Gomblotto: come le fantasie di complotto alimentano il regime
di Luca Busca
Excusatio non petita, accusatio manifesta
Chiedo venia per l’uso, peraltro occasionale, della prima persona singolare. In un articolo giornalistico questo espediente finisce per svilire la presunta oggettività che l’esposizione di una notizia dovrebbe restituire. Scrivere in prima persona colloca immediatamente l’opera nel mondo immaginario della fantasia o in quello reale dell’espressione di un opinione. Il secondo caso si avvicina molto alla narrazione che segue, racconto che tecnicamente sarebbe stato difficile realizzare in modo impersonale. In secondo luogo, in considerazione della lunghezza quello che segue assomiglia più a un piccolo saggio che a un articolo.
Ciò premesso, questo lavoro costituisce l’epilogo di due articoli da me scritti per Sinistrainrete (divide-et-impera-il-grande-complotto e una-dissidenza-dissennata-dissipa-il-dissenso) in cui esprimevo una forte incredulità in merito a come una larga fetta del dissenso, creato dalla scellerata gestione della pandemia prima e della guerra poi, si perdesse dietro “complottismi” palesemente inesistenti, screditando e indebolendo la diffusione della ribellione. Mi risultava del tutto incomprensibile come si potesse ancora negli anni ’20 del terzo millennio negare l’esistenza di una questione ambientale o, in altri casi, escluderne l’origine antropica per poi imputarla alle scie chimiche chiaramente generate dall’uomo, cadendo nella trappola della reductio ad unum dei cambiamenti climatici. Non ero in grado di decifrare la permanenza del complotto giudaico massonico e del potere occulto del “Deep State” nell’area critica nei confronti del pensiero unico neoliberista. Né come potesse sopravvivere quest’aura destrorsa, conservatrice, tradizionalista e fortemente cattolica in un movimento che si definiva “anticapitalista”.
Poi con due anni di ritardo ho letto il libro di Wu Ming 1 “La Q di Qomplotto- Come le fantasie di complotto difendono il sistema” edito da Alegre, uscito nel marzo del 2021, il cui titolo parafrasato è diventato anche il mio.
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La Q. di Qomplotto – I Parte – Romanzo di un’inchiesta
Riassumere le oltre cinquecento pagine del “Romanzo di un inchiesta” in poche righe è un intento velleitario, motivo per cui consiglio vivamente la lettura dell’intera opera. Consiglio indirizzato in particolar modo a tutta quella vasta area di dissenso di “sinistra” travolta dai “complottismi” di palese origine destrorsa che, a mio parere, hanno finito per destabilizzare il dissenso. Il libro scaturisce da molti anni di ricerca ed è stato completato all’inizio del 2021. Questo ha impedito l’analisi della seconda fase della pandemia e degli sviluppi della guerra in Ucraina, fatti che hanno alimentato ulteriormente i complottismi preesistenti.
Q di Qomplotto è diviso in due parti. La prima è costituita da un esame dettagliatissimo del fenomeno QAnon, delle sue teorie e degli episodi, spesso drammatici, che lo hanno caratterizzato, dal Pizzagate, nel 2016 con il raid al Comet Ping Pong fortunatamente senza conseguenze, fino all’assalto a Capitol Hill del 2021, con i suoi cinque morti. L’analisi individua due fasi distinte nell’evoluzione del caso. La prima prende vita sulla piattaforma social 4chan con la diffusione dei “meme” di Q, fantomatico personaggio di alto livello governativo con accesso a informazioni top secret. Sembra in realtà più una burla ispirata al libro Q (www.liberliber.it-luther-blissett-Q-) e alle “gesta” del Luther Blisset Project attivo dal 1994 al 1999, di cui faceva parte anche Wu Ming 1 autore dell’inchiesta. Il primo Q anon(imo) si presenta il 28 ottobre 2017 con un post sull’arresto di Hillary Clinton dovuto al suo coinvolgimento nel “Deep State”, di cui fanno parte anche Bill Gates, Barak Obama e altri personaggi politici e hollywoodiani di area democratica. Il successo è immediato presso la folta area di simpatizzanti di Trump e del suprematismo bianco. A breve però i post di Q cambiano tono e piattaforma finendo su 8chan. Con una rapidità senza precedenti il credo complottista si diffonde negli Stati Uniti e in forme diverse in tutto il mondo occidentale.
L’analisi del fenomeno QAnon diventa anche pretesto per codificare il processo di diffusione delle “teorie del complotto”, che si fondano su alcuni meccanismi comuni a tutte le forme di “complottismo”. In genere queste si formano grazie a una “Narrazione tossica. Storia raccontata senza varianti, sempre dalla stessa angolatura, omettendo gli stessi dettagli e aspetti, gli stessi elementi di contesto e complessità, secondo una coerente logica di selezione e rimozione, con l’esito di intossicare l’immaginazione e prevenire ogni altro approccio all’oggetto del narrare. Caratteristiche principali ... : Sguardo sul mondo totalizzante ... Pretesa di oggettività ... si pretende neutra e imparziale ... Deterioramento delle forme del raccontare ... Eliminazione dei «frattempi».” (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 253-254). Questa “narrazione tossica” acquista credibilità grazie al principio di “Singolarità cospirazionista. Rapidissima convergenza e ibridazione di tutte le fantasie di complotto circolanti in una data epoca, con conseguenze culturali e politiche su una scala tanto vasta quanto imprevedibile, in ogni caso sproporzionata rispetto allo scatto, al microevento che ha fatto superare una certa soglia di complessità, scatenando il processo (es. la pubblicazione delle «gocce» di Q).” (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 84).
Un secondo elemento che favorisce la diffusione è evidenziato già nel sottotitolo dell’opera “Come le fantasie di complotto difendono il sistema”. Considerazione che si fonda sul principio di “Omeostasi del sistema ... Tendenza del capitalismo a conservare le proprie caratteristiche di base e la propria logica di fondo a dispetto delle turbolenze esterne e interne. Ogni sistema sociale tende all’omeostasi, ma il capitalismo è il primo a essersi imposto come totalità su scala planetaria, perciò la sua omeostasi opera ovunque e in ogni momento. All’insieme dei sottosistemi che compongono il capitalismo corrisponde una rete di dispositivi di controllo, la cui interazione regola i flussi di energia e informazione. Le opzioni che minacciano le caratteristiche di base del sistema vengono scartate a priori, a volte tanto a priori da non essere nemmeno immaginate”. Dal concetto di omeostasi del sistema ne deriva un altro:
Narrazione diversiva. Rappresentazione di una situazione politica o di un problema sociale che, concentrandosi su cause e responsabilità fittizie o concause di poco rilievo, distoglie la critica dal funzionamento reale delle contraddizioni del capitalismo, proponendo false soluzioni spesso incentrate su capri espiatori. Una narrazione diversiva ritarda la reale presa in carico dei problemi, disperde energie e sfoca il quadro, aggravando la situazione di partenza. Tra le narrazioni diversive che svolgono tali funzioni, le fantasie di complotto sono le più frequenti ed efficienti.
Per usare una metafora da elettricisti, il cospirazionismo era la messa a terra del capitalismo: scaricava in basso la tensione e impediva che le persone fossero folgorate dalla consapevolezza che il sistema andava cambiato. (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 162-163). A sostenere la capacità distrattiva delle narrazioni diversive vengono portate “le fantasie di complotto antisemite sui banchieri Rothschild” e “le leggende d’odio su Soros e l’immigrazione” che, lungi dall’aver “colpito il capitale: avevano solo aumentato razzismo e xenofobia, trasformando il Mediterraneo in un cimitero di uomini, donne e bambini. ... “Il disastro climatico metteva di fronte all’esigenza di cambiare modo di produzione, ma l’omeostasi del sistema escludeva o relegava ai margini analisi, critiche e misure dettate da quella consapevolezza. Nel mentre la forte dissonanza cognitiva sul tema generava narrazioni diversive che deviavano l’ansia e l’attenzione: fantasie di complotto sul rilascio nell’atmosfera di agenti tossici tramite voli aerei segreti (scie chimiche).”
Per meglio analizzare il fenomeno QAnon e anche le altre teorie del complotto, Wu Ming 1 affronta semanticamente il termine complotto, di cui si è abbondantemente discusso negli ultimi tre anni, soprattutto in virtù dell’abuso fattone dai regimi per denigrare ogni forma di pensiero critico. Procede così alla raccolta di “un florilegio di definizioni di «complotto» «cospirazione» e «cospiracy»” per giungere alla conclusione che: “Si ha un complotto se ci sono questi tre elementi: primo, più di una persona; secondo segretezza; terzo, intenzione di nuocere.” (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 136-137). In realtà tutte le definizioni italiane specificano anche che l’intenzione di nuocere deve essere indirizzata: “contro chi detiene il potere politico”; a rovesciare un potere ... ai danni di chi detiene il potere ... [o] delle autorità costituite”. Può sembrare marginale ma assume invece una notevole importanza nelle conclusioni che trarrò in seguito.
La regola dei tre elementi porta a distinguere nel mare magnum delle teorie cospirazioniste due diverse categorie: i “complotti reali” e i “complotti fantasticati”. I primi “1. Hanno un focus preciso e un fine facilmente riassumibile. 2. Coinvolgono un numero di attori limitato. 3. Sono messi in pratica in modo imperfetto ... 4. Terminano una volta scoperti e denunciati ... 5. Non sono raccontabili senza la loro epoca: sono immanenti a una fase storica e diventano passato insieme a essa.” Ad esempio della tipologia vengono citati il Watergate negli Stati Uniti e la strategia della tensione in Italia.
I secondi “1. Risultano sfocati e dispersivi, perché hanno il fine più vasto immaginabile: dominare, conquistare o distruggere il mondo. 2. Coinvolgono un numero di attori potenzialmente illimitato, che cresce a ogni resoconto, dato che chiunque neghi l’esistenza del complotto è presto denunciato come complice. Secondo ogni logica, più persone sono al corrente di un complotto e più quest’ultimo è a rischio di fallimento. Soltanto nella forma mentis cospirazionista, che rovescia la logica dei complotti reali, un complotto è tanto più solido e destinato al successo quante più persone ne fanno parte. 3. Il loro presunto svolgimento è coerentissimo, perfetto, tutto è attuato secondo i piani nel minimo dettaglio, tutto fila liscio ... 4. Proseguono, vanno avanti indefinitamente anche se descritti e denunciati in innumerevoli libri, articoli e documentari. 5. Sono astorici, trascendono ogni epoca e contesto. Sono in corso da decenni, secoli, millenni ... «complotto giudaico-massonico» evoca un complotto che dura da sempre ed è senza fine.”
La distinzione induce a rinominare e riconcettualizzare le teorie di complotto in due segmenti ben distinti: “Ipotesi di complotto: servono a indagare complotti specifici e situati, orientati a un fine preciso, che solitamente cessano dopo essere stati scoperti, o al momento della loro scoperta sono già cessati. Fantasie di complotto: riguardano sempre una cospirazione universale, che ha come fine la conquista o la distruzione del mondo intero da parte di società segrete, confraternite occulte, razze infide, singoli individui descritti come onnipotenti burattinai, conquistatori alieni ... o un’alleanza di tutti questi soggetti. Una cospirazione costantemente denunciata eppure sempre in pieno svolgimento, da decenni, da secoli.” (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 136-142).
Detto questo resta da capire come queste fantasie di complotto, spesso strampalate e prive di senso, possano diffondersi e radicarsi nella mente di chi dissente dal pensiero unico. Per spiegare il meccanismo Wu Ming 1 usa l’esempio della falsa notizia della morte di Paul McCartney cominciata a circolare nel febbraio del 1967 e per certi versi ancora in circolazione. Nata casualmente da un incidente stradale realmente accaduto, la voce dell’improvviso decesso ha cominciato a circolare vorticosamente. Le smentite dirette date dallo stesso musicista, così come quelle dell’agente e degli altri membri del gruppo musicale più famoso del mondo, venivano recepite come tentativi di nascondere la verità troppo dolorosa da sopportare. Segnali subliminali, come i piedi scalzi di Paul sulla copertina di Abbey Road e tracce di disco ascoltate al contrario, diventavano evidenti conferme della prematura scomparsa.
Casuale sembra anche l’origine del fenomeno QAnon, alla base del quale, come visto in apertura ci potrebbe addirittura essere una burla in stile Luther Blisset. Una narrazione tossica accidentale viene raccolta inizialmente da piccoli gruppi di persone, innescando così il principio della “singolarità cospirazionista”. I collegamenti ad altre fantasie di complotto si moltiplicano rafforzandone la credibilità. Questa rete di comunicazioni raccoglie prove e trova connessioni tra di esse andando a scavare nel passato, estrapola dettagli, decontestualizza fatti e dichiarazioni, insinuandosi nelle menti già ampiamente vessate e stressate della gente comune. Il lavorio complesso di queste “narrazioni tossiche” alimentate da quelle “diversive” produce una stratificazione di certezze nel pensiero dei “risvegliati”, i nuovi “illuminati”, coloro che sanno leggere i messaggi subliminali, che sanno vedere le “prove” del Grande Complotto in atto.
Attualmente il web e in particolare i social hanno velocizzato incredibilmente la diffusione di queste “prove” inequivocabili. Hanno anche reso più efficiente l’arte di “incrociare i dati”, per mezzo della estrapolazione di informazioni da fonti certe. Così il complotto giudaico-massonico, teso a ridurre la popolazione mondiale e alla concentrazione del potere nelle mani di quei pochi che in realtà già lo detengono, è comprovato da quanto scritto da Klaus Schwab nel suo libro The Great Reset, dalle operazioni finanziarie di George Soros, dalle attività di Bill Gates, e dalla storia delle famiglie Rothschild e Rockefeller.
Q di Qomplotto dedica qualche pagina anche al fatto che “Il problema non è solo a destra”. Un’analisi superficiale che si rifà a vecchi episodi ma non esamina, pur citandolo, il crescente fenomeno del rosso brunismo. La responsabilità viene attribuita in gran parte all’ala destrorsa del M5S, promotrice, indubbiamente, di molte fantasie di complotto. A parziale giustificazione di questa mancanza va notato che il marasma creato dalla delirante gestione pandemica, con l’imposizione di un farmaco tanto inutile quanto dannoso e un green pass discriminatorio, nonché l’ingresso demenziale in una guerra insulsa non avevano ancora avuto luogo al momento della stesura. Fattori, questi, che hanno ingenerato una pletora di fantasie di complotto, ampiamente sostenute dalle “narrazioni diversive” di regime, che hanno attecchito nella vasta area del dissenso di sinistra.
Più approfondita e di grande interesse l’analisi che Wu Ming compie sul “debunking”, l’arte dello svelamento delle fake news con la creazione di “bufale di regime” che ha caratterizzato la comunicazione mainstream durante la pandemia e la guerra. “ ... il problema del debunking sta in un bias che avevo deciso di chiamare «ratiosuprematismo» ... eccessiva fiducia nella logica in senso stretto, nella fondatezza delle asserzioni, nella correttezza fattuale dei contenuti, e – di contro – ingenuità riguardo alla natura suggestiva, seduttiva e mitopoietica del linguaggio. Natura che ha a sua volta una propria logica, innervata nel modo in cui funziona il cervello umano, mentre il ratiosuprematismo vede solo un’antitesi tra logico e illogico, uno scontro tra ragionamento corretto e fallacia, una guerra tra Scienza e ignoranza. Il ratiosuprematismo causava nei suoi praticanti una particolare sindrome. L’avevo chiamata Sindrome del foratore di palloncini (Sfp) ... : eziologia
- Il ratiosuprematismo rende inefficace la comunicazione del debunker, al contempo mantenendolo ignaro dei propri bias cognitivi e ideologici. L’azione congiunta di inefficacia e inconsapevolezza porta all’autoreferenzialità.
- La storia autoreferenziale che il debunker si racconta presenta tutte le caratteristiche di una narrazione tossica:
- sguardo sul mondo totalizzante «le cose stanno così e basta, la realtà è sempre stata questa»;
- pretesa di oggettività: «il mio approccio è imparziale, io dico solo quello che dice la Scienza»;
- deterioramento delle forme del raccontare: il «complottista» è un facile villain a cui attribuire ogni male; quella della Scienza è una nobile causa e il debunker ne è il disinteressato paladino;
- eliminazione dei frattempi: c’è sempre un nuovo villain da attaccare, una nuova posizione da smontare, una nuova bufala da sbufalare. Il debunker non ha momenti in cui guardare da fuori quel che sta facendo e interrogarsi sulle premesse da cui è partito. Non può restare indietro. L’induzione di Fomo [Fear of missing out] da parte dei social network ha accentuato questo problema.
- La narrazione tossica in cui il debunker si piazza come protagonista lo rende una figura speculare a quella del «complottista»: cercando sempre singolar tenzone, instaura col proprio avversario una dialettica viziosa.
- La narrazione tossica rafforza una concezione aristocratica della Scienza e, più in generale, del «lume della Ragione». Il frame è quello dell’élite guerriera che difende la civiltà dai barbari.
- Il debunker si immagina la durlindana a Roncisvalle, intento a infilzare nemici su nemici, mentre sta solo bucando palloncini con uno spillo, come un bullo a una festa di compleanno, facendosi detestare dalle persone che in teoria dovrebbe convincere.” (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 257-258).
Rifacendosi ad un articolo di Mariano Tomatis apparso su Giap (il blog di Wu Ming) nel 2015, l’autore illustra la tecnica usata dai debunker fact checker per smontare una teoria. L’esempio riportato, “Una volta che ti smonto l’idea che il fotovoltaico è un’alternativa realistica, poi sta a te scegliere in base ai tuoi criteri se preferisci l’eolico, il nucleare o il fracking”, è un archetipo perfetto della metodologia del sillogismo del “foratore di palloncini”. La tesi presentata viene data per scontata per mezzo di “narrazioni tossiche”, pur non esistendo alcuna “prova scientifica” in merito all’inconsistenza del fotovoltaico come fonte alternativa di energia, questa viene data per assodata. L’antitesi è direttamente conseguenziale lasciando l’interlocutore libero di scegliere la fonte più consona ai propri criteri, conferendo credibilità a nucleare e fracking. La sintesi è addirittura sottintesa e per questo espressa con maggior vigore: noi siamo dalla parte giusta perché lasciamo libertà di scelta al contrario di chi vuole imporre il fotovoltaico inutile.
In sostanza l’attività di debunking e fact checking finisce, per mezzo di un presunto ma tutt’altro che riuscito “smontaggio”, per costruire una verità assoluta, “oggettiva” che, in quanto tale, è di per sé una “bufala” ancor più inverosimile della tesi che si voleva contestare. “Ratiosuprematismo, dialettica viziosa tra debunking e cospirazionismo, sindrome del foratore di palloncini ... In Italia, a partire dal 2016, soprattutto un nome era diventato rappresentativo di tutto ciò: quello di Roberto Burioni. ... A chi gli faceva notare che quella degli insulti [agli antivaccinisti veri o presunti] non era la strada giusta, Burioni rispondeva: «Non sono insulti, sono diagnosi gratuite». Dunque un immunologo poteva atteggiarsi a psichiatra. Soprattutto, Burioni aveva sentenziato: «La scienza non è democratica». Aveva anche scritto un libro il cui titolo non avrebbe stupito Jane & Fleming [Emma A. Jane e Chris Fleming autori del libro Modern Conspiracy: The Importance of Being Paranoid del 2014]: La congiura dei somari. Perché la scienza non può essere democratica. ...
... Le cose più acute sul burionismo le aveva scritte il biologo e giornalista scientifico Massimo Sandal [“Scienza e potere”, Esquire (on line), 11 gennaio 2019]: «Il burionismo non è solo questione [...] di nervi che saltano o di ingenuità comunicativa. È che a nessuno interessa aiutare le vittime delle pseudoscienze a uscire dalla loro condizione. Perché guadagnarsi la loro fiducia e cercare di ragionare con loro (quando è possibile) significherebbe dover ammettere che, sebbene le risposte siano sbagliate, spesso le domande vanno prese in considerazione. Significherebbe dover dire che, sì, i vaccini funzionano, ma è giusto chiedersi se l’industria farmaceutica faccia tutto per il nostro bene o meno, e che anzi sarebbe cosa buona guardarci insieme; se magari non esistano modi alternativi di impostare la produzione di farmaci, se addirittura non si debba cambiare il modello sociale, economico, politico. Ma fare questo va totalmente contro l’obiettivo ideologico di fondo: distruggere il nemico per preservare lo status quo economico e gerarchico.» (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 265-267).
Faccio notare che tutto questo è stato scritto prima dell’epopea del conflitto di interesse avvenuta con la fallimentare campagna vaccinale per il Covid (sarebbe più giusto contro il Covid, ma visti i risultati ...). Già all’epoca risultava evidente come le attività di debunking e fact checking finissero per convincere solo quel ristretto gruppo di proseliti della verità assoluta, fosse questa dettata da un teorico mainstream o da uno complottista. Fantasie di complotto, narrazioni tossiche e diversive rimangono intatte, neanche scalfite da un processo che tende a sostituire una verità con un’altra senza prendere in considerazione l’incanto prodotto da quella primigenia. Un esempio inequivocabile di questa lacuna “bipartisan” è data dalla credibilità che i Protocolli dei Savi di Sion continuano ad avere dopo oltre un secolo dall’accertamento della loro falsità: “saranno anche falsi ma dicono il vero”. Di contro nonostante gli studi, gli esami, le testimonianze e le ammissioni le reazioni avverse al vaccino mRna vengono tuttora negate con veemenza da chi ancora crede in Burioni e Bassetti.
È evidente quindi che se si vuole smontare una fantasia di complotto e un “fake” bisogna trovare un sistema diverso. In tal senso Wu Ming 1 rileva che il debunking nacque per contrastare il successo che a partire dalla fine degli anni ’60 ebbe la parapsicologia, il mentalismo, l’extrasensoriale: “Che si procedesse a passo felpato o calzando scarponi chiodati, il dubunking era tutto pars destruens. ... I limiti dimostrati dal debunking nella lotta al paranormale e al sovrannaturale non avevano impedito che la pratica si estendesse, tale e quale, al vasto e genericamente definito campo delle «pseudo scienze», prima, e a «fake news» e fantasie di complotto, dopo. Serviva una pars costruens. Alla quale i maghi, praticanti a tempo pieno lo stupore e l’incanto, avrebbero potuto dare un grande contributo. Andare oltre il debunking. Contrastare fantasie di complotto, narrazioni diversive et similia in modi che non sembrassero la ripicca di un foratore di palloncini. Liberarsi dell’acqua sporca di bullshit senza gettare la bambina Meraviglia. Un nuovo approccio, che tenesse insieme fact checking, consapevolezza dei nuclei di verità delle fantasie di complotto e necessità del reincanto. Un fact checking che fosse più affascinante della narrazione che smontava. (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 281).
Questo sistema viene individuato prendendo in esame l’attività di prestidigitazione del duo americano Penn & Teller, attivo alla fine degli anni ‘70. Dopo aver eseguito il loro numero i due “maghi” mostravano il “trucco” creando un effetto di meraviglia, di “reincanto”, dato dall’abilità necessaria ad eseguirlo e a volte dall’inserimento di espedienti comici. Penn & Teller “mostravano la sutura” svelando una verità che era “più affascinante della narrazione che smontava”. “Cos’era stato il nostro intervento nel dibattito su QAnon, se non un tentativo di indebolire la fantasia di complotto mostrandone una possibile sutura, e al tempo stesso mantenere un senso di meraviglia grazie all’evocazione dello spirito di Luther Blisset? ... Il problema del cospirazionismo non poteva risolversi con l’intervento tattico di un piccolo gruppo di sperimentatori, di «tecnici del reincanto», ma con strategie messe a punto e attuate dal maggior numero auspicabile di persone. Da movimenti di massa. Si sarebbe andati oltre il debunking solo provandoci il più collettivamente possibile.” (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 296).
Dall’opera traspare in più parti un concetto sintetizzato già nel sottotitolo “Come le fantasie di complotto difendono il sistema”. “Per usare una metafora da elettricisti, il cospirazionismo era la messa a terra del capitalismo: scaricava in basso la tensione e impediva che le persone fossero folgorate dalla consapevolezza che il sistema andava cambiato. Che l'esito fosse quello lo diceva anche uno studio uscito nel febbraio 2017 sulla rivista scientifica Political Psychology intitolato ... «Incolpare poche mele marce per salvare un cesto in pericolo: la funzione delle fantasie di complotto è giustificare il sistema». Gli autori spiegavano che le fantasie di complotto, anche se «rappresentate come alternative e sovversive nei confronti delle narrazioni dominanti», in realtà, «possono rafforzare anziché minare, il sostegno allo stato delle cose quando la sua legittimità sia minacciata». Chi credeva a fantasie di complotto tendeva ad accusare piccoli gruppi di cattivi anziché cercare cause sistemiche. «Imputando tragedie, disastri e problemi sociali all’agire di pochi malvagi» concludeva lo studio, «le teorie del complotto possono distogliere l’attenzione dai difetti intrinseci ai sistemi sociali». ...
... Le fantasie di complotto antisemite sui banchieri Rothschild non avevano colpito il capitale finanziario, ma portato alla persecuzione e uccisione di milioni di persone. Nemmeno le leggende d’odio su Soros e l’immigrazione avevano colpito il capitale: avevano solo aumentato razzismo e xenofobia, trasformando il Mediterraneo in un cimitero di uomini, donne e bambini. ...
... Il disastro climatico metteva di fronte all’esigenza di cambiare modo di produzione, ma l’omeostasi del sistema escludeva o relegava ai margini analisi, critiche e misure dettate da quella consapevolezza. Nel mentre la forte dissonanza cognitiva sul tema generava narrazioni diversive che deviano l’ansia e l’attenzione: fantasie di complotto sul rilascio nell’atmosfera di agenti tossici tramite voli aerei segreti (scie chimiche), sull’alterazione a tavolino del clima a fini geopolitici (guerra climatica), o sulle migrazioni mondiali – nella realtà causate anche dal disastro climatico – come frutto di una grande cospirazione. (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 163-171). Repetita iuvant, o almeno così dicono.
La lista delle fantasie di complotto che svolgono questo ruolo è pressoché infinita, Wu Ming 1 ne analizza diverse oltre a quella più articolata di QAnon. Tra queste risaltano quell’insieme di “prove” che interagendo tra loro vanno a comporre la grande cospirazione della “sostituzione etnica”: dal “Piano Kalergy” a “Soros grande burattinaio delle migrazioni” con annesso antisemitismo, il “white genocide”. Anche una buona fetta della “sinistra” italiana cade nella trappola finendo per fare propri quei sentimenti xenofobi e sovranisti tipici della destra. Così “nella loro versione «di sinistra» ... si giustificava l’appoggio ai respingimenti ricorrendo a passi estrapolati e falsati di Marx e Lenin, e usando in modo distorto il concetto di «esercito industriale di riserva». Tali pezze d’appoggio servivano a dipingere i lavoratori migranti come privi di coscienza e soggettività, ontologicamente crumiri, disposti a farsi sfruttare per salari che gli italiani non avrebbero accettato, e quindi nemici degli altri lavoratori, da tenere lontani per il bene della classe operaia. [... brandendo] “citazioni del «fratello scemo di Marx» ... chi solidarizzava con i migranti [veniva considerato] parte della «sinistra sorosiana». Posizioni minoritarie e marginali, indubbiamente, ma che avevano contribuito a spargere confusione e ostacolare l’unione di lavoratori e lavoratrici.” (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 197-198).
Nei capitoli intitolati “In viro veritas” viene analizzata l’escalation cospirazionista durante la pandemia. Trattando solo il primo anno, dall’analisi manca il momento peggiore, cioè il secondo e l’inizio del terzo anno, con campagna vaccinale compulsiva e green pass discriminatori. Nonostante questo, viene rilevata l’azione contemporanea di un complottismo, indirizzato a colpevolizzare un ristretto gruppo di responsabili, e della classe dirigente impegnata ad autoassolversi dietro una lunga serie di narrazioni diversive. Il punto focale della questione, la privatizzazione della Sanità, della salute e soprattutto della cura, restava e resta tuttora tagliato fuori dal dibattito mainstream e da quello complottista. “In Italia era andata così. La narrazione diversiva dominante si era diffusa prima in verticale, dall’alto verso il basso, poi in orizzontale, dal basso tutt’intorno. Riassumerla era facile. Il sociologo Andrea Miconi lo aveva fatto in tre parole. Colpevolizzazione del cittadino. Il libro che andavo scrivendo era già sul pezzo. Mi ero ritrovato in un tableau vivant dei capitoli che avevo abbozzato: l’arroganza scientista e tecnocratica, la narrazione tossica del debunker, il burionismo e Burioni stesso imperversanti nei media mainstream e sui social, ondate, anzi mareggiate di moral panic su presunti, improbabili nemici, il «perché sì!» come risposta ultima dell’autorità ... E le fantasie di complotto che tutto ciò generava. (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 305).
“ ... La giustificazione era nota: i brevetti rendevano possibili e incoraggiavano la ricerca e l’innovazione. Per molti versi era vero l’opposto. Come aveva riassunto Urvashi Aneja su The Wire, «i brevetti possono incentivare l’innovazione solo se i potenziali detentori pensano che il farmaco, una volta sviluppato, potrà essere venduto a un prezzo alto. Ciò spiega perché a livello mondiale solo il dieci per cento delle risorse dedicato alla sanità sia investito nella cura di malattie che colpiscono il novanta per cento della popolazione, principalmente nei paesi sottosviluppati, e viceversa il novanta per cento delle risorse sia investito nella cura di malattie che colpiscono il dieci per cento della popolazione. Ogni anno arrivano numerosi nuovi farmaci contro l’acne o la caduta dei capelli, ma pochi per la tubercolosi o la malattia del sonno.” (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 310).
Problematica questa confermata dalla mancata concessione di agevolazioni, in merito ai vaccini mRna, alle popolazioni povere africane. Scelta che, una volta tanto, si è rivelata fortunata per i discriminati, i quali hanno fatto registrare i dati più bassi sia nei contagi sia nei decessi. L’analisi prosegue poi con la vessazione del colpevole di turno, individuato sempre al fine di distogliere l’attenzione, in questo caso il “negazionista”, che verrà trasformato l’anno successivo all’uscita del libro nel notissimo “Novax”. Nel frattempo la narrazione diversiva si concentra sul “Grande Nemico”, il “Virus”, perfido e inarrestabile che, attraverso l’emergenza distoglie l’attenzione dalla privatizzazione della Sanità e dalle palesi responsabilità politiche in merito alla gestione della pandemia.
La materializzazione del grande nemico immaginario condurrà all’adozione di un linguaggio militare e bellicista: “In un’intervista rilasciata alla rivista Vita il mio socio Wu Ming 2 aveva osservato: Se parlo del contenimento di un contagio come di una guerra, con i suoi caduti, i suoi eroi, i suoi martiri, i bollettini giornalieri dal fronte, gli ospedali come trincee, le battaglie quotidiane, gli alleati, il virus che diventa «un nemico», questo mi porterà ad applicare la stessa cornice anche ad altri casi, quasi senza accorgermene. In tempo di guerra, si accetta più facilmente la censura, l’esercito per le strade, la restrizione delle libertà, il controllo sociale. In tempo di guerra si è tutti al fronte, tutti sottoposti alla legge marziale, tutte e tutti con l’elmetto in testa. A forza di evocare metaforicamente la guerra, ecco che la guerra arriva davvero.” (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 342).
Questo lavoro svolto con rara efficacia dai media mainstream ha indirizzato i cittadini vessati dal lockdown verso un nemico immaginario. “Nelle case, spentasi la fiamma tricolore, l’umore era rapidamente peggiorato. E contro chi si sono sfogati i reclusi? Non contro le autorità, non contro le istituzioni responsabili della situazione, non contro la classe politica che aveva devastato la sanità pubblica. No, se l’erano presa con altri reclusi. Come aveva fatto notare Miconi, «io resto a casa» si era trasformato in «c’è troppa gente in giro», nonostante le città fossero praticamente deserte.” (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 351). Il fenomeno ha poi raggiunto livelli parossistici con la criminalizzazione del Novax a mezzo stampa, televisivo e digitale. Persecuzione presto normata ufficialmente con il Green pass, semplice e rafforzato, e l’istituzione di ghetti domestici e lavorativi dove poter rinchiudere i delinquenti.
Il lockdown nel corso dei mesi si è trasformato andando a favorire la produzione a discapito della salute dei lavoratori. La narrazione diversiva ha concentrato sulla scuola, sulla cultura e sul tempo libero le responsabilità della diffusione del virus. Un errore, palesemente dimostrato dai dati stessi dei contagi, ha inferto danni irreparabili soprattutto ai giovani favorendo il capitale. “«Ma come potete dire che il capitalismo trae vantaggio da questa fase, con tutti i crolli in borsa e i fallimenti di imprese che ci sono stati?», obiettava qualcuno. Toccava spiegare che esisteva una contraddizione, per usare le parole di Marx nel terzo libro del Capitale, «tra [la] potenza generale sociale alla quale si eleva il capitale e il potere privato del capitalista sulle condizioni sociali della produzione». Le crisi, tanto più le crisi epocali come quella a cui stavamo assistendo, potevano danneggiare il potere privato di singoli capitalisti, rovinare aziende o anche interi comparti dell’economia, provocare ruzzoloni in borsa ... e al tempo stesso rafforzare il capitale come potenza generale sociale, come sistema nel suo complesso. L’omeostasi avveniva a tutela del sistema, non di ciascun membro della classe dominante. Anzi non ci sarebbe stata «distruzione creatrice» senza la periodica rovina di parti dell’economia. Mors tua vita mea ad maiorem capitalismi gloriam.
Di fronte a tutto questo, non c’era da stupirsi che nascessero fantasie di complotto. C’era da stupirsi che non ne nascessero anche di più. Chi si limitava a fare debunking di quelle fantasie, senza riconoscere gli enormi nuclei di verità intorno a cui si formavano, contribuiva a una dialettica viziosa e all’omeostasi del sistema. Detta in modo più brutale: faceva il gioco del potere.” (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 359-360). Per usare le stesse parole di Wu Ming 1 questo fiorire di fantasie di complotto sul potere occulto altro non erano che “anticapitalismo che sbagliava bersaglio”.
La prima parte del libro si chiude con il racconto dell’assalto a Capitol Hill e delle interazioni tra i fatti descritti e QAnon, senza dimenticare le ramificazioni di quest’ultimo in Italia.
II parte - QAnon: filamenti di genoma transatlantico, collect from good authorities
La seconda parte del libro è interamente dedicata alla “genealogia transatlantica di QAnon ... transatlantica perché non si trattava di americanate c’era tantissima Europa in quella storia ... processi di lungo corso che avevano portato a QAnon ...” (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 391). Per questa ricostruzione Wu Ming 1 immagina un dialogo a tre presso il bar Pilade con Belbo e Diotallevi, i personaggi del Pendolo di Foucault. La narrazione inizia con “l’accusa del sangue”, il fil rouge che guida il complottismo sin dalle sue origini. Le fantasie di complotto fondate sull’uso improprio del sangue umano iniziano con la persecuzione degli ebrei, rei di aver versato quello di Cristo e per questo ciclicamente accusati di strani riti. QAnon ne fa un punto nodale del proprio credo con la teoria dell’adenocromo, un preparato estratto dal sangue dei bambini precedentemente rapiti. Grazie a questo prodotto Hillary Clinton, Bill Gates, George Soros, Tom Hanks e un’altra pletora di personaggi e politici della cosiddetta sinistra americana, sarebbero in grado di allungare la propria vita e perpetrare il loro complotto giudaico massonico.
La storia di questo complottismo del sangue si snoda in Europa nel corso dei secoli, tra vampiri, streghe, complotti giudaici, riti e patti satanici. Le prove tutt’altro che evidenti di queste fantasie si accumulano e si stratificano nelle menti divenendo fatti, la cui antica origine consolida la credibilità del complotto. La cospirazione arriva poi in America con la grande migrazione dei puritani inglesi tra il 1620 e il 1640. A loro si deve l’esportazione della “caccia alle streghe” che tante vittime aveva già fatto in Europa. Venti furono le vittime del processo alle streghe di Salem, da aggiungersi a diciassette già precedentemente giustiziate, centocinquanta gli arresti e circa duecento gli indagati per stregoneria e altre amene attività demoniache.
Oltreoceano poi il diavolo riesce ad assumere le forme più strane a cominciare da quelle comuniste, perseguitate dal senatore Joe McCarthy negli anni ’50 con la stessa sindrome paranoica che aveva caratterizzato la caccia alle streghe. Negli anni ’60 e ’70 presero vita una miscellanea di fantastiche teorie: dalle posate piegate di Uri Geller agli esercizi di telecinesi; dalle imminenti invasioni aliene all’Area 51; dalla parapsicologia ai super poteri del nostro cervello; dalle apparizioni demoniache piuttosto reali della The Manson Family a quelle più eteree dei dischi in vinile ascoltati al contrario. A prendere le redini del cospirazionismo, lasciate libere da Joe McCarty, subentrò Robert H. Welch fondando e presiedendo per un quarto di secolo la John Birch Society, un’organizzazione di estrema destra nata nel 1958. Con lui la “caccia al comunista” assunse toni parossistici. Anche la new age, in parte assorbita dalle correnti destrorse, andò a comporre il complesso quadro del complottismo americano. Anche la fine della segregazione dei neri contribuì ad alimentare quei sentimenti razzisti mai sopiti nella vasta area del suprematismo bianco. Sempre negli anni ’70 nacque la leggenda degli snuff movies e il diavolo tornò a pervadere la cultura statunitense con la saga cinematografica avviata da “L’esorcista”.
“... alla fine degli anni Settanta abbiamo Satana, il revival degli Illuminati, le basi sotterranee, il deep state che compie abusi sui bambini, i film con vere torture e uccisioni, legioni di madri angosciate, l’estendersi delle reti del fondamentalismo evangelico, la New Age ... In potenza, c’è già tutta quanta la narrazione di QAnon. ... QAnon è un fenomeno del ventunesimo secolo, si sviluppa dopo quarant’anni di neoliberismo e globalizzazione, e non è immaginabile senza i social network. Come detto, a essere innovative sono le dinamiche. I significanti, potremmo dire. Ma i significati c’erano già tutti. I tòpoi sono antichi. Ad ogni modo, sebbene QAnon sia ancora lontano al termine degli anni Settanta i vari elementi della narrazione stanno già convergendo. La prima sintesi che producono è il cosiddetto «abuso rituale satanico». O meglio, non l’abuso rituale satanico in sé, ma il ricordo dell’abuso rituale satanico che riemerge dall’inconscio dopo anni di rimozione”. (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 481).
Va notato che in questo lungo cammino che il complottismo ha compiuto dalle sue origini alto medievali a QAnon non sono mancate e non mancano tutt’ora strette connessioni con la Chiesa Cattolica e con la creazione del nemico immaginario per eccellenza: Satana, il diavolo, il male assoluto. Personaggio che tornò alla ribalta negli anni ’80 con il backmasking (l’inserimento di messaggi nascosti nelle registrazioni audio) e più palesemente con la musica metal. Dopo i Beatles, con la finta morte dei Paul e i Rolling Stones, con “Simpaty for the devil”, a farne le spese stavolta furono gruppi come gli AC/DC con Highway to Hell e i Judas Prist, addirittura rinviati a giudizio nel 1990 per istigazione al suicidio per aver affermato “Do it” (Fallo) in una loro canzone.
L’influenza della Chiesa Cattolica tra papato, opus dei e altre amene combriccole ovviamente non hanno esentato l’Italia dal “ritorno del diavolo”. Nella sua dettagliatissima analisi Wu Ming 1 fa riferimento, a tal proposito, al caso “Bambini di Satana”, nel quale è stato inventata dal nulla una fitta rete di pedofilia rituale fatta di sabba improbabili e riti immaginari che nessuno ha visto o sentito nonostante fossero tenuti a pochi metri dai centri abitati. Poco dopo, a fine millennio è stata la volta dei “Diavoli della Bassa Modenese”, una presunta setta dedita a sacrifici umani e violenze sessuali di bambini. Accuse, queste costruite sull’interrogatorio forzoso di bambini costretti ad inventare ciò che gli inquirenti volevano sentirsi dire.
La dettagliatissima inchiesta di “La Q come Qomplotto” si chiude con l’arrivo di QAnon in Italia nel 2018 con il “caso Bibbiano”, cavalcato dalla destra classica e dall’ala complottista e destrorsa del Movimento 5 Stelle. “... Attenzione, perché si sta verificando un fenomeno importante: dopo quasi vent’anni una parte della destra italiana torna ad agitare lo spettro del pedosatanismo e dell’abuso rituale. Così abbiamo due fantasie di complotto che in teoria dovrebbero escludersi a vicenda e invece coesistono. Dovrebbero contrapporsi e invece si completano. La prima dice che l’abuso rituale satanico non esiste, a far credere che esista è la «sinistra» - qualunque cosa voglia dire quest’espressione – che fa il lavaggio del cervello ai bambini e vuole distruggere la Famiglia. La seconda dice che l’abuso rituale satanico esiste eccome, e la «sinistra» è parte della Cabal che lo pratica. A volte non solo lo stesso gruppo ma la stessa persona passa indifferentemente dall’una all’altra narrazione a seconda delle esigenze e del bersaglio polemico del momento. Basta ascoltare don Livio Fanzaga, direttore dell’emittente Radio Maria. Più che una contraddizione, è una vera e propria aporia. Aporia che troviamo ormai pienamente operante nel «caso Bibbiano». ...
... Da una parte la destra sguazza nel cospirazionismo più bieco; dall’altra la «sinistra» pensa che sia tutta una bufala e che a Bibbiano non sia successo niente. È un dato di fatto: dopo il 6 dicembre, giorno in cui la cassazione revoca le misure cautelari al sindaco Carletti, il PD si disinteressa della faccenda, come se fosse già finita. Insomma le distorsioni causate dal cospirazionismo occultano le vere linee di frattura e producono un surrogato di conflitto. Si chiude ogni spazio per chi non vuole aderire a fantasie di complotto ma non vuole nemmeno scartare a priori sensate ipotesi di complotto. Perché quei centootto fatti di reato ipotizzano un complotto, che potenzialmente ha ogni caratteristica dei complotti reali: ha un focus preciso, è messo in pratica in modo imperfetto da un numero di attori limitato la cui attività è cessata con l’arresto, ed è immanente a una precisa fase storica, inimmaginabile senza le varie «riforme» che nel corso degli anni hanno «esternalizzato» e di fatto privatizzato sanità, assistenza, servizi, welfare... Le fantasie di complotto su Bibbiano hanno impedito di parlare di questo. Ancora una volta il cospirazionismo ha difeso il sist...”. (Q di Qomplotto – Wu Ming 1 – Alegre – 2021 pag. 559- 563).
Tutta la seconda parte nel suo insieme esprime anche un ultimo concetto di importanza non secondaria. Nella costruzione di una fantasia di complotto, la “narrazione tossica” è lo starter intorno al quale si incollano altre narrazioni tossiche e diversive che, stratificandosi come prove inconfutabili della veridicità della prima, confermano l’esistenza di un complotto molto articolato. Tra queste le più importanti, al fine della costruzione della Verità complottista, sono quelle che attestano l’antica origine della cospirazione. L’esempio più tangibile è quello del complotto giudaico-massonico, che trova conferma nei molteplici fatti storici nonostante siano anch’essi del tutto inventati. Riprova questa cui si deve l’affermazione che “I protocolli dei Savi di Sion” saranno anche falsi ma dicono il vero, sostenuta altresì dalla meravigliosa parafrasi del Marchese del Grillo: “tu sei giudeo ... i tuoi antenati falegnami hanno fabbricato la croce dove hanno inchiodato nostro signore Gesù Cristo, posso essere ancora un po’ incazzato per ‘sto fatto?”. L’intento del Marchese, come raccontato nella successiva scena era solo quello di dimostrare come il potere di un aristocratico fosse superiore alle palesi ragioni di un “plebeo morte de fame”. Così più antiche sono le origini della fantasia di complotto più tempo questa ha avuto per radicarsi nella mente della gente e nella cultura popolare, acquistando sempre più credibilità e finendo per servire gli interessi di più “padroni”.“Siete ebrei, sì, e allora se sono duemila anni che vi perseguitano una ragione ci dovrà pur essere?” (Anonimo).
Riassunto delle puntate precedenti
Una volta finita le lettura di “La Q di Qomplotto” le perplessità sull’origine dei complottismi destrorsi che delegittimavano la vasta area di dissenso pandemico e pacifista erano scomparse del tutto. Ora mi appare chiaro come sia facile cadere nelle trappole del cospirazionismo in momenti storici particolari come quello che stiamo vivendo. Nell’articolo divide-et-impera-il-grande-complotto facevo presente come “... in un momento così incerto e difficile il mistero acquisti sempre un grande fascino. L’ignoto, così come l’inspiegabile, generano sgomento e insicurezza. Se le istituzioni, invece di promuovere la solidarietà, alimentano la paura al fine di perseguire un interesse diverso da quello comune, le teorie del complotto, la stregoneria, la magia e la superstizione prendono il sopravvento. L’essere umano è storicamente e culturalmente strutturato in questa maniera, quando ha paura dell’ignoto cerca e trova una spiegazione al di fuori della “ragione”. Così, per dare un senso al mistero della morte, sono nate tutte le ottanta tra religioni e confessioni che assistono i propri fedeli nell’incertezza del futuro e del trapasso.”
In questi momenti di crisi è sufficiente una piccola innocente, o anche consapevole, “narrazione tossica”, coadiuvata da più “narrazioni diversive”, per innescare e poi strutturare una fantasia di complotto nelle menti spaventate. Fantasia che acquista sempre maggiore credibilità in virtù del fatto di soddisfare più esigenze nello stesso momento. Da un lato il complottista si sente rassicurato dall’essere un “risvegliato”, un essere eletto che conosce la Verità ignota a tutti coloro ancora assopiti. Questa conoscenza gli permette di sfuggire alle drammatiche conseguenze del complotto ormai svelato, effetti che invece ricadranno su tutti gli altri. Di contro il “sistema” che si nasconde tessendo la fitta rete del complotto alimenta con le sue “narrazioni diversive” queste fantasie evitando, in questo modo, la strutturazione di un dissenso organizzato ed efficiente.
Alla luce delle dinamiche complottistiche svelate da Wu Ming 1, la contraddizione insanabile tra il negazionismo delle origini antropiche dei cambiamenti climatici e il palese carattere antropico delle scie chimiche, solo per fare un esempio, diventa una prova inconfutabile della grande cospirazione che si nasconde dietro la propaganda di regime. In quest’ottica i “risvegliati” invece di tentare di sanare questo tipo di incoerenze, che caratterizzano tutte le fantasie di complotto, le recepiscono come sostegno a quell’esigenza di “incanto”, di “meraviglia”, di mistero senza la quale l’inganno non avrebbe alcuna possibilità di attecchire.
Sempre nell’articolo divide-et-impera-il-grande-complotto avevo tentato una classificazione delle fantasie di complotto che avevano caratterizzato gli ultimi tre anni e non solo. Una vera e propria suddivisione risultava, e risulta tuttora, impossibile in quanto le diverse fantasie si intrecciano tra loro nel tentativo di confermarsi vicendevolmente come reali e credibili. L’inchiesta di Wu Ming 1 aiuta a comprendere come i principi destrorsi che infarciscono tutte le fantasie di complotto provengano in gran parte dal lavoro svolto negli Stati Uniti da QAnon. Purtroppo, però, questi elementi sono stati recepiti anche da coloro che sono caduti nella trappola pur se collocati culturalmente a sinistra. È interessante riesaminare le fantasie di complotto alla luce di queste contaminazioni destrorse e della loro interazioni con le altre:
- Il complotto giudaico massonico. Il mondo è controllato economicamente da un ristretto numero di persone, che complottano per mantenere in uno stato di sudditanza tutto il resto della popolazione. Questo gruppo è una discendenza giudea, a volte sono cloni, altre extraterrestri, altre ancora cospiratori dediti all’estrazione di adenocromo da bambini innocenti sacrificati allo scopo. Sono sempre di “sinistra”, dove con il termine si identificano quei partiti, come il Democratic Party e l’omonimo italiano, cui tutto si può imputare tranne l’essere di sinistra. In ogni caso fanno comunque parte del “Deep State”. Questa fantasia di complotto ha avuto il “merito” di accreditare soggetti come Donald Trump, Vladimir Putin, Recep Tayyip Erdoğan, Viktor Orbán, Imran Khan, etc. come oppositori al neoliberismo imperante, difensori della libertà e paladini della democrazia.
La pseudo sinistra artefice del complotto, secondo questa teoria, avrebbe pianificato una serie di orrori il cui scopo non è del tutto chiaro. Il primo è il genocidio di buona parte dell’umanità per risolvere il problema della sovrappopolazione. Il secondo è il controllo della parte rimanente mediante l’inserimento di nano-chip per mezzo di vaccini, il G5 e altre amene fantasie. Il piano ovviamente è estremamente articolato ma tutto ufficialmente documentato nei Protocolli dei Savi di Sion e nel Great Reset di Klaus Schwab. Palesi le attinenze con i deliri di QAnon e la sua Kabbalah. Il piano, segreto ma non troppo, si fonda sull’interazione con tutti e cinque gli altri grandi complotti.
- I cambiamenti climatici. L’ossimoro determinato dalla presenza contemporanea, nell’area del dissenso, del negazionismo totale dei cambiamenti climatici, del negazionismo della loro origine antropica (ci sono sempre stati, dipendono dal sole e da altri fattori atmosferici) e del credo dell’utilizzo della geoingegneria per determinare alluvioni, siccità, terremoti e quant’altro, non è l’unico elemento del complotto. Anche tutta la contestazione ambientale da Friday for future a Ultima Generazione, da Extinction Rebellion a Sunrise Movement, è risulterebbe palesemente pilotata dalla pseudo sinistra per far credere ai non “risvegliati” che esista un immaginario problema ambientale.
Anche in questo caso la lista delle “prove” dell’assenza dei cambiamenti climatici è lunga almeno quanto quella dell’esistenza degli stessi a mezzo geoingegneria. Il successo dell’influenza complottista statunitense e il radicamento del negazionismo della questione ambientale su scala mondiale è dovuto in gran parte alla forte promozione realizzata in materia Donald Trump. Successo ottenuto nonostante questa forma di negazionismo fosse stata già analizzata e smontata da Naomi Klein con le attività della lobby estrattivista, principale finanziatore delle campagne elettorali repubblicane. Forti in questo caso le interazioni con il complotto giudaico massonico e quello del transumanesimo.
- Il controllo delle menti. L’élite giudaico massonica per realizzare il proprio piano, segreto ma non troppo, ha bisogno di gestire il pensiero della plebe. Difficile comprendere il ricorso a sistemi complicatissimi e dalla dubbia efficacia, come nano-chip e G5, quando la Kabbalah possiede o controlla con il ricatto pubblicitario la quasi totalità dei media, inclusi social, motori di ricerca e ora anche le più o meno “open” AI. Non contenta di tutto ciò la pseudo sinistra ha architettato anche diversi piani di coercizione della libertà dei propri sudditi, sopprimendo i diritti civili di alcuni favorendo, invece, quelli della comunità LGBTQ+. Di questo piano fa parte anche il finanziamento delle rivoluzioni arancioni in quei paesi che, pur se privi dei più elementari diritti, diventano improvvisamente paladini della dittatura democratica. Il finanziamento è opera di George Soros, uno dei capi della Kabbalah.
Più che una connessione con QAnon questa sembra una dissociazione dalla realtà, non so se momentanea o semipermanente. A fronte di un problema reale (basti pensare alla detenzione illegale di Julian Assange, alla soppressione dei diritti umani, civili e sociali operata durante la pandemia, a quella derivante dalla partecipazione attiva alla guerra in Ucraina, etc.) il complottista medio preferisce immaginare piani, sempre segreti ma non troppo, e finalità oscure non determinate. Informazioni di primaria importanza, dagli Ufo all’Area 51, dal finto allunaggio alle più disparate attività paranormali, vengono celate per impedire il risveglio dei dormienti. Una sorta di Matrix costruito non da macchine ma dalla Kabbalah. In questo caso le interazioni, segrete ma non troppo, sono soprattutto con il complotto giudaico-massonico, con il transumanesimo e la pandemia.
- Il transumanesimo. Oltre a modificare se stessi con l’adenocromo, ad essere dei cloni o addirittura degli extraterrestri, i membri della Kabbalah avrebbero ordito un complotto, segreto ma non troppo, per modificare anche gli altri essere umani. Come al solito il fine non è ben chiaro, a volte è per perpetrare il genocidio, altre per governare i sopravvissuti o per controllare le nascite rendendo l’umanità omosessuale nella sua interezza. In quest’ultimo caso la sopravvivenza del genere umano sarebbe assicurata dalla trasformazione dello stesso in ibridi robotizzati. Le prove del complotto sono sotto gli occhi di tutti: il mangiare insetti, la produzione di cibi sintetici, l’inoculo di vaccini, la somministrazione di nano-chip, la promozione della “confusione sessuale” nei minori; il cambio di genere, la pedofilia (esclusa ovviamente quella diffusissima nella chiesa cattolica), il satanismo, l’Intelligenza Artificiale, il G5, Genitore 1 e Genitore 2, l’asterisco, la fecondazione eterologa, la maternità surrogata, l’eutanasia, etc. etc. etc. etc.
Di tutti i complotti il transumanesimo è quello che risente di più dell’influenza della cultura cattolica e della cultura della “tradizione”. Fondamentalmente conservatrice, esprime la maggior parte delle caratteristiche destrorse del dissenso contemporaneo. Per questo ha strette connessioni con il credo QAnonista e perora un ritorno al passato “genuino” dove certe storture non c’erano, un passato in cui era chiaro a tutti che dio avesse “creato solo due generi il maschio e la femmina”. Dalla fantasia di complotto transumana derivano anche quelle tendenze antiabortiste che, predicando il rispetto del diritto alla libera scelta della cura in merito ai vaccini, non si fanno alcun problema a privare la donna dei propri diritti. Privare la comunità LGBTQ+ di qualsiasi diritto è dato per scontato, in quanto l’omosessualità è una malattia e come tale va curata. Quindi niente fecondazione eterologa e maternità surrogata. Il transumanesimo interagisce, senza mai farsi notare troppo, con tutte le altre fantasie di complotto, ponendosi spesso come conferma della tesi presa in esame.
- La pandemia. Il Covid-19, o meglio la delirante gestione della pandemia, è stata una vera fucina di fantasie di complotto. Elencarle tutte è un’impresa ardua e impervia cui, tra l’altro, mi sono dedicato spesso in altri scritti. Inoltre, dopo tre anni di menzogne mainstream dovrebbe essere abbastanza chiaro che i due fronti hanno recitato un copione del teatro dell’Assurdo, un “Aspettando Godot” di Samuel Beckett in cui la simbiosi tra gli opposti (Vladimiro ed Estragone, così come Pozzo e Lucky) esprime l’assurdità della vita e della pandemia.
Più interessante quindi in questo contesto analizzare la funzione delle fantasie di complotto e soprattutto il loro influsso sulla gestione della pandemia. Negli Stati Uniti, QAnon e lo stesso Trump hanno promosso il negazionismo: “il virus non esiste, non è mai stato isolato”; “è un’invenzione della «sinistra» [sempre quella pseudo] per limitare la nostra libertà”; ... per inocularci nano-chip, veleni, condizionatori mentali e altre meraviglie della tecnologia. Anche in Italia il negazionismo ha riscosso un certo successo con la sua capacità di “incantare” aprendo infinite porte a illimitate fantasie di complotto. In questo modo la pandemia è riuscita a interagire con tutte le cospirazioni note e a crearne alcune di altissimo valore fantascientifico.
- La sostituzione etnica. Terminologia che in realtà racchiude un ampio insieme di teorie complottiste che fanno tutte capo a un antichissimo concetto di superiorità razziale. Le origini di questo male, al solito, sono religiose e, in questo caso, non sono ascrivibili esclusivamente ai culti monoteisti. Basti pensare alla divisione in caste che ha devastato l’India per secoli. All’origine del “complotto”, almeno per quanto riguarda il mondo occidentale, c’è l’atavica paura della morte. Terrore che ha indotto l’uomo a creare a propria immagine e rassomiglianza un dio unico, cui attribuire la responsabilità e la soluzione del problema. Il secondo passo è stato quello di delegare a questa nuova creatura il compito di scrivere le regole sociali, il cui rispetto avrebbe consentito l’accesso alla vita eterna. Per redigere queste norme c’era bisogno di un tramite, presto individuato in soggetti “illuminati”, il cui “stato di grazia” consentiva e consente tutt’ora un dialogo diretto con l’entità superiore.
La neanche piccola differenziazione ha creato la prima delle scale gerarchiche, un po’ come era già successo con le religioni primitive in cui lo sciamano svolgeva le mansioni poi assunte dai profeti. Per ammantarsi del senso di giustizia i profeti, su precise indicazioni del diretto superiore, stabilirono il necessario principio che tutti gli uomini fossero uguali davanti a dio. Norma questa che, in ogni caso, salvaguardava i privilegi della casta sacerdotale e in secondo luogo istituiva un’ulteriore differenziazione: chi era davanti sarebbe stato uguale; tutti coloro che si trovavano a destra o a sinistra un po’ meno uguali; tutti quelli collocati dietro, gli infedeli, sarebbero stati addirittura perseguitati.
In questo modo fu creato il primo “nemico immaginario”, colui cui imputare tutte le responsabilità delle calamità che il Signore mandava sulla terra. Dalla distruzione di Sodoma e Gomorra, passando per il Diluvio Universale, alcune minoranze e a volte anche delle maggioranze sono state individuate allo scopo di creare una gerarchia, una divisione, che, dietro il paravento della teodicea (giustizia di dio) tendeva a dividere il mondo in buoni e cattivi. Così nelle forche caudine del bene e del male sono finiti, nel corso dei secoli, gli infedeli, gli ebrei, le streghe, i vampiri, gli zingari, i “negri”, etc. Negli ultimi anni il male ha trovato infinite rappresentazioni, con eroi, vittime e bisognosi trasformati in “nemici immaginari” nel giro di pochi mesi. Mussulmani, albanesi, polacchi, rumeni, migranti in genere, ma anche capi di stato come Saddam Hussein o Vladimir Putin trasformati da santi a demoni secondo le esigenze del momento.
La costruzione del “nemico immaginario” è alla base dell’autoformazione delle fantasie di complotto che attanagliano quasi tutto il mondo occidentale. Da QAnon con tutta la destra xenofoba alle forze antisistema di sinistra, da quelle né di sinistra né di destra ai moderati di centro, tutti sembrano gareggiare tra loro nell’elaborazione di cospirazioni sempre più arzigogolate. In questo modo è nata la minaccia fantasma del genocidio dei bianchi e della loro “sostituzione etnica” ad opera di oscuri nemici diversamente colorati. La contraddizione di tutte queste fantasie di complotto risiede nel fatto che a manovrare questi demoni del male sarebbero dei bianchi, George Soros su tutti, non si sa se spinti da un istinto suicida o da insana passione per il “diverso”.
Chi elabora fantasie di complotto si percepisce come perseguitato da un élite ristretta, generalmente posta al vertice di un potere piramidale, sia esso economico e/o politico. Questa casta, secondo le fantasie di complotto, manovra i fili di un ingente numero di burattini per perseguire i propri fini persecutori. Molto spesso le marionette e i “nemici immaginari” coincidono, creando un curioso conflitto in cui l’artefice della cospirazione, l’élite, partecipa solo marginalmente. In questo modo è nata ad esempio l’avversione, non solo qanonista, nei confronti del movimento Black Lives Matter. O anche quella nei confronti di Ultima Generazione, malvisti sia dall’area moderata ambientalista, a causa dei loro atti di disobbedienza civile, sia dalle forza antisistema negazioniste, che li considerano burattini del sistema impegnati nella promozione della falsa emergenza climatica.
Con la stessa logica la comunità LGBTQ+ è finita nell’occhio del mirino, come già avvenuto quasi quattromila anni fa alle licenziose città di Sodoma e Gomorra. Così una sostanziosa porzione dell’establishment promulga leggi per limitarne i diritti, mentre larga parte del cospirazionismo attribuisce alla comunità la responsabilità della promozione di importanti “deviazioni” etiche. Il risultato di questo vortice interattivo tra presunti cospiratori e complottisti è quello di trovare sempre nuovi “nemici immaginari” da perseguitare, novelle minoranze da vessare e, in alcuni casi, qualche maggioranza da combattere.
Il complotto della “sostituzione etnica” o meglio della vessazione delle minoranze, interagisce strettamente con il primo, il complotto giudaico massonico, e con il quarto, il transumanesimo. Con modalità diverse interviene anche negli altri, soprattutto con la funzione di “far sbagliare mira” al dissenso indotto da tutte le narrazioni tossiche e diversive. Come vedremo in seguito questa fantasia di complotto è lo strumento più efficace per “nascondere la sutura”.
Teorie a confronto
Di fronte ad una così articolata rete di fantasie di complotto è del tutto inutile, e spesso dannoso, contrapporre un’attività di debunking, tesa a smontare una singola maglia della trama, creando per altro solo un’altra verità tanto assoluta, e quindi sbagliata, quanto quella che si intendeva confutare. Ho fatto qualche esperimento sui social pubblicando piccole inchieste che rendevano palese l’inconsistenza del complotto delle scie chimiche. Il risultato è stato quello di suscitare l’ira dei complottisti, sia quelli destrorsi, sia i “post-ideologici”, né di destra né di sinistra, sia quelli che si professano anarchici o di sinistra. In secondo luogo la mia credibilità di dissidente è stata messa in discussione, ho perso seguito e considerazione.
Per comprendere il perché di questa reazione, spropositata se riportata alla piccolezza della questione, occorre analizzarla. Di fronte alla contestazione di quella che il complottista considera ormai una realtà oggettiva, costui non ha difficoltà ad argomentare le proprie ragioni in maniera approfondita: le scie chimiche esistono e sono il frutto di un piano preciso dell’entità occulta di riferimento, che raramente viene menzionata; il piano non è uguale per tutti, dipende dalla fonte da cui vengono tratte le informazioni e spaziano dal condizionamento climatico finalizzato a causare disastri ambientali, di carattere civile e bellico, alle trasmissioni militari e al controllo delle popolazioni; per avvalorare la tesi vengono fornite le prove che consistono di foto e di relazioni di parentela con esperti meteorologi, fisici di caratura internazionale, operatori aeroportuali, esperti, gente che queste cose le sa, etc. etc.
Affiora nelle affermazioni una rabbia di fondo tipica di coloro che, essendo in possesso della Verità, si ritrovano costretti a confrontarsi con l’ignoranza propria di chi invece brancola nel buio, non riesce a vedere l’ovvio, non ascolta la verità e farebbe meglio a non parlare. Tentare il debuking di una fantasia di complotto non solo è inutile ma cercare di imporre la Verità dell’inesistenza delle scie chimiche è addirittura controproducente. Rafforza la convinzione dell’esistenza del complotto. Questo avviene perché le scie chimiche svolgono un compito estremamente importante, rassicurano e forniscono una risposta ragionevole, una causa reale e palpabile, in merito al “mistero” dei disastri ambientali e degli eventi meteorologici eccezionali, quelli che una volta erano attribuiti al “castigo di dio”. In altri casi la scie chimiche assumono la funzione di portare alla luce un segreto, il complotto appunto, svelando le responsabilità e/o le modalità con cui i cospiratori perseguono il proprio scopo.
Le scie chimiche costituiscono “l’incanto” che risolve il “mistero”, così come l’invenzione di una pletora di divinità, e delle conseguenti religioni, ha “meravigliato” l’uomo rassicurandolo in merito al “mistero” della morte. Alla base di ogni fantasia di complotto, così come di tutte le religioni, c’è la paura dell’ignoto per superare la quale è necessario compiere un atto di fede, un’adesione a una credenza stratificata da secoli di “credi” simili tra loro che fanno assurgere a Verità assoluta una fantasia di complotto o una religione. Sperare di smontare con la Verità appena nata di un debunking questo millenario atto di fede, religioso o complottista che sia, è come pensare di poter convincere il Papa del fatto che dio non esiste perché essendo cambiate le regole da lui dettate, il Signore non può essere infallibile, onnisciente e onnipresente.
Qualsiasi sia la ragione per la quale si voglia confutare una fantasia di Complotto o anche un’ipotesi di complotto, come dice Wu Ming 1 , è necessario “mostrare la sutura senza togliere l’incanto”. Quello che segue è l’ennesimo tentativo da parte mia di riuscire in questa memorabile impresa. A tal fine, però, devo prima fare una piccola considerazione in merito alla definizione di complotto come anticipato nell’analisi della prima parte di “La Q di Qomplotto”. Tutte le definizioni di complotto di fatto riportavano una specifica che poteva sembrare secondaria, cui ho però detto di fare attenzione: un complotto è tale solo quando viene architettato “contro chi detiene il potere politico”; per “rovesciare un potere”; “ai danni di chi detiene il potere e delle autorità costituite”.
Risulta quindi evidente che la pratica dell’adenocromo adottata dalla pseudo sinistra statunitense, così come le riunioni del gruppo di Bilderberg, il lobbismo giudaico-massonico, i cambiamenti climatici, il controllo capillare e le restrizioni delle libertà personali, le campagne vaccinali, il transumanesimo, e la vessazione delle minoranze non possono essere considerati complotti, né fantasie né ipotesi, in quanto non intendono rovesciare alcuna forma di potere, anzi nella maggior parte dei casi lo scopo è quello, diametralmente opposto, di mantenere quello vigente. Inoltre nelle postdemocrazie, almeno dal punto di vista teorico, le rappresentanze che detengono il potere sarebbero costituite da una “maggioranza” e non da un piccolo gruppo di cospiratori, contraddicendo così l’altro presupposto fondamentale della strutturazione di un complotto.
Appare quindi evidente, che l’estrazione di adenocromo da bambini inermi, le attività finanziarie di George Soros e quelle di beneficienza di Bill Gates, le scie chimiche, il G5, il vaccino mRna, l’impianto di chip su umani e la sostituzione etnica non possono essere in alcun modo definiti complotti. Sono, qualora se ne appurasse la veridicità, esclusivamente delle strategie che il potere adotta per auto-conservarsi. Può sembrare un esercizio di stile cavillare sull’utilizzo del termine “strategia” al posto di “complotto”, ma in realtà non lo è per due ottime ragioni: la prima è data dal fatto che la differenza tra i due vocaboli costituisce la sutura tra la realtà e l’incanto creato con il trucco o l’inganno che ogni fantasia di complotto porta con sé; la seconda è rappresentata dall’esigenza, una volta mostrata la sutura, di sostituire l’incanto tolto con un altro di pari valore. Nell’esempio dei due maghi proposto da Wu Ming 1 questa sostituzione era incentrata sull’abilità necessaria a realizzare il trucco. Nella realtà delle strategie di auto conservazione del potere il fascino del mistero suscitato dal complotto va sostituito con il disvelamento del mistero che ammanta sempre il fine ultimo della strategia stessa.
Il primo passo da compiere è quindi quello di individuare la sutura di ogni singola fantasia di complotto. Come abbiamo visto queste “teorie” nascono da una “narrazione tossica” la cui origine può essere casuale, innescata per gioco o per scherzo. Più spesso queste hanno un’origine prestabilita, scientemente progettata per colpire una determinata struttura o per difendersi da essa. Altre volte è lo stesso regime che, per mezzo della propria propaganda, sfrutta episodi marginali dandogli particolare risalto per innescare la narrazione tossica. Nell’articolo divide-et-impera-il-grande-complotto facevo l’esempio del “terrapiattismo” nato grazie alla diffusione capillare di una banale notizia relativa alla presentazione di una tesi di laurea all’Università di Sfax in Tunisia.
In seguito, sono le “narrazioni diversive” ad alimentare la credibilità delle fantasie di complotto. La narrazione diversiva può agire alimentando quella tossica o anche rinforzandola per contrapposizione, spesso con un debunking approssimativo che estrapola un concetto parziale dal contesto generale pretendendo di confutare l’intera narrazione. Altre volte le narrazioni diversive vengono diffuse per rinforzare alcune credenze popolari già strutturate. Anche in questo caso molte di queste narrazioni diversive sono intenzionalmente presentate dall’illusionista per attirare nel luogo desiderato l’attenzione dell’opinione pubblica.
Ogni fantasia di complotto per quanto assurda possa apparire contiene sempre elementi veritieri. Sprazzi di autenticità sono contenuti nella “narrazione tossica” primigenia, altri sono nascosti nei meandri delle seguenti “narrazioni diversive”. Infine, le fantasie di complotto, come analizzato nel “riassunto delle puntate precedenti”, tendono a legarsi tra loro assumendo gli elementi veritieri delle altre narrazioni, tossiche o diversive che siano. Generalmente la sutura si trova proprio qui, tra un elemento veritiero e quello falso della narrazione tossica, o tra la narrazione tossica primigenia e le successive narrazioni diversive.
Molto spesso, infatti, le narrazioni diversive vengono consapevolmente inserite nel contesto del racconto tossico con il preciso incarico di distogliere l’attenzione da questi frammenti di verità. La mano dell’illusionista viene agitata per catturare l’interesse pubblico, concentrandola sul corollario di assurdità che corredano ogni fantasia di complotto, mentre l’altra nasconde i frammenti di verità. Questo vale per tutta l’opinione pubblica, sia la parte complottista “risvegliata” sia il “gregge” fedele al regime, entrambe vittime della trappola delle narrazioni diversive e del debunking.
Le due cose in realtà sono espressione della stessa tecnica: si estrapolano elementi da uno studio, un articolo, un post sui social, una teoria, etc.; si decontestualizzano questi elementi dal racconto integrale, eliminando quella piccola parte di verità su cui si fonda la narrazione contestata. In questo modo si riesce a costruire un’altra Verità, parimenti poco credibile come quella primigenia. Le due verità però raggiungono il duplice scopo di rafforzare le certezze di entrambi i contendenti: i “risvegliati” rafforzeranno la loro convinzione di essere nel giusto, in considerazione dell’inattendibilità del debunking; il gregge, assumendo la narrazione diversiva come autentica, avrà la certificazione che la fantasia di complotto presa in esame è completamente priva di fondamento e di qualsiasi elemento anche solo parzialmente veritiero.
Una volta trovata la prassi da seguire per individuare la sutura, il passo successivo e cercare di individuarla nelle varie fantasie di complotto. Nell’articolo divide-et-impera-il-grande-complotto scrivevo: “Le teorie del complotto seguono lo stesso percorso della scienza dogmatica, anche se teoricamente dovrebbero combatterla. Anche esse necessitano di un atto di fede per essere “credute”, in quanto mancano di due elementi essenziali alla dimostrazione della loro veridicità: le prove “scientifiche” e il movente che spingerebbe il responsabile del complotto a realizzarlo.” All’epoca mi era sfuggita l’incompatibilità tra un “atto di fede” e l’accoglimento di “prove scientifiche”, chiarita molto bene dalla lettura di Q come Qomplotto. Per quanti elementi avversi si possano portare ad una fantasia di complotto, un numero sempre maggiore di collegamenti e di narrazioni diversive verranno addotte a confermare l’atto di fede iniziale.
Se l’assenza di “prove scientifiche” risulta completamente inutile allo smontaggio di una fantasia del complotto, diverso è il discorso in merito alla mancanza del “movente”. Per quanto assurda possa sembrare una fantasia di complotto, questa deve mantenere un rapporto logico di conseguenzialità per indurre l’atto di fede iniziale. Molto spesso è sul filo di questo rapporto che si colloca la sutura da individuare. Tornando al gioco di prestigio se il “movente” è ad esempio la sparizione di una moneta da un luogo preordinato e la sua ricomparsa dietro l’orecchio dello spettatore, la sutura si troverà nell’agitazione della mano vuota che, attirando l’attenzione, consentirà all’altra di nascondere la moneta e di farla riapparire. Quindi in assenza di “movente”, cioè il “teletrasporto” della moneta da un luogo all’altro, il gioco così come la cospirazione non hanno alcun senso. Mentre, individuando il “movente” reale, ossia il far scomparire una moneta e farla riapparire in un luogo diverso, si può facilmente scoprire la sutura del gioco e della fantasia di complotto.
Mostrare la sutura
Quello che segue è un tentativo di analizzare le sei categorie di complotto prestabilite in merito all’assenza di movente e all’individuazione della sutura; all’azzardo della restituzione dell’incanto è riservato, invece il penultimo capitolo.
- Per il complotto giudaico-massonico il compito è semplice, non esiste nessuna cospirazione da parte di un ristretto gruppo di adepti. Si tratta dell’ormai famoso un percento della popolazione mondiale che possiede il novantanove percento della ricchezza e, di conseguenza, detiene il potere economico per mezzo del quale controlla quello politico. Questo ristretto gruppo di potenti non ha bisogno di complottare nulla per rovesciare un qualche potere precostituito per il semplice fatto che già possiede l’oggetto del desiderio. Quello di cui ha bisogno sono strategie per mantenere lo status quo e, grazie agli ingenti capitali posseduti, è molto abile nell’elaborarle.
La sutura è qui, le fantasie di complotto relative a Soros, Gates, Rockefeller e Rothschild vari rappresentano la mano dell’illusionista che si agita di fronte al pubblico per nascondere il processo di “accumulazione infinita” che, al contrario di quanto previsto da Marx, non ha condotto il Capitalismo all’implosione ma anzi ne ha rafforzato il funzionamento. Gli elementi di veridicità presenti nelle varie fantasie sono costituiti dal fatto che tutte le persone individuate come autori delle turpitudini (estrazione dell’adenocromo, pedofilia, finanziamento occulto delle più svariate attività destabilizzanti, etc.) fanno tutte parte del vertice di quell’un percento che detiene il potere reale.
- Più complessa l’analisi del complotto dei cambiamenti climatici, in cui la sutura, così come il movente, sono ben presenti e intrecciati nei meandri di molte connessioni. Il primo passo per districare la matassa è la presa di coscienza in merito all’inadeguatezza della locuzione “cambiamenti climatici” per illustrare la questione ambientale e i complessi aspetti dell’Antropocene. Discutere sull’origine antropica o naturale dei cambiamenti climatici è una trappola di distrazione di massa. La questione è molto più ampia ed è facilmente definibile con il termine “Antropocene” un’era in cui è l’uomo a modificare geologicamente il pianeta. Mentre gli “scienziati” discutono se 200 millimetri di pioggia in 24 ore costituiscano un quantitativo anomalo o un episodio già accaduto nella lontana primavera del 1983, centinaia di specie animali si estinguono soffocate dalla plastica dispersa in mare e in terra; migliaia di specie vegetali scompaiono grazie all’avanzata degli ogm della Bayer-Monsanto; la biodiversità viene annientata dalla cementificazione eccessiva, causa principale questa anche dei danni e dei morti dovuti agli eventi atmosferici estremi o normali, nuovi o già registrati che siano.
Le aziende estrattive, le stesse che sostengono Donald Trump e il negazionismo dei cambiamenti climatici su cui si concentrano le polemiche ambientali, ne approfittano per distruggere intere regioni del pianeta con il fracking (tecnica estrattiva della fratturazione idraulica). Scorie radioattive e tossiche vengono disseminate per il mondo grazie a incidenti e a procedure di immagazzinamento quanto meno approssimative. L’elenco delle azioni con cui l’uomo determina questi cambiamenti geomorfologici e di conseguenza anche pedoclimatici è pressoché infinito. La sutura da mostrare corre lungo questa dorsale: si discute solo di cambiamenti climatici e di CO2 nell’atmosfera. Si dibatte se l’aumento dell’anidride carbonica presente nell’aria sia causato dall’uomo o dal sole, se il riscaldamento conseguente sia prodotto dall’uomo o meno, se i fenomeni straordinari siano tali o siano sempre esistiti, perdendo completamente di vista il fatto che i danni causati da questi fattori dipendono tutti dall’uomo e dall’eccessivo sfruttamento del territorio. In questo modo l’attenzione si concentra sulla mano che l’illusionista agita di fronte al pubblico mentre con l’altra, non vista, distrugge il pianeta.
Il negazionismo dell’origine antropica dei cambiamenti climatici, così come la sua contraddizione rappresentata dalle scie chimiche di palese genesi umana, stanno riscuotendo un successo senza precedenti in virtù del “movente” presunto dai complottisti. Questo viene individuato nella volontà dei cospiratori (sempre la pseudo sinistra statunitense ed europea) a diffondere il panico e la paura da emergenza climatica. Movente che risulta, infatti, credibile in virtù della raffica di menzogne che il mainstream racconta in merito alla reale emergenza ambientale. Così, ad esempio, recentemente gas e nucleare sono entrati nella tassonomia green, pur derivando da attività estrattive estremamente invasive e producendo scorie che saranno, almeno quelle nucleari, ancora attive anche dopo l’estinzione dell’uomo.
Le continue operazioni di “greenwashing” rendono inverosimile lo stato di emergenza climatica promosso in parallelo. La lista al solito è infinita: l’auto elettrica viene proposta come sostituta di quella a combustile in tempi così stretti che, solo per la produzione, le emissioni di CO2 aumenterebbero invece di diminuire; mentre si promuove una guerra con invio e relativa produzione di armi si installano rigassificatori per far fronte all’emergenza gas; si installano inceneritori invece di promuovere la differenziata e la sostituzione della plastica; si allargano le zone ZTL delle città, le si assoggetta a pagamento favorendo le classi agiate senza implementare il trasporto pubblico elettrico, nel frattempo si costruiscono “passanti” autostradali e ponti inutili, inquinanti e devastanti da un punto di vista ambientale, proprio là dove eventi atmosferici estremi hanno prodotto danni per l’eccessiva cementificazione; etc.; etc.; etc.; etc...
Di fronte a un tale atteggiamento è facile pensare che il “movente” della cospirazione sia quello di instaurare un’emergenza infinita tesa a limitare le libertà individuali favorendo coloro che si possono permettere di acquistarle. Trovata la motivazione, l’atto di fede pronunciato per le scie chimiche assume fondamento “scientifico”. Mostrare la sutura esistente tra cambiamenti climatici e Antropocene diventa difficile perché il complottista in realtà sbaglia di pochissimo la mira nell’individuazione del “movente”. Il “greenwashing” è reale, “veritiero”, e rende palese che i cambiamenti climatici costituiscono la mano agitata dall’illusionista per attirare l’attenzione. Il “risvegliato” e anche il “dormiente” se ne accorgono facilmente, il primo reagisce confermando la propria fantasia di complotto, il secondo chiede maggiore abilità all’illusionista nel realizzare provvedimenti realmente “green”. Nessuno dei due si accorge che anche il greenwashing costituisce una seconda mano, agitata anch’essa per nascondere il movente reale dell’inesistente complotto.
La sutura corre ben nascosta dietro le due mani dell’illusionista entrambe agitate, è realizzata da un partner nascosto al pubblico. Il “movente” reale non è visibile non è comunicato al pubblico che si divide in chi crede all’allarme sui cambiamenti climatici e chi no. I primi si dividono in chi crede che i provvedimenti adottati siano sufficienti e in chi li reputa inefficienti. I secondi si dividono in negazionisti totali, negazionisti dell’origine antropica e fautori della geoingegneria (scie chimiche, terremoti, incendi, alluvioni e altre calamità indotte per mezzo di risorse tecnologiche). Il trucco è riuscito perfettamente: nessuno ha visto il movente reale né tantomeno la sutura; tutti discutono e dibattono su quali tesi sia l’unica veramente scientifica. Nel frattempo il partner dell’illusionista persegue tranquillamente il proprio obiettivo.
Il movente che spinge i due “maghi”, in realtà, è lo stesso delle altre fantasie di complotto ed è il fulcro del sistema economico neoliberista. L’intero sistema si fonda sul principio illusorio della crescita infinita. Non essendo realizzabile per motivi fisici e matematici, l’illusione viene nascosta con la creazione di nuovi mercati, delocalizzazione della produzione, concentrazione dei capitali e molti altri espedienti che fanno crescere il Pil e le disuguaglianze. Ad esempio, per essere sostenibile il mercato dell’auto, su cui si regge almeno il 50% dell’economia occidentale, deve vendere circa 2 milioni di auto nuove ogni anno solo in Italia. Per creare la domanda necessaria a sostenere tale offerta sono stati penalizzati i mezzi pubblici, in seguito è stato ideato il sistema “Euro” per il calcolo dei gas di scarico, che in realtà cambiano di poco. Per sostenerlo sono state introdotte le ZTL al fine di indurre i cittadini ad acquistare sempre auto nuove per poter circolare liberamente. Finiti gli espedienti (i limiti di Euro 5 ed Euro 6 sono praticamente identici) il sistema ha introdotto l’auto elettrica e l’ulteriore inasprimento della ZTL.
Non c’è nessun complotto ma semplicemente una strategia di marketing per vendere di più. Più si vende più si inquina più la questione ambientale si complica. Le emissioni di CO2 sono costantemente aumentate da quando si è cominciato a misurarle. L’illusionista ha sempre agitato la mano con la soluzione green del momento per nascondere il lavoro dell’altra nel produrre profitto privato. Ora è il momento dei “cambiamenti climatici” agitati per favorire la transizione ecologica che, lungi dal ridurre le emissioni, serve solo a promuovere la “crescita” con la sua sempre più forte concentrazione di capitali.
Strategia perfettamente riuscita, con l’intera popolazione occidentale caduta nell’illusione. Da una parte la maggioranza dei sudditi a chiedere una transizione ecologica migliore e dall’altra una minoranza complottista ad inseguire scie chimiche e percentuali di CO2 nell’atmosfera!
- Il controllo delle menti. Anche in questo “complotto” è abbastanza semplice individuare sutura e “movente” reale. Nell’articolo divide-et-impera-il-grande-complotto scrivevo: “Qualsiasi regime del passato, del presente e probabilmente anche del futuro, ha avuto, ha e avrà l’esigenza di controllare i propri sudditi al fine di conservare se stesso. Possono forse essere esonerate dal normale esercizio del potere le comunità primitive dell’Africa, del Nord America, dell’Australia e dell’Amazzonia, che si erano date regole molto vicine all’anarchismo e per questo, in gran parte sono state massacrate. Nel mondo occidentale, invece, la religione ha sempre esercitato questa funzione di controllo sulla popolazione, ognuna con i propri mezzi. Il cristianesimo, ad esempio, ha istituito l’Omelia, una sorta di telegiornale dove con parole comprensibili al volgo si dettavano le regole del Pastore per il proprio gregge. Con l’avvento della ragione le cose si sono complicate un po’ e il controllo del pascolo umano è stato esercitato con mezzi coercitivi e con la paura terrena che sostituiva quella metafisica dell’inferno. Lo sviluppo tecnologico ha fornito, poi, mezzi più persuasivi come la televisione che entrava, ed entra ancora, direttamente nelle case per recitare l’omelia anche al gregge non credente. Infine il web, con i suoi motori di ricerca, i social, gli algoritmi, gli influencer, la censura, il tutto regolato da una efficientissima intelligenza artificiale, ha reso capillare il controllo e il condizionamento dei sudditi.”
L’elemento veritiero che dà forza e credibilità a tutte le fantasie di complotto collegate è la reale esistenza del problema e del movente. Tale attività è svolta chiaramente alla luce del sole con uno spiegamento di forze massiccio che include tutti i media mainstream e una buona parte di quelli indipendenti, inclusi social, annessi e connessi. Motivo per cui non si può definirlo un complotto ma una strategia di autoconservazione del potere. Anche il movente risulta di conseguenza palese: mantenere lo status quo. Le infinite “narrazioni diversive” (i poteri occulti del G5; i nano-cip inoculati con il vaccino; etc.) servono esclusivamente da collante con le altre fantasie di complotto.
- Il transumanesimo. In questo caso il percorso di individuazione della sutura è più complesso, in quanto la fantasia di complotto percorre sentieri diversi sospinta da moventi differenti, molto spesso non specificati e in altri casi piuttosto contorti. Si va dal mangiare insetti e carne sintetica all’istigazione alla transessualità, dall’obbligo di cura, non solo vaccinale, finalizzato alla modificazione del patrimonio genetico umano, al furto dello stesso. Molto forti tutte le fantasie in materia di riduzione della popolazione mondiale, genocidi praticati con mezzi di alto livello tecnologico, il cui scopo sarebbe l’appropriazione delle risorse del pianeta da parte dei sopravvissuti. Una sorta di castigo umano, dalla sembianze molto divine, in cui un gruppo di eletti deciderebbe chi sopprimere (i cattivi) e chi salvare (i buoni). Strettissima risulta la connessione con la sesta categoria di fantasie di complotto, specificatamente per quanto riguarda la sostituzione etnica con la sua contraddittoria soppressione della stessa etnia che ordisce il complotto.
La connessione riguarda anche quella paura dell’ignoto che tende a trasformare una minoranza nel “diverso” cui è possibile attribuire la responsabilità del “peccato” e del “complotto”. Così sono nati tutti i capri espiatori come gli ebrei, i vampiri, le streghe, i “negri”, la magia nera, il satanismo, l’eugenetica, sia quella vera sia la presunta, gli zingari, gli omosessuali con tutte le annesse categorie LGBTQ+, i migranti, i novax e tutte le minoranze da perseguitare al fine di dare un volto e una forma al “mistero”. Questo genere molto vasto di fantasie hanno il pregio di allontanare da se il male, di disumanizzarlo collocandolo in una sfera diversa più idonea ad assumersene le responsabilità.
Districarsi in questo marasma di elucubrazioni diventa un’impresa epica, fortunatamente facilitata dalla comune origine culturale che è di grande aiuto nel riconoscimento della “sutura” e del movente reale, anch’essi condivisi dalla quasi totalità degli intrecci complottisti. Infatti, tutte queste fantasie fanno riferimento alla cultura del sacrificio, tipica delle religioni monoteiste, e si intrecciano con la complessità della cultura popolare legata al rispetto delle tradizioni. Il transumanesimo in tutte le sue forme risponde sempre all’esigenza di disumanizzare il diverso, per un verso e di identificarlo con il male per l’altro. La chiesa cristiana, e da poco meno tempo anche quella islamica, sono riuscite a stratificare questo sentire comune anche al di fuori della propria sfera di influenza diretta.
Il “diavolo” ha assunto forme diverse nel corso dei secoli, divenendo ormai memoria genetica dell’essere umano resistente anche a tre secoli di dominio della ragione. Anzi questo dominio ha fatto sì che anche la scienza fosse trasformata in divinità cui dare la responsabilità della gestione del bene e del male. Così la ricerca, il dubbio e il confronto sono stati trasformati nella Verità assoluta della Scienza. Chiunque si permetta di confutarla è diventato servo dell’arcangelo terrapiattista caduto durante il lungo cammino del metodo scientifico. Figura, questa, che assume le stesse sembianze diaboliche che consentono alla divinità Scientifica di scaricare su di lei le responsabilità dei propri errori.
Quando si parla di divinità, metafisica o scientifica che sia, le ipotesi a disposizione divengono solo due: quella più diffusa in cui dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza e quella opposta, moltomeno stratificata nelle menti umane, in cui l’uomo ha inventato diverse divinità ma tutte con forma molto simile alla propria. Nel secondo caso l’uomo tenderebbe a sostituirsi alla divinità nel capeggiare la lotta contro il male. In entrambi i casi però a non avere senso è la trasformazione in altro da umano di un “male” ormai privato di uno scopo primario, di un qualsiasi “movente”.
Quale sarebbe il senso di questa trasformazione? Ridurre la popolazione mondiale facendo cambiare sesso a tutti? Innestare tecnologie sugli esseri umani per farli diventare robot? Trasformare tutti in extraterrestri per la solita invasione aliena? Ma non è più semplice immaginare che tutte queste trasformazioni, a cominciare dalla chirurgia plastica, altro non sono che merci da vendere! La sutura di questo gruppo di fantasie di complotto è individuabile proprio nella loro comune origine. Il male così come il bene sono sempre stati dei prodotti che si vendono bene, sia al fine di creare profitto sia a quello di concentrare il potere. La mano che si agita per realizzare l’inganno è la pubblicità usata per collocare di più e meglio tali prodotti. Gli elementi veritieri sono costituiti dalla presentazione quotidiana di nuovo prodotti da inserire sul fiorente mercato di tutti coloro che aspirano ad apparire diversamente da quello che sono.
- La pandemia è stata una fonte inesauribile di fantasie di complotto e, caso più unico che raro, anche di qualche ipotesi di complotto. Dividere le prime dalle seconde non è facilissimo perché alcune caratteristiche sono comuni. Uno dei requisiti dei complotti per essere tali è quella di essere organizzati da un gruppo ristretto di persone. In questo caso però il quantitativo di soldi messi in campo per la lotta al virus ha scatenato appetiti senza precedenti. Gli episodi corruttivi sono stati migliaia, l’aggiramento di norme e regolamenti ha coinvolto intere rappresentanze parlamentari e istituti sanitari di decine di paesi. Impossibile in questo senso distinguere un complotto autentico da uno falso, alcune commissioni di inchiesta ne hanno svelati diversi ma molti di più sono stati quelli prudentemente insabbiati.
In secondo luogo la realizzazione di un complotto deve essere eseguita male affinché esso venga scoperto. Il problema qui è che l’intera gestione della pandemia è stata realizzata con un’approssimazione tale da aver ingenerato autonomamente situazioni disastrose senza l’intenzione di architettare complotti. Anche in questo caso distinguere la volontarietà necessaria ad ordire un complotto da una “narrazione tossica” casuale è estremamente difficile. Un esempio valido in tal senso è il famigerato protocollo “Tachipirina e vigile attesa” unitamente al divieto di usare antinfiammatori alla base della strage perpetrata in Italia, anche se recentemente si è preferito attribuirla all’uomo di Neanderthal (repubblica.it-14-09-23-studio-uomo-neanderthal). È stata una scelta ponderata dettata da un qualche fine occulto o semplice frutto di inettitudine? Nel primo caso sarebbe quindi stato un complotto, un’ipotesi di complotto ancora da scoprire nel dettaglio o solo una fantasia di complotto?
Le menzogne e quindi le narrazioni diversive sono state infinite. Il sistema ha iniziato con l’origine naturale del virus, propinata dallo stesso soggetto (Peter Daszak) attraverso il quale sono stati finanziati gli studi del laboratorio di Wuhan sui pipistrelli e quelli di “gain of function”, che hanno reso molto probabile l’origine artificiale. In seguito sono arrivate l’immunità di gregge variabile e la copertura dal contagio del vaccino al 95%. L’utilità dei lockdown e delle mascherine è stata imposta come verità assoluta nonostante molti dati ne attestino la totale inefficacia. Nessuno ha mai eseguito autopsie per accertare le reali cause dei decessi, attribuendo al Covid anche i decessi di soggetti affetti da gravi patologie pregresse. Le reazioni avverse ai vaccini sono state negate. Le più feroci discriminazioni sono state perseguite nei confronti di Novax e di soggetti solo parzialmente vaccinati in nome di un farmaco privo di qualsiasi capacità di immunizzazione. Per sostenere la supremazia del “metodo italiano” sono stati omessi e distorti i dati di altri paesi. È stato raccontato in stile mantra che i dati africani, cinesi e degli altri più virtuosi fossero inattendibili. Varianti tra le più disparate erano e sono ancora, secondo le esigenze, più o meno aggressive, più o meno virulente, più o meno esistenti. E la lista potrebbe riempire ancora numerose pagine.
Questo intricato reticolo di narrazioni diversive, di mani agitate, ha reso impossibile individuare la sutura delle altrettanto infinite fantasie di complotto, a meno che non si tratti di casi limite come la negazione dell’esistenza del virus, l’inoculo di nano chip a mezzo vaccino e altre amene esagerazioni che si smentiscono da sole. Con il senno del poi risulta, invece, piuttosto chiaro il movente che ha spinto l’intero Occidente ad affrontare in modo così caotico una pandemia ampiamente prevista dai loro stessi esperti. Per vederci chiaro basta osservare i risultati ottenuti.
In primo luogo è stata dichiarata un’emergenza che ha permesso la soppressione di molti diritti civili, lasciando liberi molti governi sedicenti democratici, di gestire in modo agile grandi risorse economiche. La paura generata ha consentito la diffusione di un “Pensiero Unico”, incentrato sulla divinizzazione della Scienza, che ha sostanzialmente impedito la costituzione di un dissenso strutturato. Nessuno si è accorto che la responsabilità della crisi economica, sostanzialmente irrisolta dal 2007/2008, è stata addebitata alla pandemia. La privatizzazione della “cura” ha prodotto gli extra profitti di alcune case farmaceutiche che, lungi dal recuperare i punti di Pil persi, hanno dato l’illusione di una ripresa economica. La gestione della pandemia ha consentito, infine, il completamento del processo di privatizzazione della Sanità in quei paesi, come l’Italia, in cui ancora barlumi di pubblico sopravvivevano all’attacco del capitale.
Anche dando per buona l’inettitudine della attuale classe politica italiana nell’affrontare un’emergenza pandemica, risulta difficile non vedere come il movente di tante narrazioni diversive è stato l’innesco dell’ennesimo processo di privatizzazione dei beni comuni. Processo realizzato con il pieno consenso della stragrande maggioranza della cittadinanza resa malleabile dalla paura indotta da menzogne e narrazioni diversive.
Tirando le somme, gli elementi veritieri che hanno caratterizzato l’insieme delle fantasie di complotto sorte con la pandemia sono costituiti proprio dalle menzogne raccontate dall’establishment. La linea di sutura è difficile da individuare proprio perché menzogne e fantasie di complotto si intersecano. Quello che appare evidente però è il netto contrasto tra il movente propinato dall’illusionista al suo pubblico, la salute pubblica, e i risultati raggiunti: la vessazione dei cittadini e la privatizzazione della sanità.
- Già dare un nome al sesto insieme di fantasie di complotto è un’operazione piuttosto difficile. QAnon e il dissenso destrorso in genere puntano alla “sostituzione etnica”. La pseudo sinistra preferisce parlare di “vessazione delle minoranze”, innalzandosi a baluardo in difesa dei diritti della comunità prescelta, dimenticando in tempo reale tutte quei gruppi oppressi durante i propri governi. Personalmente preferisco “Sindrome del nemico immaginario” per descrivere l’intricato intreccio che porta schiere di complottisti e complottanti ad individuare generalmente in minoranze, ma a volte anche in maggioranze, la causa di tutti i mali.
La locuzione “sindrome del nemico immaginario” facilita il compito di evidenziare la sutura di tutti le ipotesi e le fantasie di complotto e, spesso, di quelle politiche governative che inducono la vessazione di un gruppo minoritario o maggioritario che sia. Il complotto, giudaico in essere da ben oltre un millennio, è un esempio di come si stratifichi, nel corso degli anni e dei secoli, il mancato riconoscimento dei diritti di una minoranza in quanto “diversa”, non conforme al pensiero dominante all’interno del gruppo in cui si genera la fantasia di complotto. La base razziale della sindrome evidenzia la sutura, l’inganno che cela la necessità di attribuire le responsabilità del male al diverso di turno.
La stessa sorte degli ebrei è toccata, agli zingari (hanno il furto nel sangue), ai rumeni (hanno lo stupro nel Dna), ai “negri” (che hanno la musica nei cromosomi e dimensioni poco appropriate al confronto maschile). I cinesi al contrario tendono al piccolo, i polacchi bevono troppo, i nordici sono freddi, i sudamericani non hanno voglia di lavorare, gli arabi sono sporchi, misogini e violenti e così via razzisteggiando intorno al mondo. Una volta esaurite le razze sono cambiate le minoranze non governative che complottavano, assumendo anch’esse caratteristiche massoniche e lobbistiche. Così la comunità LGBTQ+, ovviamente finanziata dall’ormai prossimo al fallimento Soros a causa del brutto vizio che lo porta a sovvenzionare ogni complotto (incluse le rivoluzioni arancioni), è finita nel turbinio della “sindrome del nemico immaginario”.
Anche in questo caso si possono facilmente individuare l’elemento razziale e le radici religiose della narrazione tossica: “dio ha creato solo due generi l’uomo e la donna”. Nell’articolo una-dissidenza-dissennata-dissipa-il-dissenso scrivevo “... che dio, anche a condizione di sapere quale, non ha creato nulla. Da un paio di secoli, infatti, si può dare per accertato che l’uomo è frutto di un lento processo evolutivo in cui l’omosessualità, e con essa la “confusione” sessuale, è presente da ancor prima che l’homo pretendesse di essere sapiens. Scimmie, lupi, cani, e generalmente tutti quei mammiferi che vivono in branco, comprendono soggetti omosessuali all’interno della propria comunità. Soggetti dal “sesso confuso” che svolgono una precisa funzione all’interno del gruppo. L’uomo fa parte di questa categoria di mammiferi ma in tempi recenti, appena quattromila anni sugli oltre centomila di esistenza del Sapiens, ha deciso di perseguitare questi individui e la loro sessualità non binaria. Ora con la parziale (e sì in alcuni paesi l’omosessualità è ancora un reato) riduzione della discriminazione, i soggetti dal “sesso confuso” emergono dall’ombra in cui erano stati schiacciati per millenni. Trattasi non di un complotto bensì di un’occasione concreta perché vengano riconosciuti finalmente alcuni diritti civili.”
La falsità della premessa, l’esistenza di due generi esclusivi, assunta come Verità assoluta conferisce credibilità al complotto della comunità LGBTQ+. L’interazione con il transumanesimo diventa altrettanto palese, va a confermare l’esistenza di una vasta cospirazione contro il genere umano ad opera di una élite il cui “movente” varia dalla “sostituzione etnica” alla drastica riduzione della popolazione, fino all’invasione degli ultracorpi alieni. Quando gli elementi di veridicità sono assenti o palesemente falsi, come nel caso delle differenze razziali, e il movente rasenta l’assurdo dovrebbe essere evidente l’inesistenza del complotto. A maggior ragione quando anche i regimi, sia democratici sia totalitari, divengono anch’essi complottisti dovrebbe risultare chiaro che la vessazione di una minoranza rende possibile l’oppressione di tutte le altre. Curioso che a non comprenderlo sia una larga fetta di quel popolo Novax ingiustamente perseguitato in virtù dell’attribuzione, esplicitamente falsa, delle colpe dell’inefficacia del vaccino.
Se la comunità LGBTQ+ deve essere soggetta alla limitazione dei propri diritti in virtù della propria “diversità”, lo stesso può valere per le donne afgane, per i lavoratori non vaccinati, per i palestinesi, per i migranti, per la cultura russa, per i “neri” nordamericani, per i Novax. I diritti umani possono essere tali solo se riguardano l’intero genere umano senza distinzioni, di colore e di pensiero. L’evidenza del principio è stabilita dall’art. 1 e 2 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo:
“Art.1 Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Art. 2 Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.”
Ora, pur essendo d’accordo sui grossi limiti di una carta dei diritti dell’uomo che non tiene conto dei diversi percorsi culturali compiuti dalle infinite etnie che popolano il mondo, serve un minimo di coerenza per lo meno in coloro che stabiliscono le regole. Se si è d’accordo con questa carta dei diritti non si possono avvallare discriminazioni nei confronti dei Novax così come in quelli della comunità LGBTQ+. Cambiare le regole in corso d’opera, sia per quanto riguarda i regimi sia per i dissidenti, è una palese dimostrazione di infantilismo (il pallone è mio e si gioca come dico io) e di totalitarismo. Non solo ma questo atteggiamento è un palese segnale di debolezza della tesi sostenuta, sia dal regime sia dai complottisti, come ampiamente dimostrato dal saccheggio operato nei confronti della Costituzione italiana al fine di sostenere la limitazione della libertà di scelta della cura, la validità dell’obbligo di somministrazione di un vaccino che non immunizza e della relatività del ripudio della guerra.
Dietro questa profonda incoerenza bipartisan si nasconde, e neanche tanto bene, il movente reale di tutti i complotti, reali, ipotizzabili o fantasiosi che siano, relativi alla discriminazione di una minoranza e più raramente di una maggioranza: la creazione di un “Nemico Immaginario”, cui addossare tutte le responsabilità delle proprie incapacità. Il “Nemico Immaginario” è la mano agitata dall’illusionista, sia esso il regime o il complottista, per nascondere la propria incapacità a trovare una soluzione a un problema. I nazisti, dotati di poca fantasia, individuarono nella comunità ebraica, peraltro molto qualificata come capro espiatorio, il “nemico immaginario” ideale cui attribuire le colpe della crisi economica che aveva devastato la Germania.
Nel dopoguerra fu la volta dei comunisti, mangiatori di bambini. Poi, con la caduta del Muro di Berlino, il lavoro di costruzione del Nemico Immaginario si fece più difficile. Venne rispolverato il buon vecchio complotto giudaico-massonico, insufficiente però a coinvolgere grandi masse, a causa del senso di colpa per il recente olocausto. Maggior successo hanno così avuto il terrorismo jihādista e il migrante di tutte le nazionalità, accanito ladro di lavoro. Il premio alla carriera come Nemico Immaginario va doverosamente riconosciuto allo Zingaro, perseguitato ormai da secoli. Controversa la presenza del pedofilo che, dopo anni di felice connivenza con la Chiesa Cattolica in tutto il mondo cristiano, è riuscito più volte ad assurgere agli onori della cronaca per via del “materiale pedopornografico digitale.” I neri, dopo secoli di schiavismo e di segregazione, si sono oggi innalzati a nemici immaginari, fautori della sostituzione etnica finanziata dal bianchissimo Soros. Attività e finanziamenti, questi, intrapresi con la complicità della comunità LGBTQ+. Ultimi nati, infine, i Novax e i Filoputin, due categorie di Nemici Immaginari necessarie ad assumersi le responsabilità della delirante gestione della pandemia e della folle corsa alla guerra.
In realtà i Nemici Immaginari sono ancor di più, spesso la loro costruzione avviene in aree geografiche più ristrette, come illustrato da Wu Ming 1 nei casi dei “Bambini di Satana”, dei “Diavoli della Bassa Modenese”, e con il “caso Bibbiano”. Altre volte ancora riguarda temi diversi, come per le “scie chimiche” responsabili dei cambiamenti climatici. Quello che appare comune alle diverse facce del fenomeno è la stretta interazione tra la propaganda di regime e l’area complottista di riferimento di ogni singola fantasia di complotto. Fatto questo che, come già sostenuto per i cambiamenti climatici, getta una luce diversa sulla genesi delle fantasie di complotto.
Chi crea le fantasie di complotto?
Wu Ming 1 ha ben evidenziato, già dal sottotitolo, “come le fantasie di complotto difendono il sistema”. Alla luce di quanto analizzato in materia di “suture” e moventi è lecito porsi delle domande in merito: possibile che un sistema così ben strutturato qual è il neoliberismo postdemocratico, al comando in tutto il mondo Occidentale, non si renda conto di questa ovvietà? Possibile che non faccia nulla per alimentare queste fantasie con tutta la potenza del suo equipaggiamento mediatico? Le narrazioni tossiche e quelle diversive contribuiscono in modo sostanziale alla creazione delle fantasie di complotto e, per questo, rappresentano il fulcro del processo di omeostasi del neoliberismo. È possibile che tale processo si costruisca spontaneamente anziché essere progettato e realizzato scientemente?
Come ricordavo sopra il terrapiattismo è nato grazie alla diffusione mainstream di una notizia priva di qualsiasi rilevanza. Non solo, ogni qual volta, l’attenzione del grande pubblico scemava, si dava risalto su tutti i media, inclusi quelli di carattere scientifico, a qualche altro episodio, come nel caso del pilota/stuntman Mike Hughes morto cercando di dimostrare la piattezza del pianeta (www.focus.it/terrapiattisti-mike-hughes-si-schianta-col-suo-razzo). Una teoria condivisa sì e no da una decina di squilibrati nel mondo è assurta così agli onori della cronaca, come fosse la più grande scoperta del secolo. Il risultato è stato duplice: il numero dei dissennati è cresciuto di un’altra decina; il termine “terrapiattista” è universalmente divenuto l’etichetta ideale per tutti i non allineati al Pensiero Unico di sua divinità la Scienza. Stessa sorte è toccata alle locuzioni “complottista” e “negazionista”.
Il terrapiattismo, in sostanza, dimostra come una piccola narrazione tossica, coadiuvata da un paio di diversive, riesca a creare per “contrapposizione” una fantasia di complotto totalmente campata in aria ma utilissima alla propaganda di regime per ghettizzare larghe fette di pensiero critico nel limbo degli “antiscientifici”.
Precedentemente ho fatto riferimento anche all’esigenza molto diffusa nei momenti di crisi di aggrapparsi alla speranza metafisica. Nell’epoca della Scienza come divinità, gli altri dei soffrono un po’ la concorrenza dell’ultima arrivata. In questi casi torna di moda un altro vecchio cavallo di battaglia che garantisce un effetto immediato. Così la sempreverde Area 51 può tornare utile a tutti i “risvegliati” del complotto alieno: i cari, vecchi e affidabili “Ufo, storica conferenza Nasa: oltre 800 episodi sotto inchiesta ma la presenza di alieni resta un mistero” tornano finalmente di moda, come ha titolato Repubblica il primo giugno del 2023 (repubblica.it-nasa-ufo-alieni), per non parlare degli «Ufo, corpi “non umani” mostrati al Parlamento in Messico. L'esperto: “Non siamo soli” (repubblica-13-09-23-ufo-cadaveri-messico). Questi ultimi copie scheletriche, ma neanche troppo, del mitico ET di Carlo Rambaldi, datate con il carbonio a circa un millennio or sono.
In tutti i casi di fantasia di complotto è facile rintracciare nel mainstream le narrazioni diversive e molto spesso anche la narrazione tossica primigenia. A ingenerare questa narrazione tossica, generalmente, è la necessità di distrarre la cittadinanza da problemi più gravi, come la crisi economica di turno, la corruzione dilagante, l’appropriazione di beni comuni, la distrazione di fondi per i servizi pubblici sanitari e scolastici finalizzata a promuovere qualche guerra. Ulteriori narrazioni diversive contribuiscono a creare quel “Nemico Immaginario” che si stratifica nel sentire comune, divenendo per alcuni “un problema reale da risolvere” (i migranti), per altri un complotto occulto (Soros che finanzia la sostituzione etnica per mezzo dei migranti). La mano agitata dall’illusionista è quella dell’establishment che riempie giornali e riviste con l’ansia da eccesso di migranti da un lato e il senso di colpa per i naufragi nel mediterraneo dall’altro. L’inganno nascosto è quello che i flussi principali di migrazioni seguono tutt’altre rotte, che l’eccidio di migranti avviene molto prima dell’imbarco e che i flussi migratori sono interamente dovuti alle politiche neocolonialiste e alle guerre entrambe promosse dall’Occidente.
Julian Assange nel 2012 prima del suo lungo confino all’interno dell’ambasciata dell’Equador, scrisse il libro “Internet è il nemico: conversazione con Jacob Appelbaum, Andy Müller-Maguhn e Jérémie Zimmermann” edito in Italia nel 2013 da Feltrinelli. Nella conversazione venivano affrontati i temi della privacy e della censura, la prima aggirata grazie ad una serie di strumenti, algoritmi, cookie e furti di dati divenuti ben noti negli anni seguenti. La seconda praticata con gli stessi mezzi resi sempre più efficienti negli ultimi anni. Nel libro venivano individuati come temi per aggirare la privacy e praticare la censura “I Quattro Cavalieri dell’Infocalisse”: riciclaggio, droghe, terrorismo e pornografia.
I tempi da allora sono cambiati e con essi anche i Cavalieri. Il riciclaggio è divenuta un’attività a sostegno dell’economia. La stessa logica è stata applicata alle droghe di cui si parla solo se occorre mantenerle vietate al fine di poterci speculare. Il terrorismo è stato surclassato dalla guerra come strumento di censura e di violazione della privacy, andando a colpire tutti i Filoputin, categoria che include anche ogni forma di pacifismo. La pornografia digitale è stata ormai assorbita dalla grande distribuzione di Porn Hub e quindi considerata attività redditizia. Sopravvive solo la pedopornografia come spauracchio dell’Infocalisse, essendo però molto diffusa nella classe sacerdotale è stata ridimensionata.
Nonostante i cambiamenti I Quattro Cavalieri dell’Infocalisse sono ancora in piena attività e si chiamano: Novaxismo; Filoputinismo; Negazionismo; Complottismo. Probabilmente nei prossimi anni verranno operate altre sostituzioni, saranno ulteriormente inasprite le pene per i rei sostenitori della libertà di stampa, intensificata la censura, migliorato il controllo e la violazione della privacy. Nella sostanza però, il sistema nel corso degli anni resta lo stesso. E rimane uguale perché in questa forma ha prodotto e continua a produrre ottimi risultati, come avvenuto nel caso della pandemia.
Il “sistema Covid” è stato strutturato sulla creazione di una Verità assoluta avvalorata direttamente dalla divinità competente, la Scienza. Pur se priva di fondamento questa Verità è stata imposta con la violenza all’opinione pubblica, creando una contrapposizione netta tra i fedeli del Pensiero Unico da un lato e il variegato insieme dei critici dall’altro. Una miriade di narrazioni diversive sono state divulgate al fine di alimentare quella tossica iniziale. Tutte le fonti critiche nei confronti della Verità sono state censurate e silenziate. Quando gli scienziati e/o gli esperti di caratura internazionale non si sono uniformati al Pensiero Unico sono stati infangati, vessati, espulsi dalle proprie associazioni, demansionati e isolati. La spaccatura è diventata così netta da assumere toni violenti, in cui il fronte maggioritario, spalleggiato da normative discriminatorie, ha emarginato, vessato e dequalificato lo schieramento minoritario, presto etichettato, a prescindere dal contenuto della critica, come “terrapiattista”, complottista e negazionista. Contemporaneamente sono state diffuse nuove narrazioni diversive, con il palese scopo di innescare sospetti, più che plausibili, sulle infinite menzogne raccontate. Una piccola parte di queste le ho elencate precedentemente.
Mano a mano che i sospetti sulle falsità diventano certezze viene naturale cercare delle spiegazioni. In questo modo, grazie ad altre mani di illusionista agitate nel modo corretto, sono nate le fantasie di complotto più disparate, grazie alle quali l’inganno previsto viene realizzato, il dissenso critico viene diviso e dequalificato. In questo modo, la maggioranza allineata è stata spinta ad atteggiamenti così vessatori nei confronti della minoranza ghettizzata da non ammettere indulgenze di alcun genere. Anche quando l’infondatezza delle narrazioni diversive è venuta a galla il fronte maggioritario, in virtù della rigidità delle posizioni assunte, non ha avuto alcuna possibilità di ammettere i propri errori e recedere dalle proprie convinzioni. È ovvio che quei genitori che hanno vaccinato inutilmente i propri figli, sottoponendoli al rischio di pesanti reazioni avverse, sosterranno all’infinito la validità del vaccino che non immunizza, l’assenza di effetti collaterali gravi e la validità dei provvedimenti discriminatori messi in atto dal regime. Allo stesso modo chi ha denunciato chi non si era vaccinato, chi lo ha sospeso dal lavoro, chi si è profuso in deliri discriminatori non recederà mai dalla sua posizione neanche di fronte all’evidenza dei dati.
Il sistema ha funzionato talmente bene da essere replicato con precisione chirurgica in occasione della guerra tra Nato e Russia. Anche se questa volta il fronte maggioritario è quello critico, i media sono stati organizzati in modo da diffondere come un mantra il pensiero unico guerrafondaio. Menzogne ed omissioni hanno cementato una realtà fittizia che è stata imposta con la stessa prepotenza utilizzata in occasione della pandemia. Tutto il pensiero critico, dai pacifisti ai favorevoli alla negoziazione diplomatica, dagli antimperialisti a interi paesi sovrani stanchi delle ingerenze statunitensi, dai vetero comunisti ai sostenitori della nuova Federazione Russa, sono stati relegati nel girone infernale dei Filoputin, ovviamente con il solito corredo di terrapiattismo, complottismo e negazionismo.
La censura ha provveduto a cancellare tutto quello precedentemente sostenuto anche dai media di regime in merito all’espansione ad est della Nato, al nazismo ucraino, reso meritevole dalla lettura di Kant, agli accordi di Minsk, ai crimini di guerra commessi in Donbass dal 2014. Intere pagine di Wikipedia sono state cancellate altre manipolate da personale della Nato, gli algoritmi dei social hanno chiuso profili, sospeso temporaneamente e/o collocato in fondo al “feed” tutti coloro non allineati al pensiero guerrafondaio.
Le sanzioni economiche sono state presentate come l’arma che avrebbe distrutto l’impero russo. Il risultato è stato, invece, quello di rafforzare gli scambi commerciali con i due terzi del mondo ormai stanchi dell’imperialismo statunitense. Così la Russia ha potuto far fronte alla crisi economica e all’armamento necessario alla guerra. Dal canto suo l’Europa, a forze di distrarre fondi per inviare armi in Ucraina e di comprare risorse prime a prezzo maggiorato, alterna periodi di stagnazione e recessione economica. L’inflazione, non compensata da adeguati meccanismi di salvaguardia del potere d’acquisto degli stipendi, ha raggiunto livelli tali da mandare sotto la soglia di povertà un altro discreto numero di famiglie.
La guerra, con le sue narrazioni tossiche, solitamente non genera molte fantasie di complotto. A parte il grande classico del complotto giudaico massonico, il deep state, e una cieca, quanto insensata, tifoseria per una delle due parti in conflitto, la maggior parte dell’opinione pubblica si schiera per la ricerca della pace. Le due propagande in campo si scatenano con le narrazioni tossiche e diversive più disparate per compattare la propria cittadinanza. La vittoria risulta imminente su entrambi i fronti, Putin viene dato per spacciato a ogni pie’ sospinto, a volte causa malattia altre per dissidi interni. Ovviamente solo la parte avversa commette crimini di guerra mentre la propria mette dei fiori nei suoi cannoni. Così, nonostante tutti gli sforzi quando, come nel caso dell’Ucraina, la guerra viene combattuta per procura la campagna promozionale raramente ha successo. Solo un ristretto numero di “appassionati” cade nella trappola propagandistica mentre la maggioranza resta pacifista. Il motivo è semplice: la paura non attecchisce profondamente come in chi convive con i bombardamenti.
Per innescare il terrore la propaganda occidentale ha tentato anche la via della minaccia nucleare, prontamente negata, però, da quella Russa e poi anche dagli ispettori internazionali inviati presso le centrali nucleari interessate dal conflitto. In secondo luogo la guerra si presta poco alla creazione di fantasie di complotto perché molto spesso i conflitti armati sono complotti reali. Parafrasando Neruda, “le guerre sono fatte da persone, molte, che si uccidono senza conoscersi, per gli interessi di persone, poche, che si conoscono e che non solo non si uccidono ma spesso condividono scopi e obiettivi”. Queste mire, solitamente di carattere economico, vengono mascherate dietro intenti benefici che vanno dall’esportazione di democrazia alla denazificazione del paese oggetto dell’interesse. In Ucraina i territori contesi fanno gola a entrambi i contendenti (Nato e Russia). I primi cercano di appropriarsene con l’indebitamento, i secondi con l’occupazione. La pace arriverà solo quando si troverà un accordo sulla spartizione della torta, nel frattempo si contano i morti. Che bisogno c’è di fantasticare su improbabili congetture quando bastano i fatti a disegnare il complotto?
L’impegno profuso dal regime per alimentare la guerra e il sostegno popolare ad essa è piuttosto evidente. La stessa cosa avviene per tutte le innumerevoli fantasie di complotto così funzionali nel difendere il sistema e nel dequalificare il dissenso. Analizzando sotto questo aspetto i gruppi di fantasie precedentemente citati, risulta palese come la grande maggioranza delle fonti ispiratrici, delle narrazioni tossiche e diversive provenga dal regime e dai media mainstream, opportunatamente istruiti in merito:
- Il complotto giudaico massonico è costantemente alimentato dalla segretezza che circonda i raduni del gruppo di Bilderberg. Al contrario Klaus Schwab, presidente del WEF, scrive un libro ultra promosso dal titolo “Il Great Reset” che induce più fantasie di complotto dei Protocolli dei Savi di Sion e senza essere falso. Le più importanti istituzioni del mondo sedicente “democratico” non sono elette dal popolo ma nominate da una rappresentanza prigioniera delle lobby. Quotidianamente i media mainstream e con essi tutti i principali motori di ricerca lasciano trapelare iniquità, episodi di corruzione, provvedimenti in netto contrasto con le carte costituzionali e il volere popolare. Etc. etc. etc.
- Impossibile non notare come i “cambiamenti climatici” siano le mani agitate da una pletora di illusionisti per concentrare l’attenzione del pubblico su uno solo dei tanti fattori che compongono la complessa questione ambientale. In questo specifico caso l’inganno viene perpetrato non solo per creare paura nell’opinione pubblica e per dividere il dissenso. La ragione principale è quella di nascondere l’incapacità dell’attuale sistema neoliberista post-democratico di pianificare l’uscita dall’Antropocene.
Mentre la manina si agita evidenziando temperature molto alte, eventi estremi come alluvioni e siccità, tornado e incendi, il regime avvia la transizione ecologica incentivando l’aumento dei consumi e quindi della produzione dei rifiuti, la cementificazione, l’utilizzo di carburanti e fonti energetiche fossili. Gli stessi fattori che sono alla base, non tanto dei cambiamenti climatici, ma del dissesto ambientale nel suo insieme. Dal canto loro dissidenti e complottisti cadono nella trappola, dividendosi tra negazionisti dei cambiamenti climatici, tifosi dell’origine naturale di questi e sostenitori della genesi antropica volontaria a mezzo geoingegneria e scie chimiche.
Inoltre, il mainstream insiste nel presentare la questione dei cambiamenti climatici in maniera a dir poco demenziale. In estate ogni singolo giorno viene registrato un record: “ieri temperatura più alta di sempre a ...”; “il mese di luglio più caldo degli ultimi sessant’anni”; “mai registrati prima 13 gradi a 3000 metri”; “200 mm di pioggia caduti in 24 ore”; “raffiche di vento a 130 km orari, è la prima volta per la città di ...”. Le medie annuali, da cui per altro si potrebbe evincere il reale aumento della temperatura, non sono mai pubblicate perché l’innalzamento di un grado o poco più, pur essendo un fatto estremamente grave, non distrae e non riesce ad impaurire in modo così efficace come i record estivi di caldo, che vengono facilmente percepiti a prescindere dall’essere veri o falsi.
Le modalità assolutiste con cui il messaggio viene inoltrato, fondate sulla stessa Scienza dogmatica creata durante la pandemia, rafforza la divisione tra chi aderisce acriticamente al regime e chi dissente, area per altro ulteriormente frammentata tra le fantasie di complotto in conflitto tra loro. Più netta si fa questa contrapposizione più si consolidano i dogmi: da una parte i fautori della riduzione delle emissioni per mezzo della causa che le genera (il sistema economico neoliberista); dall’altra i contraddittori atti di fede nei confronti di tesi parziali che trasformano il dissenso in “terrapiattismo, negazionismo e/o complottismo. Il risultato è che il regime può continuare tranquillamente ad alimentare la contrapposizione per mezzo di narrazioni tossiche e diversive scientemente progettate, che gli permettono di perpetrare la distruzione del pianeta necessaria a perseguire quella “crescita” economica che è la causa principale dell’Antropocene. Progetto questo che può fare affidamento su un dissenso dissennato, cieco e diviso tra improbabili fantasie di complotto.
- Le fantasie di complotto in merito all’eccesso di controllo nascono tutte da narrazioni tossiche e diversive provenienti dal regime e dai media mainstream. Questo stato di cose nasce dall’esigenza di creare paura nella cittadinanza per due motivi fondamentali. Il primo è quello di instillare nell’opinione pubblica un maggior bisogno di sicurezza al fine di rendere accettabile l’emanazione di leggi più restrittive e silenziare, così, le fonti di dissenso. Per raggiungere l’obiettivo si creano nemici immaginari, “Cavalieri dell’Infocalisse” e “mostri” efferati a gettito continuo.
Il secondo motivo è quello di stimolare il mercato della sicurezza, un segmento di sicuro successo. In nome della sicurezza sono stati inventati i SUV (Super Urban Vehicles), totalmente inadatti alla città e più inquinanti per dimensioni e consumi. Per proteggere i propri figli le famiglie spendono capitali in attività protette, col risultato di penalizzare la socializzazione. Si spende il 2% del PIL in un’inutile corsa al riarmo. Ogni pubblicità instilla la necessità di dare più sicurezza ai propri familiari e ai propri animali domestici. Polizze assicurative vengono accese contro ogni forma di calamità naturale e non a prescindere dal rischio reale.
Questa gigantesca mole di narrazioni si insinua continuamente nell’opinione pubblica, compresa quell’area del dissenso che non crede alla propaganda allarmistica del regime. Purtroppo però l’influenza di questi messaggi subliminali si fa sentire e, invece di stimolare la coscienza, struttura improbabili fantasie di complotto. Ultra-corpi alieni che si stanno impadronendo del pianeta, microcip inoculati, il G5, l’abolizione del contante, etc. etc. etc. concentrano l’attenzione dei dissidenti su elementi secondari, lasciando libero il regime di sviluppare il mercato della sicurezza e ottenere il consenso necessario a sostenere le normative sempre più restrittive.
- Per individuare l’origine delle narrazioni tossiche e diversive del complotto transumano è sufficiente ripercorrere la cinematografia dalle origini ai giorni nostri. Il percorso è lastricato di storie di guerra tra l’uomo e le macchine che ha inventato. Già nel 1927 Fritz Lang dirigeva Metropolis con la sua Macchina M, la Macchina Cuore e la Maria Robot. In tempi più recenti dai Replicanti di Blade Runner al software di Matrix, dal computer HAL 9000 di 2001 Odissea nello spazio alle macchine di Terminator, da il Mondo dei Robot a Io, Robot, è tutto un susseguirsi di macchine e I.A. che si ribellano ai voleri umani. Non parliamo poi di alieni tecnologicamente superiori che si accaniscono su di noi e turpitudini genetiche per migliorare la condizione umana.
In un contesto di questo genere sono sufficienti piccole narrazioni diversive per instillare nella mente umana gli intenti più raccapriccianti ad ogni nuova invenzione tecnologica. Il risultato è il dilagare di fantasie di complotto, dalle masse informi di transgender che invadono il mondo agli insetti da mangiare per trasformarci, che rendono terrapiattista, complottista e negazionista il dissenso. Opposizione, questa, dimentica dello scopo reale che è all’origine di questa istigazione al complotto: il controllo dei mezzi di produzione da parte del capitale, per dirla con le parole di Marx. Controllo che si fonda sui processi di specializzazione e di creazione delle competenze alla base della tecnocrazia moderna, gestita direttamente da chi possiede i grandi capitali. Processi questi impossibili senza un consenso largo ottenuto con la contrapposizione tra scienza dogmatica e complottismo irrazionale.
- La pandemia resta ad oggi il più fulgido esempio di creazione della paura. A distanza di quasi quattro anni dall’inizio dell’horror pandemico e nonostante buona parte delle narrazioni tossiche di regime (in questo caso menzogne credo sia un termine più appropriato) siano state svelate il terrore ancora pervade una larga fetta di popolazione. Questo stato di catalessi ha permesso già in agosto di lanciare la campagna promozionale per la vaccinazione autunnale, atta a smaltire il frutto di contratti europei a dir poco “discutibili”, nonostante ormai sia evidente ai più l’inutilità e la dannosità del farmaco consigliato. Alle narrazioni tossiche pandemiche si deve anche la divinizzazione della Scienza e, di conseguenza, anche la sua definitiva privatizzazione a scopo di lucro.
Un successo enorme dovuto anche alla capacità di questa opera mediatica di creare infinite fantasie di complotto che hanno esasperato la contrapposizione tra scientisti di regime da un lato e complottisti, negazionisti, terrapiattisti dall’altro. Categoria questa in cui sono state relegate tutte le forme di pensiero critico. Grazie a queste fantasie di complotto il dissenso dissennato è stato diviso, emarginato e messo in condizione di non nuocere.
- All’ultimo gruppo di fantasie di complotto ho attribuito la definizione di “creazione del nemico immaginario”, locuzione che, da sola, spiega come all’origine ci sia un’azione del regime scientemente studiata per rendere innocue tutte le forme di dissenso. Infatti, solo plasmando nelle aree di dissenso l’intolleranza, se non addirittura l’odio, nei confronti di una qualsiasi minoranza (comunità LGBTQ+, migranti, zingari, “negri”, etc. etc. etc.) il regime riesce a rendere accettabile la propria continua discriminazione nei confronti di chi stenta ad adeguarsi al pensiero unico, sia esso Novax, pacifista, lavoratore, etc. etc. etc.
La vessazione di una qualsiasi minoranza è palesemente funzionale al sistema, garantendo la legittimità della soppressione, parziale o totale, dei diritti umani, civili e sociali anche a quella fetta della dissidenza particolarmente insidiosa in quel determinato momento. Infatti, se l’area critica del pensiero unico ha il diritto di scagliarsi contro la comunità LGBTQ+, i migranti, i negri, etc. allo stesso modo il regime sarà legittimato a sopprimere i diritti di chi reputa opportuno e in più di poter sostenere di farlo in difesa del gruppo minacciato. I diritti sono tali solo nel momento in cui valgono per tutti, e questo nessun regime, postdemocratico o totalitario che sia, se lo può permettere. Ed è questa la ragione per cui sobilla fantasie di complotto tese a mettere una minoranza contro un’altra, “Divide et Impera”.
Che la genesi, la costruzione e la diffusione delle fantasie di complotto sia una strategia del regime trova conferma anche in un’altra stretta interazione tra i due apparenti avversari. Narrazioni tossiche, narrazioni diversive, negazionismo, complottismo e l’istigazione della paura utilizzano, infatti, lo stesso identico linguaggio a prescindere da chi sia il narratore. Nell’articolo divide-et-impera-il-grande-complotto scrivevo: «La comune origine delle teorie del complotto e del processo “divide et impera” del regime vigente è dimostrata anche dall’utilizzo dello stesso linguaggio, come ben analizzato da Stefano Boni in Complottismo e narrative egemoniche sono cosi diversi?: “Quello che accomuna “teorie del complotto” e narrative egemoniche è la costruzione di regimi di verità fondati su drastici meccanismi di semplificazione. Queste non sono chiaramente dinamiche inedite (la storia ne è piena sia tra i dominanti che i dominati) ma mi pare innegabile un’accentuazione di processi di decisa riduzione della complessità negli ultimi due decenni.” Boni individua quattro “meccanismi di semplificazione”: 1) il “linguaggio post-ideologico” fondato non su una proposta politica concreta ma semplicemente concentrato sulla pancia del fruitore del messaggio. Così, il politico di turno si può scagliare contro il migrante che ruba il lavoro o il Novax, secondo la “pancia” cui si rivolge, mentre il “complottista” urlerà, proclamandosi né di destra né di sinistra, contro l’ennesimo attentato del regime alla propria libertà. 2) “L’enorme potere esplicativo del dettaglio. I processi odierni di semplificazione analitica si nutrono di spiegazioni fondate sull’attribuzione di un enorme capacità esplicativa a frammenti di documentazione piuttosto che ad un vaglio complessivo della serietà delle “prove” a sostegno della narrazione. Innanzitutto si elimina la profondità storica fino a neutralizzarla: la narrazione rimane sul presente (significativa ad esempio la capacità di far iniziare il conflitto russo-ucraino nel 2022 o la sostanziale accettazione degli USA come credibili paladini democratici, cancellando decenni di imperialismo e appoggio a dittatori sanguinari). In secondo luogo ci si affida a schegge di informazione: un’immagine, una frase, un video, un singolo evento possono essere usati come chiavi di lettura risolutive per farsi un’idea su dinamiche stratificate, sfaccettate, complesse. In questo modo alcune teorie complottiste riducono il capitalismo al piano diabolico di una setta (i miliardari ebrei), di una famiglia (ad esempio i Rothschild), di un fondo di investimento (ad esempio Blackwater) o di un economista (ad esempio Klaus Schwab) piuttosto che esaminare il complesso di forze in atto. ...”. 3) “Assolutismo. Si tratta essenzialmente di non lasciare alcun spazio al dubbio, all’ambivalenza, alla contraddizione, alla eterogenesi dei fini. La narrazione si presenta come un monoblocco solido e inattaccabile fondato su una spiegazione lineare: obiettivo-azione-effetto previsto. L’impianto narrativo, spesso improntato sullo svelamento di un arcano, spiega tutto in modo convincente ed esaustivo. Di conseguenza le narrazioni richiedono un’adesione fideistica, un allineamento integrale piuttosto che una valutazione o interpretazione. ...”. È il caso della lotta tra la scienza dogmatica di regime e l’assioma negazionista che ha caratterizzato la pandemia. 4) “L’abbandono della dialettica. Le credenze si costruiscono e rimangono sempre più bolle auto-referenziali, sia quelle mediatiche sia quelle diffuse su blog e social network proponenti teorie riconducibili al complottismo, nel senso che non vengono sottoposte al vaglio di chi la pensa diversamente. Ormai è scarsa la volontà – sia da parte di chi irradia ma anche da parte di chi riceve le narrazioni – di costruire la credenza sul confronto argomentato tra una diversità di letture”.» Si consiglia vivamente la lettura dell’intero articolo (stefano-boni-complottismo-e-narrative-egemoniche-sono-cosi-diversi).
Come abbiamo visto nelle pagine iniziale anche Wu Ming 1 giunge alle stesse conclusioni in materia di comunione di linguaggio. Sia il debunker sia il complottista, infatti, sono soggetti alla “eliminazione dei frattempi”; posano uno “sguardo sul mondo totalizzante «le cose stanno così e basta, la realtà è sempre stata questa»; hanno la “pretesa di oggettività: «il mio approccio è imparziale, io [il debunker]dico solo quello che dice la Scienza»”; mentre il complottista tende a cercare l’imparzialità nell’intreccio di inconfutabili prove, rese palesi dalla rete di narrazioni diversive.
Inoltre, quella che Wu Ming 1 definisce “coerente logica di selezione e rimozione” delle narrazioni tossiche risulta essere sia la base della creazione del pensiero unico sia l’elemento fondante di ogni complotto, reale o anche solo immaginato. La logica di selezione parziale e di rimozione o omissione, volontaria o meno, accomuna la narrazione sia della Verità mainstream sia quella del “complotto” rivelato al popolo ignaro dai “risvegliati”. Infine, Wu Ming conclude che “La narrazione tossica in cui il debunker si piazza come protagonista lo rende una figura speculare a quella del «complottista»: cercando sempre singolar tenzone, instaura col proprio avversario una dialettica viziosa.”
Appare quindi evidente che il “foratore di palloncini”, cioè il dispettoso e inconcludente debunker di regime, e il complottista usino la stessa dinamica dialettica. Il primo passo è l’estrapolazione di un concetto parziale dal più complesso contesto generale. Nel caso dei “cambiamenti climatici” dovuti alle emissioni di CO2, ad esempio, questi costituiscono solo un aspetto della fitta rete di elementi che compongono la questione ambientale e l’Antropocene nel loro insieme. L’utilizzo esclusivo di questo tema parziale accomuna tutti i fronti della diatriba: il mainstream con il suo allarmismo, che non riguarda però, i rigassificatori, l’utilizzo di fossili per la produzione energetica, l’iperproduzione, lo sversamento di acque radioattive nel Mar del Giappone, etc. etc. etc.; i tifosi dell’origine naturale dei cambiamenti climatici, che dimenticano la deforestazione, l’acidificazione delle acque dolci e salate, le conseguenze dell’eccessiva produzione di rifiuti; i fan delle scie chimiche, che dimenticano come molto spesso la presenza delle scie non sia poi associabile ad alcun fenomeno atmosferico straordinario; i negazionisti, che dimenticano tutto.
Il secondo passo di questa dinamica dialettica è l’assunzione di una Verità assoluta precostituita mediante atto di fede. Per il complottista “le scie chimiche sono palesemente frutto di un processo intenzionale di geo-ingegneria”. Per il debunker utilizzato come esempio da Wu Ming 1, invece, “Una volta che ti smonto l’idea che il fotovoltaico è un’alternativa realistica ...”. Infine, come nel più classico dei sillogismi aristotelici arriva la sintesi: “i cambiamenti climatici non esistono, sono solo un complotto organizzato dal deep state (o chi per lui) mediante le scie chimiche”, quella del complottista, “poi sta a te scegliere in base ai tuoi criteri se preferisci l’eolico, il nucleare o il fracking” nel debunker di regime.
Boni chiama “assolutismo” e Wu Ming “coerente logica di selezione e rimozione” quello che io definisco “comune linguaggio del negazionismo”. Il termine negazionista, come abbiamo visto, è stato creato dall’establishment per screditare tutte le forme di pensiero critico, accomunandole insieme senza alcun criterio. Insieme a terrapiattista e complottista, questa locuzione esprime il rifiuto di aderire ad un “assolutismo” imposto da un regime in merito a una Verità precostituita. Nessuno sembra far caso al fatto che l’imposizione di questa verità è di per sé una forma di negazionismo ancor più violenta, perché esclude a priori la possibilità di un diversa realtà, interpretazione e opinione.
Il negazionismo complottista della pandemia, ad esempio, è stato marginale e limitato. La maggior parte delle critiche hanno riguardato il lockdown, la libertà della scelta di cura, la discriminazione del green pass, i protocolli sbagliati (Tachipirina e vigile attesa, divieto di uso di antinfiammatori e delle cure domiciliari). Nonostante ciò il bollino di negazionista è stato affibbiato a chiunque abbia osato mettere in discussione la Verità mainstream. Di contro l’establishment ha inanellato una sequenza infinita di “negazionismi”. Il primo ha riguardato l’origine artificiale del virus promosso, tra l’altro, del finanziatore americano degli esperimenti sui pipistrelli e di gain function del laboratorio di Wuhan.
Poi ha negato la mancanza di idonea sperimentazione del vaccino, le relative reazioni avverse e la sua palese inefficacia. Ha negato la necessità di fare autopsie, gli errori commessi (troppi per elencarli tutti) e le loro conseguenze, il tutto imposto con l’autorità, la censura e le discriminazioni. Quando l’assolutismo di regime si fonda sul negazionismo, finisce per esasperare le contrapposizioni. Infatti, la negazione di regime di una realtà evidente, come l’inefficacia del vaccino, induce scientemente la controparte critica ad arroccarsi anch’essa su posizioni tendenti alla negazione della realtà falsata. Se il virus non può essere di origine artificiale allora non esiste; se il vaccino non ha controindicazioni allora tutti i vaccini fanno male; se il vaccino è efficace allora ci state iniettando nano-chip per controllarci; etc.
Con la guerra anche il protocollo negazionista è stato replicato: in Donbass non succedeva nulla prima del 2022; i nazisti ucraini non sono tali perché leggono Kant; le milizie ucraine non commettono crimini di guerra; gli Stati Uniti prima e la Nato poi non sono in guerra con la Russia; e per questo non hanno distrutto i gasdotti Nord Stream, i russi si bombardano da soli; etc. etc. Di fronte a cotanto revisionismo simultaneo diventa difficile mantenere un atteggiamento equilibrato.
Secondo me c’è un altro fattore comune che attesta in modo inequivocabile come la regia dell’Infocalisse e delle fantasie di complotto sia unica, il linguaggio della “paura”. Tutti i regimi, postdemocratici e totalitari, usano da sempre la paura per mantenere la propria posizione dominante. Creano timori nel popolo per indurlo a cercare protezione nell’istituzione vigente e, soprattutto, ad evitare ogni forma di cambiamento che potrebbe incidere sulla tenuta del potere dominante. A tal fine risulta perfettamente normale che l’attuale sistema neoliberista si prodighi nell’infondere nella cittadinanza il terrore di una pandemia, di una guerra, dell’invasione della propria privacy a mezzo internet, dei cambiamenti climatici, dell’invasione di migranti, del terrorismo islamico e del nemico imaginario di turno.
Il problema sorge quando la dissidenza risponde ad un regime del terrore con lo stesso linguaggio della paura. Esaminando le diverse fantasie di complotto risulta evidente come all’angoscia imposta dalla creazione del nemico immaginario (terrorista, jihādista, russo, cinese, etc.) il dissenso complottista abbia opposto quella del deep state e del complotto giudaico massonico (fantasia n.1). Lo sgomento dei “cambiamenti climatici” è stato contrastato con il panico da scie chimiche e geo-ingegneria (fantasia n.2). All’orrore dei regimi totalitari, Russia e Cina in particolare, il dissenso ha risposto con il terrore della perdita delle libertà personali a causa del controllo capillare mediante G5, abolizione del contante, innesto di micro cip, etc. (fantasia n.3).
Al panico originato da guerre, minaccia nucleare e stermini di vario genere è stato osteggiato a colpi di transumanesimo, robotizzazione dell’essere umano, banchetti a base di insetti (fantasia n.4). Il timore creato dal virus è stato sedato con la paura del vaccino, di tutti i vaccini in quanto veicoli di micro chip e altre meraviglie tecnologiche (fantasia n.5). Infine, da sempre i regimi coltivano l’intolleranza nei confronti dello straniero, dal latino “extraneus”, cioè di colui che è esterno, estraneo, colui che viene da fuori e che è fuori, come ben illustrato da Zygmunt Bauman in “Stranieri alle porte”. Bene la dissidenza complottista ha preteso di combattere la creazione del nemico immaginario, specialmente il Novax e il Filoputin, generando l’allarme nei confronti di altre specie di diversi, come l’omosessuale, il transgender, il migrante, etc. Non contenta, sulla spinta quotidiana di narrazioni diversive mainstream, l’area complottista ha generato l’ansia da sostituzione etnica a mezzo invasione di migranti o imbastardimento della pura razza caucasica (fantasia n.6).
Ora, pensare di cambiare il mondo sostituendo una paura con un’altra simile non è solo demenziale ma spiega, in modo inequivocabile, come la regia di questo film possa essere esclusivamente dell’unico che trae vantaggio da tutte le fonti della paura, il regime vigente. Questa situazione è frutto del più grande successo ottenuto dai regimi neoliberisti post-democratici, la deideologizzazione dell’intera cittadinanza di riferimento, inclusa tutta la dissidenza. Quello che Stefano Boni ha definito al punto 1) “linguaggio post-ideologico ... Il linguaggio di entrambi i generi narrativi [narrazioni egemoniche e teorie del complotto] più che finalizzato a ricostruire una descrizione affidabile e proporre una convincente strategia di gestione mira a suscitare emozioni riconducibili a dicotomie: giusto/sbagliato oppure buono/malefico. L’enfasi morale richiede di direzionare il messaggio alle viscere di chi ascolta piuttosto che fare affidamento sulla complessa negoziazione di soluzioni in contesti eterogenei.” (stefano-boni-complottismo-e-narrative-egemoniche-sono-cosi-diversi).
Il potere, infatti, oltre alla paura ha sempre usato la deideologizzazione per svilire tutte le forme di dissenso. Ogni ideologia dominante, una volta assunto il potere, tende a negare se stessa, assumendo il compito di perpetrare il benessere comune al di là dell’interesse specifico di chi il potere lo gestisce. Il neoliberismo postdemocratico ha addirittura teorizzato, con Francis Fukuyama, la Fine della Storia, rappresentata dalla post-democrazia rappresentativa in quanto apice storico cui l’uomo può aspirare. Diventa quindi inutile sviluppare una qualsiasi idea per un mondo migliore, in quanto, quello attuale non è ulteriormente perfettibile, se non per piccole sfumature.
Pur sembrando demenziale come concetto, “La fine della storia e l’ultimo uomo”, pubblicato nel 1992 dopo la caduta del Muro di Berlino e in piena implosione dell’Unione Sovietica, ha tracciato le linee guida utilizzate per deideologizzare il mondo occidentale. Il concetto stesso di ideologia è stato manipolato rendendolo sinonimo di totalitarismo. In realtà l’etimologia del termine è greca e indica il “logos” delle idee. Il logos assume una molteplicità di significati: nella filosofia greca, con Eraclito il logos è la ragione superiore, il principio eterno della molteplicità e del suo essenziale contrasto. Concetto abbandonato dai sofisti che ne hanno valorizzato l’aspetto verbale. La ragione recupera poi il suo ruolo prevalente nel logos, assurgendo a “logica” dopo esser stato “dialettica” in Platone e “analitica” in Aristotele. In tempi più moderni con logos si è arrivati a definire il pensiero, la sapienza, il luogo, il laboratorio, lo studio, la casa, etc. Per quanto si cerchi, non si trova un’accezione negativa del termine, l’ideologia resta sempre un qualcosa dove le idee si sviluppano, il che di per sé è sempre positivo. Per rendere negativo il logos occorre legarci un concetto aggiuntivo, Marx lo fece con il termine “dominante”, il neoliberismo trasformando il logo nel fulcro del marketing moderno, con le conseguenze ben illustrate anni fa da Noemi Klein nel suo “No Logo”.
Con la caduta dell’Unione Sovietica il neoliberismo diventa l’unico sistema di organizzazione economica e sociale funzionante al mondo. I piccoli sistemi più o meno totalitari, almeno secondo il credo occidentale, non sarebbero in grado di affrontare le grandi dimensioni. Anche la Cina stava, nel 1992, ultimando la sua conversione all’economia di mercato, il processo di globalizzazione avviato nei primi anni ’80 aveva completato la conquista del mondo intero. Da allora nessuna forma di dissenso ha scalfito seriamente il principio della “fine della storia”. Tutti i movimenti di ribellione degli ultimi trent’anni hanno combattuto battaglie parziali, su uno specifico argomento, come la pace, le disuguaglianze, alcuni sono riusciti a cacciare un dittatore, per trovarsene un altro in breve tempo.
Tutti i movimenti in occidente hanno sempre premesso di non essere né di sinistra né di destra e di rifuggire qualsivoglia ideologia, come fosse la peste. Il dilagante complottismo di questi ultimi anni fa della mancanza di ideologia un vanto assoluto, cercando di amalgamare il consenso dissidente intorno a fantasie improbabili. QAnon, uno degli esempi di maggior successo di questa tendenza, ha fatto di Donald Trump un eroe. Per similitudine personaggi del calibro di Vladimir Putin, Recep Tayyip Erdoğan, Viktor Orbán, Imran Khan, sono diventati paladini di una inesistente ribellione al neoliberismo dilagante, che li vede invece protagonisti come capi di stato.
Senza lo sviluppo di idee alternative intorno alle quali amalgamare il dissenso, il regime vincerà sempre e le ribellioni dureranno il tempo necessario a quest’ultimo di assorbire l’urto e integrare il dissenso. La pandemia è un esempio tangibile, tolto il green pass, eliminato il bollettino, il Covid è scomparso e con esso il dissenso nei confronti di una gestione che nel frattempo ha ultimato il processo di privatizzazione della Sanità. Con la guerra succederà la stessa cosa, prima o poi gli Stati Uniti scenderanno a patti con la Russia, tutte le “colonie” occidentali si adegueranno, tutti quasi amici come prima con buona pace per quel milione di vite sfumate prematuramente e del movimento pacifista né di destra né di sinistra.
Senza un’ideologia condivisa il regime ha gioco facile nell’imporre quell’incanto che, figlio della paura, finisce per generare le fantasie di complotto che alimentano la meraviglia del terrore.
Come restituire l’incanto
L’aver individuato la sutura delle fantasie di complotto, l’attribuzione delle responsabilità delle narrazioni tossiche al mainstream, la scoperta della stimolazione volontaria delle fantasie di complotto e del movente reale che muove gli elementi veritieri presenti in tutte le fantasie di complotto, non impedisce in alcun modo a queste di continuare a prosperare. Il motivo è semplice, le fantasie di complotto forniscono quell’incanto che è fondamentale per affrontare la paura generata dal regime.
Le folte schiere di “credenti” nella Verità assoluta di regime si rifugiano nell’ovile del pensiero unico, ma chi invece vi si oppone, si ritrova privato di ogni fonte di conforto, grazie ai processi di deideologizzazione e di ghettizzazione del pensiero critico.
D’altra parte appare abbastanza chiaro, allo stato attuale delle cose, che dio, in tutte le sue forme, resti tendenzialmente estraneo alle beghe umane e abbia ormai perso la sua funzione rassicurante in merito ai complotti orditi dalla setta giudaico-massonica, dal deep state, dagli extraterrestri, dalla comunità LGBTQ+ o chi per loro. La sua protezione sembra essere insufficiente a fermare il tentativo di ridurre la popolazione mondiale per mezzo dei cambiamenti climatici, a volte esistenti altre no o generati dalle scie chimiche, o la sua robotizzazione mediante inserimento di microchip, G5 e cambio di sesso, etc., etc., etc.
Altresì è evidente che nel momento in cui la Scienza viene trasformata in divinità parimenti dogmatica alle religioni monoteiste, l’atto di fede nei suoi confronti la renda completamente inefficace a trovare soluzioni valide alle calamità della vita contemporanea. Il vaccino mRna ne ha dato ampia dimostrazione. Lo smantellamento sistematico della solidarietà, della fratellanza, della cultura, delle idee e delle ideologie ha privato le comunità locali di quei punti di riferimento solidi che permettevano di affrontare insieme queste calamità. Senza punti di riferimento, l’essere umano tende a perdere la strada, sia essa razionale o di ispirazione metafisica, si smarrisce e cerca di conseguenza altre forme di conforto, di indicazione. La fantasia di complotto svolge questa funzione, consola chi vi aderisce e lo rende un eletto, un “risvegliato”, colui che ha compreso la Verità vera, quella preclusa al gregge rinchiuso nell’oscurità del pensiero unico. Oltre al sollievo dato dalla “illuminazione” che consente di essere nel giusto, la fantasia di complotto riesce a ristabilire quella solidarietà che il regime ha fatto di tutto per distruggere. I “risvegliati” si uniscono tra loro e vivono l’illusione di poter ridestare tanta altra gente dal sonno del pensiero unico. Gente insieme alla quale riconoscere la Verità nascosta dietro ogni complotto.
I risultati generalmente sono piuttosto disastrosi per il semplice fatto che la Verità nascosta in possesso del risvegliato è stata in gran parte costruita dal regime, proprio per non causare danni allo status quo. Verità che, come abbiamo visto, contiene fantasie incoerenti ed elementi reali. Le prime servono per screditare il dissenso, i secondi per integrare alla prima occasione Verità e risvegliati nel sistema. Non si può quindi pensare di eliminare le fantasie di complotto senza sostituirne l’incanto con un altro, altrettanto capace di valorizzare il soggetto e alimentare la solidarietà con i propri simili.
Per comprendere meglio questa capacità di incantare analizziamo i “soliti” gruppi di fantasie di complotto:
- Il deep state e il complotto giudaico massonico, incantano perché semplificano molto le dinamiche sociali del potere. Poche persone detengono il potere assoluto, sono una setta in gran parte segreta, operano di nascosto per non far conoscere i propri piani. Questi elementi conferiscono una forza enorme al potere che quindi è impossibile da sconfiggere. Il complotto deresponsabilizza il popolo, sia i risvegliati sia il gregge silente, dalle proprie responsabilità e, allo stesso modo, lo assolve dal non fare nulla per cambiare le cose in quanto il potere, così concepito, è impossibile da sconfiggere.
- La negazione, la genesi naturale e quella geo-ingegneristica dei cambiamenti climatici hanno, pur sembrando interpretazioni diverse tra loro, la stessa funzione rassicurante. In tutti e tre i casi infatti la questione ambientale, circoscritta ad uno solo dei suoi molteplici fattori, è risolvibile, il genere umano non corre alcun pericolo. Nel primo caso perché i cambiamenti climatici non esistono (Trump e affini), nel secondo sono perfettamente normali e sono già avvenuti in passato (1000 scienziati non meglio identificati), nel terzo è tutta colpa del deep state o chi per lui. La deresponsabilizzazione è anche in questo caso un punto fondamentale dell’incanto fornito dalla fantasia di complotto. Inoltre, in tutti e tre i casi il pallino è in mano all’entità segreta superiore e per cui come nella prima fantasia impossibile da affrontare.
- L’eccesso di controllo è l’apoteosi della deresponsabilizzazione. Ogni azione è impraticabile perché è impossibile sfuggire al Grande Fratello orwelliano gestito dal deep state. L’incanto è tutto nel pensare di opporsi a questo stato di cose con il decalogo che riportavo in una-dissidenza-dissennata-dissipa-il-dissenso: non mangio insetti; non compro auto elettriche; non mi vaccino; non uso la carta di credito; esistono solo il maschio e la femmina; basta con la guerra; non guardo Sanremo. Al controllo non si può sfuggire solo “negando” occorre costruire un’alternativa, l’incanto di questa fantasia di complotto serve proprio a impedire che ciò avvenga.
- L’incanto della fantasia del transumanesimo nasce invece dall’esigenza di riconquistare il piano metafisico annientato dall’imposizione della ragione e dall’uso della Scienza dogmatica. Il deep state ci sta trasformando per meglio raggiungere i suoi scopi in modo contrario ai voleri di dio (quello che ha creato solo l’uomo e la donna). Finalmente all’entità superiore terrena ne viene contrapposta una ultraterrena nel tentativo di bilanciare lo strapotere della prima. Una sorta di delega ad ente superiore della responsabilità di un eventuale, quanto probabile, insuccesso. Anche in questo caso il risultato è a vantaggio del regime con il tentativo di limitare i diritti di altre minoranze invece che rivendicare i propri.
- La pandemia ha generato una forte forma di resistenza alle imposizioni e molte fantasie di complotto. Il tutto è scaturito in gran parte dall’intento del regime di creare una guerra contro un nemico inafferrabile e per questo ancor più pericoloso. Come tutte le guerre anche quella contro il virus avrebbe dovuto compattare la cittadinanza contro il nemico designato. Purtroppo però le troppe menzogne e i giganteschi errori strategici commessi già dalle prime battaglie, hanno immediatamente sfaldato il fronte comune. La scoperta poi che l’unica arma messa in campo a difesa della popolazione era del tutto spuntata, ha addirittura generato un fronte di resistenza interna.
Quello che doveva essere l’incanto emergenziale intorno al quale riunire il popolo diviso si è trasformato in tanti piccoli incanti, scaturiti dai tanti inganni perpetrati dal regime per cercare di rattoppare i molti errori commessi. Così l’inganno dell’origine naturale ha prodotto l’incanto del complotto negazionista. L’inganno del lockdown ha prodotto l’incanto della fantasia del controllo e della coercizione a fini non ben precisati. Gli infiniti inganni sul vaccino hanno prodotto gli incanti dei microchip fluttuanti nel sangue e tutte le altre amene invenzioni complottiste.
- Infine, la sempre efficiente creazione di nemici immaginari ha prodotto l’incanto di responsabilizzare prima i cinesi cattivi, per il virus, poi i russi mangiabambini per la guerra. Quando poi queste fascinazioni sono venute meno è letteralmente esplosa la meraviglia della comunità LGBTQ+ che ha prontamente scavalcato anche i migranti come pericolo imminente. Energicamente spalleggiata dalla commestibilità degli insetti e dal G5, la comunità è diventata responsabile del transumanesimo in atto, della diminuzione della natalità (al fine di ridurre la popolazione bianca nel mondo), della devastazione culturale infantile e adolescenziale, della soppressione dei diritti delle altre minoranze. L’incanto di questo ultimo punto è frutto di un inganno così ben riuscito, da risultare incomprensibile: come può una minoranza, privata di alcuni diritti fondamentali, essere responsabile della stessa sorte subita da altri, come i Novax, i migranti, i Filoputin? Possibile che non esista un migrante gay, nero, transgender, Novax, Filoputin e pacifista che smentisca questo settarismo?
Ripercorrendo sommariamente gli inganni che hanno generato i diversi incanti delle fantasie di complotto, appare piuttosto evidente che sia stata creata una magia comune per nascondere un unico grande inganno: un’articolata e complessa strategia di autoconservazione dello status quo. Come ci hanno insegnato gli illusionistiPenn & Teller “mostrare la sutura”, svelare l’inganno, non significa necessariamente togliere l’incanto, ma semplicemente spostarlo verso l’abilità del prestigiatore nel realizzarlo. Allo stesso modo, una volta svelati gli inganni, gli elementi reali e i veri moventi che stimolano la formazione delle fantasie di complotto, è necessario spostare l’incanto consolatorio delle fantasie di complotto sull’abilità del sistema nel tutelare la propria autoconservazione. Abilità questa che si esprime per mezzo del sistema economico neoliberista, della propaganda con la sua strategia della distrazione di massa, della dequalificazione del dissenso.
Le tante mani agitate, in questo caso, riescono anche a nascondere chi è il vero illusionista. È altresì fondamentale, per comprendere la sua abilità, individuare chi, tra i tanti personaggi delle fantasie ma anche delle ipotesi di complotto, sia il vero artefice dell’inganno. Inutile focalizzarsi sui personaggi bersagliati dalle fantasie di complotto come i vari Bill Gates, le famiglie Rockefeller e Rothschild (questi ultimi tra l’altro fanno dell’ottimo vino in Francia), Hillary Clinton (con e senza marito), il povero Tom Hanks e tanti altri. Non sono i singoli uomini a ordire complotti ma è il sistema ad alimentare la propria strategia di autoconservazione. Un vecchio proverbio afferma che “morto un papa se ne fa sempre un altro” e, poco volte, il suo utilizzo è stato appropriato come nel caso del sistema di organizzazione sociale neoliberista post-democratico.
A fianco degli ormai millenari giudei massoni, già si affacciano nuove figure come Mark Zuckerberg, Jeff Bezos ed Elon Musk, particolarmente attivi nel condizionamento mondiale dell’economia e della propaganda ma ancora non bersagliati dalle fantasie di complotto. Probabilmente per via della recente apparizione sulla ribalta finanziaria mondiale, anche se uno di loro, pur professandosi ateo, nasconde le sue famigerate origini giudee. Il vero artefice dell’inganno non è quindi una persona fisica ma il dio Mercato. Un ente complesso, con le sue istituzioni e le proprie dinamiche in grado di controllare, mediante la minaccia economica, quelle politiche, postdemocratiche e totalitarie che siano, anche senza una partecipazione diretta. Il Mercato gestisce quasi tutti i media, la maggior parte attraverso la proprietà diretta, quelli pubblici mediante il controllo sulla classe politica, il resto con il ricatto pubblicitario.
Cambiare governo, incluso quello degli Stati Uniti, non serve a nulla perché se si vuole amministrare la cosa pubblica ci si deve adeguare alle regole del gioco, pena l’isolamento economico e l’emarginazione mediatica dell’intera squadra di comando e del popolo rappresentato. Se ai vertici di un’azienda o di un comparto economico, ci sia un imprenditore giudeo, massone, gay, donna, transgender o mutante non fa alcuna differenza, perché chiunque sia se vuole conservare la propria posizione deve rispettare le stesse regole del gioco stabilite dal dio Mercato. Non esistono tanti piccoli complotti, giudaico massonici, dei cambiamenti climatici, della soppressione delle libertà personali, del transumanesimo, delle pandemie e della vessazione delle minoranze. C’è un solo Grande Complotto ed è sempre lo stesso praticato dai tempi dell’Impero Romano, Divide et Impera. Lo scopo ultimo di ogni impero è quello di regnare il più a lungo possibile. Per farlo deve trovare una strategia valida per vincere i propri nemici e ottenere il consenso del proprio gregge. Niente di meglio che dividere non solo gli uni dagli altri ma anche le due compagini al loro interno.
Rispetto ai suoi predecessori il sistema neoliberista, soprattutto nella sua forma postdemocratica, ha affinato molto la propria strategia di autoconservazione, raggiungendo risultati impensabili anche fino a mezzo secolo fa. Le fantasie di complotto sono uno degli strumenti utilizzati per dare incisività a questa strategia. Pur se sempre esistito, il fenomeno ha raggiunto livelli di efficienza in materia di velocità e di capillarità di diffusione impensabili prima dell’avvento dei social. La censura, praticata fisicamente incendiando libri e spesso anche gli autori, è radicalmente cambiata. Quella televisiva si fonda sull’esclusione del pensiero critico o inserendo la sua espressione solo in dibattiti dove quattro avvoltoi più il conduttore si avventano sulla vittima di turno, strappandogli i pensieri a suon di urla coordinate.
I filtri dei social e gli algoritmi dei motori di ricerca funzionano talmente bene da non lasciare al caso alcuna possibilità di diffondere pensieri non allineati. Nonostante questo, tutto ciò che è congeniale alla diffusione di una fantasia di complotto riesce a superare gli ostacoli e si diffonde a macchia d’olio, sulla spinta di narrazioni tossiche e diversive mainstream. La propaganda riesce così a creare due fronti distinti: da un lato quello del pensiero unico fondato sulla Scienza o su altra Verità assoluta, attendibile e affidabile; dall’altro ogni forma di pensiero critico viene incanalato nel condotto mediatico “terrapiattista” per mezzo della fusione con tutte le fantasie di complotto lasciate filtrare.
Ritrovare l’incanto non sta quindi nel costruire una nuova fantasia di complotto ma, invece nel comprendere, come gli inganni celati dalle mani agitate dal grande illusionista siano solo stratagemmi di un’unica tattica, necessaria al sistema per conservare lo status quo in cui regna. La strategia del Grande Complotto del Divide et Impera in grado di modificarsi e adeguarsi a tutte le esigenze temporali, culturali e geografiche. Attualmente, in Occidente, si fonda sulle intricate interrelazioni tra la gestione neoliberista dei grandi capitali e l’organizzazione postdemocratica della rappresentanza politica.
Poche le differenze con i grandi paesi orientali, come la Russia, la Cina e l’India. Infatti in tutti e tre i paesi la rappresentanza politica viene eletta dal popolo. In India questo accade con un sistema molto simile a quello occidentale che, come in Occidente, è realmente democratico a seconda dei risultati che produce. Oggi, per esempio, avendo fatto scelte non proprio filo occidentali il premier Narendra Modi è stato dichiarato populista e poco democratico. In Russia avvengono elezioni che sono state valide e democratiche quando fu eletto Boris Eltsin, truccate ogni qual volta ha vinto Vladimir Putin, il quale, tra l’altro grazie a modifiche costituzionali molto simili a quelle praticate in Italia per sopprimere alcuni diritti, non ha più bisogno di parteciparvi.
Infine anche in Cina, il paese più totalitario del mondo, il popolo elegge i propri rappresentanti. Il filtro qui, però, è praticato per mezzo di un decentramento al contrario che mette al sicuro il vertice da possibili scelte sbagliate della base. Ci sono cinque diversi livelli di Consigli del Popolo, solo i deputati degli ultimi due vengono eletti mentre i primi tre sono nominati da quelli eletti. Un po’ come succede in Occidente con le istituzioni sovranazionali. In Europa, per esempio, solo il Parlamento è eletto dal popolo mentre il Consiglio europeo, il Consiglio dell'Unione europea, la Commissione europea, la Corte di giustizia dell'Unione europea, la Banca centrale europea e la Corte dei conti europea sono tutti nominati sempre al fine di evitare le scelte sbagliate del popolo.
Tutti i paesi, occidentali od orientali, però hanno adottato, con solo piccole sfumature diverse, il dio Mercato come istituzione di gestione economica. Cambia quindi molto poco ai fini delle interazioni tra sistema economico e sistema politico. Più Stato, in Cina, quasi niente negli Stati Uniti, un po’ nelle socialdemocrazie nordiche e in Russia; di fatto però il dio Mercato tranquillamente gestisce il mondo con i suoi conflitti, veri, presunti, armati o diplomatici che siano.
Ormai quasi due secoli or sono Karl Marx, aveva compreso le dinamiche che regolavano quello che all’epoca veniva definito Capitalismo. Grazie alla conoscenza di queste dinamiche il filosofo, sociologo ed economista tedesco azzardò alcune previsioni senza indovinarne neanche una. Il motivo è semplice non aveva compreso la grande capacità del dio Mercato di adattarsi e di evolvere secondo i contesti storici e geografici. Così il proletariato è stato lentamente elevato a classe media in Occidente, accogliendo una buona parte delle sue rivendicazioni. Contemporaneamente è cominciata la delocalizzazione della produzione in paesi poveri dove il proletariato era ancora tale, se non addirittura allo stato di sottoproletariato. Oggi anche la Cina si sta adeguando al sistema delocalizzando parte della produzione in Africa.
A forza di guerre e politiche economiche neocoloniali sono stati sviluppati flussi migratori che hanno consentito la creazione di una vasto sottoproletariato in Occidente, grazie al quale è stato possibile abbattere le garanzie lavorative precedentemente ottenute. In nome della competitività sui mercati internazionali la classe lavoratrice occidentale, privata della produzione di beni, è piombata nel precariato. Impiegati essenzialmente nei servizi, i lavoratori di fatto hanno perso il loro potere contrattuale. Lo sciopero è diventata un’arma spuntata, è stato regolamentato per legge al fine di non incidere ed è stato privato di ogni efficacia per mezzo della frammentazione della proprietà delle aziende e di tutti gli apparati produttivi. Lo sciopero ormai crea disagi solo ad altre categorie di lavoratori privandoli dei servizi necessari. Di contro la classe dirigente salvaguarda la produzione dei beni delocalizzando ed esternalizza i servizi, evitando, così, tutti i disagi che potrebbero derivare dalle rivendicazioni dei lavoratori. In questo modo anche la “crescita” economica è messa al riparo dalle incertezze derivanti da una sovranità popolare che ormai esiste solo nella fantasia delle carte costituzionali.
Questa è un’analisi superficiale delle dinamiche “mercatiste” che, in questo contesto, serve solo a spiegare come dietro ogni fantasia di complotto si nasconda l’inganno che serve a perpetrare il mantenimento dello status quo. Nessun complotto giudaico-massonico guida le scelte dell’élite mondiale, solo l’esigenza di inseguire l’accumulazione infinita di capitali per mezzo di una sempre maggiore concentrazione degli stessi. Fenomeno questo che consente anche un totale controllo sul potere politico, postdemocratico o totalitario che sia.
Un “nemico” di questa forza non si può combattere “non iniettandosi vaccini”, “non comprando auto elettriche”, “non mangiando insetti”, “non usando carte di credito”, “non guardando Sanremo”, “non etc. La negazione da sola non è sufficiente neanche a scalfire la superfice della credibilità del sistema neoliberista. Per costruire un pensiero critico in grado di contrastare il dio Mercato occorre mostrare la sutura di queste dinamiche, a cominciare dalla creazione delle disuguaglianze, funzionali e indispensabili alla crescita e alla relativa concentrazione dei capitali. Facile anche far emergere la sutura creata dall’Antropocene, non limitandosi alla contestazione dei cambiamenti climatici ma prendendo atto della devastazione del pianeta dovuta al consumo delle sue risorse in quantità superiore alla sua capacità di rigenerarle. Lampante la sutura di tutte le guerre e dei flussi migratori, in quanto fenomeni generati dalle politiche economiche neocoloniali; infine, la sutura della sospensione dei diritti di quelle minoranze che risultano non funzionali al processo di accumulazione infinita dei capitali, si mostra da sola per la palese contraddizione dei diritti validi solo per chi è allineato.
Una volta mostrata la sutura dell’inganno occorre anche fornire un incanto nuovo, meraviglia che può essere generata solo dal mostrare un sistema alternativo di organizzazione sociale che non abbia gli “effetti collaterali” del neoliberismo. Le fantasie di complotto e i movimenti che si sono formati dietro di esse, come QAnon, non hanno mai proposto soluzioni di alcun genere in proposito. Il fenomeno non è casuale. Anche in questo caso, infatti, l’illusionista agita la mano del movimento ribelle per nascondere la solita strategia di mantenimento dello status quo. QAnon come abbiamo visto è riuscito solo a produrre un “incanto”, peraltro ben diffuso a livello mondiale, per nientepopodimeno che ... Donald Trump.
Un personaggio che incarna tutti i difetti del neoliberismo postdemocratico: è autoritario; vicino al suprematismo bianco e quindi alla vessazione di una serie di minoranze; è ai vertici della piramide economica e della conseguente creazione di disuguaglianze; è un promotore del negazionismo della questione ambientale, anche in funzione di mantenere la fetta più grande dei suoi finanziamenti provenienti dalle grandi aziende estrattiviste statunitensi; è un accanito sostenitore della lobby delle armi, il che lo rende inattendibile come pacifista; è un patrocinatore delle multinazionali americane, tutt’altro che autarchico e quindi imperialista esattamente come la controparte democratica. Nonostante tutto questo e molto altro grazie alle fantasie di complotto è riuscito a vendersi come paladino delle libertà individuali.
La stessa strada sta percorrendo il nuovo “incanto” generato dai BRICS, che nel 2024 potranno avvalersi dell’adesione di Arabia Saudita, Argentina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran. Il contrasto che il raggruppamento economico sembra agire contro l’imperialismo statunitense, genera entusiasmo in quella frangia di dissenso anti Nato ed Europa, che spesso degenera in sovranismo nazionale. Anche i BIARECEISEA, come potrebbero chiamarsi una volta ultimate le procedure di iscrizione, sono l’ennesima mano agitata dal grande illusionista neoliberista, il Mercato. Dopo la caduta della cortina di ferro, gli Stati Uniti non hanno avuto più concorrenza sulla scena internazionale. Per imporsi come paladini dell’esportazione di democrazia hanno cominciato a promuovere le guerre in piccoli paesi a suon di menzogne e prendendo sonori sganassoni dalle popolazioni locali. Nel frattempo si sono specializzati nel finanziare e sobillare rivolte nei paesi poco amici. Dopo il successo in Cile con Pinochet, in El Salvador con Duarte, in Guatemala con Carlos Castillo Armas e successori, anche in questo campo sono arrivate le delusioni con Cuba, Nicaragua e Venezuela. Il processo di globalizzazione è andato avanti, così, verso un’egemonia mai completata e un insofferenza sempre crescente verso l’imperialismo statunitense. Prima con il mondo islamico in rivolta poi con i “paesi emergenti” quelli, come la Cina, in cui l’Occidente aveva delocalizzato la produzione necessaria a soddisfare i sempre più cospicui quanto inutili bisogni generati dal consumismo.
A forza di “emergere” questi paesi sono diventati una potenza economica: i nuovi BRICS rappresenteranno il 36% del PIL mondiale e il 47% della popolazione del pianeta. Il Venezuela ha fatto richiesta di ingresso e, qualora venisse accettata, l’organizzazione economica deterrebbe oltre il 70% della produzione petrolifera. L’entusiasmo creato dai BRICS nasce dalla speranza di un multipolarismo più accentuato rispetto ai vari G7, G8 e G20 (gli ultimi due in difficoltà a causa della russofobia di nuova generazione). Fatto questo che risulta evidente già dalle foto di rito dei leader partecipanti alle riunioni, in cui la palle bianca fa sporadiche apparizioni al contrario della presenza quasi esclusiva in quelle targate G.
Il problema però è che il crescente potere dei BRICS non presenta alcuna differenza rispetto a quello storico di tipo occidentale. Si fonda sullo stesso sistema economico e tende alla stessa concentrazione di capitali e di conseguenza a quella del potere politico. Cambiare moneta di riferimento e fulcro geografico degli scambi commerciali internazionali senza cambiare sistema economico e sistema politico è come un calvo che cambia barbiere. La sostanza resta quella, come risulta evidente ogni qual volta cambia la rappresentanza politica in un paese post-democratico occidentale. Per modificare lo stato delle cose è indispensabile concepire un sistema politico ed economico totalmente diverso, alternativo, anzi antagonista, a quello attuale che accomuna Occidente e BRICS.
Le fantasie di complotto e i movimenti che si creano intorno ad esse si guardano bene dal concepire niente di simile ad una proposta politica concreta. Non lo hanno nel loro DNA in quanto all’origine di esse c’è sempre quell’intento sistemico di deideologizzare il dissenso. Molto di questo dissenso si appella addirittura alla tradizione, contrapponendo le buone vecchie auto di una volta a quelle elettriche e piene di elettronica; la dieta mediterranea sana ed equilibrata a quella a base di insetti e agli eccessi dei fruttariani; le tisane ai medicinali allopatici; il sovranismo all’internazionalismo; la famiglia nucleare a quella allargata di ogni forma e grado; fino a raggiungere l’apice con la nostalgia per la donna a casa ad occuparsi della famiglia e della soppressione dei suoi diritti riproduttivi.
Questa tendenza non riguarda solo la deriva destrorsa del dissenso, ma sta conquistando buona parte di quella sinistra “vera” che alimentava le schiere extraparlamentari di qualche decennio or sono. I primi, tra l’altro, hanno tutto il diritto ideologico di essere conservatori e quindi di aspirare a tornare indietro ai fasti dei bei tempi andati. I secondi, quelli di sinistra, invece sono solo il prodotto del processo di deideologizzazione, grazie al quale il dissenso non riesce più a vedere oltre la vicina barriera della negazione. Sinistra ormai dimentica del fatto che dietro la recinzione negazionista le tradizioni, la cultura e la politica tendono inevitabilmente a cambiare, ad evolversi secondo quei nuovi “mezzi di produzione” che vengono avversati in quanto transumani. Così il dissenso ormai vive di quei brevi ed occasionali momenti di entusiasmo in cui gli elementi veritieri delle proprie fantasie di complotto vengono ufficialmente riconosciuti come credibili.
In occasione della pandemia, ad esempio, l’ammissione che l’origine artificiale del virus è più probabile di quella naturale, l’esistenza delle reazioni avverse e la sostanziale inefficacia del vaccino, sono state accolte, al grido di “i complottisti avevano ragione”, con la stessa intensità della vittoria dell’ultimo scudetto a Napoli. Tutti questi elementi, però, non attestano la presenza di microcip nel vaccino o l’inesistenza del virus, elucubrazioni che privano le fantasie di complotto pandemico, e con esse tutto il pensiero critico dissidente, di quel fondamento necessario alla costruzione di un nuovo “logos” delle idee realmente antagonista.
Avere ragione su un elemento e torto sulla tesi generale è funzionale al sistema almeno quanto la diffusione della fantasia di complotto. Infatti, quel riconoscimento parziale serve ad ammorbidire la fascia più moderata del dissenso che, con l’evidenza delle reazioni avverse, dell’inefficacia del vaccino e della totale inutilità della somministrazione ai bambini, adolescenti e giovani, aveva contribuito a bloccare la vaccinazione compulsiva. Contemporaneamente la soppressione del green pass e del bollettino quotidiano hanno permesso al grosso della popolazione di riadagiarsi nel comodo pagliericcio dell’ovile di regime. E tutti vissero felici e contenti: i complottisti perché lo avevano detto da subito; il gregge raziocinante perché è potuto rientrare nella casa natale del pensiero unico. Nessuno si è accorto, però, che nel frattempo la privatizzazione della sanità e della cura era stata completata, privando complottisti, gregge e dissidenti del diritto alla tutela della propria salute.
Il modello sarà replicato con le stesse modalità in occasione della guerra. Prima o poi inizieranno le trattative tra Stati Uniti e Russia, i contendenti reali, per spartirsi le macerie ucraine. I primi si impossesseranno di buona parte del territorio grazie all’indebitamento indotto dall’acquisto di armi e dalle esigenze di ricostruzione. I secondi otterranno i territori conquistati, interamente o in parte. La colpa verrà data al governo ucraino che verrà sostituito con un altro altrettanto fantoccio. Verrà riconosciuto ufficialmente che, anche in questo caso, i complottisti avevano ragione sui crimini di guerra commessi dalle milizie nazi-kantiane, sulla partecipazione di Stati Uniti e Nato alla guerra, sulla distruzione dei gasdotti Nord Stream; sull’uccisione di Darya Dugina e altri giornalisti, etc. Il risultato di queste ammissioni sarà quello di ricondurre gran parte del pacifismo moderato nell’ovile di regime, nessuno verrà perseguito per i crimini commessi, le relazioni diplomatiche verranno ristabilite e, soprattutto, nessuno restituirà la vita alle vittime della guerra.
Per restituire l’incanto funzionale al tentativo di “costruire un mondo migliore” serve dunque una sostanziale inversione di rotta. Occorre uno sviluppo esponenziale della coscienza collettiva ma non al fine di “risvegliare” la popolazione mostrando loro l’orrore della gabbia in cui vivono. La coscienza serve a vedere che “un altro mondo è possibile” come diceva uno slogan di inizio millennio di un movimento che non a caso alla definizione “No Global” preferì quella di New Global. Non è finita bene neanche quella di esperienza ma un insegnamento se ne può trarre. La negazione, la fase destruens, da sola non basta, a questa deve far seguito una fase costruens. Una fase in cui, dal confronto di idee, possa nascere un nuovo “logos” delle idee, sulla base del quale fondare un “altro mondo possibile e soprattutto migliore”. Un “logos” che, come ho precedentemente illustrato, sia privo della pretesa di diventare “dominante” ma in grado di creare “incanto” e “meraviglia”. Sentimenti che possono essere duraturi e produrre un dissenso resistente nel tempo, grazie alla capacità di generare solidarietà tra le “vittime” dell’attuale ideologia dominante, il neoliberismo postdemocratico.
Come realizzare l’incanto
Per creare un “logos” delle idee intorno al quale il dissenso possa finalmente solidarizzare servono alcuni elementi, mentre altri, come le fantasie di complotto, vanno lasciati andare. Le idee, infatti, si devono poter confrontare sia sul piano critico (fase destruens) sia sul piano costruttivo (fase costruens). Se, come abbiamo visto precedentemente, nella prima fase le fantasie di complotto sono poco funzionali a una critica rigorosa, nella seconda sono addirittura deleterie in quanto create appositamente per non consentire lo sviluppo di un “logos” di idee realmente alternativo al sistema vigente.
Nella fase costruens, per confrontarsi in maniera proficua, le idee hanno bisogno di un “logos” definito, una sfera ideale dai confini imprecisati ma all’interno della quale alcuni punti di riferimento siano stabili e duraturi. Il processo di deideologizzazione, realizzato accuratamente dall’ideologia dominante neoliberista, è riuscito a smantellare questi pilastri, rendendoli labili, nebulosi. In alcuni casi i regimi si sono addirittura appropriati di questi valori, manipolandone e distorcendone il significato. Su tutti spicca la rielaborazione del concetto di uguaglianza, trasformato in “lotta alle disuguaglianze” da perseguire con la causa principale della loro genesi, la crescita economica con la sua inevitabile concentrazione dei capitali.
Per ristabilire i pilastri è necessario recuperare il significato reale dei concetti, a partire da quelli che definiscono le aree del pensiero politico. Né di destra né di sinistra è una palese idiozia, figlia del processo di deideologizzazione. Nei sistemi post democratici i due termini hanno finito per identificare un’unica ideologia dominante, quella neoliberista della “fine della storia”. Ma ormai nessuno dei due schieramenti politici delle post-democrazie (Democratici e Repubblicani negli Usa, PD e FDI in Italia, etc.) ha più alcuna caratteristica di destra o di sinistra. In Italia i due fronti sono parimenti neoliberisti e fautori della privatizzazione dei beni comuni e dei servizi pubblici, al fine di implementare la crescita e, quindi, l’accumulazione infinita di capitali. Sono entrambi favorevoli alla colonizzazione del paese da parte della Nato e dell’Europa, partecipano con entusiasmo ad ogni guerra si affacci all’orizzonte.
Cambiamo nome a destra e sinistra, chiamiamole dritta e manca, ma ripristiniamo i concetti originali. Quelli ormai scomparsi dietro le manipolazioni delle forze politiche che si sono appropriate dei termini degradandone il valore. La “dritta” è conservatrice, favorevole al mantenimento dello status quo e delle tradizioni che favoriscono il regime vigente. È autoritaria, storicamente pensa che il potere debba essere affidato ad una guida, o quanto meno a un’oligarchia, che faccia l’interesse del popolo. È militarista e propensa a risolvere i conflitti esterni con la guerra e quelli interni con la repressione, sempre per la sicurezza del popolo, non sia mai. Il neoliberismo e la post-democrazia si prestano benissimo ad interpretare questo disegno politico, ma non possono andare bene per il pensiero politico della “manca”.
L’uguaglianza è un nodo fondamentale del pensiero di “manca”. Uguaglianza e non omologazione, quest’ultima predicata dal pensiero unico di tipo autoritario. Il mondo intero si deve adeguare al consumismo occidentale, dal modo di vestire al mangiare hamburger, guardare le stesse serie e gli stessi format televisivi all over the world, frequentare gli stessi social media e ricevere le stesse informazioni preconfezionate. Il tutto con lo scopo di creare quell’uniformità culturale sancita dalla “fine della storia”. No, l’uguaglianza è un’altra cosa, è quella funzione matematica che serve ad appianare le diverse condizioni di accesso, di capacità, di abilità, di probabilità, etc. che inevitabilmente si vengono a creare all’interno di un nucleo sociale. L’omologazione è un fattore culturale, l’uguaglianza è una funzione e come tale non esprime un valore. È uno strumento per assicurare ad una persona, una comunità, uno stato, una federazione di stati, al mondo intero la stessa condizione di accesso ai bisogni e ai diritti. Un logos di idee di “manca” non può prescindere dall’adottare l’uguaglianza come punto di riferimento e come strumento di valutazione del “giusto”.
Un secondo concetto di fondamentale importanza è quello della libertà. Per il pensiero di “dritta” la libertà è un valore secondario subordinato a quello della “sicurezza”. Per il neoliberismo post-democratico la libertà è semplicemente una merce acquistabile un tanto al chilo. Se sei un migrante povero la libertà che puoi comprare è quella della sopravvivenza rinchiuso in qualche campo profughi. Se sei un cittadino europeo povero puoi comunque muoverti all’interno del tuo continente a condizione di non essere di etnia Rom, Sinti, Kalé, Camminanti, etc. Per il resto il tuo patrimonio stabilisce i chilogrammi di libertà che puoi comprarti.
Per il “logos” di idee di manca la libertà è solo uno dei tanti fattori assoggettati alla funzione di uguaglianza: non ha limiti di sorta se non quello di dover essere uguale per tutti. Un po’ come dovrebbe essere anche per l’amministrazione della giustizia, meglio nota come legge. Affermazione che, nonostante campeggi in tutti i tribunali occidentali viene smentita quotidianamente in modo direttamente proporzionale al capitale del soggetto giudicato (Berlusconi docebat).
I valori da recuperare nel logos di idee sono moltissimi: in un lavoro più approfondito sono arrivato ad elencarne 26, oltre a Uguaglianza e Libertà ho incluso: Mutuo appoggio ed Empatia; Solidarietà; Fratellanza; Giustizia ed Equità; Utopia; il concetto di Ideologia come illustrato brevemente sopra; Ambientalismo; il concetto di Comune, spazi, beni, proprietà, servizi e riappropriazione degli stessi, e il suo inevitabile antagonismo nei confronti del neoliberismo; il concetto di Classe finalizzato allo sviluppo della coscienza e della lotta; la Prassi e il valore della coerenza ad essa applicata; il concetto di Democrazia e la necessità della Partecipazione perché possa essere definita “crazia” del “demo”; la Ridistribuzione della ricchezza, fondata sul principio che la ricchezza o è già distribuita quando viene creata o non ha alcuna possibilità di diventare tale in un secondo momento; Progressismo e Sviluppo; Cooperazione; il senso della Cultura, dell’Istruzione e dell’Informazione; il Lavoro; la Meritocrazia; il Diritto e il rispetto dei Diritti; l’Onestà e, di conseguenza, la scelta tra Legalità e Disobbedienza civile; l’Internazionalismo; l’Antiproibizionismo; l’Antimilitarismo; la Felicità; la Fiducia; la Laicità dello Stato.
Ovviamente non è questa la sede per esaminarli tutti nel dettaglio, ma è fondamentale comprendere la necessità di quest’analisi al fine di costruire un “logos” comune delle idee. Analisi questa che deve anche tener conto di un fattore che fino a qualche anno fa era ben radicato nel pensiero di “manca” e che oggi, invece grazie al processo di deideologizzazione, sembra scomparso: l’evoluzione delle condizioni sociali, culturali e politiche conseguente alla trasformazione dei mezzi di produzione, all’appropriazione delle risorse e alla distribuzione della ricchezza.
Detto questo nelle conclusioni di un lavoro precedente (draghistan-se-non-riusciamo-a-uscire-dal-tunnel-almeno-arrediamolo) abbozzavo la definizione di quei concetti basilari per la creazione del “logos” di idee comune. In questa sede reputo migliore sintetizzarli in altro modo, focalizzando l’attenzione sulle possibili soluzioni, più che sull’elaborazione concettuale. Per “cambiare il mondo” sostanzialmente occorre sostituire contemporaneamente il sistema politico e il sistema economico che regolano quello attuale.
- Per quanto riguarda il sistema politico il discorso è piuttosto semplice. In considerazione dei risultati ottenuti dalla democrazia rappresentativa, per non parlare di quelli raggiunti dai sistemi totalitari e dittatoriali, in merito alla creazione di disuguaglianze, guerre, alla concentrazione della ricchezza, alla vessazione delle minoranze, etc., l’unica soluzione conosciuta rimasta è la democrazia diretta e partecipata. Niente a che vedere con la trappola della piattaforma Rousseau, adottata dal M5S, ma il Municipalismo di Murray Bookchin, realizzato dal popolo curdo con il Confederalismo Democratico, potrebbe essere un’ottima fonte di ispirazione.
- Per il sistema economico il discorso è molto più complesso e ampio ma, anche in questo caso è possibile accennare alcuni punti nodali. Il sistema economico su cui fondare il logos delle idee di “manca” deve necessariamente sanare gli antagonismi creati dal neoliberismo. Le disuguaglianze, la povertà, l’appropriazione delle risorse mediante le politiche neocolonialiste e le guerre, i flussi migratori che ne derivano, la questione ambientale, sono conseguenze dirette della logica della “crescita economica” su cui si fonda l’accumulazione infinita e la concentrazione di capitali. Per disinnescare questo processo autopoietico occorre eliminare l’oggetto di cui si alimenta, il profitto. Marx definiva “plus valore” la differenza tra il valore del prodotto del lavoro e la remunerazione sufficiente al mantenimento della forza-lavoro. Fissava in questa differenza il margine in base al quale il “capitalista” genera ricchezza, sulle spalle della classa operaia.
Dopo quasi due secoli, grazie alla finanziarizzazione dell’economia, alla delocalizzazione della produzione, all’integrazione della classe operaia almeno quella occidentale, alla precarizzazione del lavoro ed altre amene trovate neoliberiste, le cose si sono leggermente complicate. La ricchezza, e con essa anche la ciclicità delle crisi economiche, non si creano solo attraverso la produzione, o meglio l’iper-produzione, molto spesso essa deriva da speculazioni finanziarie e dalla creazione di “prodotti” immateriali come la cartolarizzazione del debito. Pertanto l’elemento da rimuovere non è più solo il plus valore marxiano ma il profitto in ogni sua forma.
Contemporaneamente occorre passare dal consumismo al consumo dei prodotti e al loro riciclo, alla riduzione della produzione materiale in favore di quella immateriale. È fondamentale creare un sistema economico decentrato, fondato su una produzione locale gestita direttamente dalle assemblee municipali partecipate. Là dove è possibile, la produzione può essere confederata per servire più comunità locali, a condizione che non ci sia alcuna delega al controllo, che possa creare interessi particolari. A tal fine è necessaria la riappropriazione dei beni e dei servizi comuni, la cui amministrazione deve essere anch’essa affidata alle assemblee municipali. Infine, l’economia dovrà essere realmente circolare, sempre sotto lo stretto controllo delle comunità locali, al fine di sanare l’antagonismo dell’Antropocene.
Per rendere la ricchezza realmente distribuita è necessario che questa venga creata già equamente ripartita. Per riuscire nell’intento anche il concetto di proprietà privata va radicalmente trasformato. Come ho scritto nel mio lavoro precedentemente citato draghistan-se-non-riusciamo-a-uscire-dal-tunnel-almeno-arrediamolo: “In tal senso l’economista Thomas Picketty ha ideato un sistema fiscale realmente progressivo in grado di trasformare la proprietà privata in proprietà temporanea. Tale sistema non è però sufficiente a determinare il conferimento dei beni comuni alle comunità locali. Piketty infatti non vuole rinunciare alla “crescita”, motivo che lo induce a tassare i grandi patrimoni personali lasciando sostanzialmente indenni le aziende. Fattore questo che finisce per favorire ulteriormente le grandi imprese a discapito degli artigiani.
In Italia la quasi totalità dell’evasione fiscale e della concentrazione di capitali passa per i colossi societari, ivi incluse le vecchie Cooperative Rosse, trasformate in SpA. Il nuovo sistema fiscale proposto deve quindi attenzionare, oltre ai grandi patrimoni personali, anche le grandi aziende, in modo da rendere poco conveniente per loro, ai fini dell’accumulazione infinita di capitali, l’accaparramento dei beni comuni e dei servizi pubblici. Il sistema fiscale deve anche incentivare la produzione e la distribuzione locale, l’artigianato, scoraggiando i trasporti e tutte le attività inquinanti, in modo da arginare il più possibile l’antagonismo relativo alla questione ambientale. In sostanza il nuovo sistema economico, coadiuvato da un adeguato sistema fiscale, deve interagire con quello politico per promuovere l’uguaglianza, la libertà reale di tutta la comunità, il lavoro, smantellando l’organizzazione verticistica della produzione vigente che limita le possibilità di espressione della creatività in favore della accumulazione della ricchezza.”
Riassumere in poche righe la complessità di un sistema economico e fiscale distribuito è un impresa velleitaria. E non è neanche il mio intento, in quanto un sistema compiuto non rappresenta un buon punto di partenza per un “logos” di idee comune e condiviso che, necessariamente, deve nascere da un lavoro collettivo. In questa fase è sufficiente comprendere che riuscire a creare questo “logos” delle idee risulterebbe l’incanto più solido e convincente per tre diversi motivi. Il primo è che al contrario delle fantasie di complotto non cela alcuna forma di inganno. Infatti, per essere comune il “logos” deve inevitabilmente nascere dal basso, con un processo dialettico privo di verticismi di qualsiasi genere. Fattore questo che garantisce e preserva dalla creazione di complotti, relativi inganni e interessi particolari. Il secondo motivo è dato dal fatto che tutto ciò che è “comune” crea solidarietà, fenomeno in grado di promuovere la condivisione tra pari e di superare le paure e le angosce della solitudine. L’assenza di paura è il migliore degli incanti perché innesca la fase costruens e genera l’euforia della partecipazione. Al contrario la paura ha una funzione castrante, divide la comunità, genera odio e fantasie di complotto e permette, così, a tutti i regimi di mantenersi al potere.
Infine, la terza ragione risiede nella fiducia in se stessi che nasce e cresce grazie al fatto di partecipare alla costruzione di un mondo migliore. La partecipazione alla fase costruens, fosse anche questa solo un tentativo di realizzare un sogno comune, accende l’esaltazione della lotta, invece di soffocare l’ottimismo sotto i vani sforzi tesi a smascherare un complotto inesistente. Quest’ultimo “incanto” pone la questione di come realizzare questa lotta per “cambiare il mondo” e costruire il “logos” comune delle idee. Pensare alla cara vecchia rivoluzione armata è obsoleto per due ragioni fondamentali. La prima e più importante è che l’imposizione violenta di un nuovo “logos” delle idee non cambierebbe lo stato delle cose, semplicemente porterebbe una nuova élite al potere e imporrebbe un nuovo interesse economico particolare. La sostanza delle disuguaglianze, della vessazione delle minoranze, della coercizione del dissenso, etc. resterebbe la stessa. Si tratta quindi di “cambiare il mondo senza prendere il potere”, per dirla con John Holloway.
In secondo luogo in un contesto come quello attuale una rivoluzione armata in Italia, o in un altro paese occidentale, non ha alcuna possibilità di “vincere”. A parte il fatto che la strage di una guerra civile non può mai essere considerata una vittoria, una rivoluzione armata ha possibilità di successo solo quando è supportata da forze straniere in grado di rendere equivalenti le forze in campo. L’esempio dell’Ucraina è quanto mai calzante, a lungo istigata dagli Stati Uniti a fungere da cavallo di Troia per indebolire il “nemico” Russo si è vista coinvolta in una guerra in cui non ha alcuna possibilità di vincere. Quando avrà accumulato un numero sufficiente di vittime (allo stato attuale sembra abbiano già superato le 400.000 unità tra milizie e civili) Stati Uniti e Russia scenderanno a patti. L’Ucraina si ritroverà con una porzione di territorio in meno e la parte restante sotto il giogo degli Usa e degli altri paesi con i quali si è indebitata fino al collo. Ogni tipo di autonomia sarà persa per molti anni.
L’unica via che resta è quindi la resistenza civile con tutte le sue “armi”. A tal fine consiglio vivamente la lettura di “Come risolvere i conflitti senza armi e senza odio con la resistenza civile” di Erica Chenoweth edito in Italia da Edizioni Sonda. Lo studio presenta grossi limiti di analisi politica e sociologica in quanto privilegia l’elaborazione dei dati e la statistica. Non vengono, per esempio, analizzate le fonti internazionali di finanziamento e di condizionamento estero delle rivolte. Il lavoro si limita ad una adesione acritica alla versione occidentale e spesso cade nel tranello propagandistico dei “due pesi e due misure”. Infatti, i finanziamenti e il logorio propagandistico vengono considerati come ininfluenti e frutto dei deliri di regime nei casi di rivolte in paesi non amici, probabili e frutto dell’azione segreta nel caso di resistenze interne all’Occidente.
Anche l’analisi sociale e politica dei regimi post-democratici e dello stato pietoso in cui versa la democrazia rappresentativa risulta piuttosto carente. La soppressione dei diritti, la vessazione delle minoranze, l’esasperazione delle disuguaglianze, viene sempre valutata come occasionale. La responsabilità viene poi attribuita all’autoritarismo casuale dovuto, per esempio, alla vittoria della “destra”. Tipico l’esempio di Donald Trump per gli Stati Uniti, anche se la vessazione della minoranza nera è perfettamente bipartisan, mentre la partecipazione a guerre di varia natura vede addirittura una prevalenza della parte avversa. I paesi post democratici risultano così meno bisognosi di “resistenze civili” rispetto a quelli il cui sistema di votazione della rappresentanza è fondato su filtri diversi da quelli impostati dall’Occidente. La soppressione dei diritti umani, sociali e civili, assume caratteristiche diverse, secondo la Chenoweth, anche se la sostanza resta la stessa.
Un altro limite dello studio, anche se riconosciuto, nasce dalla necessità di dividere nettamente le rivolte violente da quelle pacifiche quando il confine tra i due generi è spesso labile e confuso. Per sanare il problema è stato introdotto il concetto di “violenza marginale”. Purtroppo però la valutazione del margine che rende violenta o pacifica è approssimativa e di carattere prettamente soggettiva. Sorprende poi l’assenza di alcune ribellioni piuttosto importanti come quella pacifista statunitense contro la guerra in Vietnam, il ’68 europeo e il ’77 italo tedesco.
La carenza più grave però scaturisce come conseguenza della divisione tra paesi post-democratici e totalitari o dittatoriali. Risulta abbastanza evidente che l’intero lavoro risenta molto della teoria della “fine della storia”. La necessità di cambiare radicalmente il sistema politico ed economico viene, infatti, contemplata solo nel caso di rovesciamento di un dittatore o presunto tale in paesi considerati totalitari. Il cambio di sistema riguarda esclusivamente la transizione al sistema post-democratico di tipo occidentale. Una volta imposto questo sistema le rivolte non hanno più ragione di essere sistemiche e possono essere solo finalizzate a cause specifiche, come l’ambientalismo, il diritto all’aborto o la sua soppressione, la vessazione di una minoranza, etc.
L’autrice non si domanda come mai spesso il dittatore rovesciato viene sostituito, dopo regolari elezioni svolte sotto l’egida di paesi post-democratici, da un personaggio speculare ma, generalmente, più gradito all’Occidente. In altri casi, nonostante “l’esportazione” forzata della democrazia, la transizione fallisce e sfocia in guerre civili lunghe numerosi anni. Molti gli esempi in ambo i casi: in Egitto dopo quasi un trentennio di dittatura dello zio di Ruby Rubacuori, Hosni Mubarak, si è passati, attraverso un militare e due fantocci, al “democraticissimo” Abdel Fattah al-Sisi; in Tunisia la Rivoluzione dei Gelsomini, nel 2011 spazzò via la “padella” di Zine Ben Ali e del partito unico RCD per finire nella brace di Kais Saied. Nel secondo caso la lista diventa lunghissima solo negli ultimi anni partendo dalla Jugoslavia, troviamo l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia, la Siria, etc. etc. etc.
L’esempio ricorrente in tutto lo studio è, per ovvie ragioni, quello del Mahatma Gandhi e della liberazione dell’India dall’occupazione britannica. Anche in questo caso però viene dimenticato che il programma politico di Bapu, la “pratica formula dell’amministrazione fiduciaria, ... costituisce un mezzo di trasformazione del presente ordine sociale capitalistico in un ordine egualitario. Non lascia spazio al capitalismo, ma offre alla presente classe dei possidenti una possibilità di riformarsi. Si basa sulla fede che la natura umana possa sempre redimersi. 2) Essa non riconosce alcun diritto di possesso di proprietà privata, salvo nei limiti in cui la società possa tollerarlo per il proprio benessere. ...”
Nel dettaglio l’organizzazione sociale prevede una sorta di municipalismo in cui ogni villaggio godrebbe di larga autonomia politica. Lo stesso Gandhi ha fatto più volte riferimento alla filosofia anarchica e alla “classica affermazione di Thoreau che il governo migliore è quello che governa di meno.” (le citazioni sono tratte da Gandhi Il mio credo, il mio pensiero – Newton Compton Editori – 2010). Appare quindi chiaro che la vittoria della resistenza civile indiana fu dovuta, oltre che a tutti i fattori indicati dalla Chenoweth, anche al fatto di avere un “logos” delle idee, pronto a sostituire il sistema coloniale britannico in vigore, intorno al quale si è riunito il dissenso della popolazione. Purtroppo il suo assassinio, avvenuto nel gennaio del 1948, gli impedì di partecipare attivamente alla costruzione politica del suo paese, che oggi è divenuta la più grande post-democrazia del mondo, ricca di quelle disuguaglianze fortemente disprezzate dal Mahatma.
Nonostante queste carenze lo studio di Erica Chenoweth “Come risolvere i conflitti senza armi e senza odio con la resistenza civile” vanta due meriti assoluti. Il primo è quello di dimostrare statisticamente che la resistenza civile è nettamente più efficiente della lotta armata nel conseguimento delle rivendicazioni della ribellione. Nel periodo esaminato che va dal 1900 al 2019 le rivolte pacifiche hanno avuto pieno successo in poco più del 50% dei casi e un successo limitato nel 16% circa. Di contro le rivoluzioni violente hanno avuto pieno successo in appena il 26% dei contesti e successo parziale solo nel 12%. Di conseguenza il fallimento vede un’incidenza del 62% nelle ribellioni violente e appena del 34% in quelle pacifiche.
Il secondo pregio dello studio è quello di riepilogare in maniera schematica ed esauriente le “armi” a disposizione della resistenza civile. La prima divisione avviene in base a tre categorie, coniate dall’accademico e politologo Gene Sharp negli anni sessanta: “protesta e persuasione, non collaborazione e intervento nonviolento”. La seconda categoria è ulteriormente divisa in “non collaborazione sociale, non collaborazione economica, non collaborazione politica. Lo stesso Sharp identificò, così, ben 198 metodi di azione non violenta, riassunti nella Tabella 2 dello studio a pagina 72 dell’edizione italiana. Nella tabella 3 (pagina 74) i metodi vengono anche suddivisi in atti commissivi (individui disarmati compiono un’azione che gli avversari non vogliono venga eseguita) e atti omissivi (le persone smettono di fare qualcosa che sarebbero tenute a fare). A loro volta gli atti sono suddivisi anche per la caratteristica di “concentrazione” degli attivisti, radunati in un luogo circoscritto, o della loro “dispersione” nel caso disertino coordinatamente uno spazio predefinito.
Inoltre, lo studio analizza ogni dettaglio organizzativo della resistenza civile e i risultati ottenuti secondo lo sviluppo dei singoli fattori. In sostanza un ottimo manuale per ricordare quello che sino a qualche anno fa era “pane quotidiano”. Una volta recuperate queste conoscenze non serve altro che mettersi al lavoro per costruire un nuovo “logos” delle idee.
Indice |
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Pag. 01 |
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II parte - QAnon: filamenti di genoma transatlantico, collect from good authorities |
Pag. 08 |
3 |
Pag. 14 |
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4 |
Pag. 17 |
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Pag. 24 |
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6 |
Pag. 34 |
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7 |
Pag. 41 |
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Il secondo equivoco nasce dal significato di complotto: poche persone organizzano azioni tendenti a rovesciare il potere vigente sostituendosi ad esso. In questo senso Gladio era un complotto, Piazza Fontana no. Era una strategia, detta della tensione, perpetrata a difesa del potere vigente. I complotti alimentano il regime perché diventano tali solo se falliscono. In Ucraina, ad esempio, Euromaidan nel 2014 non viene definito come complotto ma come rivoluzione "arancione", per il semplice fatto di essere andato a buon fine. Anche le strategie adottate da un regime per autoconservarsi finiscono per alimentarlo. Scopo dell'articolo era proprio quello di evidenziare queste dinamiche, invitando a non gridare mai al complotto, perché una parte dell'area del dissenso vedrà sempre microchip e/o scie chimiche in ognuno di essi finendo per screditare tutta l'area del dissenso e alimentando il regime. Molto meglio denunciare la strategia adottata dal regime per autoconservarsi e soprattutto opporre ad essa una proposta politica antagonista strutturata.
Ciao e grazie ancora