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Per ritrovare il senso del “capitale”
Giorgio Gattei
La forza politica del Capitale di Marx stava tutta nell’idea, semplice e rivoluzionaria al tempo stesso, che il profitto, reddito capitalistico per antonomasia, è conseguenza del pluslavoro (e quindi dello sfruttamento) degli operai salariati e non di altro. È ovvio che l’idea non fosse bene accolta dagli economisti ed infatti per oltre un secolo essa è stata rigettata aprioristicamente oppure destrutturata e criticata fino al bel risultato che al giorno d’oggi sembrerebbe ormai assodato che nella sua forma originale essa non regge proprio: oggi non è possibile ricondurre marxianamente l’origine del profitto al pluslavoro di qualcuno e quindi tanto vale chiudere definitivamente l’argomento e rivolgersi ad altro per la spiegazione del profitto [1].
Conti conclusi, dunque? Niente affatto, dato che, al contrario da quanto generalmente accettato, pare possibile resuscitare la dipendenza del profitto capitalistico dallo sfruttamento del lavoro, se non esattamente nella forma, almeno nello spirito di Marx, come ho cercato di mostrare, insieme a Giancarlo Gozzi, Stefano Perri e Dario Preti, in Karl Marx e la trasformazione del pluslavoro in profitto (Mediaprint, Roma 2002).
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Il potere costituente della contingenza
di Augusto Illuminati
«Oltre il molteplice» di Alain Badiou per Ombre Corte. Sette scritti sul mancato incontro con Gilles Deleuze. Un dialogo che l'autore di «Mille Piani» ha sempre rifiutato e che ha come sfondo diverse concezioni della filosofia. E dunque diverse teorie dell'agire politico
Strana, sgradevole quanto istruttiva la storia del non-rapporto fra Gilles Deleuze e Alain Badiou, che il secondo ha costruito retroattivamente (a parte la splendida recensione di Le Pli nel 1989) nel Clamore dell'Essere e in un gruppo di articoli e precisazioni ora raccolti per Ombre Corte con il titolo Oltre l'uno e il molteplice. Pensare (con) Gilles Deleuze (pp. 118, euro 10, a cura di Tommaso Arienna e Luca Cremonesi).
Una volta sgombrato il campo dalle astiose polemiche scatenate dagli allievi di Deleuze soprattutto nel numero della rivista «Futur Antérieur» dell'aprile 1998 (i due attacchi di Arnaud Villani e José Gil e la più sobria introduzione di Eric Alliez) e dopo aver tenuto nel giusto conto le responsabilità dello stile polemico-espositivo di Badiou, resta il grande interesse dei temi posti in discussione. Certo, l'impostazione della controversia (univocità dell'Essere, presunto platonismo, mistica immanente della vita, ecc.) sono scelti arbitrariamente da Badiou, ciò nonostante si toccano nodi essenziali della filosofia afferrando il capo del filo secondo le preferenze del critico - tradizione che risale per lo meno ad Aristotele e Hegel.
Non a caso infatti il confronto fra Deleuze e Badiou è stato riproposto come replica moderna di quello fra Aristotele (Deleuze) e Platone (Badiou), anche se le critiche di Badiou a Deleuze ci sembrano piuttosto riprendere le obiezioni hegeliane di acosmismo a Spinoza.
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Marx e la scienza
di Franco Soldani*
1. Lo stretto rapporto che Marx ha intrattenuto con la scienza del suo tempo è provato non solo da tutta la sua storia intellettuale privata e pubblica, ma soprattutto dal fatto che non si può conprendere a fondo nessuna categoria del Capitale senza riferirsi al complesso sostrato scientifico che esse implicano. Da questo punto di vista, diventa essenziale tanto capire quale sia stata la comprensione che Marx ed Engels hanno avuto della razionalità scientifica ottocentesca, quanto scoprire quale esito essa abbia poi avuto nel processo di formazione dei concetti marxiani e nel disegnare il loro contenuto conoscitivo specifico.
2. Marx, ovviamente, aveva una conoscenza di prima mano della scienza del suo tempo. L'assidua frequentazione del British Museum, durante il suo esilio londinese, gli ha permesso di accedere ad una vasta mole di lavori scientifici che a loro volta rappresentano le fonti concettuali della sua sofisticata interpretazione del modo di produzione capitalistico. Naturalmente, non è che Marx mutui meccanicamente, o semplicemente copi, dalla scienza di allora le sue convinzioni. Al contrario. La sua relazione con dette fonti è complessa e multiversa, per niente lineare. Nel saggio vengono discusse quattro idee fondamentali della sua analisi sociale: a. La relazione cause-effetti; b. Il valore; c. Il metodo scientifico inglese; d. La presunta fine della metafisica.
3. In tutti e quattro i casi, la rilettura del pensiero di Marx alla luce di quella genealogia specifica ha permesso di ricostruire sia i peculiari significati attribuiti dalla ragione scientifica alle sue categorie, sia il significato specificamente sociale che Marx ha loro attribuito, sia infine le prepotenti, nuove tendenze epistemologiche che andavano prendendo forma in quegli anni all'interno della stessa comunità scientifica.
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Ripensare marx oltre la destra e la sinistra
Intervista con il Prof. COSTANZO PREVE a cura di LUIGI TEDESCHI
1) La conflittualità con il capitalismo è il tema dominante che rappresenta l’origine e la ragion d’essere della sinistra. Evocare la sinistra significa, sia storicamente che psicologicamente riferirsi ad un complesso di culture ed ideologie che si contrappongono ad uno stato di rapporti economici e politici prestabiliti nella società capitalista. la sinistra è nata storicamente a seguito delle contraddizioni interne del capitalismo, in tema di eguaglianza sociale, produzione e redistribuzione della ricchezza, stratificazione della società in classi. Le crisi ricorrenti del capitalismo hanno posto storicamente in risalto il ruolo critico e antagonista della sinistra, in funzione di una alternativa che prefigurasse l’avvento di una nuova società che sostituisse a quella capitalista. Il fondamento economicista della società capitalista avrebbe quindi dovuto essere rovesciato in senso rivoluzionario con la creazione di una società socialista prima e comunista poi. Il fenomeno rivoluzionario comunista si rivelò, oltre che illusorio, un clamoroso fallimento. L’economia del socialismo reale non seppe competere con quella capitalista, né, tantomeno, fu in grado di sostituirsi ad essa. Il socialismo reale, anzi, nell’intento di emulare e superare il capitalismo fordista, ne esasperò gli aspetti negativi, quali l’esasperato produttivismo, la centralizzazione pianificatrice, l’omologazione di massa, la rigidità gerarchica delle strutture, senza conseguire gli stessi risultati. L’economia, vista l’impossibilità di creare nuovi sistemi che sostituissero il capitalismo, fu emarginata dai temi ideologici di una sinistra che, visto il fallimento dell’esperienza sovietica, si guardò bene dal riproporre la ricetta dell’economia pianificata in occidente, ma, nello stesso tempo, non fu in grado nell’ovest capitalista di elaborare modelli alternativi che non fossero socialdemocratici, cioè ispirati ad un riformismo moderato, quali correttivi istituzionali interni alla logica dell’economia di mercato. In realtà, a mio parere, l’ideologia marxista ha impostato il conflitto di classe basandosi unicamente sui rapporti di produzionee di redistribuzione della ricchezza non tenendo in dovuto conto la dinamica dei processi produttivi, della ripartizione tecnica delle funzioni specifiche nell’ambito di un processo produttivo estremamente parcellizzato e specializzato. La ricchezza, prima che essere ridistribuita diffusamente, dovrebbe essere prodotta secondo criteri ispirati alla massima diffusione.
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