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marx xxi

Banca d'Italia non lascia speranze

di Pasquale Cicalese

Asettico, come al solito. Preciso, al limite della pignoleria, senza alcun intento autocelebrativo. Viene pubblicato ogni quadrimestre e dà la radiografia completa dell’economia italiana. E’ il Bollettino Economico, l’ultimo uscito il 17 aprile scorso. Settanta pagine, grafici, tabelle, commenti specifici. La prima cosa che guardi è la posizione patrimoniale estera. Dai un’importanza estrema a questo dato dopo la burrasca monetaria dell’estate del 1992 e dopo che, alcuni mesi dopo, nell’emeroteca della Dipartimento di Economia di Scienze Po ti eri imbattuto in una lettura estrema, che ti raccontava la filosofia monetaria della Bundesbank. Il libro era “Il conflitto economico mondiale” del rimpianto socialista, quando alcuni decenni prima significava serietà ed una preparazione che superava il circolo intellettuale di Togliatti, Riccardo Parboni, un economista che gli anni 2011-2013 te li raccontava nel lontano 1984. Non sei sorpreso di ciò che ti accade intorno, Parboni lo aveva annunciato: ti domandi semplicemente come è stato possibile che negli ultimi trent’anni gli italiani abbiano delegato i loro affari ad autentiche schiappe.

Non si tratta solo di politici, ma, come si incomincia ad affermare timidamente, di baroni, di alti dirigenti della PA, di banchieri e, spesso, di industriali. Quanto agli antagonisti, avevano torto marcio, in economia il salario non è mai una variabile indipendente; quanti di loro lessero l’annunciata guerra di Parboni? Quanti di loro lessero da Pala che lo schema sraffiano era un’autentica bufala?

Per questo, dall’autunno del 1992 leggi il Bollettino di Bankitalia redatto dal suo centro studi, tra i migliori al mondo da decenni, per sapere come stiamo messi con la bilancia delle partite correnti. Ebbene, nel 2012 l’Italia, dopo 7 anni di deficit corrispondenti al 3,5-4% del pil,ha quasi pareggiato la bilancia dei pagamenti. Addirittura, nel quarto trimestre 2012 è risultata positiva. Potrebbe sembrare una buona notizia, ma è indice dell’inferno in cui siamo piombati essendo il pareggio dovuto esclusivamente ad un crollo delle importazioni che non conosce confronti storici. Poi ti guardi altri grafici e altre tabelle e ti imbatti in una che ti racconta come mai in questo Paese c’è una crisi di liquidità pazzesca. E’ la tabella riguardante il sistema Target2, vale a dire flussi/deflussi netti di capitali da e per l’Italia. Roba da non crederci, ti togli gli occhiali per studiartela ben bene, nel caso ti sfuggisse qualcosa. Nel primo trimestre 2013 vi è un deficit di 240 miliardi di euro, corrispondente al 18% del pil, quando agli inizi del 2011 il saldo era praticamente in pareggio. Capitali fuggiti via dal Paese, da parte di investitori esteri e da residenti estero-vestiti: roba da guerra mondiale. Lo stesso giorno un editoriale del giornale di Confindustria ti informava che dal 2006 al 2012 in Italia vi è stata una perdita di ricchezza pari a 460 miliardi di euro, mentre la Germania ha avuto un aumento di ricchezza finanziaria di 506 miliardi di euro. Ti viene in mente Parboni, o magari “L’oro di Roma” del compagno Lizzani. Questa è l’Europa per i quali ai proletari italiani gli hanno ficcato in vent’anni finanziarie pari a 600 miliardi di euro….Non avrebbe mai potuto essere un’area monetaria ottimale, stante il nazistume del pensiero economico della classe dirigente tedesca. Mundell questo non lo sapeva, pensava in cuor suo che i tedeschi avessero dimenticato Kaiser e Fuehrer. In Usa c’è un governo federale che compensa i flussi/deflussi di capitali tra Stati, qui abbiamo Barroso e Tajani che fanno i compitini ai governi nazionali sul rispetto dei “parametri”: brezneviani del tardo capitalismo europeo. Non era forse la Spagna di Aznar e Zapatero un campione di deficit e debito pubblico? Guardatela ora, 6,5 milioni di disoccupati a causa del sistema Target2. Gli italiani devono alla Bundesbank 240 miliardi di euro, questo è il vero fiscal compact: una volta saldato il conto, potranno andare alla malora, ben più di adesso. Fino al 1992 eravamo in attivo, non avevamo debito con loro, questa è la tragedia italiana. Rovesciare il tavolo, contare sulle proprie forze (con l’evasione fiscale e la corruzione che ci ritroviamo..), pensare magari ad un’altra area monetaria? Come fai, hai il cappio al collo, ti devi per forza inventare un accordo monetario e commerciale con paesi in surplus che possano sostituirsi alla Bundesbank, di modo che ai maledetti crucchi saldi il conto e li potrai mandare finalmente al diavolo.

L’intelligente governatore Visco guarda da due anni e mezzo Target2, spera che gli italiani rinsaviscano e magari che dopo decenni si punti su investimenti e “capitale umano”, giusto per innalzare la qualità produttiva e per aumentare la produttività totale dei fattori produttivi ,riprendendo nel giro di pochi anni posizioni nel commercio internazionale di tutto rispetto. Così avremmo la possibilità di saldare Target, come fece Baffi nel 1976 quando restituì un prestito alla Bundesbank mettendo in garanzia l’oro che questo benedetto uomo aveva accumulato per 15 anni. Le riserve ufficiali devono aumentare, e ciò passa da surplus commerciali e surplus della bilancia dei pagamenti. Sapranno gli imprenditori italiani essere all’altezza della sfida? Ne dubito, a parte poche eccezioni, anche perché quei geni di Draghi, Amato e Prodi si misero in testa di smantellare gli oligopoli industriali pubblici. Occorre ricostituirli, occorre un intervento pubblico in economia, occorrono banche pubbliche e per far tutto questo occorre ridefinire i trattati europei. Non vuoi pagare il debito? Bene, saresti fuori dai circuiti dei mercati finanziari internazionali per decenni, come un qualsiasi paese del terzo mondo. L’autarchia nel 2013 non la pratica nessuno né tantomeno siamo in America Latina dove hanno le rendite delle materie prime.

Target2 ha sconvolto l’Italia: il mercato immobiliare nel giro di cinque anni è crollato del 50%: con “nuovo rialzo dei margini di sconto rispetto alle richieste iniziali dei proprietari”, come a dire che la flessione ufficiale dei prezzi delle case (5,7% in due anni) è poca cosa rispetto al crollo del prezzo di vendita effettivo; la bassa inflazione è dovuta “a una domanda interna debole”; la spesa per investimenti, crollata del 10% nel 2012, risente “degli ampi margini di capacità inutilizzata” e per il 2013 le imprese prevedono ulteriore flessione; reddito disponibile calato nel 2012 del 4,8%, consumi reali calati in due anni del 5%; le forze di lavoro sono aumentate di 540 mila unità grazie a donne che prima potevano permettersi di stare a casa e ora no e grazie anche al fatto che i sessantenni rimangono sempre più a lavorare.

Nei vent’anni passati a leggere gli eccellenti Bollettini della Banca d’Italia trovavi sempre una luce, un qualcosa a cui aggrapparti, una prospettiva, malgrado tutto. L’ultimo, invece, è terribilmente senza speranza. Certo, fotografa lo stato delle cose e magari aspetti le Considerazioni Finali che il governatore, come ogni anno, rende pubbliche il 31 maggio per vedere se a Palazzo Koch hanno ancora qualche idea e, soprattutto, nel caso fosse intelligente, come si spera, se la classe dirigente ha voglia di attuarla.

Ma siamo al “Tutti a casa”, all’8 settembre della borghesia italiana. David Byrne cantava in Angels del 1994: “I’m ready now, but where are you?” Già, dove siete?

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