adeguatamente compreso se ignoriamo che siamo esattamente nel punto più basso o fase depressiva del ciclo di Kondratiev, e quindi, nel preciso momento di interruzione in cui sta per iniziare una nuova fase espansiva di quello stesso ciclo di Kondratiev. Ciò che, tra le altre cose, ci consente di prevedere, ad esempio, che vivremo, nei prossimi dieci anni, una forte ondata di nuove innovazioni tecnologiche, che si svolgeranno nei settori più diversi dell'economia, della società e della vita quotidiana, dovranno rilanciare i nuovi rami produttivi, e con essi, i nuovi gruppi monopolistici che comanderanno questo nuovo ramo espansivo di detto ciclo di Kondratiev.

Ma siamo anche in una sezione intermedia del "secondo secolo storico del XX secolo" iniziata nel 1968, che ci consente di spiegare la situazione di transizione che viviamo tra due lunghi secoli storici e che come ogni transizione, mescola i caratteristici elementi in declino del lungo secolo XX, con gli elementi già in gestazione del futuro lungo XXI secolo.

Allo stesso modo, è difficile capire l'attuale situazione mondiale, senza considerare che stiamo attraversando una fase che è stata presente solo in modo molto eccezionale nella vita storica dell'umanità, e questa è la situazione di una biforcazione storica, e in questo caso particolare che ci tocca vivere, quello della crisi terminale del sistema storico capitalista. Situazione del vero caos sistemico, che non avevamo conosciuto cinquecento anni fa, e che è la chiave esplicativa del vero terminale e collasso irreversibile che oggi vive una vasta serie di strutture della nostra società, come quella dello Stato moderno o la logica economica basata sull'accumulo di capitale, o l'attuale struttura delle classi sociali, o anche la moderna cultura borghese razionalista. Tutto ciò crolla fino a raggiungere strutture come quelle della configurazione delle popolazioni di tutto il pianeta sotto lo schema nazionale, o la struttura della conoscenza costituita cinque secoli fa dalla modernità.

Quindi, ricostruendo accuratamente tutte queste dinamiche multiple e sovrapposte del corso temporale della storia capitalista dell'ultimo mezzo millennio, Wallerstein non solo recupera le principali lezioni del passato per una diagnosi più densa e accurata del nostro presente ma forgia anche alcuni strumenti intellettuali che, da quel preciso e denso ritratto del passato e del presente, ti permettono di vedere con certezza i possibili scenari futuri di questo stesso presente, dall'attenta proiezione in avanti delle tendenze attuali, tendenze che sono state già così chiaramente identificate e comprese da questa dissezione multipla di queste diverse dinamiche che costituiscono l'itinerario globale della modernità capitalista.

Ed è proprio da queste tre tesi forti, o da queste tre linee di proposte sintetizzate finora, che questo asse storico-critico è strutturato dal punto di vista dell'analisi dei sistemi-mondo, un asse storico critico che allo stesso tempo, essendo la matrice originale di questo intero approccio, funziona anche come l'orizzonte più generale che incornicia gli altri tre assi di cui sopra, che affronteremo nella seconda parte.

 

Parte II

La seconda parte delle prospettive dell'analisi del sistema mondiale, nel contesto dell'analisi di crisi del grande Novecento storico, asse che proietta le lezioni dell'asse storico-critico verso il nostro secolo, consente a Immanuel Wallerstein di diagnosticare e analizzare in modo nuovo molti dei principali processi ed eventi verificatisi negli ultimi centotrenta anni. In aperta opposizione agli autori che difendono e postulano l'esistenza di un "breve ventesimo secolo", che andrebbe dalla prima guerra mondiale alla rivoluzione russa del 1917, fino alla caduta del muro di Berlino e al collasso dell'URSS, di nuovo apertamente capitalista, Wallerstein difenderà invece la tesi dell'esistenza di un "lungo ventesimo secolo", iniziato intorno al 1870, che si dispiega fino al momento attuale e anche oltre, per concludere la sua esistenza in un data ancora incerta, ma che molto probabilmente non supererà il 2050.

Importante contrasto tra la tesi di un breve ventesimo secolo e un lungo ventesimo secolo, che non si riduce a una semplice disputa sulla riduzione o l'aggiunta di anni a questo secolo, ma si riferisce piuttosto al problema essenziale di determinare i processi e le determinanti fondamentali di tutto il ventesimo secolo, processi che dalla loro particolare temporalità avrebbero poi fissato i limiti cronologici di quel possibile ventesimo secolo storico, determinando che fosse o un Lungo 20° secolo o un breve 20° secolo.

Pertanto, contro l'idea di considerare i processi del cosiddetto "socialismo realmente esistente", dispiegati nel ventesimo secolo, come processi centrali e definitivi del nostro passato recente, un'idea che si basa e dà significato proprio alla tesi del breve ventesimo secolo, Immanuel Wallerstein difenderà l'idea che questo lungo ventesimo secolo è stato il secolo della lunga curva di costruzione, definizione, affermazione e poi declino dell'egemonia americana, un secolo iniziato così intorno al 1870, e che in questo momento vive il suo stadio finale e conclusivo.

Intorno al 1870, dopo la fine della guerra civile americana, e anche nel momento stesso della sconfitta francese nella guerra franco-prussiana, vediamo chiaramente la disputa, che in seguito raggiungerà dimensioni davvero globali, tra gli Stati Uniti e la Germania. La disputa tedesco-americana che per settant'anni, e in particolare nella moderna "guerra dei trent'anni" che va dal 1914 al 1945, dovrà decidere il nuovo potere egemonico mondiale, che sostituisce l'Inghilterra nella funzione del centro di tutto il sistema capitalistico mondiale e finirà per favorire gli Stati Uniti, con la debacle della Germania. Sarà questo processo di costruzione lenta, dopo l'affermazione e il decadimento di detta egemonia planetaria americana, il processo che, per l'approccio dell'analisi dei sistemi-mondo, definirà il senso generale e il significato storico globale di questo lungo 20° secolo.

In questa logica, dalla vittoria americana nel 1945, continuerà il periodo della forte egemonia della potenza vincitrice fino al 1968 / 72-73, quella Pax americana che incontrammo alla fine della Guerra Fredda, e in cui il disegno della geopolitica globale era definito dagli stessi Stati Uniti d'America.

Ma con la rivoluzione culturale mondiale del 1968 e la crisi economica planetaria del 1972-73, quella forte egemonia americana iniziò un processo discendente, lento ma inarrestabile, del suo totale declino che continua chiaramente fino ad oggi.

In questo modo, e re-spiegando l'intero ventesimo secolo da questa egemonia degli Stati Uniti, Wallerstein non solo relativizza profondamente il ruolo del socialismo realmente esistente, al punto di affermare che tutte queste cosiddette società "socialiste" non lo sono state, e non potevano esserlo, poiché essendo parte del sistema mondiale nel suo insieme, era impossibile per loro sfuggire alla loro logica essenziale, alla quale erano stati fatalmente condannati a tornare, prima o poi e in un modo o nell'altro, ma caratterizzerà anche la prima e la seconda guerra mondiale come un'unica lunga e moderna guerra trentennale, strutturata attorno alla rivalità tra Germania e Stati Uniti, e che, come risultato principale, lascerà il posto, appunto, al dominio incontestato americano degli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta.

Ma anche e in questo stesso senso, Wallerstein proporrà come uno degli assi principali della comprensione di tutti gli eventi e fenomeni degli ultimi quattro decenni quello di questo scenario del processo di progressivo e irreversibile collasso del potere egemonico degli Stati Uniti d'America, crollo che mentre crea il vuoto di quella posizione egemonica di leadership all'interno del sistema capitalistico mondiale, spinge la rivalità tra, da un lato, il Giappone molto sviluppato in termini capitalistici e dall'altro l'Europa occidentale ora riunificata sotto l'egida del potere tedesco.

Poiché ripetendo un modello ciclico che abbiamo vissuto in precedenza in due occasioni storiche, il declino della potenza dominante su scala mondiale, in questo caso gli Stati Uniti, è di nuovo accompagnato dall'emergere di una nuova disputa tra i due possibili contendenti che ora vogliono occupare il posto di quel potere in declino, in questo caso il Giappone da un lato e l'Europa occidentale dall'altro, con l'aggiunta rilevante della Cina. Ciò che, inoltre, ci mostra chiaramente la connessione organica esplicita tra il primo asse storico-critico e questo secondo asse dell'analisi del lungo ventesimo secolo. Dal momento che ha studiato i precedenti cicli egemonici della storia capitalista, il ciclo olandese del diciassettesimo secolo e il ciclo inglese del diciannovesimo secolo, Immanuel Wallerstein può, con certezza e fermezza, analizzare l'attuale fase di decadenza egemonica americana, e anche da ora prevedere che il quasi certo vincitore in questa disputa avrebbe dovuto essere il Giappone, se il capitalismo non fosse già nella sua situazione di crisi terminale e finale e non fosse apparsa sulla scena la Cina.

Liberando il lungo ventesimo secolo da quella densa visione storica che fornisce lo studio dell'intera storia del capitalismo, Immanuel Wallerstein può proporre interpretazioni originali e nuove dei diversi fenomeni, eventi e processi che l'umanità ha vissuto negli ultimi centotrenta anni.

In questo modo, e insieme a quella linea centrale del ventesimo secolo, che è la curva dell'egemonia americana, viene anche dispiegata una seconda linea fondamentale, quella della progressiva decolonizzazione totale del pianeta, quella della progressiva conquista del indipendenza politica da parte dei numerosi paesi coloniali rimasti in questo ventesimo secolo. Il processo di disintegrazione di tutti gli imperi coloniali, dall'inglese al francese, e di molti altri, che in un movimento di ondate successive si ripetono durante il "primo XX secolo" che va dal 1870 fino al 1968, stava cancellando così l'esistenza della vecchia e duratura relazione coloniale dalla mappa del mondo. Mentre è importante sottolineare che questa dissoluzione formale e ufficiale del legame coloniale e la concomitante conquista dell'indipendenza politica non hanno sciolto i rapporti di dipendenza economica e sfruttamento, né hanno eliminato del tutto varie forme di dipendenza e dominazione sociale e culturale, dobbiamo anche riconoscere che hanno alimentato un vasto e potente processo di consapevolezza politica e democratizzazione generalizzata della vita pubblica per le masse popolari di tutto il pianeta.

Perché nel far sì che le popolazioni di tutti i paesi coloniali mettano in discussione quel rapporto di dipendenza nei confronti delle rispettive metropoli e mobilitandole politicamente per lottare per l'indipendenza e la sovranità nazionali, quei movimenti anti-sistemici di liberazione nazionale che proliferarono nel lungo ventesimo secolo in tutto il mondo, ciò che stavano generando e promuovendo in modo profondo, era il chiaro processo di forzare i paesi del centro e la semi-periferia del sistema capitalistico mondiale a riconoscere e assumere il fatto che tutti i popoli del mondo, e con esso tutte le nazioni del globo, sono protagonisti attivi e fondamentali dell'attuale storia universale. E quindi attori che devono essere presi in considerazione al momento di decidere i destini generali del nostro pianeta. E mentre è chiaro che queste lotte per la liberazione nazionale hanno avuto solo parzialmente successo nei loro obiettivi generali, conquistando il potere su scala nazionale, ma allo stesso tempo incapaci di eliminare la dipendenza economica, sociale e culturale, è anche vero che, in termini più profondi, hanno sviluppato localmente questi processi di importante democratizzazione della vita pubblica in molti paesi della periferia, creando al contempo un potenziale per esperienze e l'incoscienza che continua a manifestarsi oggi nelle varie lotte in atto, e che continuerà ad essere espressa nelle diverse lotte sociali del prossimo futuro.

E allo stesso modo in cui la curva dell'egemonia americana subisce una rottura fondamentale ai tempi del 1968 / 72-73, passando dalla fase dell'egemonia forte allo stadio del declino egemonico, così anche questa curva di decolonizzazione totale del mondo culminerà verso la stessa data del 1968-73, per poi lasciare il posto, negli ultimi sette anni, alle sistematiche e ripetute critiche planetarie all'eurocentrismo in tutte le sue forme, critiche che a volte hanno raggiunto estremi assurdi, e altre volte, mantenendo una legittima sfida alle conseguenze negative del dominio europeo sul mondo, tra il XVI e il XIX secolo, esprime in generale quei profondi cambiamenti che porta, oltre i suoi vari limiti, questo processo di completa dissoluzione delle relazioni coloniali su scala mondiale.

Perché non è un caso che quando questi legami coloniali si disintegrano davvero, quella critica al dominio europeo e alle sue conseguenze negative è schierata e legittimata su larga scala, e in qualsiasi parte del mondo nelle visioni della storia universale, nei modelli di valutazione culturale, negli schemi di discriminazione di ciò che era "progresso" e di ciò che era "arretratezza", ecc., ecc...

Terzo, è interessante notare che, da questa prospettiva globale e duratura da cui Wallerstein cerca di esaminare e diagnosticare questo lungo ventesimo secolo, questo secolo è diviso da una rottura di eventi fondamentali, che è quella della rivoluzione culturale mondiale del 1968. Al punto che potremmo dire che il ventesimo secolo è diviso, come il lungo sedicesimo secolo, in due novecento, un "primo ventesimo secolo" che andrebbe dal 1870 al 1968 circa, e un "secondo ventesimo secolo" ancora in corso, perché a differenza di molti altri analisti, che minimizzano o addirittura ignorano questa fondamentale data simbolica del 1968, e con essa i movimenti studenteschi e popolari ad essi collegati, Immanuel Wallerstein sottolinea invece l'impatto profondo e planetario di questa rivoluzione del 1968, svolgendosi come una rivoluzione radicale dell'intera geocultura dominante del sistema mondiale, lo stesso si espresse nel crollo delle vecchie sinistre e nella nascita di molteplici nuove sinistre, che all'inizio del crollo definitivo dell'ideologia liberale, ma anche, nell'interrogazione definitiva delle strutture della conoscenza allora in vigore, insieme alla crisi e alla sostituzione di molti dei principali modelli, codici e meccanismi delle strutture culturali che erano dominanti in quel momento.

Seguendo a questo punto la valutazione di Fernand Braudel, Wallerstein caratterizzerà la rivoluzione del 1968, ovvero tutta quella vasta serie di movimenti che, tra il 1966 e il 1969, ha scosso praticamente ogni paese del mondo come una profonda rivoluzione culturale di dimensioni planetarie.

La principale caratterizzazione che questa prospettiva dell'analisi dei sistemi-mondo fa di questa rivoluzione del 1968, è che si tratta di una vera e propria rivoluzione di lunga durata delle strutture culturali della società contemporanea, ovvero la modifica di alcuni strutture, in questo caso quelle culturali, che hanno avuto validità e dispiegamento per diversi secoli e talvolta addirittura millenni, strutture che dopo aver persistentemente persistito durante questi lunghi periodi di vita, hanno iniziato a diventare radicalmente e definitivamente interrotte, proprio da questa rivoluzione culturale mondiale simboleggiata nell'anno emblematico del 1968. E poiché è una vera mutazione cataclismica di quelle strutture culturali di lunga durata, che hanno avuto una vita secolare o millenaria, allora il significato profondo di quelle rivoluzioni del 1968 è solo percepito da questi stessi parametri dal respiro lungo. Il secondo asse che dividendo il lungo ventesimo secolo in un primo ventesimo secolo che si conclude verso questa data fondamentale del 1968-73 e un secondo ventesimo secolo che avrebbe riguardato gli ultimi sei o sette decenni, ci dà anche la connessione che collega questo secondo asse con il terzo asse dell'analisi dei sistemi-mondo, che corrisponde allo studio della storia immediata stessa che è stata vissuta e talvolta persino interpretata dallo stesso Immanuel Wallerstein, e che ha esaminato e caratterizzato criticamente mentre stava accadendo, insieme all'esercizio critico di guardare ai possibili scenari prospettici dei futuri immediati e mediati dell'evoluzione di questo stesso sistema capitalistico mondiale. Terzo asse che dobbiamo analizzare ora con più attenzione.

Il terzo asse articolato della prospettiva di analisi dei sistemi-mondo è l'esame della storia immediata e dei futuri scenari prospettici del sistema capitalistico mondiale. Cioè, un asse che è suddiviso in due linee di indagine, intimamente connesse, sebbene ugualmente diverse l'una dall'altra. Nella prima linea, riferendosi a questa diagnosi critica della storia del presente, Immanuel Wallerstein va, ancora una volta, a distanziarsi radicalmente dalle spiegazioni più diffuse e oggi in voga che tenterebbero di caratterizzare il capitalismo contemporaneo dalla pseudo-teoria vuota e mediatica della globalizzazione, o anche dalla sua sorella gemella, ugualmente superficiale e vuota di solide basi teoriche, che è la teoria della globalizzazione.

La critica radicale delle teorie della globalizzazione, che sottolinea non solo il fatto che tutti i processi che si presume abbiano sostenuto come caratteristici di tale globalizzazione non hanno nulla di nuovo, e quasi sempre ne rintracciano l'esistenza a diversi secoli di distanza, sottolinea anche la funzione apertamente nascosta di queste teorie, che, insistendo solo sul "progresso","risultati" e "conquiste" meravigliose ed enormi che tale globalizzazione porterebbe, finiscono per nascondere e persino eliminare tutta quella vasta serie di espressioni della crisi sistemica della civiltà che, proprio negli ultimi quattro decenni, abbiamo sofferto in tutto il pianeta, perché è facile dimostrare che tutti i fatti e i processi che intendono "fondare" e "sostenere" la debole giustificazione di questa teoria della globalizzazione sono già processi antichi, che sotto forme diverse, ma con un'essenza fondamentale, accompagnano tutta la storia del capitalismo. Per lo stesso motivo l'eccessivo ruolo delle organizzazioni transnazionali, che la diffusione planetaria di determinati modelli culturali, o del movimento globale delle merci, insieme al flusso quasi istantaneo di notizie e informazioni, sono tutti processi che abbiamo già conosciuto diversi secoli fa, ad esempio nel ruolo dominante svolto dalla Compagnia delle Indie olandesi, o nell'imposizione di culture e lingue, ad esempio, dagli spagnoli e dai portoghesi in America o dagli inglesi in India, mentre la rete del mercato mondiale risale a diversi secoli fa e che l'invenzione del telegrafo o del telefono all'epoca ebbero una funzione molto più rivoluzionaria e fondamentale rispetto, ad esempio, alla recente invenzione di Internet.

Immanuel Wallerstein affronta il fatto che queste teorie presuppongono che, circa trenta anni fa, siamo entrati in una nuova fase del ciclo di vita del capitalismo, una nuova tappa piena di innovazioni tecnologiche e cambiamenti sociali, che dovrebbe svolgersi nei prossimi forse cento o centocinquanta anni a venire, prolungando ancora la vita storica di questo sistema capitalistico mondiale per un secolo o più. D'altra parte, e in senso diametralmente opposto a queste teorie, ciò che afferma la prospettiva dell'analisi dei sistemi-mondo è che, proprio dalla doppia rottura della rivoluzione culturale e della crisi economica mondiale degli anni 1968-73 , il sistema capitalistico mondiale è entrato piuttosto nella fase finale del suo ciclo di vita storico, vale a dire in una situazione di biforcazione storica che combina, insieme alla crisi terminale del capitalismo e tutte le sue strutture costitutive, anche il compito urgente iniziare a costruire, immediatamente e d'ora in poi, le possibili alternative per la definizione del nuovo sistema storico che è ora in stato di gestazione. 

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Sandro Caddeo
Saturday, 02 November 2019 19:35
Ho letto questo articolo con molta attenzione. Sono ormai da molti anni che, riprendendo la storia del nostro passato, ho già verificato che quelle due impostazioni scritte nell'articolo, che potrei dividere in due modi, da una parte iol capitalismo nato attraverso la rivoluzione industriale ha chiuso, anche se non definitivamente la storia del precedente ciclo storico del medio evo. E se dovessimo ritornare indietro alla storia antica, quella che moltissimi storici hanno riportato alla luce, anch'io ho fatto un tragionamemnto. I cicli storici dall'antichità, quella che conosciamo, sono stati molto lunghi, secoli o millenni, ma alla fine ogni società che è nata, ha fatto comunque un ciclo che partiva dalla nascita, dalla sua crescita e poi è arivata al suo apice, al suo limite, oltre il quale non poteva più svilupparsi, da quel limite quindi è rimasta ferma e poi è anadata verso la sua scomparsa. Ma la società vecchia ha comunque poermesso ad una nuova società di sostituirla di di mettere il sistema econoscmico e sociale ad un passo avanti, permettendo quindi alla nuova società di avere una crescita superiore rispetto a quella precedente. Ma quando è nata la rivoluzione industriale che ha creato una società che ancora oggi esiste, ovvero la società capitalista, tutte le questioni che gho letto nell'articolo, le avevo verificato, anche perchè abbiamo avuto molti storici ed economisti , che, come Maurice Allais aveva scritto dei libri che mi avevano fatto capire alcune questioni che portavanio di fatto ad una crisi senza precedenti, portando come argomenti proprio il problema delle ore di lavoro annuali in Francia che dal 1950 AL 1974 era stato abbastanza lineare con ovvie oscillazioni e che dal 1974 fino al 1995 tale linearità ha incominciato a diventare una curva verso l'alto. Tutto l'articolo presuppone quindi una situazione che ancora oggi è presente. Son ormai da alcuni anni che io vedo questa situazione come se il capitalismo è in fase di rduzione e incapacità di conmtinuare lka sua viota per molti annni. Ma credo che nessuno possa pensare che la lorte avvenga in un anno X. Quando una società sta morendo fa di tutto per mantenersi in vita, Non solo le società, nascono , crescono, fino ad arrivare al suo massimo di espansione, per poi fermarsi, per un periodo X, ma poi incomincia a diminuuiire la sua cpacità di mantennere il suo livello per poi incominciare a ddecrescere, prima lentamente e poi smepre più velocemente fino a morire. In questo eprcorso io vedo che siamo veramente a questa curcva che parte da zero, poi cresce fino ad arrivare al suo limite massimo, e poi dopo un periodo di tempo x scende verso il basso fino allo zero. Il problema che questo possiamo tuti quanti ragionare come se stessimo pensando alla vita umana. Nasce un bambino, cresce, diventa ragazzo, poi dicventa adulto, raggiunge la sua massima capatità, oltre il quale non cresce più, poi incomincia ad invecchiare, prima lentamente e poi sempre più velovcemete e infine muore. Il problema quindi come è giustamente stato scritto nell'articolo è determinato solo dai tempi, che noi non possaimo conoscere.
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Paolo
Thursday, 19 September 2019 13:40
Bellissimo e utilissimo articolo. L'unica osservazione è che mi sarei aspettato una descrizione più precisa e dettagliata dei contenuti della rivoluzione culturale del 1968 e dei motivi per cui Wallerstein la riteneva così centrale. Perché non vi dedicate qualche riga ora? Grazie.
Mi piacerebbe infine sapere chi è l'autore dell'articolo.
Saluti
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