Fai una donazione
Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________
- Details
- Hits: 3323

Quale sovranità monetaria? Pensare la crisi europea
di Stefano Lucarelli
« Uno dei rischi peggiori di questa crisi è la chiusura su se stessi degli Stati-nazione, la corsa a svalutazioni competitive per riconquistare fette di mercato sottraendole agli altri con misure protezionistiche. È così che, di solito, scoppiano le guerre»[1]
.
Le parole su cui Christian Marazzi pone l’attenzione del lettore in conclusione del suo libro Finanza Bruciata – apparso nel 2009, poi tradotto in inglese e recentemente tradotto in francese – delineano un orizzonte nefasto. D’altro canto pensare a fondo la crisi europea conduce inevitabilmente a rendersi conto del pericolo che incombe. Per scongiurare questo orizzonte Marazzi invita ad adottare un principio, che egli intravede a fondamento del Homeowner Affordability & Stability Plan voluto dall’amministrazione Obama (la cassa di rifinanziamento ipotecario su trent’anni per salvare dal pignoramento della propria casa quattro milioni dei famiglie americane in grado di ritrasmettere fiducia al settore del credito ben più degli interventi di salvataggio diretto): partire dal basso per riformare il sistema monetario.
Le tesi di Marazzi costituiscono, nel bene e nel male, il tentativo più coraggioso e rigoroso prodotto dall’area antagonista (talora definita neo-operaista) di riorganizzare le categorie necessarie alle soggettività che vogliono ribellarsi allo stato di crisi. Categorie scivolose per cogliere l’insolito forgiato dal comando finanziario, comprenderlo, corromperlo, affinché una qualche relazione fra “lotta (di classe?)” e “sviluppo (capitalistico?)” possa essere innanzitutto immaginata e poi riproposta in modo vivo e vitale.
- Details
- Hits: 3500

Limiti e necessità dello sperimentalismo democratico
Note a margine del memorandum di Barca
Salvatore Biasco
Introduzione
Il contributo che Barca da alla definizione di un modo d’essere del partito della sinistra non é solo metodologico. E’ politico nei giudizi sul deficit culturale e di rapporto con la società che ha avuto il Pd; é politico nell’indicazione della funzione che spetta al partito; nella corposità e radicamento sul territorio che esso deve necessariamente avere, nella sottolineatura del lavoro e dei beni pubblici come questioni prioritarie che deve porsi. Vi é, tuttavia, molta insistenza sulla forma partito; sulla ricerca, cioè di una organizzazione (ma direi un modo d’essere e di concepirsi) che lo renda un partito idoneo a sperimentare e cercare le sue linee programmatiche insieme ai militanti e alla collettività in un flusso di informazione e elaborazione che non può che essere bidirezionale. Barca chiama questo “sperimentalismo democratico”.
Il suo partito ideale può essere il mio e può non esserlo. Provo a capire. Io raccomanderei, per iniziare, a Barca – che sicuramente ha un opzione socialdemocratica all’orizzonte – di non porre la socialdemocrazia a un estremo della scala rispetto a quello che é il suo punto d’interesse (lo sperimentalismo), ponendo all’altro estremo l’opzione liberista (che egli chiama minimalista, cioè incline alla Stato minimo).
- Details
- Hits: 2567

Un’opposizione per la nostra Europa
Guido Viale
Non siamo più, e da tempo, cittadini italiani; siamo sudditi di un “sovrano” che si chiama governance europea: un’entità mai eletta, che risponde solo al “voto” dei “mercati”. E’ un governo di fatto che definisce le politiche dei paesi dell’Ue che gli hanno ceduto la loro sovranità, fino a concedere, con l’accordo two-packs, un controllo preventivo sui propri bilanci. Se le cose stanno così – come ci ricorda il ritornello “ce lo chiede l’Europa” – per riappropriarsi della possibilità di far sentire la nostra voce, per restituire alle comunità capacità di autogoverno, occorre creare un’opposizione in ambito e di respiro europei.
Ma come colmare l’abisso tra le politiche imposte dalla governance europea e, per suo tramite, dalla finanza internazionale, e le istanze dei movimenti e delle mille organizzazioni che si battono, ciascuno a suo modo e spesso per proprio conto, per diritti fondamentali che i governi dei paesi dell’Ue stanno erodendo: dignità, lavoro, reddito, casa, salute, istruzione cultura, vecchiaia serena, accoglienza, rispetto della vita di tutti? C’è nella rivendicazione di quei diritti l’embrione di un programma comune in cui si riconoscerebbero facilmente i partecipanti alle manifestazioni sia del 12 che del 19 ottobre, che i rispettivi promotori hanno invece concorso a tener separate per cautele politiche e aggressività verbali in entrambi i casi inaccettabili (se si vuole tutte radunare le forze disponibili).
A questo programma di massima le elezioni europee della primavera prossima, come hanno sostenuto Alfonso Gianni e Tonino Perna, potrebbero fornire una prima occasione per riproporlo in tutti i paesi dell’Unione.
- Details
- Hits: 3389

La crisi è crisi di sistema*
di Ferdinando Dubla
La crisi è una categoria non nuova per le classi sociali che ne subiscono le conseguenze: le fasi del capitalismo hanno abituato i suoi portavoce ad isolarne alcuni aspetti per nasconderne la portata strutturale, tutta interna alla natura stessa del sistema sociale proprio per celarne le evidenti contraddizioni. Per cui assistiamo alla centralità ora della speculazione finanziaria che ha in mano il debito pubblico inesigibile per i paesi più deboli della catena, ora il disordine politico che ne alimenterebbe l’incapacità di soluzioni altrimenti a portata di mano, ora la disperazione sociale di coloro che non sanno difendersi dai colpi dell’ineguaglianza. Infine, la crisi morale: lasciata nell’indeterminatezza, sullo sfondo di discorsi retorici, ha conquistato l’udienza dell’attuale Papa, collocandosi nuovamente al centro di una riflessione meno episodica e contingente (in un caso specifico, nel dialogo a distanza tra lo stesso Pontefice e il decano dei giornalisti laici, Eugenio Scalfari).
Una lettura marxista della crisi morale e dell’etica individuale e sociale che ne consegue, naturalmente non tende a settorializzare il problema: lo lega al sostrato economico dei rapporti di produzione e del ruolo degli Stati nella regolazione degli squilibri devastanti che il sistema capitalistico produce; al ruolo delle oligarchie politiche che ne garantiscono la sopravvivenza e l’alimentazione nel senso comune della impossibilità di alternative.
- Details
- Hits: 6297

Il Capitale come Feticcio Automatico e come Soggetto, e la sua costituzione
Sulla (dis)continuità Marx-Hegel
Riccardo Bellofiore
Abstract: This article will deal in two steps with the Marx–Hegel (dis)connection in Capital. First, I’ll present a survey of what I take to be the most relevant positions about the role of dialectics in Marx. Second, after reviewing Marx’s criticisms of Hegel, I’ll consider the debate within the International Symposium on Marxian Theory. Third, I will argue that it is exactly Hegel’s idealism which made the Stuttgart philosopher crucial for the understanding of the capital relation. Here, I will refer to the ‘Hegelian’ Colletti of the late 1960s-early 1970s, to Backhaus’ dialectic of the form of value, and to Rubin’s interpretation of abstract labour as a process. At this point, I will provide my reading of Marx’s movement from commodity to money, and then to capital, in the first 5 chapters of Capital. Marx is moving on following a dual path. The first path reconstructs the ‘circularity’ of Capital as Subject, as an Automatic Fetish: it is here that Hegel’s idealistic method of ‘positing the presupposition’ served Marx well. The second path leads him to dig into the ‘constitution’ of the capital-relation, and therefore into the ‘linear’ exploitation of workers and class-struggle in production. Here we meet Marx’s radical break from Hegel, and understand the materialist foundation of the critique of political economy.
Introduzione
In questo articolo mi interrogherò sul rapporto di continuità/discontinuità tra Marx e Hegel. Inizierò con una rassegna personale idiosincratica delle posizioni più importanti che hanno influenzato la mia posizione.
- Details
- Hits: 3948

Lavoro e proprietà a fronte del comune
di Toni Negri1
Lasciatemi cominciare ricordando un breve passaggio marxiano (Marx, Über Lists Buch): “Il lavoro è il fondamento vivente della proprietà privata, la proprietà privata come fonte creativa di se stessa. La proprietà privata non è altro che lavoro oggettivato. Se allora si vuol dare alla proprietà privata un colpo mortale, non bisogna attaccarla solo in quanto condizione oggettiva, bensì in quanto attività, in quanto lavoro. E’ uno dei più grandi equivoci parlare di lavoro libero, umano, sociale, di lavoro senza proprietà privata. La soppressione della proprietà privata giunge dunque a realtà solo quando venga concepita come soppressione del lavoro, una soppressione che naturalmente diviene possibile solo attraverso il lavoro, e cioè attraverso l’attività materiale della società”.
Marx assume qui – dalla tradizione lockeana – la definizione “classica”, laica e liberale della proprietà privata. È la definizione propria dell’individualismo possessivo. Macpherson (come noto) ha ampiamente studiato l’individualismo possessivo: in questa prospettiva l’individuo era considerato libero nella misura in cui fosse proprietario della propria persona e delle proprie capacità, l’essenza dell’uomo consisteva nel non dipendere dalla volontà altrui e la libertà era funzione di ciò che individualmente si possiede. (Non molto diversa, sia detto per inciso, era la concezione della libertà Harrington e in Winstanley, autori per altro ai quali volentieri ci richiamiamo poiché il telos collettivo del loro ragionamento incentivava un progetto comunista).
La società consiste dunque di relazioni di scambio tra proprietari.
- Details
- Hits: 5617

Operazione verità: a che punto è la notte italiana
Questo è un lancio corale: vari siti e blog economici indipendenti, tutti insieme oggi rilanciamo questa operazione di verità sulla vera deriva che in questo contesto dissennato inevitabilmente prenderanno i conti pubblici italiani - e sulla colpevole falsità di chi annuncia una ripresa impossibile che slitta di anno in anno...
Il post è stato elaborato con la collaborazione di vari autori.
Premessa
In questi anni di crisi, oltre alle tasse e al disagio economico e sociale, c'è stata un'altra grande costante che ha tenuto compagnia alle nostre giornate, ai nostri momenti: la menzogna proferita in modo sistematico dai vari governi e dai politici di turno che, in maniera spudorata e vergognosa, hanno reiteratamente mentito e mistificato (e continuano a farlo) circa l'esatta situazione dell'economia e dei conti pubblici, in costante ed inesorabile deterioramento.
- Details
- Hits: 2678

Guida per gli occupabili del nuovo millennio
∫connessioni precarie
Dubitiamo che i molti aspiranti lavoratori di questo paese inaugurino la settimana acquistando il Sole24ore. Siamo piuttosto certi, però, che quelli che lunedì mattina (per ragioni sulle quali tutt’ora si interrogano) hanno comprato il giornale di Confindustria a questo punto dovrebbero sentirsi rodere dai sensi di colpa o da un sentimento di profonda inadeguatezza: se sono disoccupati è solo colpa loro. A pagina 25 scopriamo infatti che le condizioni per muovere un decisivo «Scacco matto alla disoccupazione» sono lì, a portata di tutti, e che addirittura ci sarebbero 220mila posti di lavoro che si fatica a occupare. Le aziende italiane sarebbero impegnate nella vana ricerca di analisti, progettisti di software, ingegneri energetici, controller di gestione, e ancora parrucchieri, infermieri, disegnatori industriali. Ma non basta: in Europa, ben duemilioni di posti di lavoro sono a disposizione del miglior offerente, senza contare le straordinarie possibilità offerte dal resto del mondo e dai paesi emergenti. I disoccupati – o meglio, gli «occupabili», come li ha chiamati il ministro del lavoro Giovannini, che sta al passo coi tempi – devono dunque darsi da fare, e il Sole24ore offre con la sua «Guida alla ricerca del lavoro» indicazioni preziose per vendersi al meglio.
Cominciamo col dire che le istruzioni per l’uso non sono uguali per tutti. Esiste un mondo di occupabili gggiovani, mediamente o altamente qualificati, che maneggiano il web e i socialnetwork con grande spirito di intrapresa, e un mondo di «over» le cui ultime speranze sembrano risiedere nelle paternalistiche «politiche attive» organizzate dal complesso Stato-regioni insieme al nuovo «braccio operativo» delle politiche pubbliche, le agenzie di reclutamento.
- Details
- Hits: 3100

L’Europa reale
Quindici tesi sul rapporto tra il capitalismo finanziario globale e la democrazia
a cura di Fausto Bertinotti
1) La scelta di indagare il rapporto che si sta costituendo tra il capitalismo finanziario globale e la democrazia nell’Europa reale è già la scelta di un campo nella ricerca. Del resto non verrà taciuta l’ipotesi di partenza con la quale si vuole intraprendere l’indagine, non solo per correttezza metodologica, ma per poter dar luogo ad un confronto aperto e trasparente e alla stessa possibilità che essa venga falsificata.
Il campo in cui la ricerca si iscrive si può definire sia in negativo che in positivo. In negativo: esso si colloca fuori e contro la lettura del rapporto tra democrazia, economia e società alimentata dall’ideologia dominante, avendo essa sconfitto tutte le altre. Quest’ultima, dopo aver separato la questione democratica dalla natura della società, ha potuto proporre una scissione tra i diritti individuali, considerati formalmente come inalienabili, e i diritti sociali che, invece, dovrebbero farsi dipendenti dall’andamento dell’economia della concorrenza e della competitività. Da qui, la predisposizione ad un assetto post-democratico e al ritorno al primato delle élites in nome della governabilità. Si potrebbe parlare di una costituzionalizzazione del neo-liberismo. In positivo: la ricerca intende disvelare il rapporto distruttivo tra la natura specifica di questo capitalismo finanziario e la democrazia, non negando l’esistenza di una relazione tra la democrazia, i diritti e l’economia, bensì contestando in radice il carattere storicamente necessitato del dominio di questo tipo di economia su quelli e mettendo di questo dominio in luce, al contrario, il carattere soggettivo, fondato cioè su un determinato connotato assunto in questa fase storica dai rapporti sociali e, dunque, rivelando la possibile reversibilità del processo.
- Details
- Hits: 3131

Lavoro e reddito, un percorso di convergenza
di Claudio Gnesutta
Che il tema del “lavoro” sia una questione strategica risulta ormai evidente dal fatto che gli aspetti negativi che lo investono – disoccupazione, compressione salariale, precariato, diffusa inoccupazione da scoraggiamento – non sono frutto di una crisi che è difficile considerarla congiunturale. Essa ha piuttosto i connotati di una prospettiva strutturale se si ha presente come la crescita occupazionale sia frenata sia dalla crescita della produttività del lavoro generate da innovazioni tecnologiche pressate dalla competizione internazionale, sia dalla pressione al ridimensionamento dell’intervento pubblico. Un futuro caratterizzato da un sistematico eccesso di offerta sul mercato del lavoro non può che tradursi in un deprezzamento – in quantità e qualità - del valore del lavoro, acutizzando l’attuale polarizzazione della distribuzione dei redditi che vede favorita la quota da capitale (profitti e rendite).
Il lavoro, non solo come risorsa produttiva, è divenuto, e rischia di essere sempre più, la variabile dipendente (dalla concorrenza internazionale fra proletariati privi di forza) dei processi di una crescita del prodotto (senza crescita dell’occupazione), tanto da poter sostenere che, allo stato attuale, la disoccupazione e la precarizzazione del lavoro sono dei non-obiettivi di politica economica (ed espressione di una non-politica del lavoro, se la si intende come garanzia della qualità della vita dei propri cittadini).
- Details
- Hits: 3566

Il problema dei rendimenti decrescenti
di Marino Badiale
Mauro Bonaiuti ha scritto un testo di grande interesse, che dovrebbe essere letto da tutti coloro che hanno preso coscienza di come l'attuale organizzazione economica e sociale sia sempre più incapace di affrontare i problemi da essa stessa creati, e si stanno interrogando sulle possibili vie d'uscita al vicolo cieco in cui sembra essersi cacciata la nostra società. Il libro offre una grande ricchezza di riferimenti. In questo rispecchia la formazione dell'autore, che ha conseguito un dottorato in Storia delle Dottrine Economiche studiando l'opera di Nicholas Georgescu-Roegen, e ha tenuto corsi di tipo economico in varie Università italiane, ma ha anche studiato autori come Weber, Simmel, Marx, Polanyi, Malinowski, Mauss, che il pensiero economico mainstream non degna di grande attenzione.
Il libro è strutturato in una introduzione e quattro densi capitoli, ed è arricchito dalla prefazione di Serge Latouche. Il primo capitolo esplicita l'approccio generale seguito nel libro, che è quello del “pensiero della complessità”. Il secondo delinea gli aspetti fondamentali della moderna società industriale vista come “età della crescita”, e gli ostacoli contro i quali sembra infrangersi oggi il tentativo di proseguire nella stessa direzione. Il terzo capitolo, probabilmente il più importante sul piano teorico, introduce l'ipotesi che la nostra società sia entrata in una fase di rendimenti decrescenti (ne parleremo meglio nel seguito).
- Details
- Hits: 3475

Cinque tesi sull’Europa
di Sandro Chignola
1. Provincializing Europe
L’Europa è il nostro territorio: lo spazio eterogeneo, contraddittorio, striato sul quale territorializzare le lotte.
Questo significa almeno due cose.
La prima: che il processo costituente europeo, pur assumendo l’insieme delle sue contraddizioni e il suo brusco mutamento di direzione nella crisi, ha segnato un punto di non ritorno. Esso ha innescato nella ridefinizione delle geografie del capitale, nella rimodulazione dei ritmi e degli spazi dell’accumulazione, nella reinvenzione delle tecnologie di governo, un salto di scala tale da liquidare il modello socialdemocratico di integrazione e compromesso al quale è stata legata la costituzione nei singoli paesi. La formula dello Stato-nazione – assieme al soggetto sul quale ha fatto perno il suo progetto di cittadinanza: il capofamiglia bianco, maschio, lavoratore a tempo indeterminato – non ha più corso in Europa. Ma, in secondo luogo, cosa intendiamo quando diciamo che l’Europa è il nostro territorio? Che il mondo da tempo non risponde più alle gerarchie tradizionali.
- Details
- Hits: 3191

Riflessioni sulla ricostruzione di un partito comunista unito e adeguato
di Domenico Moro*

Ricostruire il partito comunista, oggi, richiede il superamento della frammentazione organizzativa e dell’inadeguatezza tattica e, prima ancora, strategica dei comunisti. Infatti, unità ed adeguatezza ai compiti della fase storica sono inestricabilmente legati. Per questa ragione, per prima cosa, vanno chiarite, seppure schematicamente, le caratteristiche e gli aspetti di discontinuità della fase in cui siamo entrati rispetto a quella che l’ha preceduta. Ciò comporta anche il delicato compito di fare i conti con la storia del comunismo novecentesco.
La fase storica in cui siamo inseriti è il risultato di diversi fenomeni legati tra di loro, maturati nei decenni precedenti. La fine della Seconda guerra mondiale e la vittoria sul fascismo videro il fronte socialista internazionale e il movimento operaio europeo occidentale attestarsi su rapporti di forza avanzati, che si concretizzavano nelle Costituzioni antifasciste e nel “patto sociale” tra le classi. Su tali basi, si svolse una fase trentennale di lotte sia nei Paesi cosiddetti “avanzati” che nei Paesi periferici, che portò l’imperialismo, a partite dalla potenza-guida statunitense, ad una crisi di egemonia, aprendo la strada alla possibilità di un superamento del capitalismo.
- Details
- Hits: 4752

Le avventure della filosofia francese
di Alain Badiou
Questo libro si compone di una serie di testi il cui solo punto in comune consiste nel fatto che tutti riguardano filosofi di lingua francese che possiamo dire contemporanei. «Contemporanei» significa in questo caso che la loro opera è stata pubblicata essenzialmente in un periodo che va dalla seconda metà del XX secolo ai pochi anni di quello appena cominciato.
Non si tratta di una selezione razionale, di una rete prestabilita di preferenze, di un’antologia. No, è tutto più legato a un concorso di circostanze, e la contingenza la fa ancor più da padrona ove si consideri che sono esclusi da questa raccolta una serie di testi aventi statuto analogo (cioè afferenti alla filosofia francese contemporanea) già pubblicati nel volume Piccolo Pantheon portatile. Chiedo del resto al lettore di considerare il volume qui presente e il Piccolo Pantheon come un unico insieme.
Esistono poi, sparsi qua e là, altri testi sullo stesso argomento, che saranno sicuramente riediti un giorno, su degli autori sui quali ho scritto in modo troppo sintetico, o troppo esoterico, in articoli magari apparsi su riviste ormai introvabili, o seguendo un impulso che non è più il mio, o in un contesto che bisognerebbe esplicitare, o in una dinamica troppo allusiva, o ancora, senza tener conto d’opere successive che hanno poi modificato il mio giudizio… o che so io.
- Details
- Hits: 3172

E’ possibile riunificare il mondo del lavoro?
La questione del salario non può essere elusa
di Lanfranco Turci
In un saggio del 1990 sulla evoluzione storica del movimento operaio mondiale, Giovanni Arrighi ricostruiva la divisione del movimento operaio fra quella che egli chiamava la linea Bernstein e la linea Lenin come riflesso di una grande divisione fra le condizioni del mondo del lavoro dei paesi centrali e quelle dei paesi periferici.
Le prime caratterizzate da un grande “potere sociale” del lavoro, riconosciuto anche dagli Stati e dai Governi, le seconde caratterizzate dalla “crescente miseria di massa”. Ma nello stesso saggio egli ricordava come negli ultimi 20 anni il quadro fosse cambiato profondamente in forza della svolta liberista, della globalizzazione e delle delocalizzazioni delle multinazionali, miranti a sfruttare i paesi a basso costo del lavoro e a mettere così sotto pressione il potere sociale dei lavoratori dei paesi centrali. Potere peraltro indebolito anche dalla femminilizzazione del mercato del lavoro, dai crescenti flussi immigratori e dai cambiamenti tecnologici.
“Il risultato è stato una profonda riconfigurazione dei soggetti che costituiscono l’esercito industriale attivo e quello di riserva…Un settore molto più ampio dell’esercito industriale attivo è ora localizzato nella periferia e nella semiperiferia dell’economia mondo, mentre l’esercito attivo del centro ospita al suo interno, ai livelli più bassi, un gran numero di membri femminili e immigrati e, ai livelli più alti ,intellettuali e scienziati formalmente proletarizzati. Questa riconfigurazione haposto sotto pressione i lavoratori maschi dei paesi del centro occupati ai livelli medi e bassi, mettendoli nelle condizioni di dover accettare livelli più bassi di remunerazione in rapporto allo sforzo produttivo, pena la estromissione dall’esercito attivo.”
- Details
- Hits: 3385

Letta e la fine del Ventennio
Scritto da Diego Fusaro
“Si è chiuso un ventennio”: è quanto sostenuto dal premierEnrico Letta non molti giorni addietro, durante l’intervista di Maria Latella su Skytg24. Purtroppo Letta si sbaglia: e si sbaglia perché lui stesso e il suo partito sono pienamente organici – in senso gramsciano – alla stessa visione del mondo di Berlusconi e del suo schieramento. Più precisamente, portatrici della stessa visione ultracapitalistica del mondo, destra e sinistra accettano oggi in maniera ugualmente remissiva la sovranità irresponsabile di organismi economici sistemici (dal Fondo monetario Internazionale alla Banca Europea), che svuotano interamente la decisione politica, costretta a una funzione meramente ancillare. Nella forma della pura gestione dell’esistente, la politica e la democrazia non fanno altro che ratificare quanto viene autonomamente deciso dalla sapienza infallibile degli economisti, dalle multinazionali e dal mercato divinizzato.
Quale ventennio, dunque, sarebbe finito? Quello di Silvio Berlusconi come uomo politico? Può darsi. Non certo lo spirito del tempo neoliberale, giacché di esso si sostanziano in egual misura Berlusconi e il partito di Letta, ossia il tragicomico serpentone metamorfico PCI-PDS-DS-PD, che dalla lotta per l’emancipazione di tutti è oggi passato armi e bagagli a difendere le ragioni del capitale finanziario globalizzato.
- Details
- Hits: 3015

È iniziata con un assedio
Redazione di Infoaut
Ripartiamo da Piazza San Giovanni. Una piazza che il 15 ottobre 2011 fu una tomba per il ceto politico, quello istituzionale e di movimento, travolto da un'espressione di antagonismo sociale irriducibile alle forme della rappresentanza. I due anni successivi hanno confermato che non era una fiammata episodica, ma un punto di non ritorno. Allora doveva finire solo con un comizio, il 19 ottobre di quest'anno i comizi finalmente non sono stati nemmeno messi in programma.
In questi due anni la crisi ha trasformato il quadro generale, cambiando in profondità la condizione sociale. Sui territori sono evidenti i processi di scomposiszione determinati dal rafforzamento delle politiche di austerity e di impoverimento, che se non si riesce a contrastare adeguatamente rischiano di determinare rapporti di forza non favorevoli alle lotte. I movimenti che riescono a muoversi nella giusta direzione, pur tra varie difficoltà, sono tra loro diversi, uniti - come il No Tav, il No Muos, la lotta per la casa, ecc. - dalla capacità di costruire segmenti di autorganizzazione e dal tentativo di ricomporre segmenti differenti. E' dunque ricomposizione non di ceti politici ma di lotte e segmenti sociali, di quei soggetti che subiscono la crisi e sono stufi di pagarne i costi. Il 19 ottobre è stato il primo tentativo di dare visibilità a questi processi, senza delegarli a calendari fissati in modo separato ma dando vita a una nuova temporalità, autonomamente scelta dai conflitti.
- Details
- Hits: 5067

Un intervento di Giovanni Mazzetti
Avevo discusso alcuni scritti di Giovanni Mazzetti nel mio intervento su "decrescita ed economia". Il prof. Mazzetti, al quale ho segnalato il mio articolo, mi ha inviato alcune note critiche, che pubblico qui di seguito. Lo ringrazio sia per aver voluto scrivere un intervento denso e argomentato, nonostante i suoi numerosi impegni, sia per aver acconsentito alla pubblicazione. Ritengo importante che questo dialogo possa proseguire, e spero di poter rispondere all'intervento del prof. Mazzetti in tempi non troppo lunghi.
(M.B.)
+o+o+
Caro Marino Badiale,
vorrei innanzi tutto sottolineare che personalmente non sono affatto diffidente nei confronti della “teoria della decrescita”; molto più semplicemente sono in dissenso con i suoi sostenitori. Vale a dire che la mia esperienza e le mie conoscenze mi impediscono di accettare in tutto o in parte le argomentazioni con le quali quella “teoria” viene proposta.
Ho molto apprezzato il suo garbato invito a confrontarsi, per il tono equilibrato e argomentato col quale è stato formulato, cosa rara tra i seguaci di quella teoria.
- Details
- Hits: 2924

La prima manovra economica a sovranità limitata
Luigi Pandolfi
Il Governo italiano ha varato il disegno di legge di Stabilità 2013 contenente gli interventi di finanza pubblica per il triennio 2014-2016. Prima di analizzare sommariamente le linee essenziali del documento, è importante ricordare che per la prima volta, dalla nascita dell’Europa di Maastricht, lo stesso sarà prima vagliato dalla Commissione europea, che potrà imporre correttivi e comminare sanzioni in caso di inadempienza, e poi discusso ed approvato dal Parlamento.
Con l’entrata in vigore del cosiddetto “two-pack”, il pacchetto di due regolamenti approvato dal parlamento di Strasburgo nel maggio scorso, si è infatti chiuso il cerchio in tema di “sorveglianza” europea sui bilanci dei paesi dell’Eurozona, con tutto quello che ciò comporta per la “sovranità” e l’autonomia politica degli stessi.
E’ del tutto evidente che dentro un meccanismo così congegnato la funzione dei parlamenti nazionali è quasi del tutto esautorata: quali margini di manovra avranno le forze politiche parlamentari per modificare l’impianto e la filosofia del documento di che trattasi se alla Commissione europea è stato riconosciuto un sostanziale diritto di veto sui bilanci nazionali? Un margine pari a zero, evidentemente.
- Details
- Hits: 2519

Balle fiscali e bolle mediatiche
Leonardo Mazzei
Presentando alla stampa la cosiddetta «Legge di stabilità», Enrico Letta ha detto almeno due bugie: che la pressione fiscale calerà, che non vi saranno tagli alla spesa sociale. Come mai tutto, all'improvviso, abbia virato verso il «bello», è un mistero assai buffo. Che merita di essere approfondito.
Per confondere le acque, il nipote dello zio confida come sempre su una stampa amica. Talmente amica che sembra quasi che egli sia più che altro il frutto di una bolla mediatica, quella degli osanna a prescindere in nome di una non meglio specificata «stabilità». Ora, però - e questa è una novità - questi amici (che a loro volta ad altri «amici» rispondono) sembrano assai insoddisfatti. «Cifre sull'acqua», è stato il significativo titolo dell'editoriale di commento del Corriere della Sera del 16 ottobre.
I feticisti della «stabilità», e - possiamo giurarci - i rigoristi di Bruxelles, speravano ormai d'aver vinto la guerra, mentre i fatti hanno dimostrato che quella del 2 ottobre (voto di fiducia) è stata solo una battaglia. Importante, ma non decisiva. Dal contraddittorio groviglio di questioni politiche irrisolte e dall'oggettiva, ma mai riconosciuta, impossibilità di affrontare la crisi senza liberarsi dalla gabbia dei vincoli europei, è venuta fuori una sorta di «finanziaria democristiana» che, scontentando un po' tutti, punta a non avere l'opposizione di alcuno.
- Details
- Hits: 3151

È tempo di scommettere sul "Frexit" e sul franco francese?
Ambrose Evans-Pritchard
Intanto, come conclude l'articolo, "le peggiori paure delle élite dell'Unione Europea stanno diventando realtà. Ed è totalmente colpa loro."
C'è stato un piccolo terremoto in Francia. Un partito che si è impegnato per l'uscita dall'euro e il recupero del franco francese, nonché per la completa distruzione dell'unione monetaria, ha appena sconfitto i maggiori partiti politici in un ballottaggio elettorale a Brignoles.
E la stessa minaccia del “Frexit” (uscita della Francia dall'euro, ndt) altera alquanto l'alchimia politica del referendum britannico sulla permanenza nell'Unione Europea.
Il Front National di Marine Le Pen ha guadagnato il 54% dei voti. È una brutta sconfitta per l'UMP gollista, un partito che rischia la disintegrazione se non riesce a trovare rapidamente un leader.
I socialisti del presidente Hollande erano già stati sconfitti al primo turno, a causa di una massiccia defezione della classe lavoratrice (che costituisce la base per i socialisti) in favore del Front National. I socialisti avevano inizialmente creduto che il Front agisse a loro vantaggio, perché divideva la destra. Finalmente hanno aperto gli occhi di fronte all'enorme pericolo politico.
Attualmente il Front National è il partito più popolare in Francia, con il 24% dei voti secondo l'ultimo sondaggio Ifop.
- Details
- Hits: 3957

Sono pronti. E noi?
di Elisabetta Teghil
La manifestazione del 19 ottobre è andata molto bene sia per i numeri sia per la volontà che ha espresso, ma, soprattutto, è stata utile.
Intanto ha sancito l’impossibilità da parte del PD di strumentalizzare le lotte per fini propri, come era accaduto in occasione della manifestazione del 14 dicembre 2010, e poi ha ratificato quello che era emerso nella manifestazione del 15 ottobre 2011, vale a dire l’irreversibile rottura tra il movimento e i partitini della così detta sinistra radicale.
Questi ultimi, da anni, non hanno più la consistenza per indire manifestazioni e come paguri si attaccavano al movimento, usandone i numeri e la capacità di mobilitazione.
I loro leader si limitavano a presentarsi in piazza e a farsi fotografare, forti del fatto che i media avrebbero dato risalto alla loro fugace apparizione, salvo, poi, prendere le distanze nei confronti dei così detti “violenti” avallando ogni forma di repressione poliziesca, giudiziaria e mediatica.
Il PD, più raffinato, usava dei cavalli di troia, sigle di volta in volta coniate per nascondere il ruolo di burattinaio che tirava le fila dietro le quinte. L’ultima di queste operazioni è stata quella di “Se non ora quando”.
- Details
- Hits: 9402

Capitalismo 2013
di Antonio Carlo
1) Premessa. I motivi di un lavoro
Nei miei precedenti articoli sulla crisi mondiale1 ho sottolineato la centralità, quasi oppressiva, dell’economica sulla società nel suo complesso e sulla politica in particolare: una crisi strutturale senza soluzioni possibili, o meglio una depressione che è un crollo graduale già in atto ed irreversibile, produce l’impotenza della politica. Eppure c’è stato un tempo in cui la politica ha avuto un peso notevole negli equilibri della società capitalistica, non nel senso che essa potesse dirigere o pianificare l’economia capitalistico-mercantile, ma nel senso che la politica, lo Stato, sceglievano tra le alternative di sviluppo possibile e compatibili con la logica del capitalismo e del profitto: un esempio per tutti, l’alternativa che caratterizza tutta la storia del XIX secolo tra protezionismo e libero scambio, attorno a cui vi furono conflitti terribili all’interno della classe dominante che in un caso esplosero nella prima guerra dell’era industriale: la guerra di Secessione americana2. Oggi questo non è più possibile perché alternative di sviluppo non c’è ne sono più: gli Stati sopravvivono galleggiando sulla crisi, senza prospettive di medio-lungo periodo, cosa che evidenzio nell’ultimo lungo paragrafo di questo lavoro, dove si pone in luce come nessun Governo sappia in quale modo affrontare la cause della crisi, che appare una maledizione incomprensibile caduta dal cielo,
- Details
- Hits: 2380

Grillo comunica (II)
di Giuseppe Mazza
Seguire la vicenda di comunicazione di Grillo con i modi del diario. È sembrato il metodo più adeguato, davanti a un percorso si aggiornava in un infinito tempo reale, subendo continue modifiche e aggiustamenti.
Con la prima parte di "Grillo Comunica", qui pubblicata nel settembre 2012, abbiamo ripercorso la biografia politica di Grillo a partire dalla sue performance televisive degli anni '80. La vicenda dell'attuale leader del Movimento Cinque Stelle è costantemente interna ai mezzi di comunicazione, vecchi e nuovi: dalla tv, che inizialmente lo ripudia per poi essere ripudiata a sua volta, fino al web, strumento esterno ai circuito media del potere costituito. L'analisi si arrestava nel settembre 2012, sulla soglia delle elezioni siciliane, sollevando due questioni la cui risposta veniva affidata ai mesi successivi.
Da lì ripartiamo.
La prima domanda sorgeva dallo status esterno di Grillo. Non avrebbe perduto di senso questa sua alterità, nel momento dell'ingresso nelle istituzioni? Come mantenere fede al personaggio dell'outsider? Anche entrato in Parlamento - ci si chiedeva - sarà possibile dichiararsi non appartenente?
La seconda domanda riguardava ancora una volta il sistema dei media.
- Details
- Hits: 4706

Come il femminismo divenne ancella del capitalismo*
di Nancy Fraser
Introduzione
Molte volte, in questi anni, ci siamo domandate se il femminismo non avesse finito per diventare un alleato (inconsapevole?) del biocapitalismo cognitivo-relazionale, un complice utile alla costruzione di discorso sul tema della precarizzazione cioè dei dispositivi organizzativi nella vita-lavoro imposti dai nuovi paradigmi di accumulazione. Le donne volevano giustamente uscire dalle cucine e dalle stanze dei bambini per emanciparsi nello spazio pubblico. Così sono state una preda facile per gli immaginari lavoristi e per il funesto e violento universo valoriale meritocratico del capitalismo contemporaneo.
Le analisi che notavano un asservimento delle differenze agli scopi del liberismo, ovvero un’integrazione delle donne all’interno delle logiche del mercato, non sono mancate anche da noi, in Italia. Così l’articolo di Nancy Fraser uscito su The Guardian, lo scorso 14 ottobre, ci è piaciuto e abbiamo deciso di tradurlo: riesce, in poche righe, dirette e folgoranti, a riassumere una serie di problemi di fronte ai quali ci troviamo e in ordine ai quali ci siamo a nostra volta, più volte, interrogate. Fraser è una femminista, filosofa e giurista statunitense, che ha particolarmente lavorato sul concetto di “giustizia” e, relativamente al tema, ha affrontato anche la questione della redistribuzione economica delle risorse, della partecipazione politica e delle forme della comunicazione.
Page 493 of 612