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ilsimplicissimus

I sicofanti coi fichi secchi

di ilsimplicissimus

La straordinaria temperie di contumelie quotidiane che ricade sul nuovo governo qualsiasi cosa faccia o non faccia, rassomiglia a quel fuoco di sbarramento che senza avere alcun  obiettivo definito cerca di impedire l’avanzare del nemico, o meglio di ciò che il potere definisce come tale. Infatti non si tratta di giudicare le intenzioni e i fatti del nuovo esecutivo, che peraltro hanno avuto aggrovigliati precedenti sia nel campo della destra che del centrosinistra, tanto che di fatto manca finora una vera specificità del governo giallo verde, ma di colpire alla cieca e con irragionevole indignazione a ciclo continuo coloro che hanno sconfitto lo stats quo ante, l’establishment insomma.

Lo dimostra come meglio non si potrebbe la canea sull’ Alitalia, un tema sul quale Berlusconi vinse le elezioni contro il centro sinistra predicando al tempo stesso la sua privatizzazione, ma il mantenimento dello status di compagnia di bandiera e che Renzi ha svenduto successivamente a Etihad facendo finta che sarebbe stata la panacea di tutti i mali. Adesso tutti trovano da eccepire sulla rinazionalizzazione che dopo 18 anni disastri, incapacità, ruberie e totale mancanza di visione è l’unico modo di salvare una compagnia alla deriva.

Si può fare meglio o peggio e dunque le domande incalzanti al ministro Toninelli sono legittime e doverose, ma di certo se gestita decorosamente Alitalia potrebbe fare parecchi utili vista la vocazione turistica del Paese e potrebbe anche essere strategica per le future sfide poste dalla rinascente multipolarità planetaria. Per carità è solo un esempio del fatto che i cecchini sparano comunque su qualsiasi cosa si muova.

Questa specie di battaglia non solo è perdente in sé, ma è anche estremamente pericolosa perché a forza di sparacchiare giorno e notte sul nulla nel momento in cui l’esecutivo farò una cazzata vera si sarà già esaurito il capitale di indignazione incautamente sperperato. Ad ogni modo fra la truppa dei socialisti da social spiccano alcuni condottieri, dei kagemusha del potere che sono letteralmente ed etimologicamente dei sicofanti, ovvero quelli che nell’antica Atene rubavano i fichi sacri, il cibo di elezione della popolazione più povera, Tra questi si distingue Saviano, un caso esemplare di personaggio costruito a tavolino “con i dosaggi esatti degli esperti”, la cui notorietà non deriva da ciò che scrive e dunque da ciò che copia, ma esclusivamente dal favore dei media padronali. Questo “vate” inserito nell’asse ereditario di De Benedetti, come proprietà immobiliare, tende ad esagerare, così come il gregge che conduce e che spesso esprime un solo e puntuale argomento, quello che Salvini, Di Maio e compagnia cantante sono cretini e ignoranti, mentre chi lo dice è bello e sagace, come dimostra del resto la forza intellettuale di questo ragionamento. In effetti Saviano non entra mai nel discorso politico vero e proprio, non sottolinea contraddizioni ( e dire che ce ne sarebbero di grosse come macigni), si limita come i suoi fans a una banale demolizione verbale puramente evocativa e automatica. Paragona Salvini a Putin (ma magari) o a Trump insomma a quelli che per lui sono esempi di neofascismo probabilmente perché sono stati tutti eletti e non nominati dai suoi padroni, accusa il leader della Lega di assassinare i migranti in mare e sembra arrivare a dire: “sinceramente preferisco salvare i rifugiati e i miei fratelli clandestini che aiutare qualche terremotato italiano, piagnucolone e viziato”. La frase in se e per sé è un fake costruito chissà da chi, ma corrisponde ai concetti espressi durante l’intervista a Che tempo che fa e nella quale il vate fa sapere che a lui dei dati non gliene frega nulla perché valgono di più le sue sensazioni, una uscita in fondo anche più grave di quella attribuitagli. Ma comunque non ci si può certo risentire per queste sue perle di saggezza che pateticamente dimostrano solo l’inadeguatezza del personaggio  al ruolo che gli fanno recitare con cachet stratosferici. Certo è una pena, anzi una vergogna vedere come in questo Paese una voce intellettualmente più che modesta, ma sincronizzata alla perfezione con le tesi atlantiste, europeiste, oligarchiche, con la sua omologazione genetica al potere, possa  passare per fuori dal coro, persino come una sorta di dissidente.

Del resto basta prendere le cronache siriane di questo boss dell’informazione, tutte regolarmente smentite, frutto di superficialità e asservimento senza limiti, per avere un’idea realistica di Saviano persino in un Paese dove anche Mentana pretende di essere maestro di buon giornalismo e prende a male parole chi gli fa domande sul suo editore di riferimento. L’insensatezza di una battaglia che non si svolge sui temi proprio del governo e dei problemi in campo, ma semplicemente sulle evocazioni e sulle appartenenze ci riporta alla caduta di criticità e di ideologia che rende perfettamente comprensibili i fenomeni che trasformano il Paese in un’arena del futile. E dove anche i sicofanti finiranno per poter rubare solo fichi secchi.

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