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Tsipras ed Unione Europea: per un bilancio politico

di Fosco Giannini*

renzi tsipras03La Grecia è di nuovo sotto il torchio. Il popolo greco è per l’ennesima volta in pochi anni sotto la mannaia liberista dell’Unione Europea. Martedì 2 maggio, ultimo scorso, il governo greco ha firmato un altro pre-accordo con i creditori internazionali, volto a dimostrare quanto la Grecia abbia “ben lavorato”, quanti nuovi tagli sociali abbia fatto negli ultimi venti mesi ( come richiesto dalla BCE e dal FMI) al fine di ottenere un possibile taglio del debito.

Il testo del pre-accordo dovrà essere valutato, ed eventualmente ratificato, il prossimo 22 maggio dall’Eurogruppo, previa – tuttavia – approvazione del Parlamento greco. E qui potrebbe esserci la prima sorpresa, la concretizzazione del paradosso: l’opposizione di destra al governo Tsipras, non unendosi, ma assommandosi oggettivamente alle lotte sociali, sindacali  ( uno sciopero generale è previsto per il 17 maggio) e del Partito Comunista di Grecia ( KKE),  potrebbe avere la forza di ostacolare  il pacchetto liberista che il governo ellenico ha approntato per l’Eurogruppo. Pacchetto che, tuttavia, passerà.

Cosa contiene questo nuovo pacchetto, caratterizzato dai “soliti” tagli sociali ( un pacchetto, non casualmente, confezionato dall’erede di  Gianis Varoufakis, il ministro delle Finanze Efklidis Tsakalotos)?  Prevede, innanzitutto, un nuovo e dolorosissimo attacco alle pensioni, una sforbiciata alle pensioni di 900 mila anziani che percepiscono più di 700 euro al mese. Le misure volute dalla BCE e dal FMI prevedono un taglio medio del 9% e un massimo del 18%. Si prevede, oltre ciò, un abbassamento della “no tax area” da 8.636 a 5.681 euro, con un relativo aumento dell’aggravio fiscale, su di una pensione di 720 euro, di circa 600 euro l’anno. Il pre-accordo prevede, ancora, un taglio di circa 500 milioni di euro al progetto di aiuto ai cittadini a basso reddito, a quei cittadini così vicini alla povertà che non possono nemmeno accendere il riscaldamento. Anche il lavoro, naturalmente, è di nuovo attaccato: tra i lavoratori del settore pubblico sarà ulteriormente ristretta l’area dei premi alla produttività e quella dei lavoratori con contratto a termine ( scelta del governo Tsipras che accoglie totalmente una delle “raccomandazioni” centrali della Commissione UE del 2015, quella che chiedeva ai governi, appunto, di “non appesantire” i bilanci attraverso assunzioni a termine e non certo in un’ottica volta all’allargamento del lavoro a tempo indeterminato). I “soliti” processi di privatizzazione condiscono il pre-accordo: questa volta tocca alla DEI, l’azienda elettrica di Stato, della quale sarà privatizzato circa il 17%.

Nonostante il nuovo governo Tsipras, dunque, non è certo diminuita la pressione, la vera e propria dittatura economica e politica ultra liberista dell’UE e dell’intera Troika ( il triumvirato, cioè, formato dalla Commissione Europea, dalla BCE e dal FMI) sul governo e sull’intero popolo greco.

I nuovi e pesanti “sacrifici” imposti dalla Troika e totalmente accettati da Alexis Tsipras ( sino a “dieci minuti fa” considerato da molta sinistra italiana ed europea il nuovo Che Guevara europeo) debbono spingerci a ripercorrere le ultime fasi greche, oggettivamente dense sul piano politico generale e vere e proprie lezioni per tutte le forze comuniste e anticapitaliste del vecchio continente.

Alexis Tsipras rompe con il Partito Comunista di Grecia alla fine degli anni ’90, per approdare al partito della “sinistra radicale” Synaspismos. Nel 2008, al V° Congresso del Synaspismos, viene eletto Presidente. Nel 2009 Syriza ( partito nato dal gruppo parlamentare del Synaspismos e che ha come leader Tsipras) si presenta alle elezioni. Sulla scorta di una critica profonda alle politiche liberiste dell’UE ( ma all’interno di una visione comunque europeista, elemento contraddittorio che segnerà di sé – e ancora segna – sia la visione politica generale di Tsipras e del suo partito, Syriza, che la visione politica di altre forze di sinistra e comuniste europee, come la stessa Sinistra Europea, che ha oggi, tra i vice presidenti, Paolo Ferrero, e il Partito Comunista Francese e lo stesso Partito della Rifondazione Comunista, due forze, non a caso, molto legate a Tsipras), Siryza ottiene il 4,6% , e Tsipras viene eletto per la prima volta al Parlamento ellenico

Alle elezioni parlamentari del maggio 2012 Syriza ( reiterando la critica radicale all’UE) fa un salto di qualità e ottiene il 16,8% dei voti. Il presidente della Grecia, Karolos Papoulias, dopo che Antonis Samaras non riesce a mettere in piedi un governo, affida il compito di formarlo a Tsipras, che – nella frammentazione del quadro politico- non riesce a portare a termine il compito.

Senza governo, la Grecia torna alle elezioni nel giugno del 2012 e in questa tornata ( anche sulla base di un  proprio programma elettorale che propone, in caso di vittoria, la richiesta di una rinegoziazione del piano  di austerity imposto alla Grecia dalla Troika) Syriza diviene il secondo partito greco, con circa il 27% dei voti. Cioè: attraverso una proposta politica di netto contrasto con l’UE, Syriza passa, in poco più di tre anni,  ( dal 2009 al 2012) dal 4,6% al 27% dei consensi elettorali. Nel giugno del 2012, tuttavia, il primo partito rimane Nuova Democrazia, di Samaras, che questa volta riesce a formare un governo.

Nell’ottobre del 2013 la Sinistra Europea, su forte spinta  del Partito della Rifondazione Comunista, propone Alex Tsipras come Presidente della Commissione Europea. Nelle elezioni per il Parlamento europeo del 25 maggio 2014 i comunisti e la sinistra italiana si uniscono in un cartello elettorale che prende il nome proprio da Tsipras, “L’altra Europa con Tsipras”, che ottiene il 4,4% dei voti e conquista tre seggi al Parlamento europeo.

Nelle elezioni politiche greche del 25 gennaio del 2015 Syriza ottiene il 36,34%, su di un programma che promette di ricusare tutti gli accordi-capestro che la destra greca ha assunto con la Troika e il rifiuto dell’austerity imposta dall’UE. Un programma che conquista il popolo greco e accende grandi speranze.  Il 26 gennaio Tsipras assume la carica di Primo Ministro e forma il nuovo governo, che durerà solo sette mesi, sino al 20 agosto 2015, giorno in cui Tsipras rassegnerà le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica. Questi sette mesi sono il percorso politico che i comunisti europei e la sinistra di classe europea debbono studiare e ripercorrere per capire, per non commettere più errori, per sapersi collocare sul piano geopolitico internazionale e sapersi posizionare sul piano rivoluzionario.

Ripercorrere i sette mesi, dunque: nelle elezioni del 25 gennaio 2015 Syriza ottiene 149 seggi, che non bastano per avere la maggioranza parlamentare ( 151 seggi). Si va, di conseguenza, ad un’alleanza Syriza ( iscritta al gruppo GUE/NGL al parlamento europeo) e Anel ( partito di centro-destra con 13 seggi al parlamento greco e iscritto al gruppo ECR- conservatori e liberali – al parlamento europeo).

Formato il governo Syriza-Anel, Tsipras avvia negoziati con i creditori esteri ( BCE- FMI- UE)  per il taglio del debito. In questi mesi segnati da trattative continue con l’UE, Tsipras mette in essere politiche di discontinuità con il passato e in forte conflitto con le direttive dell’UE, della BCE e della stessa Merkel. Si presenta al Parlamento, e si approva, la legge contro la povertà (che vede fortemente contrari i creditori internazionali), legge che doveva trovare il proprio finanziamento dal ricavato ottenuto dalla lotta al contrabbando ed avrebbe dovuto garantire gratuitamente buoni pasto, elettricità e sussidi per pagare l'affitto alle famiglie greche più bisognose; la riassunzione di 500 poliziotte licenziate dal governo Samaras; la riapertura della rete televisiva pubblica ERT, chiudendo la NERIT, rete privata fondata dalle destre tra il 2013 e il 2015; progetti di assunzioni nel pubblico impiego e rialzo dei salari più bassi. Il governo Tsipras si spinge a chiedere al governo tedesco e direttamente alla Merkel il pagamento, a titolo di risarcimento, di 279 miliardi di euro di debiti insoluti riguardanti i danni subiti dalla Grecia per colpa dell'occupazione da parte della Germania nazista nel periodo della Seconda Guerra Mondiale.

Il conflitto tra il governo Tsipras e l’UE si acutizza; di fronte al progetto sociale complessivo che Tsipras mette in campo, i creditori internazionali sparano ad alzo zero e propongono, per garantire un piano di salvataggio per la Grecia, un contro piano degno dei Chigaco Boys che prepararono i golpe fascisti in America Latina: l'aumento dell'età pensionabile a 67 anni; cancellazione dei prepensionamenti e dell'Ekas (assegno bonus che integrava le pensioni minime) ; l'aumento dell' IVA greca; l'abolizione degli sconti fiscali per le isole; una forte riduzione dei salari dei dipendenti pubblici; un altro e imponente piano di privatizzazioni. Tutte richieste, da parte della BCE, del FMI, di Bruxelles e di Berlino, in netto contrasto con il programma anti liberista e anti austerity con quale Syriza aveva vinto le elezioni.  

Come risposta all’attacco durissimo dei creditori ( attacco guidato esplicitamente dalla Merkel e dalla Deutsche Bank, attacco generale dell’intera UE, sferrato nel momento cruciale del progetto di liberazione del governo e del popolo greco, attacco che dovrebbe dirla lunga a chi, anche a sinistra, anche tra i comunisti, vede ancora l’UE come unico e imprescindibile terreno di lotta per il movimento operaio complessivo europeo), come risposta a quest’attacco Tsipras decide di convocare un referendum consultivo sui programmi europei, dichiarando che se avesse vinto il “SI” si sarebbe dimesso. Il referendum si tiene il 5 luglio e il “NO” ai diktat dell’UE raggiunge circa il 62%. Il popolo greco si schiera contro le politiche della Troika.

Il successivo 11 luglio Tsipras, forte dell’esito referendario, contrappone alle richieste dei creditori un proprio programma alternativo: ritorno della contrattazione collettiva nel mercato del lavoro; rialzo della tassa sui beni di lusso e aumento della tassazione  sui profitti delle grandi imprese; mantenimento dello sconto del 30% per le isole; taglio delle spese militari di 200 milioni di euro; una tassa al 30% sui giochi elettronici online; aumento dell'IVA solo sui cibi confezionati; si all’ aumento dell'età pensionabile a 67 anni ma entro il 2022; il respingimento della proposta generale di privatizzazioni proveniente dai creditori, accettandone solo una parte ( porto di Salonicco e aeroporto di Atene), ma rimandando al mittente le altre richieste di privatizzazioni ( acqua ed energia elettrica).

Per i comunisti europei e la sinistra di classe europea studiare questi sette mesi del governo Tsipras è, come dicevamo, molto importante, importante come studiare la Comune di Parigi. Le controproposte formulate da Tsipras dopo la vittoria nel referendum, anche se già risentono dell’attacco dei creditori e nelle quali già appaiono segni di cedimento (accettazione, se pur posticipata, dell’aumento dell’età pensionabile, privatizzazione del porto di Salonicco e dell’aeroporto di Atene…) tuttavia, sono ancora nel solco della politica alternativa della prima Syriza, quella che crede nella possibilità della riformabilità dell’UE.

Ma cosa accade, dopo il referendum e dopo le controproposte ai creditori che Tsipras lancia proprio in virtù della vittoria referendaria? Accade che, negli stessi giorni successivi al referendum e alle controproposte, i creditori, l’intera UE, la Merkel rispondano in modo durissimo e determinato ( lezione per chi crede, anche tra i compagni, alla riformabilità dell’UE e alla sua supposta essenza democratica) mettendo Tsipras con le spalle al muro, chiedendogli seccamente di scegliere tra il programma bocciato al referendum e l’uscita della Grecia dall’Eurozona. Tsipras, costretto dagli eventi a mostrare sino in fondo la propria e vera natura politica ( e qui è la lezione per i comunisti europei e per la sinistra di classe europea) sceglie di rimanere nell’Eurozona, di genuflettersi al potere e al mito dell’UE, di cedere ai diktat dei creditori e del grande capitale transnazionale europeo germanizzato. Sceglie di accettare, nonostante il responso del popolo greco al referendum, il programma liberista della Troika. In seguito a questo cedimento di Tsipras, l’ala di classe di Syriza, guidata da Panagiotis Lafazanis, abbandona il partito costituendo “Unità Popolare”, passando all’opposizione del governo Tsipras. Pur non aderendo a nessun altro partito, esce da Syriza anche l’ex ministro delle Finanze Gianis Varoufakis. Tsipras, sotto il ricatto dei creditori internazionali, firma il memorandum liberista e ratifica improvvisamente  la mutazione genetica di Syriza. Ciò che i comunisti e la sinistra di classe d’Europa debbono chiedersi è quanto la resa fosse già inscritta nella concezione di riformabilità dell’UE che segnava la linea politica di Syriza; quanto la resa fosse già inscritta nell’accettazione dell’UE come unica possibilità storica per i popoli e gli Stati europei. La domanda vale soprattutto  per quelle aree comuniste e di sinistra europee che credono, appunto, che fuori dell’Ue non possa esserci nulla, che l’UE sia riformabile.

In seguito al cambiamento di linea, il governo Syriza- Anel perde la maggioranza parlamentare; il 20 agosto Tsipras annuncia, in diretta TV, l’esigenza di elezioni anticipate, per il 20 settembre 2015 e la sera dello stesso 20 agosto rassegna le dimissioni nelle mani del Presidente Paulopoulus.

Le elezioni del 20 settembre 2015 riconsegnano la vittoria a Syriza che, pur avendo rovesciato completamento la propria linea politica firmando il memorandum dell’UE e dei creditori internazionali e avendo tradito lo spirito del referendum popolare, vede eroso di poco il proprio patrimonio elettorale e istituzionale, passando al 35% dei voti e ottenendo 145 seggi, rispetto ai 149 precedenti. Tuttavia i segni del “desencanto” popolare emergono in modo palese: il 45% degli elettori- un dato enorme per la Grecia – questa volta non si reca alle urne; secondo il quotidiano Kathimerini quasi il 14% dei votanti decide solo nelle ultime ore per chi votare; Alba Dorata, il nuovo partito nazifascista, nel caos provocato anche dal cambiamento di linea di Syriza, ottiene il 7% dei voti, conquistando 19 seggi. La vittoria di Syriza, peraltro, appare miracolosa anche per gli stessi esponenti del governo Tsipras; dichiarerà infatti Panagiotis Skourletis, già ministro de Lavoro e della Solidarietà Sociale nel governo Tsipras: “ E’ la prima volta che un governo che applica politiche tanto dure ottiene il consenso del popolo”. In piazza Syntagma, questa volta,  la “Brigata Kalimera” ( Ferrero, Vendola, Fassina, D’Attorre e altri, che avevano giustamente salutato la vittoria del gennaio 2915) non c’è, anche se dall’Italia i saluti  a Tsipras partono lo stesso. E sono saluti un po’ difficili da comprendere, nella loro enfasi, poiché sembrano non tenere conto della resa già avvenuta del governo Tsipras, non tenere conto del tradimento del responso popolare al referendum. Vendola afferma, in un’intervista a “La Repubblica” : “ Questa di Tsipras è una vittoria della sinistra che scommette sull’Europa e che sfida le politiche dell’austerity ”. E dirà Paolo Ferrero, segretario nazionale del PRC: “Con la vittoria di Tsipras ha vinto la sinistra alternativa a Renzi e alla Merkel”. E’ chiaro che se Vendola pensa ad una sinistra che scommetta tutto sull’Europa rischia di far imboccare a questa sinistra la stessa strada inclinata di Tsipras e che se Ferrero non vede i limiti di Tsipras può far male allo stesso PRC e alla sinistra di classe italiana. E pur tenendoci lontani  da una critica pretestuosa non possiamo fare a meno di ricordare la nota ufficiale di “L’Altra Europa con Tsipras” rispetto alla vittoria di Syriza nel settembre 2015: “Il popolo greco ha risposto con la forza della democrazia a chi ha fatto di tutto per cacciare Tsipras e il suo governo.  Tsipras vince e con lui vince la democrazia e vince la Sinistra Europea. Una vittoria che parla alle forze del cambiamento di tutta Europa dalla Spagna all’Irlanda. La lotta contro l’austerità continua, con più forza. La troika, l’austerità, il potere delle banche, l’Europa fortezza devono diventare, loro sì, una parentesi”.  

Rispetto a ciò che stava accadendo, alla firma già messa, da parte di Tsipras, sul memorandum liberista dell’UE, erano forse necessarie parole più avvedute…E’ invece probabile che fu più avveduto, e scaltro, il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, che facendo le congratulazioni al leader di Syriza disse: “Mi congratulo con Alexis Tsipras e Syriza e mi dichiaro pronto a lavorare da vicino con le autorità greche e a continuare ad accompagnare la Grecia nei suoi ambiziosi sforzi riformisti”.

Dopo la vittoria elettorale del settembre 2015 si riforma il governo Tsipras, sostenuto dal tandem Syriza- Anel, ma la resa alle pressioni dell’UE accelera il processo di involuzione politica del governo “di sinistra”, che accetta totalmente il terzo memorandum dei creditori internazionali, assume pienamente le direttive liberiste dell’UE, accetta supinamente il rafforzarsi della presenza della NATO in Grecia, sino ad arrivare alle  misure antipopolari di questi giorni, essenzialmente dirette contro i pensionati, i lavoratori del pubblico impiego e contro la residua presenza dello Stato nell’economia.

Un passaggio importante, ai fini dello studio dei sette mesi del primo governo Tsipras, è certamente quello del viaggio che Tsipras intraprende a Mosca, da Putin, l’8 aprile del 2015.

Il governo Tsipras, insediatosi nel gennaio 2015, già subiva l’attacco dell’UE, quell’attacco verso il quale Tsipras avrebbe ceduto, che avrebbe portato al referendum, alla scissione di Syriza, all’uscita di Varoufakis e poi alle nuove elezioni. Nell’aprile del 2015 l’attacco dei creditori internazionali contro il governo Syriza-Anel è al culmine, la “krisis” ( proprio in senso greco, cioè come processo di cambiamento) è vicinissima. In questo contesto Tsipras decide – è l’8 aprile 2015 – di andare a Mosca, di incontrare Putin. Innanzitutto la Germania, inizia a preoccuparsi ansiosamente di questo viaggio. E scrive Danilo Taino su “ Il Corriere della Sera”, interpretando al meglio l’inquietudine di Berlino: Per il leader russo è un’occasione per creare divisioni nella Ue, la quale nei mesi scorsi è stata inaspettatamente unita nell’imporre sanzioni al Cremlino a causa della crisi ucraina… Per Tsipras è un modo di dire: se non ci date il denaro che ci serve potremmo cambiare il quadro di alleanze della Grecia… Tra i danni collaterali che la crisi greca si trascina, c’è un cambiamento nel modo di trattare fra partner europei che in precedenza non si era mai visto. E che nei prossimi giorni potrebbe raggiungere livelli alti. Il viaggio del primo ministro ellenico Alexis Tsipras a Mosca il prossimo 8 aprile preoccupa e irrita il mondo politico tedesco. Non per il viaggio in sé: anche Angela Merkel e François Hollande hanno incontrato Vladimir Putin, di recente, come ha ricordato la Cancelliera stessa. Il problema è che il vertice greco-russo è visto come volutamente minaccioso. Il sottinteso che lo caratterizza, sia dal punto di vista di Putin sia dal punto di vista di Tsipras, è l’obiettivo di mettere in difficoltà l’Europa. La prospettiva — improbabile, ma che aleggia sull’incontro — è la creazione di una relazione speciale con Mosca che per Atene sarebbe almeno in parte alternativa a quella con Bruxelles”.

Ed è interessante ricordare ciò che andava affermando, in quella fase, il ministro del governo Tsipras, Panagiotis Lafazanis, attraversato forse da progetti strategici confusi ma comunque presenti. In un’intervista rilasciata a I Avgi dichiarava Lafazanis : “ L’incontro tra Tsipras e Putin potrà segnare una nuova epoca nei rapporti energetici, economici e politici di entrambe le nazioni. Un accordo greco – russo potrebbe anche aiutare la Grecia nei suoi negoziati con l’UE, in un momento in cui l’UE si rapporta con il nuovo governo greco con incredibile pregiudizio, come se la Grecia fosse una semi-colonia. Le istituzioni europee, continuano a incarnare la linea dura della CDU tedesca nei confronti della Grecia, esigendo “riforme” di piena austerità, mentre la stampa anglo-tedesca conduce una campagna affinché Tsipras liberi il Parlamento greco dell’ala sinistra di Syriza e la sostituisca con rappresentanti dell’opposizione!”. Obiettivo poi colto, da parte della stampa anglo-tedesca, come si è espresso Lafazanis…

Sarà l’economista statunitense Lyndon LaRouche, in quei giorni, ad intuire, meglio di altri, il senso profondo di ciò che stava accadendo: “ La linea dura farà affondare l’Europa, i suoi mercati di derivati finanziari e le sue banche fallite, non la Grecia. La Grecia ha bisogno di sviluppo economico, non di denaro prestato, ed è questo punto al centro delle discussioni con i BRICS”.

E sarà lo stesso Obama, in quei giorni, a comprendere l’essenza strategica dell’incontro Tsipras-Putin nella fase alta della crisi tra governo Tsipras e UE. A preoccuparsene profondamente e a cercarne le contromisure. Obama, infatti, telefona più volte alla Merkel per indurla ad un atteggiamento meno duro con Tsipras, per evitare “la catastrofe” – dal punto di vista di Obama e dell’occidente capitalistico – di un passaggio di campo, da parte della Grecia, dall’UE ai BRICS. Come, l’allora presidente USA , intervenne più volte sul FMI – uno dei creditori internazionali della Grecia – affinché si allargasse un poco il cappio economico attorno al collo greco.

Noi non sappiamo ciò che accadde davvero, in quei giorni d’aprile del 2015. Non sappiamo se Tsipras pensasse veramente ad un cambiamento di campo, di alleanze internazionali, per il suo Paese ( alla luce dell’intima natura politica e ideologica di Tsipras e di Syriza ne dubitiamo). Alla luce dei fatti, però, alla luce della sconfitta di Tsipras e del suo ritorno col cappello in mano nel campo del FMI, dell’UE della BCE ; alla luce delle immense sofferenze che il neo imperialismo dell’UE sta di nuovo infliggendo – ora tramite Tsipras – al popolo greco, alla luce di tutto ciò anche il viaggio di Tsipras a Mosca ci si presenta come un passaggio da studiare attentamente, come un passaggio potenzialmente rivoluzionario nel momento in cui evoca forse l’unica strada che possiamo percorrere per liberare i popoli dell’UE dal dominio assoluto del grande capitale transnazionale europeo, che è incarnato proprio nelle istituzioni e nelle politiche di Bruxelles: la strada della rottura con questa UE e la ricollocazione strategica di  popoli e di  Stati che vogliono liberarsi in un diverso fronte mondiale, un fronte progressista e indipendente dalle potenze imperialiste , un fronte di popoli e di Stati che si uniscono tra loro attraverso relazioni economiche e politiche solidali e non attraverso rapporti di dominio, subordinazione e spoliazione, come accade in questa UE che nulla ha a che vedere con un’Europa dei popoli, ma che ha tutto per essere definita un nuovo polo imperialista in progress, feroce e irriformabile in virtù dell’esigenza primaria che nella fase storica data tradisce il grande capitale sovranazionale europeo: quello di dotarsi – innanzitutto attraverso la collocazione stabile del movimento operaio complessivo europeo in un vasto mercato inferiore del lavoro – di una nuova accumulazione capitalistica originaria, indispensabile per avviare seriamente la lotta interimperialistica mondiale per la conquista dei mercati.

Obama, dal suo punto di vista, l’aveva capito, cercando in tutti i modi di evitare una nuova collocazione internazionale della Grecia. 

E’ forse ora che lo capisca anche l’intera sinistra europea.


* segreteria nazionale PCI; responsabile dipartimento esteri

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