Il New Start – il trattato sulla riduzione delle armi nucleari. Un “Nuovo Inizio”?
di Francesco Cappello
Quali conseguenze avrebbe il mancato rinnovo del trattato sulla limitazione delle armi nucleari strategiche?
Malgrado i leader degli Stati Uniti, della Russia e della Cina abbiano spesso dichiarato che una guerra nucleare non possa essere vinta e non dovrebbe mai essere combattuta, il mondo assiste a una convergenza di follia politica e diserzione diplomatica che sta rischiando di riportare le lancette dell’orologio dell’apocalisse ai momenti più bui della Guerra Fredda. È ormai prossima la scadenza del trattato “New Start”, l’ultimo baluardo contro la ripresa di una corsa agli armamenti tra Washington e Mosca. La data fatidica è il 5 febbraio 2026, e le conseguenze del suo mancato rinnovamento, in questo momento critico della storia dell’umanità, sarebbero potenzialmente catastrofiche. I due più grandi stati nucleari del mondo tornerebbero a non avere, dopo due generazioni, alcun tetto ai loro arsenali atomici.
Secondo alcune analisi, alla cessazione del trattato, gli Stati Uniti potrebbero essere pronti a più che raddoppiare il proprio arsenale nucleare schierato, passando dalle attuali 1.550 testate a una cifra compresa tra 3.000 e 4.000 in poco tempo.
Un articolo della Arms Control Association cita uno studio della Federation of American Scientists (FAS) che valuta che, se il Trattato New START venisse scaduto o non rispettato, gli USA e la Russia potrebbero raddoppiare le loro testate strategiche dispiegate entro uno-due anni usando le testate di riserva già esistenti e caricandole sui vettori esistenti.
Il comandante del Air Force Global Strike Command ha dichiarato che, alla scadenza del New START, “potrebbe arrivare l’ordine” di aumentare la capacità nucleare USA, sia per la componente dei missili terrestri (ICBM) sia per quella dei bombardieri.
Questa capacità di rapido riarmo non è un’ipotesi, ma una condizione che il Congresso americano impose per la ratifica stessa del trattato. La reazione della Russia sarebbe inevitabile e speculare, al fine di mantenere una parità strategica, col risultato che il pianeta cadrebbe in una nuova corsa agli armamenti.
Tale scenario, sovrapposto a un conflitto per procura, già incandescente in Ucraina, renderebbe una guerra termonucleare tra le due superpotenze non solo possibile, ma assai più probabile.
Per evitare che l’ultima grande cornice giuridica che limita gli arsenali strategici USA-Russia cada senza essere sostituita, Vladimir Putin ha dichiarato che la Russia è pronta a rispettare i limiti del trattato per un altro anno dopo la sua scadenza, a condizione ovviamente che gli Stati Uniti facciano lo stesso. Se lo si lascerà scadere cadranno le restrizioni sul numero e sul tipo di armi nucleari che questi due paesi potranno costruire e schierare. In pratica, il mancato rinnovo innescherà una nuova corsa agli armamenti, una nuova guerra fredda. Se gli Stati Uniti potrebbero raddoppiare il loro arsenale nucleare in brevissimo tempo, la Russia farò lo stesso.
Trump stesso ha affermato, il 25 luglio, che il New START è un trattato che non dovrebbe scadere e che bisogna assicurarsi che ciò non accada. Questo dimostra che è consapevole delle implicazioni della sua scadenza. Estendere l’accordo sarebbe una vittoria diplomatica e di sicurezza per gli Stati Uniti. Nei fatti, però, il presidente statunitense, non sta raccogliendo l’ancora di salvezza lanciata da Putin.
E la Cina?
Donald Trump aveva espresso intenzioni ambiziose in materia di disarmo, dichiarando alle Nazioni Unite, il 23 settembre, di voler ridurre o eliminare del tutto armi nucleari e armi biologiche auspicando nuovi accordi con la Russia che coinvolgano anche la Cina.
Secondo il Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), la Cina dispone di almeno 600 testate nucleari, all’inizio del 2025. Essa sta aggiungendo circa 100 nuove testate ogni anno al proprio arsenale. La Cina potrebbe così raggiungere 1.000 testate entro il 2030, e forse 1.500 entro il 2035. Tra Russia e Cina, si registra, inoltre, un rinnovato coordinamento sul fronte nucleare.
Tuttavia, fino a oggi non è stato raggiunto nessun risultato concreto su questi fronti: nessun nuovo trattato siglato, nessuna partecipazione formale della Cina, né progressi sostanziali che abbiano portato a un cambiamento verificabile nella politica delle armi nucleari.
Lo smantellamento delle capacità diplomatiche americane rendono assai difficile negoziare il rinnovo del trattato
Il Segretario di Stato, Marco Rubio, ha annunciato una ristrutturazione ampia del Dipartimento di Stato. Parte del piano include la chiusura o fusione di uffici/bureaus, la riduzione del personale negli uffici domestici (USA) e una revisione dei dipartimenti sotto l’Under Secretary per la sicurezza internazionale, il controllo degli armamenti, non proliferazione, ecc. Il Washington Post riferisce che sono stati inviati avvisi di licenziamento a oltre 1.100 impiegati civili e 240 Foreign Service Officers. Tra questi vi sono persone che si occupano di politica nucleare, verifica nucleare, fine produzione di materiale fissile.
Un pò di storia del trattato
Nel 2010, in un periodo in cui l’ombra della Guerra Fredda sembrava allentarsi ma restava un’importante eredità di diffidenza reciproca, Barack Obama e Dmitrij Medvedev decisero di dare una spinta concreta al controllo degli armamenti. L’8 aprile di quell’anno, a Praga, venne firmato il New Strategic Arms Reduction Treaty, noto come New START (Nuovo Inizio) con l’obiettivo di ridurre il numero di testate nucleari strategiche [1] , dei loro vettori (missili intercontinentali, sottomarini armati, bombardieri pesanti) e ripristinare un sistema di trasparenza e ispezioni dirette che facilitasse il controllo reciproco.
Gli Stati Uniti avevano circa 1.968 testate strategiche dispiegate alla fine del 2009 mentre la Russia ne aveva circa 2.600 dispiegate all’inizio del 2010. Il trattato entrò ufficialmente in vigore il 5 febbraio 2011. New START venne prorogato nel 2016 e di nuovo nel 2021, estendendo una scadenza che altrimenti sarebbe arrivata già cinque anni prima.
Nei sette anni successivi, entrambe le parti si adeguarono ai limiti prescritti dal New START che impone che ciascuna parte non superi 1.550 testate strategiche dispiegate e non più di 700 vettori strategici dispiegati (ICBM, SLBM e bombardieri pesanti). Entro il 2018-2019, entrambe le nazioni erano stabilmente sotto questi limiti: gli Stati Uniti con circa 1.350-1.400 testate dispiegate, la Russia con numeri simili (intorno a 1.400-1.500 testate) nei vettori strategici dispiegati.
Russia e Cina
Russia e Cina sono oggi in grado di costruire le loro forze nucleari molto più velocemente di quanto gli Stati Uniti possano fare. Gli Stati Uniti, infatti, sono solo all’inizio del loro ciclo di modernizzazione del proprio arsenale atomico e stanno incontrando difficoltà anche econonomiche a causa di ingenti superamenti dei costi e ritardi del programma nella produzione di nuove armi nucleari.
L’Arms Control Association segnala che, su base attuale, il programma di modernizzazione nucleare USA è stimato arrivare a 1,7 trilioni di dollari se esteso su circa 30 anni, per sostituire tutti i componenti della triade nucleare (missili da terra, sottomarini, bombardieri) inclusi i nuovi sistemi, le testate, la produzione di plutonio, ecc. In particolare il rapporto CBO osserva che il programma “di base” ha già costi crescenti; il fatto che alcune iniziative (come il missile Sentinel) abbiano subito sforamenti di budget e ritardi suggerisce che in uno scenario più competitivo/conflittuale questi extra potrebbero essere ben più grandi.
Le ispezioni reciproche
Dal 2020 la pandemia Covid aveva già causato sospensioni temporanee delle ispezioni. Con il conflitto tra Russia e Ucraina e le sanzioni che ne sono derivate, il rispetto delle ispezioni reciproche è venuto meno. Nel 2022, le ispezioni furono sospese, ed è seguito un crescendo di accuse, recriminazioni e ostacoli pratici.
Il 21 febbraio 2023, in un discorso davanti all’Assemblea Federale russa, Vladimir Putin annunciò che la Russia avrebbe sospeso la sua partecipazione al New START. Non si tratterebbe – almeno secondo Mosca – di un ritiro formale, ma di una sospensione delle garanzie più tangibili.
La Russia ha, tuttavia, affermato di voler continuare a rispettare i limiti quantitativi imposti dal New START (numero di testate e vettori) e di mantenere alcune forme di scambio di dati e notifiche. Dall’altra parte gli Stati Uniti hanno definito la sospensione russa “legalmente invalida”, sostenendo che il trattato impone obblighi vincolanti che non possono essere semplicemente messi da parte unilateralmente.
A gettare benzina sul fuoco è la gestione della guerra in Ucraina, teatro di pericolose escalation e di calcoli strategici miopi. La dottrina nucleare russa è chiara: un attacco in profondità sul proprio territorio, anche se condotto con armi convenzionali da una nazione non nucleare come l’Ucraina, verrebbe considerato un attacco diretto da parte della potenza nucleare che lo ha autorizzato. In questo contesto, l’ipotesi di fornire a Kiev missili a lungo raggio come i Tomahawk americani assume i contorni di un’autentica follia. Poiché solo gli Stati Uniti possono programmare i sistemi di guida di tali armi, il loro utilizzo contro obiettivi in Russia equivarrebbe, agli occhi del Cremlino, a un atto di guerra diretto da parte di Washington, innescando un’inevitabile reazione. Persino Donald Trump, pur avendo incoraggiato verbalmente l’Ucraina a colpire in profondità, è sembrato consapevole che un simile passo avrebbe precipitato il mondo in una guerra nucleare.
La Russia ha introdotto innovazioni come il missile balistico intercontinentale Sarmat, il missile da crociera nucleare 9M730 Burevestnik e il sistema di lancio subacqueo Poseidon. Questi sistemi sono progettati per eludere le difese antimissile occidentali e aumentare la capacità di deterrenza strategica della Russia.
A complicare ulteriormente il quadro vi è, a detta di molti esperti, una significativa disparità tecnologica. Mentre la Russia ha completato un vasto e funzionale programma di modernizzazione del suo arsenale nucleare, gli Stati Uniti arrancano. Progetti ambiziosi come il bombardiere B-21 si stanno rivelando troppo costosi, e il missile Sentinel, designato a sostituire i vetusti Minuteman III degli anni ’70, non sarà pronto, costringendo a prolungarne la vita operativa fino al 2050. Northrop Grumman ha registrato una perdita di circa 477 milioni di dollari nel primo trimestre del 2025 relativi al programma B-21 che si somma a una perdita precedente di circa 1,56 miliardi di dollari.
Gli Stati Uniti stanno sviluppando nuovi sistemi come il missile balistico intercontinentale Ground Based Strategic Deterrent (GBSD), il bombardiere B-21 Raider e il sottomarino Columbia-class, tutti progettati per sostituire le piattaforme esistenti con tecnologie più moderne e sicure. Inoltre, è in corso la modernizzazione delle testate nucleari, come la B61-12, per migliorarne la precisione e la sicurezza.
Le conseguenze di questa potenziale corsa agli armamenti non sarebbero solo strategiche, ma anche economiche. Si stima un costo per gli Stati Uniti che qualche analisi arriva a quantificare fino a circa 4 trilioni di dollari nei prossimi dieci anni, una cifra che, nelle attuali condizioni di crescente dedollarizzazione il paese non può permettersi facilmente. L’estensione del trattato New Start non è quindi una semplice opzione diplomatica, ma sarebbe un imperativo assoluto per la sopravvivenza della civiltà umana.
Ne basterebbero 400
Ricordiamo che le analisi suggeriscono che già un conflitto nucleare “limitato”, con un uso di poche centinaia di testate nucleari, potrebbe causare un inverno nucleare — cioè un raffreddamento climatico globale con conseguente calo drastico della produzione agricola, fame diffusa, con impatti catastrofici per l’umanità.
L’articolo Self-assured destruction: The climate impacts of nuclear war sostiene che anche se gli arsenali strategici USA-Russia fossero ridotti secondo i limiti del New START, un conflitto su larga scala potrebbe produrre un inverno nucleare.
Un’ipotesi ricorrente minimale è quella di un conflitto regionale con circa 100 testate (50 per parte), ciascuna di piccola potenza, simile a quella della bomba di Hiroshima, lasciate detonare su altrettante città. Secondo alcuni studi un conflitto di tali dimensioni sarebbe già sufficiente a scatenare un raffreddamento globale abbastanza grave da minacciare la produzione alimentare mondiale.
Si consideri ora che le bombe nucleari più potenti, attualmente in servizio, sono in grado di produrre esplosioni con potenze che vanno da 1.667 a 3.333 volte quella della bomba di Hiroshima, a seconda della specifica testata.
Lo scorso luglio, Trump aveva espresso il desiderio di mantenere i limiti sugli armamenti nucleari strategici stabiliti dal trattato New START, indicando un interesse a preservare le restrizioni esistenti. Tuttavia, non ha ancora fornito una risposta ufficiale alla proposta russa di estensione.