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Tsipras e la democrazia Formula Uno

di Pino Cabras

NEWS 254463Il grande frullatore delle immagini gioca con il Caso, con risultati sorprendenti: oggi mescola le bandiere rosse della Ferrari che festeggiano la vittoria di Sebastian Vettel assieme alle bandiere rosse che ondeggiano per celebrare la vittoria di Alexis Tsipras alle elezioni greche. 

Mondi lontanissimi, la Formula Uno e la politica europea del 2015, ma non privi di analogie.

Ho seguito distrattamente il Gran Premio, ma l'amico Emilio, che l'ha guardato con più attenzione, pronuncia una requisitoria durissima:

«Che senso ha guardare la Formula Uno oggi? Nessuna sfida epica tra piloti in pista, solo una patetica finzione, un baraccone circense di bolidi rombanti esibiti pateticamente in giro per il mondo come animali feroci che non mordono, che verrebbe voglia di liberare nella savana delle celesti piste del cielo. È la negazione dello sport. Vale la pena annoiarsi per due ore guardando una sfilata di macchine potentissime che non si sorpassano in pista ma nelle soste obbligatorie ai box, quindi fuori dal terreno della contesa, in cui la prestazione del pilota conta meno della velocità dei meccanici a fare il pieno di carburante e cambiare le gomme? Che corsa automobilistica è quella in cui un vantaggio di molti secondi viene vanificato dalla Safety Car che entra e azzera tutto?

Ero rimasto ai tempi in cui era il pilota a fare la differenza e non la supertecnologia, che mette qualsiasi normale automobilista in condizione di sembrare un campione, che se anche fosse un campione non si noterebbe. Le macchine vanno da sole con il computer di bordo che pensa a tutto, i piloti sono sagome di cartone o omini telecomandati da giocatori di playstation esterni alla gara, i sorpassi non si fanno in pista ma dai box, i distacchi accumulati grazie a una condotta di gara efficace e vincente possono essere azzerati per un banalissimo incidente (a volte casuale, a volte no) tra due macchine venti posizioni dietro. La Formula Uno è uno sport in cui tutto avviene ed è deciso fuori dal circuito, in cui i protagonisti - quelli che guidano − non contano un bel niente.»

Emilio ha ragione. La sua analisi è talmente affilata da fendere ogni parete tra generi televisivi e argomenti umani. Taglia il rosso Ferrari e il rosso Syriza per ricombinarlo in un miscuglio di nuove percezioni.

A gennaio lasciavo molto più spazio a fiducia e speranza in ciò che definivo il Laboratorio Greco. Rileggendo quelle analisi, era già perfettamente chiaro che l'Europa in realtà era il «regime europeo», cioè «un regime che ha portato alle estreme conseguenze i difetti sempre più odiosi e antidemocratici della costruzione comunitaria e ha imposto ledisfunzioni permanenti dell'euro, una moneta "che non dovrebbe esistere", (come ha scritto finanche il servizio studi del colosso bancario svizzero UBS), e che impone anche notevoli costi per un'eventuale uscita». Ed era altrettanto chiaro che la sfida della nuova classe dirigente greca era immediatamente proibitiva, perché tutti i rapporti di forza finanziari, economici, diplomatici e militari erano radicalmente sfavorevoli. Infatti quei rapporti di forza hanno visto vincere il "regime europeo", più forte di ogni altra pressione, di ogni istanza popolare, e anche del referendum greco che invano aveva espresso il No del popolo ai crimini economici della troika.

La condanna di Emilio per la Formula Uno ha un'eco per la democrazia europea di oggi. Può essersi trasferita nei pensieri degli elettori greci che non sono andati a votare (mai così tanti astenuti) e pronti a parafrasare con altrettanta affilatezza l'analisi:

«Che senso ha votare nella Grecia oggi? Nessuna sfida epica tra politici in campo, solo una patetica finzione, un baraccone circense di promesse roboanti esibite pateticamente in giro per il Paese come animali feroci che non mordono, che verrebbe voglia di liberare in cima all'Olimpo. È la negazione della democrazia. Vale la pena appassionarsi assistendo a una sfilata di programmi potenti che non prevalgono nell'urna ma nelle riunioni obbligatorie a Bruxelles, quindi fuori dal terreno della contesa, in cui la capacità del politico conta meno della velocità degli eurocrati a far crollare le banche e ricattare il sistema? Che democrazia libera è quella in cui un vantaggio elettorale viene vanificato dalla BCE che entra e azzera tutto? Ero rimasto ai tempi in cui era lo statista a fare la differenza e non la grande finanza, che mette qualsiasi normale capoccione europeo in condizione di sembrare onnipotente, che se anche fosse onnipotente non si noterebbe. I partiti a un certo punto vanno da soli con il pilota automatico che pensa a tutto, i politici sono sagome di cartone o omini telecomandati da giocatori di playstation esterni alla gara, i rapporti di forza veri non sono nelle urne elettorali ma nei comandi digitali che aggiungono zeri nei conti correnti, la forza del consenso accumulato grazie a una politica di efficace attenzione al popolo può essere azzerata in due notti. La democrazia è ormai un regime politico in cui tutto avviene ed è deciso fuori dal circuito, in cui i protagonisti - quelli che "guidano"  il Paese − non contano un bel niente.»

Così, le percentuali dei voti sono rimaste più o meno quelle di gennaio, ma con molti meno votanti, meno entusiasmo, una Grecia malata, un'Europa in crisi verticale di legittimità di fronte ai collassi che si accumulano alle sue porte, molti dei quali hanno le tinte della guerra.

C'è speranza di cambiare?

Così come per la competizione automobilistica non è detto che tutto rimanga nello schema della Formula Uno, anche per la politica europea non è detto che tutto rimanga così com'è. 

Il voto per Tsipras, nonostante l'enorme differenza del suo programma attuale rispetto a quello di gennaio scorso, reca ancora il segno della speranza di allora, tanto è vero che gli elettori non sono stati minimamente attratti dal partito formatosi a sinistra di Syriza. Quegli elettori sperano in cambiamenti nei rapporti di forza per ottenere condizioni migliori. Non discuto se si tratti di un'illusione, molto probabilmente lo è. Ma noto che ancora sono in tanti a volere un soggetto organizzato che faccia politica per cambiare il modo di decidere. In altre parole, quello per Tsipras, perfino quando si fa garante dei memorandum europoidi, non è un mandato per lo status quo bensì per provare a cambiare politica.

In Europa si presentano ovunque formazioni politiche che sfidano la dittatura europea. La differenza rispetto a qualche mese fa, in piena crisi dei migranti, è che l'Europa non ha più da opporre l'alibi del "sogno europeo" (ci crede solo la Boldrini, ormai), mentre aumentano le forze politiche in grado di allearsi per far sprofondare l'attuale sistema di governance continentale. 

Ci saranno altre sfide ancora. Vedremo se cambiano i rapporti di forza. Che ne dici, Emilio?

«Mille volte meglio la MotoGP, in cui ancora si gareggia dentro la pista ed è ancora il pilota che guida la moto», mi risponde, descrivendomi un'alternativa già disponbile, un Piano B. Giusto. L'unico problema è che la Formula Uno di Merkel & C. è l'unica gara consentita. E il Piano B è ancora da costruire. E la moto di Varoufakis è ancora ai box.

Comments

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Rudeboy
Tuesday, 22 September 2015 13:11
eh no cari! non ci siamo proprio.voglio stare al vostro parallelismo.

il pilota,le gomme,i meccanici,il motore ecc ecc sono sempre esistiti da che ci sono le gare,ma è stata proprio l'evoluzione tecnologica che ha fatto si che questa costellazione di elementi diventasse effettivamente una "totalità",dove " tutte le forze produttive sono socializzate", un sistema cioè dove tutti gli elementi possono essere decisivi e in cui a volte la vittoria del sistema viene dal pilota,a volte dai meccanici a volte dalle gomme ecc.ecc.Rivendicare oggi la figura, unilateralmente intesa del pilota, è come rivendicare Henry Ford in un mondo dominato dall'impersonalismo delle multinazionali. oggi il sistema è sempre più una costellazione e può quindi succedere che possa dipendere anche dal meccanico, e, fuor di metafora, oggi politicamente può essere necessario condurre la lotta non solo dal governo, ma se capita magari imbarcando pure un partito di destra come Anel.
E Varoufakis se ne rimane sulla sua moto a rimpiangere Henry Ford.
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