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orizzonte48

La "mano invisibile" che affida la sovranità ai liberi mercanti

Ieri, oggi, domani

di Quarantotto

inv F69011. Abbiamo già citato la trilogia di romanzi, sul tema della guerra dell'oppio (contro la Cina) e della colonizzazione inglese in India, scritti da un autore indiano di cultura anglosassone, Amitav Ghosh.

Dal romanzo centrale della trilogia, traiamo alcune interessanti "conversazioni" che illustrano perfettamente la cultura dei tai-pan, cioè dei mercanti imbevuti della neo-religione del libero mercato seguita alla "rivelazione" di Adam Smith. Per lo meno nel modo in cui fu intesa nei decenni successivi alla sua opera maggiore, "La ricchezza delle nazioni": un modo, a rigore filologico e "scientifico", discutibile e controverso, ma che, non di meno, è divenuto poi una vulgata ampiamente diffusa e appunto circondata da un'adesione acritica e fideistica di tipo essenzialmente religioso (una religione, come evidenzia Galbraith, che si fonda sul supremo "piacere di vincere in un gioco in cui molti perdono").

 

2. Sull'attendibilità delle conversazioni che vi riporterò, sotto il profilo della loro capacità di riflettere fedelmente questo "credo", aderendo in modo diretto al pensiero ed alle parole dei protagonisti del tempo, Ghosh ci rassicura, fornendo un'appendice poderosa sulle fonti utilizzate (pagg.383-386 de "Il fiume dell'oppio"): le conversazioni, infatti, sono riprese da dichiarazioni e "editoriali", a commento dei fatti storici narrati, pubblicati sui giornali inglesi editi a Canton in quegli stessi anni (nel 1838-39, alla vigilia e durante lo svolgimento stesso del conflitto, cioè la prima guerra dell'oppio, che vide l'Inghilterra attaccare con la sua flotta Canton).  

 

3. I brani che riporterò richiedono una certa premessa sul contesto in cui si collocano. 

La Compagnia (britannica) delle Indie Orientali (ne esistettero anche una francese e una olandese, che ebbero la peggio nello scontro, per il dominio colonial-mercantilista, con la prima),  aveva stabilito che la coltivazione dell'oppio in India, e in particolare nel Bengala (ma non solo), dovesse divenire il suo "core business". 

L'Inghilterra, infatti, si trovava nella scomoda posizione di essere in costante deficit degli scambi con la Cina, che produceva merci pregiate che erano effettivamente molto, troppo, richieste nel resto dei territori dell'Impero britannico.

Per non depauperare le proprie risorse finanziarie, dato che, adottando il gold standard, non poteva permettersi un costante saldo negativo (equivalente a un'emorragia di oro verso il paese creditore commerciale) con la più importante economia mondiale del tempo (appunto la Cina), stabilì di incrementare al massimo possibile la coltivazione e la lavorazione dell'oppio. Con conseguenze socio-economiche distruttive per i territori indiani sotto il loro dominio.

Tra queste conseguenze, la sistematica deportazione (oggi diremmo "arrivo di migranti"), a Sri-Lanka e nelle Mauritius - e servendosi delle navi già utilizzate per il traffico degli schiavi-, della manodopera agricola divenuta eccedente, una volta instaurata una monocultura con obbligo di una produttività "minima". Infatti,  accadeva che, ove non fosse raggiunta la quantità di prodotto prestabilita, e pagata a prezzi irrisori, all'agricoltore indiano venisse sottratta la proprietà del terreno, mediante una rapida escussione della garanzia del debito contratto forzatamente con la Compagnia. 

L'esecuzione forzata era assicurata sotto il controllo di giudici inglesi, che erano sostanzialmente dei dipendenti della Compagnia delle Indie, (dato che esercitava anche le funzioni sovrane di amministrazione di giustizia e ordine pubblico sui territori indiani). 

La Compagnia in tal modo estendeva notevolmente la diretta proprietà dei terreni utili e dediti alla coltivazione e, agendo da monopolista, tendeva a ridurre i salari e la stessa capacità di sopravvivenza dei contadini bengalesi (già resa critica dall'esistenza di una monocultura forzata). Da cui l'ulteriore ampliamento dell'ondata di deportazioni, ben controllata dal funzionamento strutturale dell'economia nel paese di partenza, e che doveva apparire come un evento quasi meteorologico nelle terre di arrivo...

3.1. L'oppio raccolto dai produttori veniva quindi raffinato nei giganteschi stabilimenti di proprietà della Compagnia e poi venduto in apposite aste a "liberi mercanti" inglesi, americani, olandesi e anche indiani; in particolare appartenenti all'etnia "parsi" (antichi mercanti persiani, ancora seguaci del culto di Zoroastro, trasferitisi, tra l'altro, nei territori indiani, in particolare nella zona di Calcutta).

I liberi mercanti erano anche armatori di navi che arrivavano principalmente a Canton (unico approdo ove era consentito il commercio in entrata dalle autorità imperiali cinesi e, tradizionalmente, un polo commerciale con "l'occidente" sviluppatosi per millenni).

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4. Lo scrittore ci riporta (pagg. 191-192 di "Il fiume dell'oppio") questa sorta di resoconto fatto allo stesso Napoleone (in esilio a S.Elena), da uno dei mercanti di oppio parsi:

"Dalla metà del secolo scorso, in Gran Bretagna e in America, la domanda di tè cinese è cresciuta a tal punto che attualmente si tratta della principale fonte di profitto per la Compagnia delle Indie orientali. Le tasse sul tè sono pari a un decimo delle entrate complessive della Gran Bretagna. Se a ciò si aggiungono beni come la seta, le porcellane e gli oggetti in legno laccato, è chiaro che la domanda europea di prodotti cinesi è insaziabile. In Cina invece c'è scarso interesse per le esportazioni europee: i cinesi sono convinti che i loro prodotti, al pari del loro cibo e dei loro costumi, siano superiori a tutti gli altri. Negli anni passati ciò costituiva un grave problema per i britannici, perché una bilancia commerciale così squilibrata comportava per la Gran Bretagna un enorme salasso finanziario. Ecco perché hanno iniziato a esportare l'oppio in Cina....Il commercio dell'oppio era appena un rivolo fino a una sessantina di anni fa (siamo nel 1818, ndr.), quando la Compagnia delle Indie vi ricorse come mezzo per porre rimedio al deflusso di capitali...Il flusso monetario si è invertito e scorre ora dalla Cina verso la Gran Bretagna, l'America e l'Europa."

4.1. Il libro (pag.246), riporta pure una relazione all'Imperatore cinese, pubblicata sui giornali in lingua inglese, fatta dai mandarini che si occupavano della gestione dell'economia. Ne estraggo i passi salienti:

"...il paese subisce ogni anno un salasso (ndr; in importazione di oppio, pagata attraverso valuta principalmente in argento: all'epoca la più pregiata ed accettata era il dollaro d'argento spagnolo, il famoso "pezzo da otto" dei romanzi dei pirati) di trenta milioni di tael d'argento (valuta cinese del valore grosso modo corrispondente al dollaro spagnolo, ndr.), se non di più. Il valore del commercio legale, sotto forma di importazione di lane e orologi e di esportazione di tè, rabarbaro e seta, ammonta a meno di dieci milioni all'anno e il profitto che se ne ricava (saldo positivo di tale partita di scambio con l'estero) non supera i pochi milioni all'anno. Il valore complessivo del commercio legale (in termini di attivo delle partite correnti con l'estero) equivale dunque a un decimo o a un dodicesimo degli introiti del traffico di oppio. Questo fiume di ricchezze si riversa fuori dalla Cina...".

 

5. I mercanti "occidentali" (prevalentemente inglesi e americani) trasportavano l'oppio sulle navi di cui erano armatori: questo poi veniva "ceduto" a intermediari cinesi, organizzati in corporazioni di grandi mercanti (Co-hong), che provvedevano a prelevarlo dalle stesse navi ancorate al largo di Canton, mediante una rete di veloci barche a remi (chiamate granchi); formalmente, dunque, i liberi mercanti occidentali non erano gli effettivi importatori illegali della droga proibita.

Ma tali mercanti sorvegliavano le operazioni e concludevano i necessari accordi con la Co-hong, stando a Canton, in particolare in un "enclave", detta Fanqui Town (città degli stranieri, in senso spregiativo), dove erano state edificate delle "factories", dei magazzini che funzionavano anche da "Camere di commercio" e residenze degli occidentali: queste camere di commercio governavano, di fatto, medianti comitati auto-eletti, le rispettive comunità straniere, stabilitesi per ogni principale nazione mercantile (Olanda, Gran Bretagna, naturalmente, Olanda, Francia, Belgio, Stati Uniti ecc.): i tai-pan (mercanti nel gergo franco di Canton) non potevano però oltrepassare i confini dell'enclave ed entrare nelle mura di Canton, e nel territorio cinese in generale (come e perché si giunse a tale drastica soluzione, alla fine del '600, è oggetto di un'altra interessante storia narrata nel libro).

 

6. In questo contesto, l'imperatore Manchù (e già questo era, in quell'epoca, un problema che si rivelò fatale nella seconda guerra dell'oppio), non aveva dunque molta scelta nel tentare di fermare il traffico illegale di oppio, distruttivo dell'altrimenti florida economia cinese (per via di "vincolo esterno" della bilancia dei pagamenti in situazione di moneta-merce pregiata, allora prevalente).

A tal fine, nominò un nuovo governatore con poteri straordinari per la città di Canton e iniziò a far effettivamente applicare le leggi proibizioniste, inizialmente arrestando gli intermediari e i trafficanti cinesi, ma agendo con perquisizioni e irruzioni anche all'interno dell'enclave.

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7. L'allarme che ciò portò nell'ambiente dei liberi mercanti divenne ben presto una sdegnata rivendicazione delle leggi del libero mercato, accusando di ipocrisia e, naturalmente, corruzione e tirannia, il governo cinese.

Alla vigilia dello scoppio delle ostilità, i mercanti, impegnati a reclamare l'intervento militare della Corona inglese a tutela del "libero mercato", si esprimono in termini che appaiono assolutamente coincidenti con le argomentazioni odierne pro-mercato degli espertologi filo-europeisti e delle stesse istituzioni europee

Sempre rammentando che, in base alle fonti accuratamente indicate, l'autore assume di aver trasposto in dialoghi dei personaggi (storicamente esistiti), quanto dagli stessi dichiarato o scritto sui giornali in lingua inglese di Canton.

 

8. Un convinto seguace di Smith, ad esempio (pag.260), si mostra perplesso circa la soluzione militare:

"...parlano di libero mercato ma hanno intenzione di chiedere l'intervento armato di Sua Maestà. A me non sembra solo una contraddizione, ma un farsi beffe dei principi del libero mercato...ogniqualvolta i governi cercano di imbrigliare la Mano Invisibile, ogniqualvolta cercano di piegare al proprio volere l'andamento del mercato, è allora che gli uomini liberi devono temere per le proprie libertà. In simili circostanze, sappiamo infatti di trovarci in presenza di un potere che pretende di trattarci come dei bambini, di una forza che pretende di usurpare la sovranità che Dio ha conferito in ugual misura a tutti noi". 

Notare: questa è la premessa da cui esplicitamente muove la mission che si è prefissa la Trilateral nel diffondere il mondialismo free-trade...

Prosegue il libero mercante (mr Dent), inizialmente diffidente verso la necessità dell'intervento militare del governo britannico (come vedremo, poi cambierà idea):

"Il mio piano è confidare nell'Onnipotente e lasciare il resto alle leggi di natura. Non ci vorrà molto perché la naturale cupidigia del genere umano riprenda il sopravvento. A mio avviso si tratta del più potente e nobile fra gli istinti dell'uomo, nulla può contrastarlo. E' solo questione di tempo, ma farà piazza pulita di chi cerca di governarlo dall'alto" (ndr: sia questi l'imperatore cinese o la stessa Regina d'Inghilterra...).

 

9. Ma, come rivelano i successivi svolgimenti, questa sovranità ("conferita da Dio", attraverso l'azione naturale della Mano Invisibile) aveva comunque bisogno di un decisivo "aiutino" militare-navale del deprecato "governo". 

Per potere conciliare ciò con la divina e superiore "sovranità" attribuita ai "liberi mercanti", occorre uno strumento, naturalmente conforme alla "volontà di Dio" che la innesti nel regime parlamentare britannico del tempo.

Ecco che l'occasione è fornita dal ritorno in Gran Bretagna del presidente della Camera di commercio-factory inglese a Canton, Mr Jardine: 

"..la presenza di Mr Jardine a Londra sarà per noi un grosso punto di forza. E' dotato di un tatto straordinario, saprà senz'altro farsi ascoltare da Lord Palmerston (ministro degli esteri britannico dell'epoca, ndr.). E saprà esercitare la sua influenza sul governo anche in altri modi: Jardine sa come spendere i suoi soldi e ha molti amici in Parlamento"

(Naturalmente la corruzione non è configurabile se è al servizio della Mano Invisibile e del divino "libero mercato"...).

E con queste pragmatiche osservazioni, sono ben indicati il ruolo di governo e parlamento secondo i "sovrani" del free-trade internazionale (anglosassone). 

La risposta a tale auspicio di intervento presso governo e parlamento è una delle più folgoranti ed eloquenti descrizioni della democrazia idraulica:

"La democrazia è una cosa magnifica... E' un magnifico "tamasha" (show, spettacolo) che tiene occupata la gente comune in modo che le persone come noi possano occuparci di tutte le questioni importanti...".

 

10. Prevalsa l'ipotesi di invocare e mobilitare la forza militare imperiale, seguono trionfali enunciazioni di augurio e di auto-legittimazione in base alle leggi naturali, stabilite dalla Divina Ragione, nei termini più espliciti:

"Molto si è detto sul fatto che la Compagnia delle Indie orientali ci abbia indicato la via della Cina; ciò è senz'altro vero, ma è stata una mera questione di tempo, di epoca; qualcuno vuol forse affermare che se la Compagnia non fosse mai esistita lo spirito del libero mercato non avrebbe trovato la sua strada fin qui? No!...Perché lo spirito del libero mercato si espande, cresce e fiorisce in modo autonomo e autosufficiente!"

Segue il brindisi (è lo stesso che libero mercante che in precedenza confidava nella Mano Invisibile, id est. nell'Onnipotente, ma poi cambia evidentemente idea): 

"Al libero mercato, signori! E' la corrente purificatrice che spazzerà via tutti i tiranni, grandi e piccoli!"

 

11. Ed ecco gli effetti della "corrente purificatrice" dello "spirito" del libero mercato affidato alla volontà superiore dell'Onnipotente, che poi trova il suo concreto agire nella Mano Invisibile, sospinta dal "più nobile degli istinti umani" (la cupidigia). 

La "Mano", come lo Spirito Santo, riafferma l'ordine e la volontà divina che legittima la vera "sovranità dei mercati". Come testimoniano queste, tra le prime foto di guerra (in occasione della seconda guerra dell'Oppio: ma gli effetti della prima, data la superiorità tecnologica delle artiglierie e delle navi occidentali non era stata da meno...):

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