Il caos siriano e la follia senza metodo
di Piero Pagliani
Mentre i salafiti “liberatori” si stanno dedicando a saccheggi, massacri e vendette, così, tanto per mostrare il loro volto “moderato”, Ankara punta a conquistare le zone oggi occupate dal cosiddetto “Rojava” curdo sostenuto dagli Usa. Il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, ha dichiarato che o il Pkk e l'Ypg in Siria si dissolvono o la Turchia li distruggerà.
Questo il commento di Larry Johnson, ex analista Cia ed ex funzionario dell'Antiterrorismo al Dipartimento di Stato:
«Resta da vedere se gli USA, che sono posizionati in territorio curdo, forniranno aiuti ai curdi, incluso il supporto militare, o si faranno da parte e lasceranno che i turchi li finiscano.
Credo che i russi in questo momento siano seduti davanti a un bel fuoco scoppiettante, sgranocchiando un sacchetto di popcorn e osservando il caos che si dispiega» ([1] enfasi mia).
Sono d'accordo. In questo momento Mosca sta alla finestra a vedere come si evolve la complicatissima e drammatica situazione siriana da cui si è tirata fuori. La ragione dichiarata è, come ebbe modo di dire Putin già nel 2015, che “i russi non possono essere più siriani dei siriani”. Ovverosia la volontà di combattere doveva partire dalla Siria. Così non è stato e Damasco forte di 170.000 soldati e 100.000 territoriali, con carri armati, artiglieria e aviazione, si è arresa in soli 11 giorni a meno di 30.000 guerriglieri in pick-up e qualche blindato, in modo sorprendente e inaspettato perché aveva tenuto testa da sola per 4 anni fino all'intervento russo a una coalizione di eserciti proxy di mercenari, di bande di fuori di testa e di consiglieri militari provenienti da tutto il mondo, armati, finanziati e sostenuti da UE, Nato, Usa, Australia, Arabia Saudita, Qatar, Turchia e Israele.
Le ragioni non sono del tutto chiare, almeno a me. La corruzione, spesso citata, è un fattore. Ma non penso che basti (specialmente in un esercito complesso), occorrono ordini precisi. Ecco allora chi accusa al-Assad di essersi fidato troppo della Lega Araba, in cui la Siria era stata riammessa, e addirittura delle profferte di Washington di togliere le sanzioni in cambio di un mutamento di campo.
Insomma ci sono punti oscuri da chiarire che non permettono per ora un'ipotesi univoca.
Fatto sta che Russia e Iran avevano avvertito da tempo Damasco che a Idlib si stava preparando un'offensiva, ma apparentemente al-Assad è rimasto immobile e ha rifiutato l'aiuto militare offerto dall'Iran, che a quel punto ha notificato a Damasco che avrebbe ridotto la sua presenza nel Paese, e il suggerimento della Russia di scendere a patti con la Turchia nell'ambito della risoluzione 2254 dell'Onu che prevedeva l'integrità territoriale della Siria, il dialogo con le legittime opposizioni, di cui Hay'at Tahrir al-Sham (HTS) non fa parte, e successive elezioni.
A ogni modo la Russia, come l'Iran, sta sicuramente tenendo contatti con molte se non proprio tutte le parti (con una particolare attenzione, immagino, alla Turchia) contenta di essere fuori dalla mischia [2]. In molti si domandano cosa avverrà alla sua base aerea di Hmeimim e a quella navale di Tartus. L'HTS per ora ha chiesto alla Russia di restare, perché è una “possibile partner”. Ammesso che l'HTS possa essere considerata la forza che governa (parola molto grossa) la Siria, sarà il Cremlino a decidere se mantenerle, spostarle altrove (Egitto, Algeria, o Libia come sembrerebbe) o se con le nuove armi che ha a disposizione hanno ancora un senso. Così infatti l'analista militare statunitense Andrei Martyanov:
«Da circa il 2018 il Mediterraneo non è più un “lago” Nato, con o senza basi russe lì, perché tutte quelle marine [Nato] non sono altro che grossi e prestigiosi bersagli indifesi» [3].
Martyanov, che si fa apprezzare per la sua preparazione specifica e anche per la capacità di concepire quadri geopolitici di ampio respiro, tuttavia qui secondo me si dimentica che a sud del Mediterraneo c'è l'Africa, un continente strategico e che le basi in Siria (o sulla costa meridionale del Mediterraneo) servono a proteggere i crescenti interessi russi nel Continente Nero.
Non solo, ma occorre vedere ad esempio come si comporterà ora l'Arabia Saudita, fresca di riavvicinamento con l'Iran: scioglierà la sua riserva e aderirà ai Brics, la congelerà ancora in attesa che si schiarisca la situazione siriana o farà marcia indietro? Il ragionamento è semplice: la Russia e l'Iran difendevano al-Assad e al-Assad è caduto. Questo è il dato di fatto su cui molti Paesi stanno riflettendo.
Tuttavia ritengo che il tempo della crisi sistemica giochi a favore della Russia, a favore dei Brics e a favore del nuovo ordine “polifonico” mondiale, termine introdotto da Putin all'ultimo meeting del Club Valdai e che adotto poiché il termine “multipolare”, come giustamente sottolinea Pierluigi Fagan, è troppo spesso frainteso: «i più non capiscono che multi-polare significa “molti poli”, non li vedono proprio, non li considerano, stanno ancora al bipolarismo da guerra fredda». Un'osservazione giusta, perché il framework analitico generalmente adottato è ancora quello degli anni Ottanta e Novanta del Novecento, ma dietro al conflitto tra Russia e Ucraina c'è quello tra l'Occidente Collettivo e la Russia, e dietro a questo c'è quello tra l'Occidente collettivo (ma a rischio di disgregazione) e un complesso di centri emergenti extra-occidentali - o meglio all'esterno del centro capitalistico storico - ognuno con le proprie strategie e i propri interessi. Usando una metafora fisico-matematica, si ha a che fare con un sistema dinamico caotico e coi suoi (eventualmente “strani”) attrattori. Ovviamente non siamo in presenza del comportamento dell'atmosfera e del famoso “effetto farfalla”, alcune traiettorie e forze principali si possono distinguere, tuttavia non abbiamo a che fare con un semplice “bipolarismo imperfetto” (variamente interpretato come Usa vs Russia con al seguito la Cina, Usa vs Cina con al seguito la Russia, Usa vs Cina e Russia) e gli schemi di pensiero a cui molte generazioni di analisti, compresa la mia, è abituata non sono più validi. La stessa cosa vale per gli affari militari che hanno subito una vera rivoluzione a causa delle innovazioni russe (dettate dalla crescente aggressività della Nato), come la guerra in Ucraina sta mostrando [4].
La crisi sistemica porta caos sistemico e più se ne è fuori meglio è. Ma dato che il vettore principale del caos sistemico sono gli Usa, loro ci sono dentro ogni giorno di più. E noi con loro.
Subito dopo le Torri Gemelle gli Usa avevano in piano di eliminare 7 Paesi in 5 anni «starting with Iraq and then Syria, Lebanon, Libya, Somalia, Sudan and finishing it off with Iran» [5].
La Siria era dunque uno di questi. Ci sono riusciti, ma non entro il 2006 come pianificato nel 2001. Ci sono riusciti 18 anni dopo e le cose nel frattempo sono dannatamente cambiate. Basti pensare che in quegli anni di inizio millennio la Russia di Putin era partner della Nato e i Brics non esistevano.
Gli Usa e l'Occidente iniziavano a sperimentare le crisi dovute alla finanziarizzazione: tra il 2000 e il 2002 - a cavallo quindi con l'11 settembre 2001 - scoppiò la bolla delle “dotcom” e nel 2008 ci fu la crisi dei “subprime”. Ogni volta la reazione è stata la creazione di una bolla finanziaria ancora più gigantesca. Crisi che generano crisi che generano crisi. Tutte all'interno della grande crisi sistemica. Da qui - mi scuso per lo schematismo ma penso che renda - la necessità vitale, per le oligarchie di money lenders che governano l'Occidente, del controllo/assorbimento delle risorse e delle economie del mondo come “collaterale” di una massa assolutamente stupefacente di titoli di credito/debito matematicamente inesigibili/insolvibili. E quindi la necessità di rimanere egemoni e non permettere l'emergere di grandi competitor strategici.
Ecco spiegati, a parte la totale mancanza di onore, etica e principi, a parte una certa vocazione al genocidio e la tendenza alla sociopatia, ecco spiegati i gridolini di giubilo, scomposti e senza ritegno, del variegato establishment euro-atlantico per la caduta di al-Assad (riecheggiati a volte anche da persone e media che si autodefiniscono di “sinistra di classe”) [6].
Tuttavia, dicevamo, aver “fatto fuori” la Siria nel 2024 non ha la stessa valenza che poteva avere nel 2001. La “finestra” di cinque anni pianificata allora dai neocon dell'amministrazione di Bush jr aveva un qualche senso (imperialistico), così come il 2025 come termine massimo perché una guerra con la Cina risulti in perdite statunitensi solamente “significative” o “pesanti” e non catastrofiche (secondo la Rand).
La tempistica è saltata ma gli Usa sembrano procedere per inerzia, con un comportamento che ha superato la pura criminalità imperialistica e si è addentrato nella patologia.
Concentrata sull'Ucraina, la Russia non ha fatto passare tempo e il 13 dicembre ha risposto all'attacco degli Atacms di due giorni prima, con una salva ipersonica di Iskander e Kalibr che ha messo in ginocchio le forniture elettriche ucraine. Sull'intero fronte i soldati di Kiev cedono e fuggono. Perfette fortificazioni sono state conquistate dai russi senza colpo ferire perché non c'era più nessuno a difenderle. Il grosso problema è che le risposte graduali della Russia sono viste dall'Occidente come debolezza e non come prudenza e volontà di limitare l'escalation, che tra superpotenze atomiche è un gioco molto pericoloso. Tuttavia gli Usa sembrano incapaci di capirlo e lo vedono come la possibilità di reiterare le loro provocazioni. Fin quando, Dio non voglia, la Russia, al primo passo visibilmente falso della Nato deciderà di metterci fine con una risposta non necessariamente atomica ma che lascerà allibiti.
La UE sta confabulando se fare, come fare e con chi fare la famosa forza di peace-keeping per garantire il futuribile “cessate il fuoco” sognato da Trump. Sembra che gli Usa abbiano suggerito 200.000 uomini. Cioè un'armata. Che come forza di interposizione è visibilmente esagerata. Sembra più una forza d'intervento. Ma se così fosse, se riuscissimo davvero ad assemblare una tale forza armata (immagino che occorrerebbero molti mesi) e se volessimo davvero inviarla in Ucraina senza il consenso di Mosca sarebbe devastata già alla frontiera - o forse prima ancora - da Oreshnik, Iskander, Kalibr e ordigni similari. Buona fortuna a noi a cercare di intercettarli. E buona fortuna a noi per tutto quello che ne seguirebbe.
Macron però è eccitatissimo e iperattivo perché già si prefigura come gallo nel pollaio europeo quando Trump ci dirà di arrangiarci. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha dimostrato interesse mentre il ministro degli Esteri Tajani ha affermato che parlarne è prematuro. E ha ragione, perché è più che prematuro: è insensato. Lo ha chiarito Dmitri Peskov, il portavoce del Cremlino, che ha commentato: “È inutile che vi agitiate, perché il cessate il fuoco ci sarà solo quando noi avremo raggiunto tutti i nostri obiettivi”, che sono sempre gli stessi: demilitarizzazione e denazificazione dell'Ucraina.
A quel punto la negoziazione non avverrà solo sull'Ucraina (a cui non verrà permesso di ospitare basi Nato figurarsi un corpo d'armata), ma su tutta l'area che interessa la Russia, quindi l'Europa e l'Asia. E quindi, nuovamente, la Siria.
Nella nostra follia non c'è nemmeno del metodo.
Comments
Credo che i russi abbiano imparato, sulla loro pelle cosa significano le promesse Usa e degli scondinzolanti europei. Si promette per tergiversare, si promette per ingannare, si promette tutto, ma gia' con l'idea che alla prima occasione scattano le mannaie.
Forse Assad sperava che gli amici Usa trattenessero i loro prezzolati ribelli? Non lo sapremo mai, in qualsiasi caso i russi e gli iraniani hanno fatto benissimo a ritirarsi e stare alla finestra. Avete voluto la Siria? Bene, adesso pedalate se ancora avete memoria di tutti i disastri irakeni e afgani.
Visto come si comportano gli Usa, non da Stato capace di fare accordi e rispettarli, ma da delinquenti privi di scrupoli direi che gli Stati dell'area dovrebbero fare meno gli ingenui e giocare sporco. Visto che la guerra per bande e' in corso non appena i tagliagole accennano ad accordi poco graditi devono cacciare la grana e foraggiare milizie che rovesciano i tavoli e riaccendono le risse. Tenere israele, turchia e usa impegnati in Siria e possibilmente creare caos affinche' si combattano, pesantemente.
Dispiace per i poveri siriani e per chi ci va di mezzo. Se gli Usa vedranno il loro orrendo pargolo sionista in pericolo saranno li, se appoggiano i curdi avranno i turchi contro e bisognerebbe davvero fare in modo che i turchi attacchino gli usa. Forse l'unico modo per sfasciare la Nato o comunque per levargli il secondo esercito piu grosso della coalizione. Sono cose che trovo orrende, ma non si puo sempre pensare di voler mantenere una certa moralita' quando si hanno davanti, carnefici, aguzzini e guerrafondai con alta dose di furbizia. Bisogna precederli e ribaltare le situazioni, se si puo. Altrimenti sfilarsi e ricostruirsi se non si puo', ma mai illudersi che chi frega gli altri in maniera compulsiva, becera e vile possa cambiare. Se Trump offre amicizia ai russi? Farebbero bene a fregare quello che offre e preparare i coltelli. Niente e' gratis a stelle e striscie, da tutto si deve trarre profitto, non solo in soldoni, non solo finanziario, non solo territoriale. Fottere gli altri alimenta ego malati e regala sensazioni di onnipotenza, una specie di droga senza effetti di salute collaterali, salvo la dipendenza e la coazione a ripetere.
Purtroppo non esistono virus selettivi che se li piglino ne quelli made us ne gli altri dispersi nel globo.
Il dialogo quasi alla fine del film. Non so se quaglia con questo articolo, ma sento che stanno facendo diventare sempre piu prossime a noi e molti altri popoli le parole in chiusura al pezzo che cito, ci stanno preparando alla guerra e saremo noi a chiederla, forse pretenderla. Noi umani di serie b che non possiamo vivere senza lebpiccole cose di serie b. Questo e' quello che mi angoscia, volevo condivederlo
Eccolo
Turner: È in programma l'invasione del Medio Oriente?
Higgins: Ma che sei, impazzito?
Turner: Sono io il pazzo?
Higgins: Senti Turner...
Turner: Non abbiamo un piano?
Higgins: No. Assolutamente no. Esperimenti, ecco tutto. Come un gioco. Noi ipotizziamo che accadrebbe, quanti uomini servono, quanto tempo occorre. C'è un mezzo più economico di rovesciare un regime? In fondo siamo pagati per questo.
Turner: Cammina, dai. Cammina. Atwood prendeva quelle ipotesi troppo sel serio, fino a scatenare una guerra, no?
Higgins: Un'iniziativa arbitraria. La commissione non avrebbe mai autorizzato, ora soprattutto con la pressione che c'è intorno alla compagnia.
Turner: Ma se la pressione non ci fosse stata? Se io non avessi disturbato i suoi piani? Io o qualcun altro?
Higgins: Beh... cambia il gioco. In quel piano non c'era niente di sbagliato. era ben fatto quel piano, avrebbe funzionato.
Turner: Ma che mentalità è questa vostra? Se non si scoprono le vostre magagne per voi è come se agiste rettamente?
Higgins: No. Il problema è economico. Oggi è il petrolio, vero? Tra dieci o quindici anni cibo, plutonio, e forse anche prima, sai? Che cosa pensi che la popolazione pretenderà da noi allora?
Turner: Chiediglielo.
Higgins: Non adesso, allora! Devi chiederglielo quando la roba manca, quando d'inverno si gela e il petrolio è finito. Chiediglielo quando le macchine si fermano, quando milioni di persone che hanno avuto sempre tutto cominciano ad avere fame. E vuoi sapere di più? La gente se ne frega che glielo chiediamo, vuole solo che noi provvediamo.