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tysm

La rivoluzione è il freno di emergenza

Saggio su Walter Benjamin

di Michael Löwy

Con l’autorizzazione dell’autore pubblichiamo la prefazione a La révolution est le frein d’urgence. Essais sur Walter Benjamin, il nuovo libro di Michael Löwy in uscita il 7 febbraio prossimo presso le Editions de l’éclat. La prefazione è apparsa sul blog dell’autore ed è tradotta per tysm da Alessandro Simoncini

Ho scoperto Walter Benjamin verso il 1978, quando ho iniziato a lavorare sul messianesimo rivoluzionario nella cultura ebraica dell’Europa centrale. Sono stato subito colpito, come con un pugno, dalla scoperta delle Tesi sul concetto di storia(1940): come dico nel libro, che è dedicato a questo documento unico, nel mio itinerario intellettuale c’è un prima e un dopo questa illuminazione profana.

A partire da quel momento ho iniziato a leggere, studiare, discutere e rimuginare molti degli altri scritti di Benjamin, cercando di comprendere il suo percorso spirituale e politico. I saggi raccolti in questo volume sono il prodotto di questo tentativo, che si estende su … due secoli (il ventesimo e il ventunesimo).

Come si può comprendere leggendo l’indice di questa raccolta i temi dei testi sono molto diversi tra loro. Testimoniano anche di una lettura molto selettiva: alcuni tra gli scritti più importanti, o più conosciuti, di Benjamin non sono nemmeno menzionati. Non porto esempi, il lettore attento si renderà subito conto di queste lacune.

C’è un filo conduttore – nel senso elettrico del termine – in questo insieme arbitrario, disparato ed eterogeneo? Forse. Se esiste un denominatore comune, una problematica trasversale, una bussola magnetica, questa è probabilmente l’idea di rivoluzione in Walter Benjamin.

Si tratta quindi di una lettura politica di alcuni dei suoi scritti? Sì, a condizione però di intendere la politica non nel senso abituale – l’azione degli Stati, il ruolo delle istituzioni, le elezioni, il Parlamento, ecc. -, ma nei termini singolari propri all’autore delle Tesi: la memoria storica delle lotte e delle sconfitte, l’appello all’azione redentrice degli oppressi, un’azione inseparabilmente sociale, politica, culturale, morale, spirituale, teologica. Sotto questa forma, che non è quella dei politologi, dei partiti politici o degli attori della governance, la “politica” è presente in tutte le riflessioni di Benjamin trattate in questa raccolta – non solo in quelle su Marx, sull’anarchismo o sul capitalismo, ma anche in quelle sul surrealismo, sulla teologia, sull’urbanismo di Haussmann, sulla natura come Madre generosa o sulla storia dell’America Latina.

A partire dal 1924, con la scoperta di Storia e coscienza di classe (1923) di Georg Lukacs e l’incontro con la bolscevica Asia Lacis, il marxismo – o il “materialismo storico” – diventerà una componente essenziale del suo pensiero, o piuttosto del suo posizionamento esistenziale, il suo Sitz-im-Leben. Al contempo, come cercheremo di mostrare, la dimensione anarchica non scompare dal suo orizzonte intellettuale ma si articola, sotto diverse forme, con l’eredità marxiana. Lo stesso vale per la sua visione romantica del mondo e per il suo rapporto profondo con il messianismo ebraico, messo in evidenza – a ragione – dal suo amico Gershom Scholem.

La maggior parte dei saggi del libro hanno a che vedere, in un modo o nell’altro, con la sua reinterpretazione del marxismo, assolutamente eterodossa, altamente selettiva e talvolta meravigliosamente arbitraria. È raro che Benjamin critichi Marx: se la prende soprattutto con gli epigoni, socialdemocratici o (dopo il 1939) stalinisti. Una delle rare prese di distanza esplicite nei confronti dell’autore del Manifesto Comunista è comunque importante: riguarda la nuova definizione del concetto di rivoluzione proposta da Benjamin. L’abbiamo scelta come titolo di questa raccolta.

Naturalmente questo non significa che i suoi scritti politici pre-marxisti siano privi di interesse: uno dei suoi testi più interessanti, più attuali, più feroci, più efficaci è il frammento Il capitalismo come religione (1921), perfettamente estraneo, se non ostile, a Marx. Si riferisce soprattutto a Max Weber, ma penso che lo si possa situare nell’universo politico-teologico dell’ateismo religioso anarchico (Gustav Landauer).

Questo aspetto “politico” è ben lungi dall’essere il suo solo centro di interesse: le sue ricerche universitarie o letterarie, le sue curiosità, le sue passioni, sono infinitamente eterogenee: includono non solo il romanticismo tedesco (la sua tesi di dottorato) e il dramma barocco (la tesi di abilitazione, rifiutata dall’Università) ma anche le teorie del linguaggio e della traduzione, i ricordi d’infanzia, i libri e i giochi infantili, il cinema, i passages parigini e naturalmente la letteratura, da da Goethe a Hölderlin a Dostoevskij e Brecht – lista assolutamente non esaustiva.

Tuttavia, se si espunge dal suo pensiero la dimensione sovversiva, rivoluzionaria, perfino insurrezionale, come purtroppo capita molto spesso nei lavori accademici sulla sua opera, si perde qualcosa di essenziale, di prezioso, di inestimabile, che fa di Walter Benjamin un personaggio singolare, perfino unico, una cometa in fiamme che attraversa il firmamento culturale del ventesimo secolo, prima di inabissarsi nel mare a Port-Bou. L’obiettivo di questa modesta raccolta di saggi è di contribuire a mettere in evidenza questa componente esplosiva della sua alchimia filosofica.

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