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contropiano2

Per l'attualizzazione della filosofia della prassi gramsciana

Ettore Gallo intervista Luciano Vasapollo

cfad65ba878a8d58bf4600235faf5023 LQuali sono le cause della crisi e cosa la distingue dalle crisi del passato? Quali sono le prospettive politiche e ideologiche in questa fase? È possibile un secondo New Deal keynesiano o è in discussione l’intero assetto dell’egemonia capitalistica? Cosa hanno ancora da insegnarci Marx, Lenin e Gramsci? In definitiva, come dovranno agire nei giorni, nei mesi e negli anni che ci aspettano le sinistre di classe di tutto il mondo?

Cerchiamo di rispondere a queste domande con il Prof. Luciano Vasapollo, marxista, critico dell’economia e docente all’Università di Roma "Sapienza" e alle Università de La Habana e Pinar del Rio (Cuba), nonché direttore del Centro Studi CESTES dell’USB-Unione Sindacale di Base e dirigente politico comunista da oltre quaranta anni.

L’intervista è di Ettore Gallo, studente e militante del Collettivo Economia La Sapienza. Questa lunga e approfondita conversazione costituisce l’intervista conclusiva di un ciclo iniziato quest’anno e che ha toccato come temi il fallimento delle trattative fra Grecia e Unione Europea ( “A cu’ si fa’ pecura, lu lupu si lu mangia!”- Tsipras doveva rompere la gabbia) e le prospettive politiche dei Paesi dell’ALBA (L'Alba euromediterranea: da provocazione teorica a percorso reale). Ricordiamo inoltre un’intervista-conversazione alla vigilia delle elezioni europee del maggio 2014 (link) e la partecipazione dello stesso Prof. Vasapollo a un’iniziativa promossa lo scorso maggio dal Collettivo Economia sullo sviluppo economico e le prospettive politiche dei Paesi dell’ALBA (video).

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marx xxi

L’“intellettuale collettivo”. Da Gramsci al mondo attuale*

di Alexander Höbel

Gramsci Stampa1. La riflessione di Gramsci negli scritti politici

Quello dell’intellettuale collettivo è un tema classico dell’elaborazione gramsciana, e in parte si collega a quella estrema attenzione al terreno della formazione e dell’approfondimento, al lavoro culturale organizzato, tipica della sua impostazione. Per Gramsci, cioè, come già era stato per Gobetti, “la cultura è organizzazione”, e agendo sulla formazione della coscienza di singoli e masse ha ricadute decisive sul piano politico1.

Già nel dicembre 1917, dinanzi alla proposta di una “Associazione di cultura” emersa nella sezione torinese del Partito socialista, Gramsci osservava: “Una delle più gravi lacune dell’attività nostra è questa: noi aspettiamo l’attualità per discutere dei problemi e per fissare le direttive della nostra azione”, il che fa sì che non tutti si impadroniscano “dei termini esatti delle questioni”, cosa che provoca “sbandamenti”, disorientamento, “beghe interne”. Non esiste cioè “quella preparazione di lunga mano che dà la prontezza di deliberare in qualsiasi momento”, perché chiari sono i presupposti teorici della decisione politica. “L’associazione di cultura dovrebbe [quindi] curare questa preparazione […]. Disinteressatamente, cioè senza aspettare lo stimolo dell’attualità, in essa dovrebbe discutersi tutto ciò che interessa o potrà interessare un giorno il movimento proletario”2.

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tysm

L’ultimo lampo del Novecento

Appunti di lettura intorno a «Dello spirito libero» di Mario Tronti

di Damiano Palano

Il recente volume di Mario Tronti, Dello spirito libero. Frammenti di vita e di pensiero (il Saggiatore, Milano, 2015), può essere considerato l’autobiografia teorica di un «politico pensante». Partendo da quei «frammenti», questo articolo si propone rileggere le tappe che, nell’arco di quasi sessant’anni, hanno scandito l’itinerario teorico di Tronti. Perché forse solo oggi se ne possono cogliere fino in fondo le linee di continuità, i salti, le innovazioni

stella untitledNel cuore di tenebra

Già dalla fine degli anni Sessanta, dopo la conclusione delle riprese di C’era una volta il West, Sergio Leone iniziò a progettare un film sull’assedio di Leningrado. La pellicola avrebbe dovuto ispirarsi a The 900 Days. The Siege of Leningrad, un libro in cui il giornalista Harrison E. Salisbury ricostruiva la vittoriosa resistenza dell’Armata Rossa e dell’intera città dinanzi all’offensiva tedesca, durata dal giugno 1941 fino al gennaio 1943. Più volte accantonata, l’idea non fu però mai abbandonata da Leone, che tornò a elaborarla dopo aver girato C’era una volta America. Di quel progetto ambizioso rimangono solo alcune cartelle dattiloscritte, da cui è possibile ricostruire solo molto vagamente la direzione che Leone avrebbe imboccato per trasferire sul grande schermo la cronaca di Salisbury.

Ma grazie a quegli appunti è possibile immaginare il lunghissimo, affascinante piano-sequenza che il regista aveva ideato come inizio. L’apertura doveva essere infatti un primo piano sulle mani di Dmitrij Šostakovič, che scivolavano sui tasti bianchi e neri del pianoforte, alla ricerca delle note della Sinfonia di Leningrado, la sinfonia che il musicista iniziò effettivamente a comporre nel 1941 e che fu eseguita per la prima volta, nella città assediata, un anno dopo. L’inquadratura si sarebbe dovuta poi lentamente allargare, scoprendo la figura del compositore e il suo appartamento.

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antiper

L’astrazione

Maurizio Donato

164642539 66ceddc3 4895 489f 972c d7fde284f58bChe cosa vuol dire procedere per astrazione? Che cosa dobbiamo intendere con il termine astratto?

“L’astrazione è uno strumento indispensabile all’interno del processo conoscitivo e di indagine scientifica” ma (o forse proprio per questo) sul significato e dunque sull’uso di questo concetto prevalgono idee confuse, spesso fuorvianti. Per chi non abbia familiarità con i concetti, astratto potrebbe sembrare sinonimo di irreale, per cui concreto sarebbe – per contrasto – il reale: non è così. Qualcuno potrebbe pensare che astratto significhi vago, e di conseguenza concreto starebbe a intendere preciso: non è così.

In prima approssimazione possiamo definire astratto come generale e concreto come particolare, per cui la nostra analisi dell’economia, lo studio dell’economia politica procederà dall’astratto al concreto: partiremo da alcune condizioni e dunque da alcune categorie molto generali per poi procedere verso l’analisi di situazioni più particolari che richiedono l’utilizzo di categorie diverse da quelle utilizzate nella I parte del corso.

Che una categoria come merce o capitale sia astratta non vuol dire perciò che “la merce non esista”, che sia qualcosa di “irreale” o di “vago”, come se ciò che esiste debba presentarsi necessariamente sotto le forme di un qualche oggetto materiale; l’amicizia e l’amore esistono, così come la competizione e lo sfruttamento: è che si tratta di concetti, ma – per l’appunto – anche i concetti esistono e sono importanti perché ci consentono di “dare un ordine” alla confusione del mondo che, senza concetti, non sarebbe conoscibile, almeno non in senso scientifico.

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ist onorato damen

Il gruppo Krisis e il soggetto automatico capitalista

di Lorenzo Procopio 

Richiamandosi a Marx le analisi del gruppo Krisis colgono puntualmente le strettissime relazioni che intercorrono tra l’attuale crisi economica e le profonde contraddizioni del processo d’accumulazione del capitale. Lo stesso gruppo di Krisis, sempre in nome di Marx, con un colpo di spugna cancella le differenze di classe e trasforma borghesi e proletari in vittime comuni del soggetto automatico capitalista

sicurezza lavoro2Ogni giorno è sempre più evidente che la crisi economica che attanaglia l’intero sistema capitalistico sia destinata a perdurare ancora per un lungo periodo di tempo. Non è più un caso che le ottimistiche previsioni di ripresa economica formulate in questi ultimi anni dai vari organismi internazionali, quali il Fondo Monetario Internazionale o la Banca mondiale, per non parlare delle previsioni dei vari governi dei singoli stati nazionali, sono sistematicamente smentite alla prova dei fatti e la tanto agognata crescita del Pil è rinviata sempre all’anno successivo. Anche il 2014 a livello globale farà registrare una crescita economica irrisoria che non permetterà al sistema capitalistico di recuperare i livelli macroeconomici precedenti lo scoppio dell’attuale crisi.

Le conseguenze sociali di questa crisi economica stanno diventando sempre di più drammatiche, con miliardi di esseri umani scaraventati nella miseria più nera o utilizzati come carne da macello in quella che ormai possiamo definire la guerra imperialista permanente. Infatti non passa un solo giorno durante il quale in qualche angolo del globo non si combatti una guerra funzionale ai processi d’accumulazione e alla conservazione capitalistica.

Non è più un caso che proprio a causa di questa lunga crisi economica molti intellettuali stiano cercando di spiegare il fenomeno recuperando i vecchi arnesi della critica dell’economia politica di Karl Marx. Ciò sta avvenendo non con l’intento di rilanciare una vera alternativa alle barbarie del capitalismo, ma con il preciso scopo di deformare e mistificare il pensiero di Marx

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blackblog

Note sul Capitale

(Capitale e mutamento storico)

di Moishe Postone

post1 225255b425255d- I -

1. L'enorme trasformazione epocale del mondo negli ultimi decenni ha indicato drammaticamente che l'attuale teoria sociale e storica dev'essere intesa come centrale rispetto alle dinamiche storiche ed ai cambiamenti strutturali su larga scale, se vuole dimostrarsi adeuata al nostro universo sociale.

2. La categoria marxiana di capitale è di importanza cruciale per quel che riguarda la costituzione di una tale teoria del mondo contemporaneo - ma solamente se essa viene riconcettualizzata in modo da distinguersi sostanzialmente dai modi nei quali la categoria di capitale è stata recentemente usata nei diversi discorsi delle scienze sociali, così come nelle interpretazioni marxiste tradizionali.

3. La categoria di capitale che presenterò, allora, ha ben poco in comune con i modi in cui "capitale" viene usato da una grande varietà di teorici, che vanno da Gary Becker, passando per Bourdieu, fino ad arrivare a molti marxisti per i quali "capitale" generalmente si riferisce ad un surplus sociale di cui ci si appropria privatamente. All'interno di quest'ultimo quadro interpretativo, capitale è essenzialmente surplus di ricchezza nelle condizioni di sfruttamento di classe astratto e non palese.

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Critica dell'economia politica, oltre il marxismo tradizionale: Moishe Postone e Robert Kurz

di Jordi Maiso ed Eduardo Maura

post apocalypse25255b525255dQuesto testo intende presentare due proposte di attualizzazione della critica marxiana dell'economia politica: quelle di Moishe Postone e di Robert Kurz. I loro approcci, sviluppati a partire dagli anno Ottanta, offrono delle chiavi per superare le insufficienze del marxismo tradizionale ed aprono prospettive fruttuose al fine di rendere attuale la teoria critica. Partendo da una reinterpretazione comune delle categorie di Marx, i due autori arrivano, tuttavia, a diagnosi differenti: mentre Postone insiste su come il capitalismo crei (e blocchi) la possibilità di un nuovo ordine sociale, Kurz sottolinea il fatto che il capitalismo contemporaneo abbia raggiunto il suo limite interno e sia entrato in una fase irreversibile di declino e di disintegrazione.

Negli anni successivi alla "rottura epocale" del 1989, la critica dell'economia politica in chiave marxiana era considerata un capitolo chiuso della storia del pensiero, ed ostinarsi a criticare il capitalismo era ritenuto proprio di qualche testardo che non voleva riconoscere i nuovi segni dei tempi. Erano gli anni dell'euforia della "fine della storia" e della "fine delle ideologie", e l'imposizione dell'economia di mercato su scala planetaria prometteva di concretizzare il sogno di un One World che avrebbe superato le divisioni fra i blocchi ed avrebbe dato inizio ad un'epoca di prosperità globale.

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la citta futura

Per Lukàcs

di Renato Caputo

Seguendo l’invito di La Porta a riprendere la riflessione, in occasione del centoventesimo anniversario della morte, su uno dei massimi esponenti del marxismo novecentesco: György Lukács, proviamo a fornire un breve profilo dello sviluppo del più organico tentativo di sviluppare una Weltanschauung marxista attraverso le opere maggiormente significative del filosofo ungherese

7586bcdd7a745d843a3897512742ccdb lGli scritti giovanili

Fra gli scritti giovanili di Lukács (Budapest 1885 – Budapest 1971), anteriori all’approdo al marxismo, occorre ricordare, in particolare, L’anima e le forme e Teoria del romanzo. Tali opere risentono della formazione del giovane Lukács, che ha avuto modo di studiare con alcuni dei maggiori filosofi e sociologi del tempo, come Heinrich Rickert e Georg Simmel. In esse la riflessione sull’arte e la vita si intreccia sempre più con la filosofia della storia, che diverrà un punto fermo della visione del mondo di Lukács negli anni successivi.

Per quanto riguarda la prima opera, del 1911, influenzata in particolare dalla filosofia della vita allora in voga, Lukács mostra come l’opera d’arte da una parte esprime un determinato atteggiamento nei confronti della vita, dall’altra interviene sul suo caotico corso regolandolo mediante la forma. A differenza della scienza che mira al contenuto, ovvero si occupa dei fatti e delle loro connessioni e ha, dunque, come oggetto il mondo naturale, l’arte è caratterizzata dalla forma in quanto esprime le anime e i loro destini e ha come oggetto la sfera dello spirito. In Teoria del romanzo (1916) Lukács affronta per la prima volta l’opera d’arte in una prospettiva storicistica, che sarà posta al centro dei successivi sviluppi della sua teoria estetica.

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blackblog

Il lavoro ai tempi del capitale fittizio

di Norbert Trenkle

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Che la produzione sociale, nella società capitalista, prenda la forma della produzione di merci, è opinione largamente condivisa. E' questo il motivo per cui Marx considera la merce come la "forma elementare" della ricchezza capitalista, e la sceglie come punto di partenza analitico per la sua critica dell'economia politica. La teoria economica non ha alcuna idea di cosa farsene di un tale approccio teorico. Essa tratta il concetto per cui le persone mediano la loro socialità attraverso la produzione e lo scambio di merci come se fosse un truismo antropologico. Non considera mai un essere umano come qualcosa di diverso da un potenziale produttore privato che fabbrica cose per poi poterle scambiare con altri produttori privati, avendo sempre ben presente in mente i propri particolari interessi. La differenza fra produzione di ricchezza nella società capitalista moderna e produzione di ricchezza nelle comunità tradizionali viene quindi considerata come una mera differenza di grado, con la puntualizzazione per cui sotto il capitalismo la divisione sociale del lavoro è di gran lunga più sviluppata, a causa dei progressi tecnologici e che le persone diventano più produttive nella misura in cui divengono più specializzate.

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homolaicus

Costanzo Preve e il medio-marxismo (1914-1956)

Enrico Galavotti

annegamento 2Quei due periodi di storia che Costanzo Preve, nella sua Storia critica del marxismo (ed. La Città del Sole, Napoli 2007), chiama "medio-marxi­smo" (1914-56) e "tardo-marxismo" (1956-91), per lui non hanno "alcun rapporto con la teoria originale di Marx", per cui il discorso, col marxismo classico, è praticamente già chiuso. Preve rifiuta persi­no la rivoluzione d'Ottobre, e pensa di poterlo fare a buon diritto, visto ch'essa è fallita.

In sostanza l'ultimo Preve riteneva d'essere l'unico interprete adeguato di Marx, l'unico a non averlo né frainteso né censurato né strumenta­lizzato. D'altra parte lui stesso se ne vantava: "la mia riesposizione criti­ca è talmente diversa e talmente 'dirompente' in rapporto a tutte le principali correnti del marxismo... da apparire non tanto 'folle' quan­to strana ed eccentrica" (pp. 166-7).

Tuttavia, a fronte dei 150 anni di storia del marxismo, un mi­nimo di umiltà o di circospezione sarebbe quanto meno desiderabile. Il fatto che il cosiddetto "socialismo scientifico" sia andato incontro a cocenti sconfitte storiche, non ci autorizza a sottovalutare le capa­cità intellettuali di chi ci ha preceduto o a valorizzare soltanto le idee che più somigliano alle nostre.

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Qual è il valore del lavoro?

di Moishe Postone

postone25255b525255dI profondi cambiamenti storici del recente passato - il declino dello Stato-provvidenza nell'Occidente capitalista, il crollo del comunismo e dei partiti-Stato burocratici ad Est, e l'emergere apparentemente trionfante di un nuovo ordine capitalista mondiale e neoliberista - hanno restituito tutta la loro attualità ai problemi della dinamica storica e delle trasformazione mondiale nelle analisi e nei discorsi politici della sinistra.

Ma, allo stesso tempo, questi sviluppo rappresentano per la sinistra delle sfide difficili, in quanto mettono in causa tutta una serie di posizioni critiche che sono diventate predominanti negli anni settanta ed ottanta, così come le posizioni precedenti apparse dopo il 1917.

Da un lato, visto che il crollo drammatico e la dissoluzione definitiva dell'Unione Sovietica e del comunismo europeo fanno parte di tali cambiamenti, questi sono stati interpretati come la dimostrazione della fine storica del marxismo e, più in generale, della pertinenza della teoria sociale di Marx.

Ma, dall'altro lato, gli ultimi decenni hanno mostrato che la dinamica che sottende il capitalismo (dinamica intesa sia in maniera sociale e culturale che in maniera economica) continua ad esistere ad Est come ad Ovest ed hanno ugualmente mostrato come l'idea secondo la quale lo Stato potrebbe controllare tale dinamica non era valida se non, nella migliore delle ipotesi, in maniera provvisoria. Questa evoluzione mette profondamente in discussione le interpretazioni post-strutturaliste della storia e mostra inoltre che il nostro modo di comprendere le condizioni dell'autodeterminazione democratica dev'essere ripensata.

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homolaicus

Il Marx di Diego Fusaro

Enrico Galavotti

Fusaro MarxIndubbiamente Diego Fusaro, astro nascente dell'attuale filosofia marxista italiana, ha avuto e tuttora ha il merito di aver aiutato a riscoprire la portata eversiva delle teorie anti-capitalistiche di quel grande economista chiamato Karl Marx.

Vogliamo sottolineare la qualifica di "economista" perché è in questo ruolo che Marx ha dato il meglio di sé, checché ne pensi Fusaro, che invece lo preferisce di più nei panni del "filosofo" o in quelli del "filosofo dell'economia", rischiando così pericolosamente di darne un'interpretazione influenzata dall'hegelismo, come d'altra parte fece uno dei suoi principali maestri, Costanzo Preve.

La vera grandezza di Marx sta invece proprio in questo, nell'aver distrutto il primato della filosofia, facendo dell'economia politica una vera scienza, e non una semplice ideologia al servizio della borghesia, com'era, in particolar modo, quella elaborata in Inghilterra, in cui dominava l'idea di considerare il capitalismo un fenomeno di tipo "naturale" e non "storico", ovvero come un evento destinato a durare in eterno e non a essere superato da una società di tipo comunista. Per l'ultimo Marx, quello interessato all'antropologia, il comunismo altro non sarebbe stato che un ritorno al comunismo primitivo in forme e modi infinitamente più evoluti, in quanto scienza e tecnica avrebbero giocato un ruolo di rilievo, assolutamente più democratico di quello che svolgono in un contesto dominato dall'antagonismo tra capitale e lavoro.

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linterferenza

La forma-partito nella società liquida

Ricostruire il partito comunista: elitismo intellettuale o proposta strategica di lungo respiro?

Claudio Valerio Vettraino

poster cccpDal 3 al 5 Luglio si svolgerà a Via Monte testaccio a Roma la Festa Comunista, organizzata dal Partito Comunista di Marco Rizzo e compagni, che cerca – nella palude teorica e politica italiana, di ridare voce e prospettiva ad un’analisi marxista della società capitalistica e finanziaria contemporanea.

Un tentativo ambizioso e forse titanico ma per molti ritenuto necessario, per aprire una seria e profonda riflessione sul “caos” odierno e per tentare di ridefinire un’alternativa di sistema all’attuale ordine mondiale, ridando la parola ai popoli e ai lavoratori, costruendo (assieme per esempio alla coalizione sociale di Landini e di parte della Fiom) quel fronte rappresentativo del mondo del lavoro, oggi indispensabile per ridefinire qualsivoglia azione di rivendicazione e di lotta sociale, in Italia, in Europa e nel Mondo.

Impossibile su questo, non essere d’accordo; chi scrive è del tutto convinto che questa è la strada maestra da intraprendere. Dare voce e rappresentanza ad un mondo del lavoro quanto mai diviso e frammentato, precarizzato e disperso, atomizzato ed alienato; assuefatto alla barbarie e allo sfruttamento come dati “naturali” del sistema e della vita quotidiana.

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homolaicus

L'origine del linguaggio e il socialismo scientifico

Enrico Galavotti

32911562 535e 4a35 8dbb 233672ca3c11Spesso non ci si rende ben conto che, per quanto riguarda l'essere umano, non è di alcuna importanza sapere quando si è passati, sul piano del linguaggio, dai primi suoni, emessi in maniera simile alle scimmie, alle frasi di senso compiuto. Nessuno di noi si ricorda quando, da neonato, emetteva i primi vagiti. Non ci ricordiamo neppure quando balbettavamo frasi inarticolate.

Per gli esseri umani il linguaggio comincia a diventare davvero significativo quando le parole vengono memorizzate per il loro significato. In questa maniera infatti ci diventa possibile procedere alla loro rielaborazione. Il linguaggio non è che un uso intelligente delle parole. È uno strumento in più. Non si diventa più capaci di parlare quanto più ci si ricorda di tutta l'evoluzione del nostro dire.

Più ancestrale del linguaggio è la sensibilità. Vi è umanità semplicemente là dove esiste sensibilità. Un cerebroleso resta comunque una persona "sensibile" e non ci sogneremmo neanche lontanamente di eliminarlo, come facevano i nazisti coi loro disabili.

Il linguaggio può dare un significato razionale alla nostra sensibilità, può cioè renderla consapevole di sé, ma non ne aumenta la fisicità, la realtà corporea. La sensibilità può essere aumentata, cioè approfondita ed estesa, soltanto da se stessa.

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sebastianoisaia

Spigolature economico-filosofiche

Sebastiano Isaia

soviet1. Il “comunismo” di Porro e il vino di Marx

Per il liberale-liberista Nicola Porro «il comunismo» si ha quando lo Stato diventa «l’unico imprenditore» presente sulla scena economica: lo Stato “comunista” organizza il lavoro, stabilisce i salari, adegua la produzione al consumo e all’occupazione e via di seguito. Questo, osserva Porro, lo aveva già capito Alexis de Tocqueville, il quale tra l’altro intuì l’intimo nesso esistente fra «il diritto al lavoro per tutti i cittadini garantito da parte dello Stato» e, appunto, «il comunismo», o quantomeno «una forma di socialismo i cui metodi trasformano, riducono, intralciano la proprietà individuale» (1). Di qui, il discorso di chiaro impianto liberale pronunciato da Tocqueville all’Assemblea francese il 12 settembre 1848, poi pubblicato in un opuscolo il cui titolo entusiasma molto il liberale-liberista dei nostri tempi: Discorso contro il diritto al lavoro. «Avete letto bene: contro il diritto al lavoro», precisa maliziosamente Porro, convinto, a ragione, di irritare soprattutto i feticisti della Costituzione Italiana. Una frecciata che non può certo colpire neanche di striscio chi ha sempre considerato il lavoro salariato (perché di questo ovviamente si tratta) non un «diritto umano», come proclamano i progressisti tipo Camusso e Landini, ma una condanna per chi è costretto a vendersi al Capitale in qualità di merce viva. Una condanna per i salariati («La sua attività appare a lui come tormento, la sua propria creazione come potenza estranea, la sua ricchezza come miseria») e il fondamento della società capitalistica, come insegna lo Spettro di Treviri.

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homolaicus

Marx e il colonialismo

Enrico Galavotti

Conferenza di Berlino Bismarck1885Che Marx ed Engels avessero un atteggiamento ambivalente nei confronti del capitalismo (lo giudicavano negativamente in rapporto al socialismo, ma positivamente in rapporto a qualunque formazione pre-capitalistica), è testimoniato anche dal fatto che la loro analisi del colonialismo non è sempre stata coerente.

Da un lato infatti era esplicita la condanna del colonialismo come strumento di oppressione e sfruttamento; dall'altro però essi tendevano a considerarlo come occasione di sviluppo per popoli arretrati e "senza storia". In questo loro giudizio pesava ovviamente il retaggio della filosofia occidentale, specie quella hegeliana.

Nel Capitale non è affatto chiaro l'apporto determinante del colonialismo alla realizzazione dell'accumulazione originaria. È singolare come nel Capitale non venga mai ipotizzata l'inevitabilità di una serie infinita di guerre civili cui in Europa avrebbe portato l'accumulazione originaria, se nel contempo non fossero state conquistate America, Africa e Asia. La popolazione si sarebbe dimezzata e lo sviluppo capitalistico, se ancora ci fosse stato, avrebbe subìto un rallentamento considerevole.

Nel cap. XXV (libro I del Capitale) dedicato al colonialismo, Marx afferma che la proprietà basata sul proprio lavoro era presente nei territori extra-europei successivamente colonizzati dalle nazioni capitalistiche più industrializzate. Anche questo però è un modo astratto di vedere le cose, poiché al tempo di Marx la proprietà libera in Asia non esisteva più, mentre in America latina era già in forte disuso nel XV sec. Solo in Africa si poteva ancora ampiamente costatare.

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badialetringali

Ancora su destra e sinistra

Marino Badiale

sinistra destraMi sembra che il tema della dicotomia destra/sinistra, con le tesi contrapposte della sua perdurante validità oppure del suo superamento, sia sottinteso in alcune delle discussioni a cui abbiamo assistito negli ultimi tempi (per esempio quella relativa a Diego Fusaro, partita daqui e proseguita per esempio qui). Si tratta però di una tematica che resta spesso sottintesa, o magari accennata e liquidata con poche battute. Il risultato è che sul tema del superamento di destra e sinistra vi è un certo grado di confusione. Penso sia bene provare almeno a dissipare un po' di questa confusione. Un'occasione per farlo può essere questo articolo, di qualche tempo fa, di Moreno Pasquinelli, che ha il merito di affrontare esplicitamente la questione. In realtà lo scopo ultimo dell'articolo mi sembra sia quello di portare un attacco al tentativo, attribuito a Fusaro, di creare di una forza politica sovranista ma non caratterizzata in termini di destra e sinistra. Non è però di questo che intendo trattare adesso: mi interessa invece discutere la ricostruzione della genesi della tesi sul superamento di destra e sinistra (d'ora in poi, per brevità , la chiamerò ”tesi del superamento”), ricostruzione proposta da Pasquinelli all'inizio dell'articolo. Mi trovo infatti a dissentire su alcuni aspetti di tale ricostruzione, e penso che esplicitare questo dissenso possa essere un contributo a fare chiarezza su questi temi.

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doppiozero
marxiana1

Io sono il mio denaro

Karl Marx

1890 james ensor intrigue Il denaro, poiché possiede la proprietà di comprar tutto, la proprietà di appropriarsi tutti gli oggetti, è così l'oggetto in senso eminente. L'universalità della sua proprietà è l'onnipotenza del suo essere, esso vale quindi come ente onnipotente... Il denaro è il lenone fra il bisogno e l'oggetto, fra la vita e il mezzo di vita dell'uomo. Ma ciò che mi media la mia vita mi media anche l'esistenza degli altri uomini. Questo è l’altro uomo per me. –

Goethe, Faust (Mefistofele):

Che diamine! Certamente mani e piedi e testa e di dietro, questi, sono tuoi! E pure tutto quel di cui frescamente godo è perciò meno mio? Se io posso comprarmi sei stalloni, le loro forze non sono mie? Io ci corro sopra e sono un uomo più in gamba, come se avessi ventiquattro piedi.

Shakespeare, in Timone d’Atene:

Oro? Prezioso, scintillante, rosso oro? No, dei, non è frivola la mia supplica. Tanto di questo fa il nero bianco, il brutto bello, il cattivo buono, il vecchio giovane, il vile valoroso, l’ignobile nobile.

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homolaicus

Marx: Glosse marginali al Manuale di economia politica di Adolph Wagner

di Enrico Galavotti

giocatori1Dai brevi appunti1  di Marx, che evidentemente quando si accingeva a leggere un testo di economia politica la prima cosa che andava a vedere erano le considerazioni sulla legge del valore, si evince immediatamente come A. Wagner, nel suo Manuale di economia politica, non avesse capito il nocciolo fondamentale del I libro del Capitale, ch'era lo sfruttamento del lavoro altrui intrinseco a tutte le leggi del capitalismo. Stesso giudizio negativo Marx lo esprime anche nei confronti di J. K. Rodbertus e di A. E. F. Schäffle, tedeschi come Wagner.

Ciò che differenziava gli economisti inglesi da Marx era la loro superficialità, ma ciò che differenziava gli economisti tedeschi da lui era la loro astrattezza. E infatti Marx più volte lo dice nelle Glosse: il valore, il valore di scambio, il valore d'uso non sono "soggetti"; l'unico vero soggetto è la "merce". Marx non voleva fare il "filosofo dell'economia in generale" ma il "fenomenologo critico dell'economia politica borghese e del capitalismo in particolare". Ecco perché, scrivendo il Capitale, era partito con la descrizione della merce.

Se si parta dalla merce si arriva a capire che, nel capitalismo, tutto è anzitutto "merce", non anzitutto "denaro", anche se ovviamente non può esserci merce senza denaro (senza denaro c'è solo "valore d'uso", "autoconsumo").

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carmilla

La filosofia del fantasma in Marx

di Luca Cangianti

Me as the grudge the grudge 24565701 609 429L’opera più famosa, diffusa e tradotta di Marx, il Manifesto del partito comunista, si apre con l’apparizione di uno spettro, quello del comunismo “che si aggira per l’Europa”. Tuttavia anche i suoi scritti più teorici sono pieni di vampiri, lupi mannari, creature frankensteiniane e altre suggestioni gotiche. Ciò non deve stupire, visto che il filosofo adorava Shakespeare ed era un lettore accanito di letteratura fantahorror. Meno risaputo è che queste figure, lungi dall’essere un mero dispositivo retorico, svolgono una specifica funzione epistemologica (cfr. Carmilla del 28.6.2014 e del 29.7.2014).

Nel Manifesto Marx illustra il processo di rimozione psicosociale del comunismo e della crisi economica del capitalismo attraverso la metafora del fantasma. In questo caso egli s’inspira a Shakespeare che spesso fa comparire lo spettro quale indizio di un crimine occultato – ad esempio con l’apparizione del fantasma di Banquo nel Macbeth o di quello del re ucciso nell’Amleto. Il riemergere del crimine rimosso è accompagnato inoltre dall’annuncio di una crisi imminente: “penso che tutto questo presagisca una qualche inusitata catastrofe nel nostro stato”, dice Orazio a Marcello nell’Amleto.

Gli ectoplasmi agitano le loro catene anche nel Capitale. Marx afferma che i feticismi e le apparenze fallaci descritte nella VII sezione del III libro sono una mistificazione del modo di produzione capitalistico, un “mondo stregato, deformato e capovolto in cui si aggirano i fantasmi di Monsieur le Capital e Madame la Terre, come caratteri sociali e insieme direttamente come pure e semplici cose” (Editori Riuniti, 1981, 943).

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moneta e credito

Claudio Napoleoni e il Capitale monopolistico di Baran e Sweezy 

di Riccardo Bellofiore*

1 105 0801.Introduzione

Lo scritto che viene pubblicato di seguito[vedi qui] (Napoleoni, 2015) è la trascrizione di una lezione del 12 marzo 1973 tenuta da Claudio Napoleoni nel corso di Politica economica e finanziaria1. Oggetto della lezione è il commento del libro di Paul Baran e Paul Sweezy, Il capitale monopolistico, da poco pubblicato negli Stati Uniti (1966) e subito tradotto in italiano da Einaudi (1968)2.

L’interpretazione fornita da Napoleoni ha più di un motivo di originalità e potrà risultare per molti versi sorprendente. L’economista italiano era impegnato allora in un’originale ripresa critica di Marx che faceva asse proprio sui suoi aspetti più controversi, la teoria del valore-lavoro e la teoria della crisi, temi su cui il contributo di Sweezy era stato fondamentale. Ciò non di meno egli si distacca dalla usuale critica marxista al libro di Baran e Sweezy, secondo cui i due autori si sarebbero collocati fuori e contro la teoria del valore-lavoro3.

Sorprendente era peraltro la stessa struttura del corso di Politica economica e finanziaria in cui quella lezione fu pronunciata. I corsi del 1971-1972 e del 1972-1973 avevano come titolo “La realizzazione del plusvalore e la politica economica nelle economie capitalistiche moderne”. In quel che segue faremo soprattutto riferimento alla lezione del 12 maggio 1973 che si può leggere alle pagine 41-51 di questo fascicolo. Un corso dove l’esposizione della macroeconomia neoclassica e keynesiana (lungo linee non molto distanti da una avvertita sintesi neoclassica, come la si leggeva nella prima edizione del bel manuale di Gardner Ackley (1971) adottato da Napoleoni, e come peraltro si poteva già ricavare dalle voci del Dizionario di economia politica che aveva curato4, come da qualsiasi altro scritto dell’economista abruzzese sul tema) veniva proseguita dalla discussione approfondita del dibattito sulla teoria della crisi nel marxismo (da Marx a Lenin, da Tugan Baranowskij a Rosa Luxemburg). Si adottavano inoltre come letture chiave testi così distanti nel marxismo come il Capitale monopolistico di Baran e Sweezy e il Marx e Keynes di Paul Mattick (1972).

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micromega

Marx contro Dracula

di Marco Zerbino

In “Sangue e plusvalore”, romanzo fantahorror di Luca Cangianti, un Karl Marx sull'orlo della depressione fa la conoscenza del giovane Daniel Pieper, che diventerà il suo assistente personale. Insieme, i due si mettono sulle tracce di un industriale-vampiro, Emil Constantin, addentrandosi in un'avventura che sarà anche un'esplorazione dell'arcano della produzione capitalistica...

dracula untold 607835“Caro Frederick, il gran freddo che è sopravvenuto qui e l'assoluta mancanza di carbone nel nostro alloggio mi costringono – sebbene questa sia per me tra tutte le cose del mondo la più penosa – a chiederti di nuovo del denaro. Mi ci sono deciso soltanto in seguito alla forte pressione esterna. Preferirei stare cento tese sottoterra piuttosto che seguitare a vegetare così. Tornare sempre importuno agli altri e per di più personalmente esser tormentato di continuo dalle più meschine miserie, alla lunga è cosa insopportabile”.

A scrivere queste amare righe indirizzate all'amico Engels è un Karl Marx in preda alla depressione e allo sconforto. Siamo nel gennaio del 1858 e il filosofo, esiliato a Londra da quasi un decennio in seguito al fallimento della rivoluzione tedesca del 1848, assediato da creditori che poche settimane prima aveva descritto in un'altra lettera come “lupi famelici”, assillato dall'indigenza e da vari problemi di salute, attraversa nei primi mesi di quell'anno un periodo particolarmente duro sul piano personale, tanto da mostrare i segni di una rassegnazione che suona un po' come un disarmante contraltare simbolico all'iconografia “diamat” del quadruplice profilo trionfante.

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filosofiainmov

Comunismo Ermeneutico. Da Heidegger a Marx : note critiche

di Roberto Finelli

09cult1f01bjoern dahlem the milky way 2007 61La coppia concettuale “comunismo ermeneutico” rivela, a mio avviso, una contraddizione in termini, perché mette insieme due tradizioni interpretative della modernità profondamente diverse, anzi pressoché opposte tra loro: come sono il marxismo di Marx da un lato, profondamente ispirato al dialettismo di Hegel, e l’analitica esistenziale, profondamente antidialettica, di Martin Heidegger.

La dialettica si può dire, assai schematicamente, studia la costruzione della realtà attraverso nessi di opposizione e di distinzione: a partire dalla definizione platonica per cui la dialettica è l’arte di dividere secondo generi e specie e di conoscere quali idee si connettano tra di loro e quali invece si distinguano e si escludano. In Hegel la dialettica rimanda alla tessitura di una realtà che si costruisce solo mediante opposizione, e questa è, di fondo, la medesima concezione di Marx, anche se con un profondo cambiamento di categorie oppositive rispetto a quelle teorizzate da Hegel. In Heidegger il motivo teorico fondamentale è invece, anziché quello dell’opposizione-contraddizione, quello della differenza: cioè della differenza radicale, quanto a statuto e qualità di realtà, che si dà tra Essere, Esserci ed Ente, e che concerne appunto l’abisso di distanza ed eterogeneità di piani che si dà il Sein, il Dasein e il Seiendes.

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alfabeta

Le passioni sediziose dell’operaviva

Federico Chicchi

tumblr mn31w5mUd61qaruxco1 1280È cosa nota che Marcel Duchamp decise di lasciare quella che diverrà poi la sua opera più importante, Le grand verre, incompiuta. Durante la lavorazione americana dell’opera, nel 1923, infatti, si ruppe il sottile vetro che doveva, sostituendo la tradizionale tela, contenere la sua sibillina rappresentazione. Ma come spesso accade nell’arte, l’incompiuto della forma ci dice molto sul suo contenuto espressivo rendendolo ancor più prezioso.

Per tentare di decifrare la complessa e controversa opera di Duchamp si deve partire dal suo famoso sottotitolo: La Mariée mise à nu par ses célibalaires, meme. È, in tal senso, il grande vetro, una straordinaria figurazione del rapporto tra capitalismo e desiderio, la storia di un amore impossibile tra una sposa semicompiacente e uno scapolo ansioso (Arturo Schwarz). È la storia di una interpellanza, di una chiamata, che (fortunatamente) non potrà mai realizzarsi fino in fondo, perché il rapporto sessuale non esiste. Il n'y a pas de rapport sexuel, riproporrà Lacan qualche decennio dopo. E neanche l’astuta macchina capitalistica è in grado di trasfigurare una volta per tutte, ricoprendo il buco di merci, il “mondo in giallo”. Il punto di partenza: l'Eros, motore del tutto. Chi sono i soggetti che mettono in scena l’opera di Duchamp? la Vergine nella sezione superiore del vetro a citare l'Assunzione come nei dipinti medievali e rinascimentali e i suoi Scapoli o Celibi sottostanti, in trepida, macchinica attesa di consumare e macinare gioia e dolore.

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manifesto

Il capitale è ormai un simulacro

Mario Pezzella

«Un parricidio compiuto. Il confronto finale di Marx con Hegel» di Roberto Finelli, per Jaca Book. Il fenomeno originante dell'economia capitalistica è l’astrazione: svuota ogni essere umano asservito come forza-lavoro e lo colloca in una povertà assoluta, di totale desolazione

marx hegel small 1Come rileg­gere Marx dopo la crisi eco­no­mica del nostro pre­sente e la rivo­lu­zione pas­siva, che ha distorto in forma neo­li­be­ri­sta le istanze di eman­ci­pa­zione degli anni Ses­santa del Nove­cento?

Que­sta è la domanda di par­tenza di Roberto Finelli nel libro Un par­ri­ci­dio com­piuto. Il con­fronto finale di Marx con Hegel (Jaca Book, pp.404. euro 35). Di con­tro ai più tra­di­zio­nali mar­xi­smi della con­trad­di­zione e dell’alie­na­zione, l’autore pone al cen­tro dell’opera del filo­sofo di Tre­viri un cre­scente affer­marsi dell’astrazione in ogni piega del reale. Il mar­xi­smo della con­trad­di­zione si muo­veva secondo la dia­let­tica del rove­scia­mento: esso sot­to­li­neava il con­tra­sto tra forze pro­dut­tive e rap­porti di pro­du­zione, che con­duce al crollo dell’ordine capi­ta­li­stico. È la stessa forza lavoro ad essere il motore del rove­scia­mento. Nello svi­luppo del capi­tale, perde i suoi carat­teri qua­li­ta­tivi, dif­fe­ren­zianti; ma pro­prio per que­sto – supe­rando ogni limite indi­vi­dua­li­stico — diviene sog­getto col­let­tivo all’altezza dei mezzi di pro­du­zione creati dal capitale.

Dal «mar­xi­smo della con­trad­di­zione» Finelli prende con­gedo. Il feno­meno ori­gi­nante del capi­tale è l’astrazione, che svuota ogni essere umano asser­vito come forza-lavoro; essa non crea una vir­tua­lità rivo­lu­zio­na­ria ma tende a col­lo­carlo in una povertà asso­luta, di totale deso­la­zione: «sog­get­ti­vità povera, fino alla vuo­tezza di sé». L’enfasi del capi­ta­li­smo attuale sull’individuo «impren­di­tore di se stesso», il pas­sag­gio dal lavoro cor­po­reo al lavoro imma­te­riale, non mutano la deso­la­zione del lavo­ra­tore domi­nato: le nuove ideo­lo­gie del capi­tale esal­tano un’apparenza sociale di libe­ra­zione, che appar­tiene alla rivo­lu­zione pas­siva, del capi­ta­li­smo di fine ’900. Finelli la defi­ni­sce un simu­la­cro, com­piendo un sot­tile détour­ne­ment su un ter­mine amato dalla filo­so­fia post­mo­derna: il simu­la­cro non è alleg­ge­ri­mento dell’essere, ma sin­tomo sociale del capi­tale.