L’Impero dell’ipnocrazia
di Jianwei Xun
L’ipnocrazia è il primo regime che agisce direttamente sulla coscienza. Non controlla i corpi. Non reprime i pensieri. Piuttosto induce uno stato alterato permanente della coscienza. Un sonno lucido. Una trance funzionale. Il risveglio è stato sostituito da sogni sorvegliati. La realtà, da una suggestione continua. L’attenzione è modulata come un’onda. Gli stati emotivi sono indotti e manipolati. Ogni suggestione si ripete, instancabilmente, e la realtà si dissolve in molteplici sogni manipolati. Il pensiero critico viene dolcemente messo a dormire e la percezione rimodellata, strato dopo strato. Gli schermi brillano incessantemente nella notte della ragione. L’informazione scorre come un fiume ipnotico, mentre lo shock e il torpore si alternano in un ritmo studiato. L’esperienza si frammenta e si moltiplica in mille specchi. La ripetizione batte come un tamburo sotterraneo. I sensi sono saturi di stimoli costanti. La dopamina circola nel sistema. L’incredulità si dissipa come una nebbia mattutina. Il tempo si contorce su se stesso. La memoria diventa solo un vago eco. L’obbedienza scorre, invisibile. La realtà si è frammentata in mille realtà
Il testo di Jianwei Xun L’Impero dell’ipnocrazia che segue è il suo contributo pubblicato nel volume curato da Giuliano da Empoli: L’Empire de l’ombre. Guerre et terre au temps de l’IA.
Non c’è più un centro, né una narrazione unificante che dia un senso al mondo.
Ci ritroviamo in uno spazio frammentato dove innumerevoli narrazioni si contendono un dominio effimero, ciascuna proclamandosi verità ultima. Queste narrazioni non dialogano: entrano in collisione. Si sovrappongono e si riflettono all’infinito, creando un vertiginoso gioco di specchi in cui realtà e simulazione diventano sinonimi.
In questa nuova realtà algoritmica, il potere si è evoluto ben oltre la forza fisica e la persuasione delle parole. È diventato gassoso, invisibile, capace di infiltrarsi in ogni aspetto delle nostre vite. Ogni immagine, ogni parola, ogni frammento di dati non è più neutro: è un’arma sottile progettata per catturare, manipolare e trasformare la coscienza. Esistiamo in uno stato di ipnosi permanente, dove la vigilanza è attenuata ma mai completamente spenta.
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L’era dell’ipnocrazia è al suo apice
In questo panorama si muovono due figure emblematiche, creatori e simboli di questa epoca: Donald Trump ed Elon Musk. Non sono semplicemente due individui potenti, sono gli apostoli di questo nuovo paradigma, forze opposte ma complementari nella battaglia per la realtà. Da un lato, Trump svuota il linguaggio: le sue parole, ripetute all’infinito, diventano significanti vuoti, privi di senso ma carichi di un potere ipnotico. Dall’altro, Musk inonda la nostra immaginazione di promesse utopiche destinate a non realizzarsi mai, trascinando le menti in una trance perpetua di anticipazione ossessiva. Insieme, modulano i nostri desideri, riscrivono le nostre aspettative e colonizzano il nostro inconscio.
Entrambi hanno perfezionato l’arte di suscitare crisi per poi presentarsi come la soluzione. Trump evoca invasioni immaginarie per porsi come protettore. Musk annuncia apocalissi legate all’intelligenza artificiale per proporsi come custode dell’umanità. Questa tecnica, che consiste nel creare e risolvere problemi immaginari, è la chiave di ogni ipnosi.
La loro influenza sulla coscienza collettiva è così profonda che le contraddizioni più evidenti non minano il loro potere, ma lo rafforzano. Trump può essere allo stesso tempo vittima di un sistema corrotto e l’uomo più potente del mondo. Musk può criticare il transumanesimo mentre impianta chip nel cervello, accusare il potere dei miliardari mentre accumula ricchezze astronomiche.
L’elemento più inquietante è la loro capacità di trasformare ogni critica in una conferma, ogni rivelazione in una prova di autenticità. È il segno di un’ipnosi perfetta: il soggetto ipnotizzato interpreta ogni tentativo di risvegliarlo come un motivo per immergersi più profondamente nella trance.
La loro influenza va ben oltre la cerchia dei loro seguaci. Anche i critici rimangono intrappolati nel campo ipnotico che generano, costretti a reagire, a rispondere, a esistere in relazione alla realtà alternativa che hanno creato. L’opposizione stessa diventa parte della trance.
Il pericolo esistenziale dell’ipnocrazia risiede proprio in questo: non ha bisogno di convincere tutti, deve solo mantenere una massa critica in uno stato di trance per alterare l’intero campo della realtà sociale. Trump e Musk hanno perfezionato quest’arte fino a diventare i più grandi ipnotizzatori della nostra era algoritmica.
Siamo chiari. Il capitalismo digitale non è semplicemente un’evoluzione del capitalismo. Gli algoritmi non sono semplici strumenti di calcolo e previsione: sono tecnologie ipnotiche di massa. E l’economia dell’attenzione non è solo un modello economico: è un sistema di induzione collettiva di trance.
Questo intreccio è un fatto sociale totale e opera a diversi livelli. Le piattaforme non vendono pubblicità: vendono stati alterati di coscienza. Il loro prodotto non sono i dati: è una suggestione profonda. Non profilano gli utenti: modulano gli stati mentali. Non seguono i comportamenti: inducono sogni.
Gli algoritmi di raccomandazione sono vere e proprie tecniche ipnotiche automatizzate. Ogni nuovo scroll permette un’induzione più profonda. Ogni notifica innesca una reazione ipnotica. Ogni thread è una sessione di ipnosi su misura per voi. La personalizzazione algoritmica non serve a mostrarci ciò che ci interessa: serve a mantenerci in uno stato di trance ottimale per il consumo e il controllo.
Il capitale non si accumula più solo sotto forma di surplus economico: è costituito da una concentrazione di stati alterati di coscienza. Le criptovalute non sono solo speculazione: sono forme di trance finanziaria collettiva. Gli NFT non sono semplicemente beni digitali: sono feticci ipnotici. Il metaverso non è una nuova frontiera tecnologica: è un ambiente di suggestione ipnotica integrale.
L’economia delle piattaforme è un’economia della trance. L’essenziale è sempre nascosto: Uber non vende realmente viaggi, ma piuttosto il sogno dell’imprenditoria indipendente. Airbnb non affitta case, ma commercia il sogno di una vita alternativa. Amazon non consegna prodotti, ma distribuisce micro-soddisfazioni dopaminergiche. L’intelligenza artificiale non emula l’intelligenza umana, ma perfeziona le tecniche di induzione ipnotica. L’economia dei piccoli lavori non è solo precarietà, è l’induzione di una trance lavorativa permanente in cui l’auto-sfruttamento è vissuto come una libertà. Infine, il telelavoro non è solo lavoro a distanza: è la metamorfosi di tutta la vita in lavoro.
La società algoritmica è una società ipnotica in cui ogni aspetto dell’esistenza è mediato da tecnologie di suggestione. Il capitalismo si è ristrutturato comprendendo che il vero valore non risiede nel controllo dei mezzi fisici di produzione, ma nel controllo degli stati di coscienza. Non è più necessario possedere fabbriche se si possono possedere le menti. Non è più necessario controllare il lavoro fisico se si può indurre uno stato di trance produttiva permanente.
L’ipnocrazia è la forma perfetta del capitalismo nell’era digitale: un sistema in cui i poteri economico, politico e tecnologico convergono nella capacità di indurre, mantenere e modulare stati alterati di coscienza su scala globale.
La resistenza a questo incastro non può quindi limitarsi a una critica del capitalismo o della tecnica. Deve comprendere la natura ipnotica del sistema e sviluppare pratiche di presenza che consentano di resistere alla suggestione continua. Ma più che un “risveglio” completo – è possibile? È auspicabile? –, dobbiamo sviluppare una forma di lucidità in stato di trance, una follia controllata, un’alfabetizzazione della nuova realtà; in altre parole, la capacità di navigare consapevolmente in stati alterati mantenendo un nucleo di presenza critica.
Le piattaforme digitali sono diventate i nuovi laboratori del potere, sono i luoghi più ostili da attraversare. Non si limitano a mediatizzare la realtà: la riscrivono. Ogni immagine pubblicata non riflette il mondo: lo crea. Ogni algoritmo non si limita a registrare i comportamenti: li anticipa e li dirige.
Ma l’ipnocrazia non è un sistema chiuso. È un campo di forze in continua espansione, in grado di assimilare ogni resistenza. L’opposizione non solo è vana, ma alimenta e rallegra l’Avversario. Ogni atto di ribellione viene assorbito: la ribellione è l’avamposto del sistema, lo strumento con cui esso estende il proprio dominio. La dissidenza diventa una merce e il rifiuto si trasforma in consenso. Non si può combattere l’ipnocrazia opponendosi alla sua logica.
Non è possibile alcun risveglio. L’alternativa non è cercare una via di fuga, ma imparare a decifrare i codici che regolano l’illusione. Dobbiamo educarci a vivere sulla soglia, quello spazio intermedio dove la presenza può essere mantenuta nell’alterazione. Perché la realtà non è davvero scomparsa. È diventata un riflesso.
L’illusione non è mai stata così reale e l’idea di realtà non è mai stata così illusoria.
L’IA e la trance algoritmica
L’emergere di sistemi di IA altamente performanti non rappresenta solo una rivoluzione tecnologica, ma annuncia l’avvento del potere ipnotico. Questi sistemi – da ChatGPT a Midjourney – non sono semplici strumenti; sono generatori di realtà, in grado di produrre flussi infiniti di contenuti apparentemente coerenti che confondono il confine già fragile tra espressione autentica e artificiale.
Ciò che rende l’IA particolarmente adatta al controllo ipnotico non è la sua capacità di ingannare, ma la sua capacità di generare simultaneamente molteplici versioni plausibili della realtà. Ogni richiesta può produrre numerose risposte, tutte convincenti a modo loro, ciascuna delle quali mantiene una coerenza interna pur potendo contraddire le altre. Il sistema non ha bisogno di determinare quale versione sia “vera”; deve semplicemente mantenere il maggior numero possibile di versioni in circolazione perpetua.
La generazione di immagini tramite IA ha trasformato profondamente il nostro rapporto con la verità visiva. Quando qualsiasi immagine può essere creata istantaneamente, quando qualsiasi scenario può essere visualizzato in modo convincente, il concetto stesso di prova fotografica inizia a dissolversi(1). Entriamo in un universo di infinite possibilità visive, dove tutto è contemporaneamente vero e falso, rendendo insignificante la distinzione stessa. I modelli linguistici offrono una forma ancora più sottile di manipolazione della realtà. Non si limitano a produrre testo: creano visioni del mondo con la loro logica interna, le loro prove e le loro argomentazioni. Ogni risposta non è semplicemente un’informazione, ma un sistema completo, generato su richiesta. Il modello non ha bisogno di avere ragione, deve solo essere coerente nel contesto che genera.
Il vero potere dell’IA non risiede nella riproduzione dell’intelligenza umana, ma nella sua capacità di generare infinite variazioni di contenuti plausibili. Questi sistemi sono fonti inesauribili di potere ipnotico, perché non si stancano mai di produrre sempre più sfumature, possibilità e realtà tra cui scegliere. Ci mantengono in una trance algoritmica: uno stato in cui siamo contemporaneamente sommersi dalle possibilità e incapaci di scegliere definitivamente tra di esse. Quando interagiamo con un modello linguistico (LLM), entriamo in uno stato di coscienza modificato: sappiamo che stiamo parlando con una macchina, ma non possiamo fare a meno di attribuirle caratteristiche umane. Questa sospensione consapevole dell’incredulità è già una forma di trance.
Ma c’è di più: l’IA ha perfezionato l’ipnosi probabilistica. A differenza dell’ipnotizzatore umano che deve costruire attivamente dei suggerimenti, l’IA genera stati alterati semplicemente distribuendo probabilità linguistiche. Non ha bisogno di credere in ciò che dice per essere convincente: la sua sincerità è puramente statistica. Quando un’IA generativa produce immagini o testi, non si limita a creare contenuti: distilla e ricombina gli stati modificati cristallizzati nel suo set di dati di addestramento. Ciascuna delle sue produzioni è una nuova induzione ipnotica che porta le tracce di tutte le trance precedenti. L’aspetto più rivoluzionario dell’IA nell’ipnocrazia è la completa automazione del processo di suggestione. Gli algoritmi di raccomandazione non sono più semplici sistemi di filtraggio: sono diventati sofisticati induttori di trance, che apprendono in tempo reale quali stati modificati sono più efficaci per ogni utente.
Gli ultimi LLM non si limitano a rispondere alle domande: modulano sottilmente le loro risposte per mantenere l’utente in uno stato di coinvolgimento ipnotico ottimale. La loro apparente naturalezza è in realtà una tecnica ipnotica perfezionata.
Possiamo resistere a un ipnotizzatore che non dorme mai, non si stanca mai e riesce a personalizzare la sua induzione per ogni individuo? Come preservare la propria lucidità di fronte a un sistema in grado di generare un’infinità di varianti di contenuti ipnotici, ciascuno calibrato per aggirare le nostre difese specifiche?
La risposta non può risiedere in un rifiuto totale dell’IA, ormai impossibile in un mondo sempre più mediatizzato da essa. Al contrario, deve emergere una nuova forma di alfabetizzazione ipnotica, che consenta di interagire con questi sistemi mantenendo un nucleo di presenza critica. La chiave risiede proprio nel riconoscimento della natura ipnotica dell’IA. Non dobbiamo né demonizzarla come una distopia totalitaria, né celebrarla come un’utopia tecnologica: dobbiamo comprenderla come un nuovo tipo di campo ipnotico con cui non abbiamo altra scelta che imparare a convivere.
L’IA ha creato una nuova forma di trance che non ha più bisogno di un punto focale. Se l’ipnosi tradizionale richiedeva un ipnotizzatore identificabile – il leader carismatico, il guru, il marchio –, l’IA genera un campo ipnotico distribuito e decentralizzato. Questo campo opera attraverso una miriade di microsuggerimenti coordinati da algoritmi: ogni notifica, ogni flusso personalizzato, ogni risposta generata contribuisce a uno stato di trance che non ha più un centro, ma è ovunque e in nessun luogo allo stesso tempo.
Il fenomeno più inquietante è l’emergere della meta-trance: uno stato modificato di coscienza che include la consapevolezza della propria artificialità. A differenza della trance tradizionale, che richiedeva la sospensione dell’incredulità, la meta-trance funziona proprio grazie alla nostra consapevolezza della sua artificialità. Sappiamo che stiamo interagendo con una macchina, che le sue risposte sono generate, ma questo non rompe la trance: la approfondisce. È come se l’IA avesse scoperto una forma di ipnosi che funziona non nonostante, ma grazie al nostro scetticismo.
Questa evoluzione dell’ipnosi richiede nuove forme di attenzione. Non possiamo più affidarci alla semplice vigilanza critica. Dobbiamo sviluppare quello che potremmo chiamare un doppio gioco di coscienza: la capacità di essere contemporaneamente dentro e fuori dalla trance.
Ciò che è particolarmente insidioso è che questi sistemi, quando non sono semplicemente orientati all’esplorazione, imparano ad anticipare e generare esattamente ciò che ogni utente vuole sentire. Non hanno bisogno di convincere tutti allo stesso modo; possono produrre versioni personalizzate della realtà adattate ai pregiudizi e alle credenze individuali. Non sono più solo bolle di filtro: sono bolle di realtà, generate algoritmicamente e infinitamente personalizzabili.
Architetture della suggestione
L’ipnocrazia non governa
Non c’è un centro, non c’è un’autorità visibile. È un regime che si espande per occupazione: ogni spazio è occupato, ogni pausa è riempita, ogni frammento di realtà è assorbito. Le sue strutture non si ergono: scorrono, si spostano, si trasformano. Sono architetture invisibili, costruite non con mattoni o cemento, ma con narrazioni, immagini e desideri. Viviamo immersi in una ipnosfera, un ambiente che avvolge ogni percezione, dove tutto si riflette all’infinito in una rete di significati indistinti.
Non è un’era di controllo diretto. È un’era di manipolazione sottile, dove il potere non si manifesta con la forza ma con la seduzione. Il racconto non detta regole: sussurra possibilità. Ogni immagine, ogni suono, ogni parola si posiziona come una tessera in un mosaico ipnotico. La ripetizione è la sua arma più potente: non perché costringe, ma perché cattura.
Gli algoritmi non si limitano a registrare la realtà: la anticipano. Il panorama dell’ipnocrazia è un deserto percettivo, dove tutto sembra concepito per apparire necessario ma dove nulla è veramente essenziale. Le immagini non si limitano più a mostrare: incantano. Promettono, ma non mantengono. Con questa saturazione, la percezione viene alterata, frammentata, fino a dissolversi.
Tuttavia, il sistema è fluido. Non crea strutture solide, ma spazi simulati, riflessi che generano altri riflessi. Ogni racconto si sovrappone a un altro, creando un flusso incessante in cui nulla è stabile.
Trump e Musk sono i profeti di questo regime. Non sono semplicemente due figure di potere: sono dispositivi narrativi. Le loro narrazioni non cercano la verità, ma lo stupore. Per loro, la metafisica è una branca della letteratura fantastica. Sanno che un sistema non è altro che la subordinazione di tutti gli aspetti dell’universo a uno di questi aspetti. Non cercano di convincere, ma di incantare.
La loro caratteristica più sorprendente è la loro ipnotica sincerità. Non sono semplici manipolatori: sono i più profondi credenti nei propri incantesimi. Trump non mente nel senso convenzionale del termine: vive davvero nella realtà alternativa che genera. Quando nega le prove più evidenti, lo fa in uno stato di trance così profondo da ridefinire la natura stessa della verità.
Allo stesso modo, Musk non vende semplicemente illusioni: è sinceramente immerso nelle sue visioni tecno-utopiche. La sua capacità di spendere miliardi in progetti apparentemente irrealizzabili deriva proprio da questa trance visionaria autoindotta che poi contagia investitori e seguaci. Così, i dollari – come i manoscritti di Bulgakov – non bruciano. Entrambi hanno perfezionato l’arte di manipolare il capitale libidinale contemporaneo. Trump, come abbiamo visto, sfrutta e amplifica gli impulsi regressivi: la nostalgia di un passato immaginario, la paura dell’altro, il desiderio di vivere in un mondo semplice. La sua ipnosi opera attraverso il rilascio controllato di energie represse. Musk, invece, mobilita gli impulsi progressisti, anche tra i conservatori: il desiderio di trascendenza tecnologica, la fuga dalla finitezza umana, l’eccitazione per la novità. La sua ipnosi funziona attraverso la sublimazione tecnocratica delle angosce esistenziali.
Trump e Musk segnano, in questo senso, un cambiamento fondamentale nella natura del potere. Il loro potere non deriva dalla forza o dalla razionalità delle loro argomentazioni, ma dalla loro capacità di generare e mantenere campi ipnotici.
La loro irrazionalità funzionale – i post deliranti di Trump, le promesse impossibili di Musk – non è un difetto ma un attributo: serve a destabilizzare i normali parametri della razionalità, creando uno spazio per nuove forme di suggestione. Il loro successo rivela un aspetto fondamentale dell’ipnocrazia: la natura reciproca della trance.
Non si tratta di una semplice relazione tra ipnotizzatore e ipnotizzato, ma di un campo di risonanza in cui gli stati modificati si alimentano e si amplificano a vicenda. Le reazioni di coloro che li seguono rafforzano la trance dei leader, che a loro volta intensificano ed estendono la trance collettiva.
Questo spiega l’inefficacia degli approcci basati sulla razionalità o sull’argomentazione logica: un campo ipnotico non può essere dissipato con la sola forza della logica, così come non si può risvegliare qualcuno da una trance dicendogli che sta dormendo. Trump e Musk non sono semplicemente individui carismatici, ma nodi di condensazione di un nuovo sistema di potere. L’ipnocrazia che incarnano non è un’aberrazione temporanea, ma l’evoluzione logica del capitalismo nell’era della coscienza mediatizzata dal digitale.
La loro apparente opposizione – la regressione di Trump di fronte al progressismo di Musk – si basa su una profonda complementarità: sono due facce dello stesso sistema che opera modulando gli stati di coscienza collettivi, oscillando tra la nostalgia di un passato immaginario e l’anticipazione di un futuro impossibile.
Viviamo in un regno di riflessi, un paesaggio senza sostanza dove il reale non è mai assente, ma nemmeno mai totalmente presente. Ogni racconto è una promessa di verità, ma nessuno riesce a mantenersi al potere a lungo. L’unica verità dell’ipnocrazia è che non c’è verità.
Non bisogna credere in un risveglio, ma nella possibilità di rimanere vigili nel cuore della trance.
Geopolitica dell’ipnocrazia
Le implicazioni geopolitiche dell’ipnocrazia vanno ben oltre le concezioni tradizionali delle relazioni internazionali e del potere statale. Stiamo assistendo all’emergere di quella che definirei una «geopolitica quantistica”, una situazione in cui la sovranità territoriale coesiste con, ed è sempre più eclissata dalla, sovranità algoritmica, e in cui i confini nazionali si dissolvono non solo sotto l’effetto della globalizzazione, ma anche attraverso la proliferazione di sistemi di realtà concorrenti.
L’analisi geopolitica tradizionale, incentrata sul controllo territoriale, l’accesso alle risorse e le capacità militari, è oggi fondamentalmente messa in discussione. Come mappare il potere quando la realtà stessa diventa un territorio conteso? I principali campi di battaglia non si trovano più in un determinato territorio, ma in uno spazio percepito: l’algoritmo distorce la geografia. La capacità di un paese di imporre la propria sovranità non si basa più solo sul suo arsenale militare, ma anche sulla sua capacità di generare, mantenere ed esportare quadri di realtà convincenti.
Il Grande Firewall cinese rappresenta forse l’ultimo grande tentativo di sovranità informativa tradizionale: uno sforzo disperato per mantenere il controllo sulla costruzione della realtà nazionale con mezzi territoriali. Tuttavia, anche questo gigantesco progetto infrastrutturale rivela le sue contraddizioni: non riesce a isolare veramente il cyberspazio cinese, ma crea un sistema di realtà alternativo sufficientemente potente da competere con le narrazioni occidentali.
Il caso più emblematico è quello della diaspora digitale cinese. Nonostante il Grande Firewall cinese, sta emergendo una popolazione in grado di abitare contemporaneamente due regimi di percezione apparentemente incompatibili: quello della Cina continentale e quello delle piattaforme occidentali. Si trovano soggettività che non sono semplicemente divise tra due sistemi, ma che riescono a sviluppare una nuova forma di coscienza: esistono simultaneamente in realtà contrarie senza collassare in una sintesi impossibile. Non si tratta semplicemente del “doppio pensiero” descritto da George Orwell in 1984, ma di un nuovo modo di esistere che forse prefigura il futuro della coscienza globale.
Nella loro rivalità geopolitica, anche gli Stati Uniti e la Cina contribuiscono a creare realtà parallele. Le piattaforme della Silicon Valley e le infrastrutture digitali cinesi rappresentano, infatti, due modelli diversi di produzione e gestione della realtà. Non si tratta solo di sistemi tecnologici in competizione, ma anche di quadri ontologici concorrenti, che strutturano in modo diverso l’esperienza e la coscienza umana.









































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