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Cina. La crisi del Coronavirus: un nuovo capitolo della “guerra dei dazi”

di Francesco Spataro

CORONAVIRUSLa notizia per cui un gruppo di ricercatori (soprattutto donne) dell’ospedale romano Spallanzani ha isolato il virus dovrebbe aprire un periodo di minore follia collettiva, consapevolmente o no “pompato” dai media occidentali.

In attesa che ciò avvenga – ma con quel che c’è scritto in questo articolo non c’è da sperarci molto – invitiamo i nostri lettori a tener presente che lo Spallanzani è un ospedale pubblico. E dunque che, invece di mollare ai privati certe perle che provvederebbero a smontare in pochissimo tempo, c’è da riflettere molto sulla forza della “nostra” sanità pubblica.

Nonostante le forbici pluriennali delle Lorenzin e dei Zaia, Formigoni, Zingaretti, Bonaccini, Toti, De Luca.

P..s. E invece lo Spallanzani ha ricevuto lo scorso anno un finanziamento pubblico di appena 3.5 milioni di euro, meno di una “minchiata” destinata ad una qualsiasi “impresa” fasulla con i fondi europei.

* * * *

“Era in quel giorno morta di peste, tra gli altri, un’intera famiglia.

Nell’ora del maggior concorso, in mezzo alle carrozze, i cadaveri di quella famiglia furono, d’ordine della Sanità,

condotti al cimitero suddetto, sur un carro, ignudi, affinché la folla

potesse vedere in essi il marchio manifesto della pestilenza.

Un grido di ribrezzo, di terrore, s’alzava per tutto dove passava il carro;

un lungo mormorìo regnava dove era passato; un altro mormorìo lo precorreva.

La peste fu più creduta: ma del resto andava acquistandosi fede da sé, ogni giorno di più;

e quella riunione medesima non dové servir poco a propagarla…”

Alessandro Manzoni, “I promessi sposi”.

La “guerra dei dazi” che gli USA hanno imposto ad una serie di Paesi, fra cui soprattutto la Cina, potenza economica in continua e veloce ascesa, potrebbe ritrovare ulteriore vigore nella crisi che si è aperta nella Repubblica popolare guidata dal Presidente Xi Jinping, a causa della diffusione del cosiddetto Coronavirus.

Per chi lo ha dimenticato, un minimo di riassunto della guerra commerciale fra Washington e Pechino:

  • l’8 marzo del 2018 in un memorandum, Donald Trump annuncia che, per ridurre il deficit commerciale americano, intende imporre alla Cina una serie di dazi doganali che si andranno a sommare ad altri precedentemente ordinati: il 25% sulle importazioni di acciaio e il 10% sull’alluminio. Da questa tornata di tariffe gli Usa esenteranno diversi Paesi, ma non la Repubblica popolare cinese. Il 22 marzo il presidente Trump dichiara aperta una guerra commerciale contro Pechino, denunciando “l’aggressione economica della Cina” (!?) e minacciando di imporre ulteriori dazi punitivi su 60 miliardi di dollari nelle importazioni di prodotti cinesi.
  • Il braccio di ferro si intensifica a luglio dello stesso anno, fino ad arrivare ad una prima tregua il 1 dicembre.
  • A metà maggio 2019 le ostilità però riprendono, e Washington estende la guerra commerciale al campo della tecnologia colpendo il colosso delle Tlc Huawey, accusandolo di legami troppo stretti con il regime.
  • Ad agosto inizia la guerra valutaria. Washington accusa formalmente Pechino di lasciare scendere lo yuan sotto le 7,0 unità rispetto al dollaro per la prima volta in 11 anni per sostenere le sue esportazioni. La Cina annuncia ritorsioni per 75 miliardi di dollari su prodotti e auto americani quindi, all’inizio di settembre, presenta una denuncia al Wto.
  • Il 13 dicembre scorso i due Paesi annunciano un accordo commerciale preliminare. Quando mancano due giorni alla firma dell’intesa (cosiddetta di Fase 1), gli Stati Uniti tolgono la Cina dalla “black list”, la lista nera dei Paesi che manipolano la propria valuta, salvo poi far sapere, il 14 gennaio, che “non esiste alcun accordo” per un’ulteriore riduzione dei dazi Usa già’ in atto al momento della firma.

Si tratta della fine della pax belli (ad esclusivo uso e consumo dei media occidentali, e filo-statunitensi) fra Usa e Cina.

Il resto è noto: nella conferenza stampa tenutasi alla Casa Bianca lo scorso gennaio è emerso che Washington non eliminerà i dazi al 25% su 250 miliardi di dollari di importazioni cinesi, mentre verranno ridotte al 7,5% (dal 15% attuale) le tariffe su 120 miliardi di dollari di prodotti cinesi. Per toglierle sarà verosimilmente necessario attendere il voto del prossimo novembre. Anzi, il segretario al Tesoro americano, Steven Mnuchin, ha approfittato di una intervista alla Cnbc per chiarire che gli Stati Uniti sono pronti ad aumentare i dazi sui prodotti cinesi, se la controparte non rispetterà gli impegni presi. Di nuovo Trump ha spiegato che i dazi verranno rimossi con la definizione della fase 2 dell’accordo, per la quale le discussioni inizieranno a breve: gli Usa si sono voluti tenere in mano carte da giocare sul secondo tavolo. “Non ci aspettiamo sia necessario un accordo di fase 3”, ha sentenziato il buon Orange.

Questo comportamento schizoide, degno del miglior soggetto bipolare, la dice lunga sulla malafede dell’Amministrazione Trump, se mai ce ne fosse stato bisogno.

Ma torniamo al presente.

In quelle stesse settimane inizia a svilupparsi il contagio di quello che tutti noi al momento conosciamo con il nome di Coronavirus, ribattezzato dall’Oms 2019-nCoV.

In pochi giorni, secondo le dichiarazioni del 30 gennaio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è stato necessario alzare il livello di allarme da regionale a globale, con conseguente e drastico calo di tutte le principali Borse e future e drammatiche ripercussioni economiche alle porte dell’economia mondiale.

Non solo quindi della potenza asiatica, da dove sembra provenire il virus e dove sono bloccati già da qualche settimana i settori produttivi più strategici come quello automobilistico e quello hi tech oltre al manifatturiero.

Dopo il finto accordo Usa/Cina e la nota emessa il mese scorso dal nostro Copasir, dove il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica chiede l’estromissione della Cina dal progetto per la rete 5G per ragioni “che attengono alla sicurezza nazionale”, ora anche la diffusione di un virus mette a repentaglio l’economia del colosso asiatico.

Noi, scevri da complottismi e dietrologie, manteniamo dritta la barra e da un’altra prospettiva ci atteniamo ai fatti, il resto, l’uso strumentale degli avvenimenti, lo lasciamo ai media mainstream, ovvero quelli che servono i/ai governi.

I lacchè dell’informazione al soldo del potere.

Dicevamo i fatti.

I fatti risiedono nell’impossibilità di non vedere che tutto quello che sta accadendo in questi giorni altro non è che una prosecuzione della vecchia “guerra dei dazi” a stelle e strisce, sotto altra forma, magari scaturita, sempre secondo i media embedded, da un intervento oseremmo dire divino; dopotutto gli Usa sono un paese che pullula di sette evangeliche, gli americani vanno pazzi per gli “interventi divini”. Per dirla con le parole del menestrello di Duluth “with God on our side”; ed in nome di quel Dio dalla loro parte, l’America ha compiuto e continua a compiere le peggiori nefandezze. Ma gli Usa sono anche scaltri e, come per l’11 settembre hanno, come si suol dire “preso la palla al balzo”.

Ma torniamo a quello che si sta compiendo da una settimana ormai, complice la propaganda occidentale: un’orchestrazione mediatica volta alla demonizzazione della Cina, ignobilmente colpevole di incalzare l’occidente dalla sua preminenza industriale, nonché di contraddire le oligarchie nostrane con la dimostrazione della superiorità di un’economia mista e pianificata rispetto alle ossessioni del privatismo ontologico.

Gli Usa sono all’origine della campagna volta a fare della Cina un grande nemico simbolico, una sorta di untore planetario; per altre vie si tenta di raggiungere lo stesso risultato che l’America si era prefissa iniziando la guerra dei dazi: mettere in forte crisi economica il colosso cinese, secondo detentore del debito pubblico Usa, subito dopo il Giappone il cui sorpasso è avvenuto a giugno 2019 (1123 miliardi di dollari contro i 1113 della Cina. (fonte:https://ticdata.treasury.gov/Publish/mfh.txt).

In realtà si tratta né più né meno che di un bias cognitivo, di una distorsione.

Passatemi una “divagazione” medico/scientifica ma utile per meglio capire perché ho parlato di distorsione.

Ancora una volta vengono in nostro aiuto i dati.

I dati ci dicono che i morti per infezioni contratte negli ospedali sono 49.000 l’anno, e che l’influenza colpisce annualmente qualche milione di persone in Italia e fa oltre 8 mila morti solo nel nostro Paese, circa 700 mila in tutto il mondo, una cifra spaventosa a cui non si fa caso solo per abitudine, perché questa malattia la prendono un po’ tutti, di solito senza particolari conseguenze; fino a che gli anni non cominciano a pesare e le complicanze si moltiplicano. A volte poi i virus che causano questa patologia mutano e si fanno più pericolosi, causano pandemie come l’asiatica, la suina o come la spagnola che infuriò esattamente un secolo fa e che fece dai 40 ai 100 milioni di morti, tanto da superare di gran lunga le vittime della prima guerra mondiale. E poi c’è la meningite che proprio in questi giorni sta colpendo diverse regioni italiane e che ha un tasso di mortalità del 14% anche in presenza di cure.

E torniamo all’’argomento che la fa da padrone nell’informazione delle ultime settimane, che è riuscito a relegare in un cantuccio persino i conflitti che infiammano il Medio Oriente, compreso quello libico, a poche miglia marine dal nostro paese.

Il Coronavirus proviene da una famiglia di patogeni che conosciamo bene, perché è quella che procura diversi disturbi lievi tra cui il raffreddore ed eccezionalmente di più severi come la Sars, malattia che sembrava essere la fine del mondo e che finì praticamente in nulla, o come la gemella Mars un po’ più cattiva e diffusasi in Medio Oriente: quindi ci troviamo di fronte a qualcosa di non eccessivamente pericoloso ancorché si tratti di un nuovo ceppo ( alla loro comparsa i nuovi agenti patogeni sono normalmente molto più virulenti) , che già all’inizio ha una mortalità inferiore a quella dell’influenza e che finora ha ucciso soprattutto ultraottantenni già fiaccati da altre gravi malattie. La patologia ad oggi più pericolosa prodotta da un coronavirus, la Mars ha il suo focolaio in Medio Oriente e in particolare in Arabia Saudita, senza che tuttavia si siano mai prese precauzioni in questo senso, bloccando gli arrivi da quelle zone.

Ma in guerra non si fanno nemici e gli Usa è chiaro come la luce del sole, devono sembrare forti anche se non lo sono affatto e risentono di una crisi di fiducia di decennale memoria. Anche loro, almeno i consiglieri di Trump, hanno letto Sun Tzu e, quello che consigliava ne “L’arte della guerra” il fine generale e filosofo cinese del V secolo;

Ma gli Usa in Italia hanno un gran peso e forti di questo peso, chiedono anche l’appoggio, nella loro strategia, del nostro paese, minacciato a suo tempo di dazi stratosferici.

Il governo Conte si schiera quindi a fianco dell’“amico amerikano” e blinda lo stivale bloccando i voli diretti da e per la Cina, ma non quelli indiretti il che vuol dire prendere per il naso i cittadini dimostrando quanta parte di queste operazioni abbia in realtà una valenza simbolica. Al momento dobbiamo mettere in difficoltà, forse nostro malgrado, la potenza cinese. Come scrivevamo poco sopra però, nessuno si è mai neppure sognato di bloccare gli arrivi dalle petro monarchie saudite amiche dell’Occidente e con le quali Usa ed Italia commerciano armi.

Rimane da capire come si comporterà la Cina, la quale ha già preso le proprie misure con l’efficienza che la contraddistingue. Un’ efficienza con la quale è stata arginata l’epidemia che non ha precedenti e che, anzi, costituisce per la prima volta nella storia della medicina in cui il genoma di un virus è stato mappato dopo appena dieci giorni dalla comparsa del primo focolaio, un fatto sorprendente.

Che è stato riconosciuto anche da Nature, una delle più stimate riviste scientifiche.

Resta da vedere quali frecce avrà al proprio arco il capitalismo occidentale.

Gli ultimi colpi di coda del nemico morente sono sempre quelli più pericolosi.


Consulenza medico-scientifica di Patrizia Modesti.

Comments

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marku
Friday, 07 February 2020 09:04 Like Like Reply | Reply with quote | Quote
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Paolo Selmi
Friday, 07 February 2020 08:33
Caro Francesco,
molti argomenti condivisibili, con un unico caveat: facciamo attenzione tutti, me per primo, a non essere più realisti del re.
Parliamo di coronavirus. La Cina colpevole "di contraddire le oligarchie nostrane con la dimostrazione della superiorità di un’economia mista e pianificata rispetto alle ossessioni del privatismo ontologico" non c'entra niente. Primo, perché entrambe collocate all'interno dello stesso, capitalistico, campo. Secondo, perché in una lotta fra due modelli egemonici nessuno, ripeto NESSUNO, perde occasione di "ricambiare la cortesia", per dirla con le parole del poeta. Terzo, perché "economia mista e pianificata" è un ossimoro, buono per poesie e canzoni, inadeguato a descrivere la realtà attuale della RPC, dove ormai in generale si naviga a vista e si riesce a "programmare", non "pianificare", qualche singolo obbiettivo, possibilimente in più in là possibile: come del resto ha fatto la UE con le emissioni zero.

Premesso questo, il capitalismo di Stato cinese interviene, in quei processi che il buon Syroezin definisce di защита системы (difesa di sistema), in maniera esemplare: mi sembra di essere da me in proloco, faccio la richiesta ai vigili di chiudere la piazza il giorno x all'ora y e, di colpo, il giorno x all'ora y la piazzetta di un paese di 5mila anime si chiude al traffico per permettere ai bimbi di giocare sui gonfiabili laddove un'ora prima era ancora parcheggiata qualche macchina. Lì è la stessa cosa: si fa richiesta ai vigili e una città di 16 milioni di abitanti è chiusa dall'oggi all'oggi, ospedali veri, non da campo, vengono costruiti come da noi gonfiabili, medici e infermieri sono precettati da un mese intero, ormai a vivere negli ospedali, ovvero lavorare, mangiare dormire senza uscire dagli stessi, onde evitare contagi (https://colonelcassad.livejournal.com/5599844.html), eccetera.

Il tutto, vissuto dal popolo cinese in maniera a dir poco eroica. Il cinese in queste circostanze non si abbatte, anzi si ricarica come una molla: 加油 (jiayou)! E' l'urlo che rimbomba di finestra in finestra dai palazzoni di Wuhan, laddove i cittadini rinchiusi - specialmente i bambini - aprono le finestre e si fanno coraggio tra di loro, per davvero, non sui telefonini. 加油 (jiayou)! è l'incitamento che faccio ogni giorno, via mail e al telefono, ai colleghi che sento e che in modo ammirevole lavorano da casa dandomi rate e servizi come se fossero in ufficio. 加油 (jiayou)! è un volo charter che, nonostante la speculazione indecorosa (ma è il capitalismo, bellezza... o forse non è lo stesso con la benzina un secondo dopo il minimo starnuto in medioriente?) sui noli, aerei e marittimi in atto, partirà settimana prossima dalla Germania, TUTTO SPESATO DA UNA MULTINAZIONALE CINESE, carico di mascherine raccattate da tutta Europa INTERAMENTE A SUE SPESE. Vedi questo e capisci la differenza: la chiamata alle armi è vissuta in maniera totale, per motivi che ora non è il caso di elencare ma che affondano essenzialmente le loro origini nel substrato confuciano che vede già nell'idea di Stato qualcosa più dello Stato stesso, ma la Casa e la Famiglia (altro non significa il termine guojia (kokka in giapponese) 国家 ovvero Entità statale + Casa/Famiglia), NELL'INTERO ESTREMO ORIENTE, fino all'ultimo isolotto del Giappone, passando per Vietnam e Corea: infatti, è lo stesso collante che unì il "volgo disperso" dei feudi e microfeudi giapponesi contro il doppio tentativo cinese di invasione e quello vietnamita, molto meno disperso e organizzato sotto la guida del PCV, contro francesi, statunitensi e infine gli stessi cinesi nel giro di nemmeno trent'anni. Una capacità di mobilitazione e di unità d'intenti, nella fase predetta di защита системы (difesa di sistema), che noi ci sogniamo (e infatti tendiamo a restare, nei millenni, "volgo disperso"...).

Premesso questo, specialmente dopo ieri (manco a farlo apposta!) andrei altrettanto molto cauto sulla Cina e "l’efficienza che la contraddistingue". Sempre per non trovarsi a essere più realisti del re. Un re, per esempio, che sul suo organo ufficiale in lingua inglese ieri pubblicava questo trafiletto ( https://www.globaltimes.cn/content/1178792.shtml), rimbalzato poi sui media occidentali che preferiscono continuare ad abbeverarsi alle fonti più comode, per dare in pasto ai loro lettori e spettatori notizie prefatte (Goracci + Botteri docunt), anziché pagare corrispondenti per la Cina che sappiano il cinese, corrispondenti della Russia che sappiano il russo, corrispondenti per il M.O. che sappiano almeno l'arabo, o il farsi, o il turco. Ma no... è lo stesso ragionamento della ricercatrice precaria che ha isolato il coronavirus. Va bene così... e torniamo al trafiletto, dove impariamo che Li Wenliang (李文亮) ieri ci ha salutato per l'ultima volta, in un letto d'ospedale, a trentaquattro anni.

Per avere qualche informazione in più su di lui dobbiamo ricorrere, ahimé, ai segni cinesi, per esempio qui: https://www.bbc.com/zhongwen/simp/chinese-news-51371586
李文亮是武汉市中心医院的眼科医生。
Li Wenliang è un oftamologo dell'ospedale centrale di Wuhan.
2019年12月30日,他在同学群中发了一条关于华南海鲜市场疫情的信息。
IL TRENTA DICEMBRE DUEMILADICIANNOVE, in un "gruppo" (tipo il nostro whatsapp) manda un messaggio circa un'EPIDEMIA IN CORSO AL MERCATO DEL PESCE DI HUANAN DI WUHAN. Le righe successive parlano del suo ALLARME assimilato alla SARS.

AVEVA CAPITO TUTTO.

但不久后,他就被当地派出所因“在互联网发布不实言论”,提出警示、批评。
Tuttavia non passò molto tempo e fu incriminato e condannato dalla locale stazione di polizia (che controlla tutti i traffici in rete) per aver fatto circolare in rete notizie false e tendenziose. Un oftamologo, non il primo pirla che al bar non sa cosa fare.

Il resto è storia. Ma per rispetto a Li Wenliang e ai suoi colleghi che da un mese dormono, mangiano, lavorano negli stessi locali, non minimizziamo da un lato (se muore un oftamologo di 34 anni e non solo un cittadino novantenne con le difese immunitarie debilitate, non è la solita "influenza" e se i danni sono circoscritti lo si deve solo al loro sacrificio per cercare di chiudere IL PRIMO RECINTO POSSIBILE NONOSTANTE I BUOI SIANO SCAPPATI IN UN'AREA ORMAI MOLTO, TROPPO VASTA, con danni economici incalcolabili), e non parliamo di efficienza dall'altro, visto che anche lì ora cominciano a saltare teste. E non come da noi coi Benetton. Lì saltano per davvero.

Con saluti comunisti,
Paolo Selmi
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