Il vento del Nordafrica e i sospiri dell'Italia
Dino Erba
[Nel quadro della discussione a sinistra sulla Libia riportiamo questo intervento di Dino Erba, a cui risponde nel post successivo Dante Lepore]
Di fronte agli avvenimenti nordafricani e all’intervento in Libia, molti rivoluzionari italiani si sono sbizzarriti in analisi socio-economiche, in alcuni casi anche azzeccate, ma il più delle volte al rimorchio di quanto passa il convento, rimasticando luoghi comuni o ripescando da remote esperienze, e cadendo spesso nella più scontata politologia. Alla scoperta del lato cattivo In queste analisi generalmente prevale l’azione delle classi dominanti, a scapito dei movimenti degli sfruttati e degli oppressi, che appaiono in una posizione sostanzialmente subordinata. Nella realtà, il rapporto è inverso: oggi sono gli sfruttati e gli oppressi che stanno passando all’attacco, almeno nel Nordafrica e in Medio Oriente, costringendo Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Italia & Co. ad avventati interventi militari. Di conseguenza, dove appare la forza, in realtà c’è la debolezza. E non capire questo, vuol dire ragionare col cervello del padrone e, soprattutto, vuol dire pregiudicare sul nascere lo sviluppo di una prospettiva rivoluzionaria in Italia. Così facendo, chi si dice rivoluzionario finisce per approdare a comportamenti decisamente contro natura, o per lo meno schizofrenici. Anche se, sul piano della teoria, crede di avere le carte in regola. Nella sua percezione della realtà effettua una sorta di distorsione prospettica, per cui le sorti degli sfruttati vengono a dipendere dal capitale, quando è l’esatto contrario. In questo procedimento, viene quindi a mancare il «lato cattivo della storia», ovvero la forza motrice del mutamento, costituita da quei soggetti sociali che, impedendo la riproduzione della società nella sua forma attuale, rendono possibile il passaggio a una forma sociale diversa. Dopo anni di pax capitalista in Occidente, tale passaggio può forse destare timore. Ma è inevitabile. E il vento sta cambiando, anche in Europa. I soggetti sociali del mutamento, oggi, sono i proletari del Nordafrica e del Medio Oriente. Per capirlo, basta porre attenzione alla patologia del modo di produzione capitalistico, alla crisi, cui dobbiamo ricondurre ogni altro evento. La crisi è scoppiata nel 2008 e non accenna a finire, anzi, si sta aggravando, con conseguenze catastrofiche, dall’Afghanistan al Giappone di Fukujima. Con gli USA sull’orlo del shutdown, parlare di imperialismo è come raccontar barzellette a un funerale.
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