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Riflessioni sul nuovo fascismo e la guerra

di Nico Maccentelli

S’è visto il 25 aprile a Milano. Ormai i ceffi del PD con le loro bandiere NATO, UE e ucraine sono come squadre, sgherri di regime, come i fascisti. Sì, è il nuovo fascismo che avanza, ammantato di “bella ciao”, mentre sdogana i nazisti banderisti di Pravy Sektor e di Azov.

Ormai non hanno più ritegno nel glorificare i peggiori tagliagole spacciandoli per eroi, di una “resistenza” che usa i civili sequestrati nei sotterranei dell’acciaieria Azovstal come scudi umani, dei “partigiani” delle peggiori atrocità sui prigionieri russi e sugli inermi.

Il PD è di fatto il partito della guerra a completo servizio della NATO, è apparato politico di un esecutivo, il governo Draghi, che ha dato il colpo di grazia a un sistema democratico già leso da decenni di scorrerie costituzionali, da un decisionismo che esautora il Parlamento e che è pura espressione dei poteri forti. È apparato politico al servizio di quello militare che stronca ogni possibilità di trattativa e che ci sta conducendo verso l’allargamento del conflitto, secondo le linee guida della Casa Bianca.

Lo scopo è quello di dividere (per imperare) la Russia dal resto dell’Europa, evitare una relazione geopolitica che andrebbe a formare un polo euroasiatico con risorse energetiche, materie prime, tecnologie, affacciato ai mercati asiatici: la maggiore preoccupazione per gli USA, il colpo di grazia per il mondo unipolare del dollaro.

Il PD dunque non è socialdemocratico ma ultraliberista. Non è neppure europeista ma filo-amerikano, è il braccio politico di questo piano, così come i media mainstream sono il braccio propagandistico, mentre gli squadristi ucraini che agiscono nel nostro paese attaccando chi si oppone alla guerra e chi solidarizza con i resistenti (quelli veri) in Donbass, sono il braccio armato. Con il medesimo puparo che muove i fili.

Se oggi avvengono fatti come quello di Bologna, il tentato assalto al banchetto del Comitato Ucraina Antifascista il 23 aprile durante una festa (questa sì) partigiana, è proprio perché Mentana come Letta, Giletti come Marcucci, la Merlino come la Quartapelle, Gramellini come la Gualmini hanno sdoganato questi nazisti tagliagole, incensandoli come partigiani, criminalizzando i russi e creando il nemico interno inventandosi la categoria del “putiniano”, nella quale cade chiunque provi anche solo a tematizzare l’argomento, approfondirlo, vedere le cause di questo conflitto. Una narrazione sostenuta con la censura, la falsificazione degli eventi, la creazione di mostri, fatta in punta di coltello e spranga. A quando un’Odessa anche qua?

Le assonanze con il fascismo pre Ventennio sono inquietanti. Anche allora i fascisti avevano mani libere e l’olio di ricino di ieri è la gogna di oggi, è la macchina del fango orchestrata, coordinata contro tutti coloro che danno fastidio e che solo provano a dire qualcosa di diverso nei media. Minniti, esponente del PD arriva persino a non escludere una terza guerra mondiale pur di difendere la “libertà”.

E poi il razzismo. Bambini russi picchiati a scuola, aggressioni a russi, discriminazioni sui russi. Dove sono le anime candide del dirittoumanitarismo elettorale, a intermittenza, a senso unico? Pubblicamente si parla contro Putin, si cerca di mettere in risalto i fenomeni di dissidenza che avvengono in Russia come in qualsiasi paese che si ritenga “democratico”, si amplificano gli episodi repressivi dipingendo la Russia come un regime totalitario, dimenticando Assange e la repressione contro i gilet Jaunes i NoTav, gli antifascisti che da sempre contestano contro l’uso nelle piazze dei neofascisti che fanno così comodo a questo potere.

Ma in realtà si moltiplicano gli episodi di razzismo ben fomentati da questi mezzi di informazione e totalmente ignorati dai dem delle bandierine della pace insieme a quelle di Azov.

Ogni discorso deve iniziare con: “noi condanniamo senza se e senza ma l’invasione dell’Ucraina. Putin dovrà risponderne al suo popolo e alla Storia…”, una liturgia obbligatoria e di regime imposta anche alle opposizioni che si ritengono radicali. Infatti questa frase è l’inizio dell’appello contro l’invio di armi dal titolo “Pace proibita” e che vede insieme sardine e personaggi della sinistra come Tomaso Montanari, Luciana Castellina, Vauro, Michele Santoro, Moni Ovadia, Emily Clancy e altri. Ma in questa narrazione generica contro la guerra non vedrete una sola parola contro la NATO e il governo Draghi che la sostiene. Così come quando Montanari e la Falcone a suo tempo con il documento del Brancaccio riuscivano acrobaticamente a non parlare di proletariato, capitalismo, un’opera a due mani classificata come il non plusultra dell’antagonismo.

Ma se non si additano come responsabili di questa escalation gli USA e la NATO e non si accusa il governo Draghi di sostenere questa politica di guerra, che senso ha scendere in piazza? Per cosa?

Le sanzioni contro la Russia stanno in realtà colpendo le popolazioni europee, l’Italia in particolare, se boicotterà il gas russo, andrà incontro a una crisi economica di vaste proporzioni, con aumento dei prezzi e chiusura di fabbriche. UE e governo Draghi fanno pagare il conto della guerra in Ucraina e della politica criminale alla popolazione, a partire dai settori sociali più disagiato che vedono davanti a loro lo spettro della disoccupazione, dei debiti, tra lavoratori salariati e piccole imprese. A questa servile follia non c’è limite.

In due anni di gestione autoritaria, biofascista della pandemia, hanno cercato di addomesticare la popolazione e in parte ci sono riusciti creando il nemico interno nei cosiddetti “no vax”, imponendo un tso generalizzato a tutta la popolazione, introducendo attraverso il green pass lo scambio diritti per comportamenti, involvendo la normale democrazia borghese in un totalitarismo post-democratico. E oggi lo stesso meccanismo mediatico viene adottato per spingere al consenso di guerra. Ma se prima la maggioranza dei cittadini aveva accettato la vaccinazione e queste regole distopiche, oggi la maggioranza non è favorevole alla guerra e all’invio di armi: è difficile far credere che armare un belligerante porti alla pace e indubbiamente una guerra che vede coinvolte potenze militari dotate di armamenti nucleari fa paura e basta. Sembra che lo stravolgimento della realtà attraverso una narrazione drogata che trasforma i nazisti in partigiani e una retorica sulla libertà violata non attecchisca nemmeno sul pubblico televisivo più classico.

Questa mancanza di consenso ovviamente non è certo causata da una corretta informazione: ossia che la guerra in Ucraina in realtà è iniziata 8 anni fa con un colpo di stato della NATO, proseguita con una pulizia etnica contro i russofoni e con bombardamenti sulle popolazioni civili del Donbass indipendentista, ma è determinata proprio dal rischio concreto dell’allargamento del conflitto, dalla paura dei razionamenti imminenti, della miseria che un’economia di guerra produce, tutti aspetti ben presenti di generazione in generazione nel corpo sociale che solo 77 anni fa è uscito da una guerra mondiale devastante.

Tuttavia ancora non si è vista una vasta reazione contro la guerra, non si è ancora avuto un movimento spontaneo come quello contro il green pass e l’obbligo vaccinale di qualche mese fa. È più che probabile che il conflitto sociale si avvierà quando la popolazione proverà direttamente sulla propria pelle gli effetti delle sanzioni suicide. Il governo, dal canto suo, spera che la guerra sociale interna dall’alto contro il basso, che il laboratorio Italia del consenso e della totale sottomissione avuta nei due anni di covid, si riproduca anche nella fase della guerra esterna, in un contesto di maggiore precarietà e miseria sociali. È un conto fatto male, molto male, senza l’oste della disperazione.

Nell’economia di guerra con le sue nefaste conseguenze, occorre unire il rischio bellico alla questione sociale e del lavoro. Occorre far comprendere alle masse popolari e nella lotta che il capitalismo neoliberale ci sta conducendo alla barbarie e che un’altra opzione sociale alternativa è possibile: sottrarre al controllo delle classi dominanti i mezzi di produzione, della riproduzione sociale, disertare la loro guerra, rompere i loro meccanismi di dominio sulla società e sui corpi che hanno sperimentato e continuano a sperimentare ancora oggi. Disobbedire, boicottare, sabotare in massa i dispositivi del comando capitalista e dei suoi apparati statali, è questo il mezzo per invertire le sorti della nostra esistenza. Usare ogni mezzo, sia dentro che fuori l’ambito istituzionale, unificare ogni istanza, ogni movimento che si contrappone alla macchina del capitalismo nelle sue diverse forme. Comprendere che la lotta contro le restrizioni autoritarie nate con la pandemia e la lotta contro la guerra non sono scindibili e pertengono insieme la questione sociale.

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