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Sanità a pezzi, medici in servizio “a vita”

di Alessandro Avvisato

Si sapeva che sarebbe successo. Non bisognava essere scienziati per capirlo. Ma una lunga lista di governi ottusi, di imprenditori miopi, e immancabilmente le “istituzioni europee” hanno lavorato per decenni in questa direzione. Volevano arrivare qui, ne erano consapevoli?

Non importa più. Ormai ci siamo. Ed è la prova provata che siamo governati da imbecilli o criminali. A voi la scelta.

Il punto di partenza è semplice: nei prossimi 5 anni oltre l’80% dei medici specialistici andrà in pensione e non potranno essere sostituiti. Le camere operatorie resteranno inutilizzabili.

Questo è il risultato di due scelte politiche demenziali fatte da almeno 30 anni (dagli accordi di Maastricht in poi): la riduzione della spesa pubblica, specie per la sanità, e l’introduzione di un ristrettissimo “numero chiuso” per l’accesso alla facoltà di medicina (circa 10.000 posti l’anno).

Con la prima politica si è bloccato di fatto il turnover generazionale tra i medici nel settore pubblico, sono stati bloccati i loro stipendi, spingendoli quindi verso la sanità privata. Con la seconda si è ridotta oltremisura la platea degli aspiranti alla professione, visto che si tratta di studi che durano in media oltre un decennio (sei anni per la laurea, altri quattro o cinque per la specializzazione) e dunque presentano un alto rischio di “mortalità”, ossia di abbandono per i motivi più vari (difficoltà a superare gli esami, alti costi delle rette, normali vicende della vita personale, ecc).

Quei 10.000 l’anno, insomma, sono quasi sempre molti meno al traguardo della specializzazione post-laurea.

C’è da chiedersi chi siano stati quegli “scienziati” che hanno elaborato le previsioni sul fabbisogno di medici per i decenni a venire (in presenza, oltretutto, di una popolazione che invecchia e quindi ricorre più di frequente alle cure mediche). Potete mettervi davanti le foto le ministri della sanità e dei presidenti del consiglio degli ultimi 30-40: non mancherà nessuno (dai Prodi ai Berlusconi, dalle Lorenzin alle Rosy Bindi). Ma non dimenticatevi anche qualche Commissario UE (dai Prodi ai Monti, da Barroso a Moscovici, ecc).

Basti pensare che, nonostante alcune promesse e qualche disegno di legge effettivamente presentato negli ultimi due anni, il “numero chiuso” è ancora vigente, mentre gli ospedali hanno buchi di organico sempre più sostanziosi (come sa chiunque abbia la sfortuna di dover essere ricoverato).

La situazione è diventata così insostenibile da dover chiedere agli attuali specialisti di restare in servizio almeno fino ai 70 anni di età, affiancati da specializzandi (laureati ancora “in formazione”) per sopperire alle necessità più urgenti.

La pensata è del ministro della salute, Roberto Speranza. Ed il “clima culturale”, diciamo così, è ancora tale da far scrivere al Sole24Ore un messaggio che vorrebbe essere tranquillizzante: “La norma è a costo zero”. Come se spendere risorse statali per assicurare l’obbligo costituzionale alla tutela della salute dei cittadini fosse un reato.

E infatti si definiscono “assoldati” – ossia usa-e-getta, quei giovani specializzandi; per chiarire che mai e poi mai dovranno sentirsi “assunti”, come sarebbe normale per aspiranti professionisti cui tutti dovremo affidare la nostra vita (anche i giornalisti al soldo di Confindustria, a volte…).

Peggio ancora: si “rassicura” che questa norma emergenziale in senso stretto, da “pronto soccorso”, durerà soltanto due anni, fino al 2022! Come se i medici nascessero spontaneamente sotto i cavoli e non servissero decenni per formarne di sufficientemente esperti…

Una prospettiva da quarto mondo, riflesso esatto della vista cortissima dell’attuale classe dirigente (non solo “i politici”, per capirci) e del peso dei vincoli europei sul bilancio dello Stato.

In effetti, tornando alla domanda iniziale, gli imbecilli sono sempre i migliori complici dei criminali…

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