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gramsci oggi

Del vendolismo e del grillismo

Bruno Casati

Le uniche note positive sono oggi date, almeno in Italia, dalla lotta dei metalmeccanici FIOM, dal movimento dei migranti che cercano di riscattare la loro condizione di schiavi, dalle proteste degli studenti e degli insegnanti che, ma nessuno lo dice, cercano di opporsi al più grande licenziamento di massa mai avvenuto nella storia della Repubblica. E' in campo il diritto al lavoro e alla vita. Ma su tutto ciò è calato il silenzio e si stende il fango delle pratiche di un Governo da brivido e di un Presidente del Consiglio, ormai un cane morto, che si propone "solo" di non andare sotto i processi che lo aspettano. Perché se ci andasse, come ci auguriamo vada, costui non finirebbe i suoi giorni nei paradisi dorati di Santo Domingo, ma nella residenza che un altro santo tiene aperta in quel di piazza Filangeri a Milano. A meno che qualche fine stratega, di cui il PD ad esempio abbonda, non pensi di negoziare la sua fuoriuscita dal Governo offrendogli la Presidenza della Repubblica.

Intanto, nel silenzio che ovatta le lotte e nel fango calato su valori e istituzioni, avanza il carro armato di un Marchionne che potrebbe imporre al Paese il modello che sta collaudando in FIAT: la fabbrica-caserma, de-sindacalizzata e "Polonizzata". E, salvo la FIOM e i Comunisti, cancellati l'una e gli altri dentro il circo mediatico, nessuno alza la voce, tant'è che si legittima un sospetto: non sarà per caso che, proprio nella grande famiglia di Corso Marconi a Torino, si andrà a cercare un futuro capo del Governo che piaccia tanto a Fini quanto a Chiamparino? Per ora ci cascano le braccia nel vedere Bersani, che borbotta buonsensismo emiliano, aggredito ora da un Veltroni, il genio delle "belle sconfitte" tenuto in piedi dal giornale-Partito "la Repubblica", ora dai giovani rottamatori che, come il Sindaco di Firenze, si propongono di cacciare i vecchi orchestrali per suonarla "loro" la stessa musica. Se questa è innovazione... Prima sintesi: grande è la confusione sotto il cielo, ma la situazione non è eccellente. Per niente.

E il popolo? Il popolo in larga misura è disgustato dallo spettacolo offerto da una politica non più di servizio, non più quell'arte del possibile che portava ad attrarre e far avanzare i migliori, oggi ridotta a triste fiction interpretata da una casta di imbolsiti assaltatori. Domandiamoci come è potuto accadere in un Paese dove era attivo il più forte Partito Comunista di tutto l'Occidente. Semplice: le sezioni sono state chiuse, si sono spenti i Centri Culturali, "l'Unità" ridotta a qualche migliaia di copie, gli stessi partiti che hanno cambiato carattere con i primissimi anni Novanta, oggi si sono ridotti a comitati elettorali a tempo determinato, e infine i lavoratori sono abbandonati a sé stessi. E' avanzato il nuovo. Nella politica Berlusconi occupa così il terreno da cui la Sinistra si è ritirata. Ha vinto l'americanizzazione e la personalizzazione, gli stessi simboli delle forze politiche sono sovrastati dal nome del leader, a Destra come a Sinistra, e il cittadino è chiamato ogni tanto a votare una faccia e non una politica. Diciamoci la verità: il Capitale in questa fase ha vinto. Ha vinto perché ha chiuso in casa il cittadino (che esce per votare, ma sempre in meno escono). Chiuso in casa, ora seduto su un divano davanti ad un teleschermo a schiacciare i tasti del telecomando per rispondere a un sondaggio, ora sempre seduto a cliccare compulsivamente illudendosi di comunicare online con il pianeta. Il Capitale ha vinto perché ha cloroformizzato un popolo e se oggi, finalmente, Berlusconi cade, resta il berlusconismo che è anche crollo della partecipazione e una personalizzazione che porta in evidenza solo chi è ricco e chi è visibile (che poi sono la stessa cosa).

Ma c'è chi non ci sta e si prova a rompere la gabbia che tiene chiuso in casa il cittadino. Sono le persone che si spendono nella concretezza del volontariato, sono i giovani che cercano speranza nel trascendente anche se poi, come le ragazze e i ragazzi che si avvicinano fiduciosi a Comunione e Liberazione, si trovano precettati nelle campagne elettorali a sostegno di un furbastro come Formigoni. Ma in questo contesto di rifiuto della politica, che appare come "cosa sporca", entra in scena un fenomeno: sono gli affabulatori, perché la gente vuole ascoltare parole e storie pulite, vuole staccarsi dalla realtà così imbrattata, ricerca valori oggi calpestati. Non solo in politica: si guardi per esempio alle fila di persone che si accalcano per ascoltare le letture di Dante o la poesia di Montale. C'è voglia di racconti e di suggestioni che si elevino sul fango del presente. E' il momento questo di un Nichi Vendola che avvolge i suoi pensieri con immagini fantasiose: lui è il Paolo Conte della politica. E' il momento anche di un Beppe Grillo, che invece urla le sue invettive: lui è la curva sud nello stadio della politica, sulla nord sono appollaiati i barbari della LEGA. E Vendola e Grillo hanno grande seguito. Dicono a loro modo cose di Sinistra, non sono loro l'antipolitica ma il termometro che misura, denuncia, come la politica sia scivolata tanto in basso in Italia. Cosa diversa è Di Pietro che si atteggia a tribuno, ma con i piedi nel Centro-Sinistra e il cuore a Destra. Cosa ancora diversa è Saviano, sconcertante nella sua ambiguità politica.

Gli affabulatori, giocolieri della parola, vanno ascoltati sempre ma, attenzione, se al berlusconismo, inteso come religione laica che resiste anche se Berlusconi cade (aspettiamo però a festeggiare), si contrappongono solo il vendolismo e il grillismo, in assenza dei partiti, non si va lontano. Il grillismo è la manifestazione plastica della avversione popolare, dei giovani soprattutto, verso i partiti diventati il luogo in cui i falliti fanno carriera. Un tempo in Parlamento parlava Pajetta, oggi c'è Calderoli e Capezzone. Ci sarà pure una differenza. Il bacino del grillismo sono i delusi arrabbiati, il suo strumento è la rete. Ma Beppe Grillo non ti porta da nessuna parte, se non alle sue performance a pagamento (vaffa... tu Beppe Grillo). Vendola no, lui sa dove andare. Ed è una novità, sia nell’obbiettivo (che va dal vincere le primarie alla rifondazione del PD) sia nel come avvicinarlo. In effetti lui – omosessuale, cattolico, meridionale e comunista forse non pentito – ha introdotto la poesia nel lessico della politica; si può sorridere fin che si vuole ma, con questa modalità e con la sua figura, così originale e carismatica, ha conquistato, senza nemmeno un forte partito di sostegno, ma con un fortissimo consenso popolare, la Regione Puglia per ben due volte. Il solo punto di contatto tra grillismo e vendolismo è appunto nella critica sferzante nei confronti dei partiti. Non hanno torto, ma non hanno nemmeno ragione, se ai partiti anche loro sostituiscono la persona che va all’assalto di un obbiettivo, quando c’è, sospinta da una rete di comitati elettorali a tempo determinato. Quale l’obiettivo? Per Grillo non si sa, oltre il tutto esaurito ai suoi spettacoli. Per Vendola parrebbe essere una missione a dir poco impossibile: se Fausto Bertinotti lanciò il “volo di Icaro” verso il campanello della Presidenza della Camera (bruciando non solo le sue ali, ma i partiti che lo sostennero), Vendola guarda molto più in alto, guarda alla Presidenza del Consiglio. Per davvero la missione è così impossibile? Staremo a vedere, certo che ne deriva una scossa, ma di quelle violente, per il tremebondo PD che potrebbe, andassimo alle elezioni, perdere metà dei parlamentari a favore di Vendola (e anche di Di Pietro). Spero che la scossa vivacizzi anche la, necessaria ma pallida, Federazione della Sinistra, per la quale è indispensabile che un po’ di colore vivacizzi lo spento grigiore che oggi riveste ora Ferrero ora Diliberto. Restano due quesiti e una riflessione conclusiva.

Primo quesito: ma se le elezioni non sono a breve e decolla invece un Governo tecnico, che tra l’altro consentirebbe ai parlamentari di scollinare il metà mandato (perché esiste anche una “strategia della pensione”) come farà Nichi Vendola a stare in sovraesposizione narrante per altri dieci se non trenta mesi? Secondo quesito: se invece le elezioni fossero a breve, poniamo nel marzo 2011, e le primarie fossero a gennaio (ma il quesito vale anche se si va più in là), noi, la Federazione della Sinistra, lo sosterremo o no Nichi Vendola?

A questo quesito non si scappa. L’opinione di chi scrive è che, nell’autonomia della Federazione e pur nelle contraddizioni che sono nelle primarie, non si possa non essere con Vendola, come già lo siamo stati in Puglia e come a Milano abbiamo sostenuto Giuliano Pisapia. Tenendo presente, ed è la riflessione conclusiva, che tra noi e lui ci può essere convergenza elettorale, tattica, nella divergenza strategica che si alimenta di due argomentazioni. Il fatto che Vendola ritenga che si possa cambiare la società dal Governo: noi riteniamo sia un azzardo. Il fatto, questo è ancor più grave, che lui si atteggi a un guru che distilla ai seguaci le sue creazioni concettuali e chiede loro che lo accompagnino (così il congresso di SEL) “nell’avventura affascinante che vale la pena di vivere”. In tutto questo c’è il ritorno della sacralità di un capo. Vogliamo dirla tutta? Si è perso per strada Marx per non parlare di Lenin, si cita ogni tanto Gramsci perché nel Pantheon di Vendola dovrà pur esserci qualche richiamo alle radici antiche, ma insomma chi ci ricorda Nichi Vendola? Sperando di non scandalizzare troppo i compagni, ma ricorda Gabriele D’Annunzio e tutto il filone del “Superuomismo”, il Santone che, in cima a un masso circondato da ulivi, parla al popolo per immagini e parabole. Mancano i miracoli. Vediamo dove porta il vendolismo e se noi, che ci poniamo l’orizzonte del Socialismo, possiamo stare con lui per un tratto di strada. Altrimenti che si fa con il 2%? Affrettiamo a ragionarci perché le elezioni potrebbero essere a breve, anche a marzo che, tra l’altro, è un buon mese per le rese dei conti visto che qualche tempo fa, alle Idi, anche un tal Cesare fu fatto fuori.

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