Print Friendly, PDF & Email
Print Friendly, PDF & Email

manifesto

Dubai ci avverte: anche gli stati falliscono

Joseph Halevi

Ci avevano detto che - sebbene fosse prematuro rallentare le politiche di stimolo (leggi: erogazione di soldi gratis alle banche, perchè di questo si tratta) - si era entrati in una fase di ripresa. «E' vero», si aggiungeva, «vi sono ancora dei rischi di instabilità finanziaria», ma veniva detto per scaramanzia. Quindi grande stupore di fronte all'annuncio dell'insolvenza di Dubai World, la società finanziaria e immobiliare dell'omonimo emirato, che investe in isole artificiali e grattacieli alti molte centinaia di metri.

C'è invece da stupirsi del contrario. Perchè non c'è stata un'uscita programmata da Dubai nel corso di quest'anno? Perchè invece le banche internazionali hanno continuato a prestare forsennatamente al fatuo emirato che non produce assolutamente nulla ed è privo di petrolio? Tra queste c'è anche Royal Bank of Scotland - già colpita dalle cartacce tossiche senza valore provenienti dalla catena di impacchettamenti di titoli dei mutui subprime e beneficiaria del più grande salvataggio mai effettuato da uno stato in favore di una società privata. Una grossa parte del debito di Dubai era stato sottoscritto proprio dalla fallimentare banca scozzese le cui azioni sono oggi detenute dal governo di Londra.

Print Friendly, PDF & Email

I dati parlano chiaro: la ripresa non è reale

Prendendo tasso disoccupazione, tasso insolvenza più altri parametri, lo scenario appare quanto mai chiaro. Come è possibile negare l’evidenza?

In questi giorni sto riprendendo in mano la questione “solvibilità del sistema finanziario” e sto cercando di vedere un pochino come stanno realmente le cose.

Cliccando su “ “ potrete ritrovare i vari post sull’argomento inerenta appunto alla leva finanziaria delle banche americane, italiane ed europee. E già lì, capirete che non tutto il sistema si è mosso nella stessa direzione. O per lo meno, facendo due calcoli capirete che il sistema bancario europeo è ancora in alto mare in merito alla sua ipotetica ristrutturazione.

Ma per quale motivo continuo a battere il chiodo sulle banche e sul sistema finanziario? Perché continuo a pensare che la crisi dipenderà dalla sostenibilità e dal risanamento del settore bancario. Un iter che non deve essere interrotto, quello del risanamento, in quanto è indispensabile il sostegno delle banche in una ripresa economica REALE e non solo virtuale.

Print Friendly, PDF & Email
manifesto

Il mondo ostaggio dei rentiers

Intervista di Cosma Orsi a Giorgio Lunghini

rentierLa crisi economica, questa nostra sconosciuta. Viene presentata così l'attuale recessione, alternando la previsione di una uscita ravvicinata da essa a una lettura che indica nella lunga durata la sua dimensione temporale. Allo stesso tempo l'oscillazione tra le speranze, da parte della teoria economica mainstream, di uscirne fuori in continuità con il passato e la convinzione che «niente sarà come prima» segna la discussione pubblica. Con l'intervista a Giorgio Lunghini inizia una ricognizione su come autorevoli economisti italiani affrontono la natura della crisi attuale. Studioso noto ai lettori de «il manifesto», Lunghini propone di leggere la crisi sia in una prospettiva storica che di analisi critica del capitalismo.

 

Le domande fondamentali a cui gli economisti cercano una risposta possono essere riassunte così: qual è la natura di questa crisi; è una crisi finanziaria o reale, ciclica o sistemica? Ha senso un confronto con la crisi del '29?

Print Friendly, PDF & Email

Dubai, la torre di babele dell’iperconsumo

Umberto Mazzantini

"Bancarotta a Dubai" gridano oggi gli stessi giornali che solo ieri, accompagnando negli Emirati Arabi Uniti la visita di Silvio Berlusconi, magnificavano, con la complicità estasiata dei nostri ministri di turno, il bengodi arabo, le isole cementizie che si sporgono in fogge floreali nell'instabile Golfo persico (od arabo che dir si voglia), i grattacieli record, i pomodori coltivati nel deserto per le tavole di emiri che lasciano una scia di petrodollari, lo shopping mondiale in luccicanti ed esclusivi grandi magazzini planetari che hanno trasformato la Costa dei Pirati di antica memoria, i Trucial Staes occupati dagli inglesi, nel nuovo paese dei balocchi del lusso planetario che tanto vorremmo riprodurre nelle zone franche e nei casinò a cui bramano schiere di comuni e regioni italiani.

Print Friendly, PDF & Email
sole24ore

Le meravigliose bolle di sapone Carry Trade

di Nouriel Roubini *

Da marzo i prezzi delle attività rischiose di ogni genere (azioni, petrolio, energia, materie prime) hanno ripreso a correre, gli spread creditizi tra titoli ad alto rendimento e di alta qualità hanno cominciato a ridursi, e le attività dei paesi emergenti (azioni, obbligazioni, valute) sono risalite ancora di più. Contemporaneamente, il dollaro si è fortemente indebolito, mentre i rendimenti dei titoli di stato sono leggermente saliti, ma sono rimasti bassi e stabili.

Questa ripresa degli asset rischiosi è trainata in parte dal miglioramento dei fondamentali dell'economia. Abbiamo evitato una quasi depressione e il tracollo del sistema finanziario grazie a un imponente piano di stimoli monetari e di bilancio e agli interventi di salvataggio delle banche in difficoltà. Sia che la ripresa segua una curva a V, come ritiene la maggior parte dei commentatori, o un'anemica curva a U, come ritengo io, i prezzi delle attività dovrebbero gradualmente crescere.

Print Friendly, PDF & Email
ripensare marx

Crisi sistemica globale - Gli stati di fronte alle tre opzioni brutali del 2010: Inflazione, forte pressione fiscale o insolvenza

GEAB N°39 (15 novembre 2009)

Così come anticipato da LEAP/E2020 nel febbraio scorso, in mancanza di una rifusione generale del sistema monetario internazionale, il mondo è prossimo ad entrare nella fase di smembramento geopolitico mondiale della crisi sistemica globale. Per l'anno 2010, sulla base della depressione economica e sociale, e dell’aumento del protezionismo, quest'evoluzione condannerà un grande numero di Stati a scegliere tra tre opzioni brutali, cioè: l' inflazione, il forte aumento della pressione fiscale o insolvenza. Un numero crescente di paesi (USA, Regno Unito, Eurolandia (1), Giappone, Cina (2),…), avendo sparato tutte le cartucce di bilancio e monetarie nella crisi finanziaria del 2008/2009, non può infatti più offrire altra alternativa. Tuttavia, per riflesso ideologico e per tentare di evitare con tutti i mezzi di assumere scelte così dolorose, tenteranno di lanciare nuovi piani d'incentivazione economica (spesso sotto altre denominazioni) allorché è diventato ovvio che gli ardui sforzi pubblici di quest'ultimi mesi miranti a rilanciare la crescita non saranno sostituiti dal settore privato. Infatti, il consumatore così come lo si conosce da più decenni è bello che morto, senza speranza di resuscitarlo (3).

Print Friendly, PDF & Email
 icebergfinanza

Deflazione: bolla delle mie brame, qual è la più grossa del reame?

Andrea Mazzalai

bolle1ip0Oltre un anno fa scrissi un pezzo nel quale evidenziai come Bernanke mise in piedi una sorta di Bubble Team, composto da tre economisti, Hang, Xiong e Brunnermeier, provenienti rispettivamente dal Vietnam, dalla Cina e dalla Germania, nella "sua" università, quella di Princeton, per cercare di comprendere come sia possibile sgonfiare una bolla senza spegnere la naturale effervescenza di un ciclo che corre il rischio di essere scambiata con una pericolosa irrazionale euforia.

Al di la delle considerazioni uscite da questo studio, nel quale l'ottimismo formula la crescita e l'espansione della bolla per essere sostituito all'improvviso da un cambiamento delle condizioni economiche che spinge i partecipanti a precipitarsi in massa verso le uscite di emergenza, sarebbe bastato leggere le teorie di Minsky e Fisher. Ma forse era chiedere troppo a colui che ha sposato l'ideologia della razionalità dei mercati, chiedere troppo a colui che sostiene che la razionalità dei mercati può essere travolta solo da un evento esogeno.

Print Friendly, PDF & Email
 resistenze1

USA, è vera decadenza?

di Domenico Moro

imperialism1Alla vigilia del viaggio del presidente Obama in Estremo Oriente, il Sole24ore ha pubblicato un fondo di John Plender. La tesi del rinomato editorialista del Financial Times è semplice: la decadenza degli Usa è meno forte di quanto si creda e la loro egemonia non è realmente in discussione. Secondo il columnist gli Usa non sono condannati a ricalcare le orme della Spagna nel XVII secolo e della Gran Bretagna nel XX secolo, costrette al collasso dall’eccessivo allargamento dei loro imperi.
 
Soprattutto Plender, pur riconoscendo la pericolosità dell’enorme debito Usa (delle famiglie, statale e del commercio estero) nei confronti dei paesi creditori (in primis la Cina) ritiene che: “Se la classe politica statunitense dimostrerà di essere all’altezza della sfida fiscale e se gli americani impareranno a risparmiare di più ci sono buone possibilità che questo paese riesca a sottrarsi a un significativo declino e resti la potenza economica e militare più importante al mondo ancora per molto tempo.”

 Il punto è che c’è qualche “se” di troppo nel ragionamento di Plender. Invertire la tendenza all’indebitamento è non solo molto difficile, ma contrasta direttamente con i rapporti economici dominanti sia all’interno degli Usa sia tra gli Usa ed il resto del mondo. Se i lavoratori americani si indebitano non è per capriccio ma perché non vi sono altri modi per conservare i loro standard di consumo, che sono condizione necessaria agli alti tassi di profitto delle imprese Usa.

Print Friendly, PDF & Email
essere comunisti

A chi non si rassegna

di Vladimiro Giacché

Alberto Burgio, Senza democrazia. Un’analisi della crisi, DeriveApprodi, Roma, 2009, pp. 286, euro 15.

conflitto1Sulla gravità della crisi economica mondiale in corso sussistono ormai ben pochi dubbi. Gli stessi confronti con la depressione iniziata nel 1929 mostrano un declino dei principali indicatori economici addirittura peggiore di allora. Commisurata con l’eccezionalità della situazione che stiamo vivendo, la qualità media delle opere dedicate alla crisi è a dir poco deludente. Abbiamo avuto una vera e propria panoplia di libri e libretti sulla casta dei banchieri privati e sulle loro colpe, sugli errori dei banchieri centrali, delle società di rating, e così via. Si direbbe che la stessa letteratura “scientifica” abbia scelto di seguire la strada imboccata da quella giornalistica: ossia di offrirci ricostruzioni degli eventi a carattere scandalistico e moralistico – quindi parziali ed elusive. Data questa diagnosi della malattia, non può stupire che le terapie proposte oscillino tra un vago keynesismo pre-reaganiano, il richiamo al rafforzamento delle autorità di sorveglianza dei mercati finanziari e l’asserita necessità di eliminare le mele marce che avrebbero guastato il buon funzionamento dei mercati. Siamo ben lontani, insomma, dal ricchissimo dibattito sul capitalismo che si aprì dopo la crisi del 1929.

Print Friendly, PDF & Email
 aprileonline

Quando il superindice indica la Luna...

Nane Cantatore

ocseL'entusiasmo da parte dell'attuale governo per i dati OCSE indica solo una scarsa capacità di leggere gli indici, o forse una certa fiducia nella facilità con cui l'opinione pubblica si lascia manipolare. Il superindice, abbassando i potenziali di crescita, fotografa una situazione di scarso sviluppo e valuta in modo positivo un'economia colpita solo indirettamente dalla crisi, ma questa crisi è un fenomeno acuto, mentre la devastazione del tessuto economico italiano è un dato cronico

L'OCSE è un'organizzazione di allegri burocrati che fornisce pareri illuminati ma molto nebulosi sullo stato dell'economia e che, come altre organizzazioni di questo tipo, sbaglia la maggior parte delle previsioni ma continua a tirarne fuori come fossero oracoli ispirati da una sapienza infallibile. Lo strumento principe di questi vaticini è il cosiddetto superindice o, per chiamarlo con il suo nome vero, il CLI (Composite leading indicators), uno strumento che aggrega diversi dati disponibili in tempi rapidi per elaborare delle stime a breve termine, sei mesi al massimo, sull'andamento delle economie nazionali.

Print Friendly, PDF & Email
ilsussidiario logo

Nuovi rischi arrivano da Giappone e Goldman Sachs

di Mauro Bottarelli

tokyo1Nel corso dello scorso weekend, placidamente, sono fallite altre nove banche regionali negli Usa: il computo totale per quest'anno ha raggiunto quota 115. Non male davvero, deve essere uno degli effetti collaterali della cosiddetta ripresa sbandierata a destra e a manca dopo la comunicazione del dato sul Pil Usa. Che, giova ricordarlo, depurato dagli stimoli governativi, sarebbe al 2,4% e non al 3,5%.

Ma tant'è, per qualcuno è sufficiente. Ma c'è di peggio. E molto. Come anticipato dieci giorni fa da ilsussidiario.net, sempre negli Usa Cit Group, finanziatore importante per le piccole e medie imprese, ha presentato istanza di bancarotta domenica pomeriggio, «un processo che quasi certamente spazzerà via gli investimenti per 2,3 miliardi dollari fatti dal governo federale nella società. Cit è la prima azienda a fallire dopo essere stata salvata dal governo».

Print Friendly, PDF & Email

logo

Torniamo a discutere di economisti ed economia

Giancarlo de Vivo*

capitalismoAlla riunione annuale degli economisti italiani il governatore della Banca d’Italia è andato a difendere gli economisti (per i quali secondo lui qualcuno addirittura “sogna pogrom”) e gli studi economici, dei quali, come egli dice, “si è negata sia la valenza scientifica sia l’utilità sociale”.

Draghi è partito dall’ormai logora discussione sull’accusa che gli economisti non hanno saputo prevedere la crisi. Gli economisti amano richiamarla, forse perché distoglie l’attenzione da altre più imbarazzanti, e perché non è troppo difficile ribattere, come è stato fatto, che anche i meteorologi non sempre indovinano le loro previsioni, ma non per questo si nega validità alla meteorologia e si propone di chiudere gli uffici meteorologici. Comunque, nessuno mi sembra abbia fatto notare che se i meteorologi il giorno prima dell’uragano Katrina avessero detto che sulla Louisiana si prevedeva tempo bello stabile, doveva esserci parecchio che non andava nella loro meteorologia. Tra gli economisti previsioni del genere non mancano: alla fine del luglio 2008, quando la crisi dei mutui subprime era in pieno svolgimento, c’era chi sosteneva che quel che stava succedendo non era “catastrofico”, e auspicava che le Banche centrali alzassero i tassi “per evitare che l’inflazione sfugga di mano”.

Print Friendly, PDF & Email
aliasbig

Le mele del Kansas

di Ferruccio Gambino

grande crisiIl capitalismo statunitense  sta cercando di passare il  conto della crisi corrente ai  contemporanei meno fortunati e alle generazioni future. Il precedente più grave è la Grande depressione conseguente al crollo del 1929.  Dopo le alterne vicende del  primo quadrienno di presidenza di  F. D. Roosevelt (1933-‘36), gli Stati Uniti  riemersero soltanto nel 1938  grazie ai nuovi programmi di spesa militare; intanto, nel crogiolo della Grande depressione si era scoperto che le crisi possono essere attenuate con opportuni stimoli e  che possono addirittura essere convertite in strumenti di conservazione  dei rapporti  tra le classi. Ma oggi  tale conversione si presenta più ardua  che in tutte le crisi  degli ultimi 80 anni.

Indubbiamente, il partito informale  e minoritario ma vigoroso che si opponeva alle riforme rooseveltiane –  in particolare all’affermazione dei  nuovi sindacati industriali e alla previdenza  sociale –  non si è mai dato per vinto. Dopo l’inizio della Guerra fredda l’ostilità padronale alla sindacalizzazione, i licenziamenti (illegali ma tollerati) dei militanti sindacali, le nuove leggi antisciopero dei singoli stati, il razzismo intaccavano l’assetto di garanzie del lavoro conquistate alla metà degli anni Trenta.

Print Friendly, PDF & Email
la grande crisi

PIIIIILLL!!!

di Stefano Bassi

champagne spumanteVa bene...del PIL USA ne stanno già parlando TUTTI.

Ma ne parlerò anche io per due ragioni:
1- Perchè la maggior parte delle fonti sbandiera in modo esultante questo mini-boom da +3,5% del PIL, dissimulando naturalmente COME si è ottenuto. Al solito è la nostra improba ma eroica lotta nel contrastare la DISINFORMAZIONE di Gossip-Tiggì & affini...
2- Perchè molte ottime fonti (guarda a caso sono BLOG) stanno già facendo INFORMAZIONE corretta, completa e di qualità su questo dato.

Però repetita iuvant: più diffondiamo nel WEB non tanto la verità (parola grossa) ma semplicemente un'informazione NORMALE meglio è. Cerchiamo la massima diffusione nei limiti dei nostri mezzi "poveri ma belli"...Inoltre molte fonti affidabili sono in inglese e dunque non sono accessibili a tutti.

Cercherò di essere breve, forte e chiaro.
PIL USA nel 3 trimestre 2009 = +3,5% annualizzato, pari o poco superiore alle attese (dipende dalle fonti previsionali).

Print Friendly, PDF & Email
le monde diplomatique

Ripresa economica globale: la grande illusione

di Laurent Cordonnier *

Nonostante gli incantesimi dei maghi della politica

crisi2L'economia mondiale, che alterna cadute e condoni, barcolla a metà del guado. Ma già due traiettorie divergono. Quella degli acrobati della finanza, che passano dall'altra parte senza bagnarsi e ritrovano la felicità dei bonus, e quella dei lavoratori stipendiati, sommersi dalle nere acque della recessione. A un anno dal crollo della banca Lehman Brothers, né gli uni né gli altri credono più agli annunci della «regolamentazione». Il capitalismo, lasciato libero dai poteri politici, riprende la sua folle corsa. Come se non fosse successo niente.

Proprio mentre la crisi economica e finanziaria, diventata spettacolare a partire dall'autunno 2008, continua a diffondere i suoi misfatti, la primavera del 2009 ha visto sbocciare tutti gli incantesimi immaginabili in vista di un rapido recupero dell'oggetto del desiderio: lo sviluppo.

Nessun segno del destino è stato trascurato: il borbottìo (precario) degli indici di borsa; la risalita (barcollante) del corso delle materie prime e delle energie fossili; la decelerazione delle soppressioni di posti di lavoro negli Stati uniti e le previsioni di crescita incoraggianti della Riserva federale (Fed); l'aggiornamento (di + 0,1 punto!) delle previsioni della Banque de France riguardante il prodotto interno lordo (Pil) del paese nel 2009;

Print Friendly, PDF & Email
ilsussidiario logo

Mentre l’economia soffre, le Borse brindano sul Titanic

Mauro Bottarelli

titanic sinking2Ogni tanto è bello levarsi qualche soddisfazione. Il sottoscritto e quindi il sito su cui scrive, negli ultimi due giorni se ne sono tolte parecchie. Dopo settimane di silenzio, infatti, la grande stampa ha deciso di porre fine alla retorica della ripresa e ha deciso di guardare in faccia la realtà per quella che è: un disastro di irresponsabilità globale.

Il primo è stato Massimo Gaggi sul Corriere della Sera di domenica che in un bell'articolo faceva notare come l'ottimismo e i rialzi che regnano in Borsa sono completamente svincolati dai dati ancora pessimi dell'economia reale, soprattutto in Usa. Se infatti il Dow Jones ha raggiunto la soglia dei 10mila punti, sono i dati senza precedenti di deficit e disoccupazione Usa a rendere questo dato folle e non degno di un brindisi, visto che oltretutto quel dato depurato ai valori azionari correnti vedrebbe il Dow a quota 7600 e non 10mila come nel 2007.

Ieri, poi, è stata la volta di Corriere Economia, il dorso economico del lunedì del foglio di via Solferino, che dedicava apertura di prima pagina ed editoriale al ritorno in grande stile della minaccia dei derivati.

Print Friendly, PDF & Email
ripensare marx

 

L' Unione europea ad un bivio nel 2010: complice o vittima del crollo del  dollaro?

Crisi sistemica globale

Comunicato pubblico GEAB N°38 (15 ottobre 2009)      

Le grandi tendenze delle fasi 4 e 5 della crisi sistemica globale (fase di decantazione e fase di smembramento geopolitico mondiale) si rivelano ogni giorno un po' di più (1). Tutti ormai hanno capito che  gli  Stati  Uniti  sono  trascinati  in  una  spirale  incontrollabile  che  associa  insolvibilità generalizzata del paese ed incompetenza evidente delle elite US ad attuare le soluzioni necessarie 

L’annunciata cessazione dei pagamenti degli Stati Uniti è in corso come illustrano la caduta del dollaro e la fuga dei capitali fuori dal paese: solo il nome del liquidatore ed il riconoscimento del fallimento  sono  ancora  sconosciuti,  ma  ciò  non  può  ritardare.  E,  parallelamente  al  suo  leader, l'Occidente, da cui il Giappone si allontana un po' di più ogni giorno con l'attuazione dei suoi nuovi orientamenti  politici,  economici,  finanziari  e  diplomatici  (2),  è  già  in  piena  deliquescenza l’immagine della NATO in Afganistan (3). Così, secondo LEAP/E2020, l' anno 2010 metterà l'Unione  europea  nel  cuore  di  quattro  vincoli  strategici  che  gli  imporranno  scelte  urgenti  in  un contesto di crollo accelerato del campo occidentale, che si potrebbe semplificare riassumendolo col destino del dollaro US.

Queste scelte definiranno durevolmente il ruolo degli europei nel mondo del dopo crisi.  Sia se  si affermeranno come attori-chiave  della  strutturazione del mondo di  domani affermando  la  loro  visione  del  futuro  e  cercando  i  partner  ad  hoc  senza  esclusione;  sia  se  si accontenteranno  di  essere  vittime  che  acconsentono  al  naufragio  dell’Occidente  seguendo ciecamente Washington nella sua discesa agli inferi.

Print Friendly, PDF & Email
la grande crisi

Ho sottovalutato Greenspan...

di Stefano Bassi

bubble800x600Ho fatto un grave errore: sottovalutare The Bubble Master, il Signore delle Bolle.
Infatti Greenspan, ex-presidente della FED, qualche mese fa disse: "bisogna che le borse salgano e molti problemi si risolveranno"...
Io non ci feci molto caso: Alan ormai era in disgrazia, tacciato da tutti come l'iniziatore della Bolla che aveva portato all'attuale Grande Crisi.
C'era ancora un'atmosfera diversa, di rinnovamento, di catarsi, di purificazione indotta più che altro dalla paura che il giocattolo si rompesse definitivamente.
Le sortite di Greenspan venivano quindi viste male: sapevano di Bolla e quindi di qualcosa che aveva portato alla Crisi.

Ma il grande Vecchio aveva ragione, e l'ha ancora ribadito recentemente in un intervista a Bloomberg: "se le azioni e le borse salgono si crea un cuscino che permette di attuttire meglio il loro indebitamento, aumenta il loro potere sul mercato, non è un valore di carta ma sono soldi veri...." e se lo dice Lui....

Print Friendly, PDF & Email
inform.scorretta

Fine del dollaro e l'economia precaria di Strauss-Kahn

di Felice Capretta

petrolio21Conclusa ad Istanbul la riunione annuale di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale. Dominique Strauss-Kahn, responsabile del FMI, ha rilasciato ieri alcune dichiarazioni.

Proprio lui, quello che a maggio 2009 dichiarava che la ripresa era prevista per la primavera del 2010, e 15 giorni dopo, a giugno 2009, dichiarava che il peggio doveva ancora arrivare.

Alcuni stralci del suo discorso:

    L'economia globale è in una posizione molto precaria. Il ritiro prematuro delle politiche di stimolo potrebbe ammazzare la ripresa.

    [...]

    Per certo governi e banche centrali dovrebbero mettere a punto strategie d'uscita credibili.

    Ma è troppo presto per realizzarle.

Print Friendly, PDF & Email
ilsussidiario logo

Quel nuovo ordine mondiale pronto a far fuori gli Usa

Mauro Bottarelli

banks0812Alla fine, le maestrine di Bruxelles hanno portato a compimento il loro compitino. Sono partite, infatti, le procedure per deficit eccessivo nei confronti dell'Italia e di altri otto Paesi Ue che sforeranno il 3% nel rapporto deficit-Pil. «In questi nove Paesi gli squilibri non sono né prossimi al valore di riferimento del 3% né temporanei», dice la Commissione Ue. In Italia si attende una ripresa «molto debole nella seconda metà del 2009 che proseguirà probabilmente in maniera lenta».
 
Accidenti, meno male che ce lo hanno detto! E ancora. «Il pacchetto di misure anticrisi rappresenta un'adeguata risposta alla recessione. Ma l'Italia nel 2009 avrà deficit e debito pubblico troppo elevati, a un livello che non soddisfa i criteri del Trattato Ue», si legge nella nota. Bruxelles rileva, in sintesi, che questa situazione deriva in parte dagli effetti della crisi e in parte da altri fattori strutturali, tra cui una spesa pubblica che resta elevata.

Print Friendly, PDF & Email
 inform.scorretta

europe2020 negEd ecco, proprio nell'ultimo giorno dell'estate 2009, l'atteso GEAB Report numero 37. Se non sapete di cosa stiamo parlando, potete andare a questo post dedicato a "quanto durerà la crisi economica".


Non commentiamo e vi lasciamo direttamente all'estratto del report completo.


Laddove possibile, abbiamo approfittato della buona traduzione della versione gratuita pubblicata da Bloggo Blogghino. I lettori che hanno letto quella versione troveranno le frasi un po' scobinate: qusta volta Europe2020 ha rimontato le frasi del report completo per ottenere il report free (solitamente invece il report free è la prima parte del report completo).


La parola agli esperti di Europe2020.

Print Friendly, PDF & Email
sole24ore

«Moneta-merce e liquidità»

I complici della crisi finanziaria

di Vittorio Carlini

È la tesi di Massimo Amato e Luca Fantacci, esperti di storia della moneta e docenti della Bocconi. «Nuove regole e limiti ai bonus non sono abbastanza». La soluzione: «Una moneta internazionale», sulla scia di quanto sosteneva Keynes

foto crollo borse1Maggiori regole per mercati e istituti finanziari; meno bonus ai banchieri e più patrimonio alle banche. Il tutto avvolto dal richiamo a ritrovare l'etica perduta. Sono alcune delle impostazioni che dovrebbero guidare i lavori del G20 di Pittsburgh. Il rischio, tuttavia, è che il "Congresso di Vienna" della finanza partorisca il più classico dei topolini. Non solo per le divergenze tra i vari grandi (Europa e Inghilterra in testa). Ma anche, sostengono in molti, perché le diverse impostazioni non colgono la profondità della crisi: «Spesso - dice Marco Vitale, economista d'impresa -, sono il frutto di una mancanza di pensiero in grado di "sviscerare" i perché strutturali del grande crack». Un tentativo, al contrario, che Massimo Amato e Luca Fantacci , entrambi esperti di storia della moneta e docenti alla Bocconi di Milano, fanno nel loro «Fine della finanza» (Donzelli Editore). Certo, si potrà obiettare la validità del loro pensiero; come si potrà e dovrà discutere sulla validità delle soluzioni prospettate. Ma è indubbio che, di fronte «ai menestrelli del tutto come prima - per dirla sempre alla Vitale - e ai tanti talebani del mercato» il porre dei dubbi di sistema è comunque esercizio utile. Il Sole24Ore.com ha in contrato i due economisti per capire meglio il loro pensiero.

Print Friendly, PDF & Email
ilsussidiario logo

Recessione finita? Caro Bernanke, negli Usa c’è chi dice no

Mauro Bottarelli

bernanke crisir375Come volevasi dimostrare, il G20 di Pittsburgh sarà l’ennesima photo opportunity per i grandi della terra, ma non servirà a nulla se non a buttare al vento qualche miliardo di dollari in organizzazione e sicurezza. La bozza, di fatto resa nota ieri, parla di mantenimento degli sforzi fino alla ripresa e di norme vincolanti sui bonus. Ovvero, altro denaro a pioggia che gonfierà bolle già ben pasciute e inutili manovre populistiche che non faranno altro che ottenere l’effetto contrario a quanto desiderato.
 
Complimenti. E complimenti anche al commissario Ue agli Affari economici e monetari, Joaquìn Almunia, che ieri ha dichiarato al Parlamento europeo che «non si possono sottrarre gli stimoli troppo in fretta a un'economia che ha ancora le stampelle ma non si possono neanche mantenere troppo a lungo, per evitare di creare le condizioni che hanno portato alla bolla speculativa». Come dire, la pioggia è una rottura di scatole ma anche il troppo caldo dopo un po’ stanca: ecco chi governa le politiche economiche dell’Ue.

Print Friendly, PDF & Email
ilsussidiario logo

Un anno dal crack. Già pronte due nuove bolle

Chi salverà i mercati da un altro crollo?

Mauro Bottarelli

paulsonbernanke 997530cCi mettono un po’ di tempo, ma alla fine anche i soloni della ripresa ormai dietro l’angolo si rendono conto di come stanno davvero le cose nel mondo. Nella fattispecie dell’ormai non più latente guerra commerciale tra Usa e Cina a colpi di dazi ed esposti presso il Wto: c’è poco di commerciale e molto di politico, però, in questa disputa. Pechino ha scelto di cambiare strategia. Accumula commodities, compra oro e lo rimpatria, investente in energia verde per tagliare la dipendenza dal petrolio ma soprattutto punta a ridimensionare i rischi che il dollaro così debole comincia a rappresentare per le proprie riserve in bond Usa.
 
Washington, dal canto suo, tenta di reagire ma sa che uno scontro frontale con Pechino non le conviene affatto: l’America, di fatto, a un anno dal crollo di Lehman Brothers che ricorre oggi, sta seguendo il medesimo destino della sua celebre banca d’affari. Lo dicono i numeri, freddi ma inequivocabili. Sono quindici milioni i proprietari di casa in Usa ormai al default, quasi l’otto per cento di tutti i mutui garantiti dalla Federal Housing Administration stanno per andare in ripossessione: sono stati quasi quattrocentomila nel solo mese di agosto a conoscere il triste destino della foreclosuree da gennaio ad oggi il loro numero è stato ogni mese più alto se posto in diretto paragone con i primi nove mesi del 1932, l’anno della Grande Depressione.

Print Friendly, PDF & Email
ilsussidiario logo

La ripresa è cominciata. Ma la ricaduta è dietro l’angolo

Ugo Bertone

crisiLa grande crisi è finita? La tentazione di dirlo, anche se nessuno l’ammette, è forte. Anzi, sotto sotto si fa strada una tesi insidiosa: passata l’emergenza, è svanita la necessità di grandi riforme. Perché imporre “lacci e laccioli” che possano ingabbiare gli animal spirits? Certo, le diplomazie del G20 sono ancora in movimento. E si annunciano grandi riforme, almeno sulla carta, capaci di produrre effetti in futuro. Ma lo slancio dirigista perde spazio, giorno dopo giorno. In Italia i Tremonti bond non sono più la panacea necessaria dei problemi bancari: anzi, gli istituti possono trovare sui mercati alternative meno costose e politicamente meno impegnative.

Stessa sorte per gli incentivi oltre Oceano: le facilities concesse dalla Fed alle banche commerciali sono scese dell’87 per cento; il programma di aiuti predisposto dal Tesoro sta per esaurirsi entro il mese di ottobre in assenza di richieste. L’edificio della finanza globale, infatti, sembra di nuovo in salute, almeno a prima vista. Tutte le fosche previsioni di un anno fa, quando i Lehman boys traslocavano con grandi scatoloni dal quartier generale di Manhattan, devono essere corrette in meglio: l’occupazione dell’industria finanziaria ancora negativa, ma di poco (meno 8 per cento rispetto al settembre 2008).