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Ucraina. L'assassinio della pace e l'escalation prossima ventura

di Piccole Note

Pochi ricordano ormai che nei primi mesi di guerra si erano svolti dei negoziati di pace tra russi e ucraini. E pochi ricordano che tali negoziati avevano portato risultati, nonostante i vari tentativi di affossarli da parte dei circoli atlantisti e delle fazioni più intransigenti di Kiev.

 

L’assassinio di Kireev e i negoziati di pace

Tra questi, l’assassinio del banchiere Denis Kireev, che faceva parte delle delegazione ucraina che si era incontrata più volte con la controparte russa. Kreev fu ucciso a Kiev dal controspionaggio ucraino perché accusato di essere una spia russa e il suo assassinio fu spiegato come accidentale.

A dare un’altra versione dell’accaduto è niente di meno che il Wall Street Journal, che pur evitando di contraddire apertamente la versione di Kiev, la mina nel profondo.

A riferire l’altra versione è Kyrylo Budanov, capo dell’intelligence militare ucraina (GUR) che, interpellato dal WSJ, ha spiegato come Kireev, mentre era impegnato nei negoziati, fu contattato di notte da Oleksandr Poklad, membro del controspionaggio, che gli chiese di incontrarlo.

Evidentemente Kireev sospettava qualcosa, perché, nel viaggio che doveva portarlo all’appuntamento con la morte, disse alla sua scorta – formata da agenti del GUR – di non intervenire in caso di problemi.

Il banchiere e la sua scorta arrivarono così “a Kiev, nei pressi della Cattedrale di Santa Sofia. – scrive il WSJ – All’appuntamento si presentarono alcuni minivan, dai quali scesero diversi uomini della SBU, i quali ordinarono agli agenti dell’intelligence militare e alle guardie del corpo di Kireev di consegnare loro le armi. Kireev fu poi fatto salire su un furgone e portato via, mentre, le sue guardie giacevano ancora distese lungo la strada”, come da ordini ricevuti.

Il resto è storia nota: il corpo di Kireev fu trovato senza vita in una strada centrale di Kiev e la sua morte fu spiegata come una reazione legittima alla resistenza all’arresto.

Ma, a quanto racconta Budanov, Keerev è stato assassinato a sangue freddo. Circostanza che cambia tutto: se fosse stato una spia non c’era bisogno di coprire le cause della morte, né, peraltro, Kireev avrebbe ricevuto funerali di Stato, come ricorda ancora Budanov.

Non solo, Budanov ha raccontato al giornale americano che Kireev, grazie alle sue fonti, aveva saputo che i russi avrebbero attaccato alcune ore prima che ciò avvenisse, informando tempestivamente Kiev. “Se non fosse stato per Kireev, molto probabilmente Kiev sarebbe caduta”, ha concluso Budanov.

Se abbiamo riferito tale intervista non è solo per riabilitare la figura di Kireev o dar conto di certe attitudini del governo di Kiev, quanto per evidenziare ancora una volta l’impegno profuso per far fallire il processo di pace.

Un negoziato che è andato avanti, però, anche dopo l’assassinio del banchiere, tanto che stava per essere firmato. Una possibilità sfumata dopo il viaggio di Boris Johnson a Kiev, nel corso del quale l’ex premier britannico spiegò a Zelensky che l’Occidente non avrebbe sostenuto un’intesa con i russi (vedi Responsible Statecraft e Foreign Affaires).

Esplicitando, Johnson ha minacciato il presidente ucraino che, se avesse proseguito su quella strada, sarebbe stato destituito. D’altronde, non mancano esempi in tal senso nella storia recente…

 

Bombardare la Crimea?

Un’analogia molto stringente si può rinvenire nella guerra del Vietnam quando, dopo quasi un decennio di potere e per le difficoltà della guerra, il presidente del Vietnam del Sud, Ngo Dinh Diem, prese in considerazione l’idea di un accordo con il Nord. A spiegare i contorni della vicenda è lo storico Geoffrey C. Stewart in un’intervista alla BBC.

Secondo Stewart c’era la possibilità che si avviasse un dialogo tra Nord e Sud, nonostante le aspre divergenze dovute alla richiesta dei Viet Cong di unificare i due Stati.

Ma, “per aprire un negoziato serio, il governo di Ngo Dinh Diem doveva parlare con gli americani. E le concessioni [necessarie alla pace] tra Nord e Sud andavano contro gli interessi degli Stati Uniti nella regione. Non credo che il governo di Ngo Dinh Diem avrebbe potuto sopravvivere se avesse voltato le spalle a Washington”.

“Sebbene Ngo Dinh Diem desiderasse che il Vietnam del Sud fosse autonomo, il governo di Saigon dipendeva economicamente dagli aiuti americani. Senza l’aiuto americano, il governo del Vietnam del Sud sarebbe crollato, oppure Ngo Dinh Diem sarebbe stato rovesciato da ambiti più disposti a lavorare con gli americani – e questo è quel che è successo”. Destituito e ucciso, Ngo Dinh Diem venne sostituito da presidenti meno ambigui di lui nel rapporto con gli Usa, fino alla caduta di Saigon.

Ma torniamo al presente. Sfumate le possibilità di pace, la guerra ucraina è dunque andata avanti, con la sua macelleria e i suoi rischi, sempre più alti, di escalation. Rischi che andranno ad aumentare dopo la riunione della Nato a Ramstein di domani, nella quale il sostegno all’Ucraina assumerà definitivamente la forma, anche se non ufficiale, di uno scontro diretto tra Nato e Russia.

Infatti, in tale sede prenderà concretezza l’invio di un vero e proprio reparto di carri armati e l’addestramento delle forze ucraine assumerà una forma meno improvvisata e soprattutto più massiva (probabile che si studierà anche come potenziare il reclutamento di personale estero, già esistente, ma ancora non sufficiente).

Appare significativo che, alla vigilia dell’assise, il New York Times abbia pubblicato un articolo dal titolo alquanto inquietante: “Gli Stati Uniti sono entusiasti di aiutare l’Ucraina a colpire la Crimea”. La decisione, secondo le fonti del Nyt, sarebbe imminente, anche se Washington sa perfettamente che tale “iniziativa aumenterà il rischio di escalation”.

Su American Conservative Doug Bandow chiede di evitare tale “follia”, concludendo che “gli Stati Uniti non dovrebbero sostenere la grandiosa campagna ucraina per la vittoria, cioè per riconquistare il Donbass e la Crimea. Quest’ultimo passo, in particolare, potrebbe essere il fattore scatenante per una minaccia nucleare e persino per un attacco di Mosca [agli Usa]. La causa non vale il rischio per l’America” (né per il mondo si può aggiungere).

“Washington – conclude Bandow – è piena di guerrieri che abitano nelle loro torri d’avorio, sempre pronti a combattere le guerre di altri, con i soldi e le vite di altri. Tale determinazione negli ultimi due decenni è costata migliaia di miliardi di dollari, andati sprecati, e centinaia di migliaia di morti. La guerra con la Russia sarebbe molto peggio, davvero catastrofica”.

Ps. L’ansia con la quale la Nato sta cercando carri armati e munizioni in giro per il mondo (di oggi la notizia dell’invio di armamenti da Corea del Sud e Israele) e il nuovo slancio per addestrare i soldati ucraini indica che la situazione nel teatro di guerra non è esattamente quella descritta da politici e media, secondo i quali gli ucraini starebbero vincendo e i russi in grave difficoltà (a quanto pare, però, sembra si sia dato un taglio alla storia dell’esaurimento delle scorte di missili russi, dato che ormai è palese che si trattava di mera propaganda – vedi l’articolo di The Sun che riportava le affermazioni in tal senso del Capo di Stato Maggiore britannico Sir Tony Radakin. Era il 5 maggio…).

Comments

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Pantaléone
Tuesday, 24 January 2023 18:14
La Russia non è affatto l'Unione Sovietica, a parte qualche piccolo problema interno.
Il capitalismo russo è stato spinto al conflitto dal capitalismo occidentale, poiché per quest'ultimo era fuori discussione la creazione di una potenza eurasiatica con l'ex fantoccio filorusso Yanukovych come punto di appoggio - questa è la posta in gioco nella guerra imperialista del capitalismo di crisi in Ucraina.
Marx ha descritto il capitalismo come il mondo incantato di cui i soggetti alienati e reificati, compresi i funzionari dell'impostura, pensano di avere il controllo.
Ora questa forza "immateriale" subordina i soggetti, e da questa osservazione è facile immaginare che la guerra prenderà una piega più ampia e distruttiva.
Ogni antitesi imperiale ha il suo particolare determinismo, che di fatto può essere lo stesso, e può durare un po' di più, estendendo i propri margini territoriali e finanziari, in particolare esportando i propri deficit nei Paesi della periferia.
Ma tutti questi orrori sembrano evidenti, dal momento che produciamo per il profitto e non per il bisogno.
E sappiamo tutti che i Trenta gloriosi del dopoguerra potevano esistere non solo con il fordismo, ma soprattutto con 55 milioni di morti sotto i nostri piedi.
Dopodiché, possiamo sempre scegliere il suo veleno.
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