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mondocane

Sovranisti, populisti e pure rossobruni

Fai il bravo o ti viene a prendere Orban

di Fulvio Grimaldi

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uomo neroManco fosse Messina Denaro. Prima un inciso fuori tema. La cattura ed estradizione di Cesare Battisti dalla Bolivia equivale a un rapimento. E’ totalmente illegittima. Nessuna opposizione all’estradizione è stata concessa in un paese che, del resto, non può estradare condannati all’ergastolo, dato che rifiuta l’ergastolo. Battisti non mi è simpatico, come ho forti dubbi , se non certezze documentate, non tanto su lui, quanto su buona parte dei lottatori armati dei fine ’70 e ’80, a partire dagli infiltrati e manipolati BR di seconda generazione. Quelli che al sistema vanno benissimo quando, liberi dopo poco, pontificano in televisione e continuano a occultare la verità sul terrorismo di Stato. Che permise la “normalizzazione” dopo un decennio di lotte di massa insurrezionali. Ma quello di Battisti è stato un processo anomalo, in contumacia, senza la parola dell’imputato, nel clima del teorema Calogero. Meriterebbe di essere rifatto. Ma il trionfalismo vendicativo di questa classe dirigente e dei suoi accoliti e passeurs, eredi diretti dei protagonisti del terrorismo da Piazza Fontana a Via Amelio cospiratori in vista di un totalitarismo 2.0, fa venire la nausea. Rovesciando insulti su un uomo inerme e augurandogli di marcire in carcere, quando la Costituzione impone la rieducazione dei detenuti, ha distrutto la dignità, più che di Battisti, di coloro che l’hanno esibito e celebrato come un trofeo di caccia.

 

Sovranisti e populisti, orbaniani e rossobruni

La prenderanno per una provocazione, anche se è una semplice constatazione di fatti, quella del mio discorso sul premier ungherese Victor Orban sul quale tutti, proprio tutti, senza essersi magari mai documentati, o averci buttato gambe e occhio, condividono con entusiasmo il parossismo demonizzatore della vulgata UE- sinistri-centrosinistri-centrodestri-destri. Il solito unanimismo dal “manifesto” al “Foglio”. Con Soros che se la ride.

Premetto che gli stessi unanimisti sono accompagnati da vivandiere e riserve di complemento che, pur ritenendosi diversissimi, in alto a sinistra, duri e puri, lanciano gli stessi identici anatemi: Orban e, subito dopo, i rossobruni. Basta non essere pronti a gettare nei forni l’intero governo giallo-verde, che ti sparano addosso valanghe di nequizie, fallimenti, cedimenti, dei Cinque Stelle. Che pure ci sono. Ma non solo. Di solito Salvini finisce in secondo piano. Dagli uni, quelli duri e puri, perché è scontata la sua nefandezza, dagli altri, gli ipocriti di sistema, perché in fondo è uno dei loro, dei sovranisti a chiacchiere e degli effettivi globalisti neoliberisti, grandoperisti, sviluppisti, cementificatori, inceneritoristi. Come sì è visto l’altro giorno con effetti abbaglianti, nel ricongiungimento appaltizio a Torino sul TAV. E, prima, sulla trivelle, sulla Gronda, sulla pedemontana, vedrai che ricupererà anche il Ponte sullo Stretto. E, su tutto, al momento orgasmatico della fusione con Israele, che vuol dire anti-Hezbollah, che vuol dire anti-Siria, che vuol dire pro-Saudi, che vuol dire pro-Nato, che vuol dire atlantismo, che vuol dire globalizzazione.

 

I miracolisti

Da bravi razionalisti e materialisti storici, dai 5 Stelle si aspettavano e pretendevano il miracolo. L’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e distribuzione, o quasi. Ai duri e puri che con passione degna di miglior causa, mi elencano i misfatti dei 5 Stelle, mi limito a rispondere mettendoci il bicchiere mezzo pieno delle cose buone pur fatte e mai viste prima, da Andreotti a D’Alema, da Prodi a Gentiloni. Ora, però, vorrei dargli una risposta complessiva e definitiva. I 5 Stelle sono andati al governo con il 33% del voto, assieme agli unici disponibili a superare la morta gora delle larghe intese, al 17%. Le vele erano gonfie, ma a strozzare qualsiasi minima folata ci hanno pensato l’union sacrée dei media, i sondaggi che rovesciavano il rapporto di forze uscito dalle urne, le prevaricazioni demagogiche ed effettive del lumbard, tacitamente o manifestamente sostenute da tutto il cucuzzaro dei regimi precedenti.

I 5 Stelle sono entrati in campo per fare da argine alla deriva reazionaria del partner bifolco, atlantista e confindustrialista. Qualcosa hanno arginato, altro no. Si poteva fare di più? Certamente, forse no, la risposta sta in grembo a Giove. Ma quale alternativa? Restare, invecchiare e sfiancarsi all’opposizione e lasciare che la Grande Armada delle cannoniere mediatiche pro-inciucio di tutti escluso il M5S, con i fronzoli di LeU e FdI, tutti assicurati presso UE, Nato, BCE, FMI, Bilderberg, con le star Lilli Gruber, Formigli e Zoro e il lifting zingarettiano applicato alla flaccida pelle del “manifesto”, li radesse al suolo con strumenti repressivi potenziati dal 5G? 5G spazzagente a onde elettromagnetiche, neo strumento maltusiano contro le fette di umanità costrette a stare assiepate sotto le antenne della comunicazione ultraveloce.

Addio argine, per quanto modesto. Mi fa pensare a New Orleans sotto Katrina. Non ve l’hanno detto, ma fu documentato che qualcuno fece saltare alcuni argini e l’uragano spazzò via la città dei poveri e della musica. Ora poveri e musica non ci sono più. E New Orleans è diventata la città dei ricchi. Si chiama gentrificazione. Succede dappertutto, sempre facendo saltare gli argini.

 

L’Uomo Nero ungherese e l’uomo nerissimo di Mosca

Sul piano domestico il drago che San Giorgio, benedetto da San Pietro, deve uccidere sono i 5 Stelle per aver tentato una qualche diramazione verso i nullatenenti del flusso della ricchezza dal basso verso l’alto. Sul piano internazionale, al netto di Trump e Putin che pure qualche granello nei meccanismi del Nuovo Ordine Mondiale liberal-neocon l’hanno gettato e limitandoci all’Europa, l’uomo nero è notoriamente Victor Orban, premier ungherese da tempo davvero intollerabile, dal 2010. L’unanimismo sinistro-destro nella satanizzazione dell’uomo ha raggiunto il diapason di quei discorsi dell’odio e di quelle fake news che è sistemico attribuire ai “populisti”. E dei populisti e sovranisti questo foruncolo ungherese sulla bella faccia dell’UE è il campione supremo, l’esempio più aberrante. L’uomo nero che rapisce i bambini e forse se li mangia, come usavano i comunisti.

Lo è da quando ha preso il tè con Putin e ha schivato quello con gli gnomi di Bruxelles. Ma questo non lo si dice. Si dice che è razzista, xenofobo, per Furio Colombo perfino nazista puro, da quando ha messo davanti ai migranti, in arrivo a valanga, un muro di filo spinato. L’Europa importa dal Sud del mondo manodopera a bassissimo costo mediante traffici illegali che generano anch’essi plusvalore per miliardi, poi ripuliti nel nostro sistema finanziario. Dall’altro lato, l’Occidente esporta nel Sud, così svuotato, eserciti e multinazionali a caccia di materie prime e rotte strategiche. Forse Orban qualcosa aveva capito quando bloccò la fiumana che aveva sommerso la Grecia, contribuendo alla sua rovina. In quel momento, ce lo dice l’UNHCR, aveva in casa più migranti per cittadino di qualsiasi accogliente paese europeo.

Ma nell’Europa avviata dall’azionista di maggioranza dell’ordoliberismo e dai suoi proconsoli a una successione di crisi e di conseguente parossismo delle diseguaglianze, non era tanto il “razzista e xenofobo” che dava sui nervi, quanto quello che, destinato anch’esso al dominio franco-germanico, come i Balcani e tutto il sud mediterraneo, se ne sottraeva e ne fioriva in termini di consenso crescente e di boom economico-sociale. Fondamentali che dovevano essere seppelliti sotto la vulgata di un cumulo di orrori dispotici. Non c’è dubbio, invece, che in Ungheria ci sia maggiore articolazione di opinioni e opposizioni mediatiche di quante se ne sogna il nostro paese. Tant’è vero che i pitbull che azzannano quel governo, paradossalmente le citano leccandosi i baffi, per poi latrare accuse di uccisione della libertà di stampa.

 

Il nemico del mio nemico… e l’amico del mio nemico

Il fatto è che dall’Ungheria Orban ha cacciato George Soros, la sua fondazione, la sua università, i suoi mezzi di comunicazione. Cosa che i serbi non hanno fatto quando il predatore golpista planetario intossicò con gli stessi mezzi il Kosovo, affiancato da Madre Teresa di Calcutta che si adoperava per rendere monoetnica la sanità. E nemmeno quando spadroneggiava a Belgrado, venerato da Luca Casarini, sulla comunicazione televisiva.

Europlutocrati e rispettivi portavoce, tra i quali si accaniscono per il primato newsletter imperiali, sussidiate da governi complici, come il manifesto e il Foglio, con il primo che si diverte a proporsi come Dada surrealista definendosi “comunista”, hanno ora trovato un'altra colonna infame a cui inchiodare il premiere ungherese: la “Legge Schiavitù”, nientemeno! Xenofobo, razzista, sovranista, populista, tiranno e anche schiavista, feroce oppressore e sfruttatore dei lavoratori, che il Fagin di Oliver Twist gli fa un baffo.

 

La rivoluzioncina colorata di Budapest

Con una legge che propone ai lavoratori, dato il basso e quasi fisiologico tasso di disoccupazione (4%), l’aumento volontario, concordato con l’impresa, da 250 a 400 ore di straordinario all’anno, 33 al mese, da conteggiare sui 36 mesi, in Ungheria siamo alla “schiavitù”. Ai campi di cotone, o di pomodoro, con dentro addirittura dei bianchi! Contro questo abominio sociale, praticato da anni in Italia, il manifesto ha visto un’insurrezione di popolo. I comunisti ungheresi del Partito dei Lavoratori, all’opposizione del partito di Orban, Fidesz, confermato al governo l’anno scorso con una maggioranza dei due terzi e tuttora la forza politica più popolare, ci parlano invece di 6000 manifestanti, con tra loro in grande evidenza l’ultradestra di Jobbik. E in Ungheria ci sono mille sindacati con complessivamente 450mila iscritti. E per mettere in piazza quei 6000 non è bastato il codice del lavoro riformato, ci sono volute le mobilitazioni sorosiane “contro la dittatura”. E per la libertà d’istruzione privata (l’università di Soros chiusa). Tanto è vero che non sono stati i sindacati, spesso fortemente critici del governo, a mobilitarli, bensì i partiti di destra, neoliberisti, come la Coalizione Democratica, una specie di PD, ora alleata di Jobbik, tipo PD e Forza Italia.

Si sperava, per dare fieno ai cavalli di razza della pubblicistica occidentale, in una reazione violenta della polizia. Non ce n’è stato bisogno, ma le accuse di repressione feroce sono piovute lo stesso, specie tra coloro che sulla terrificante brutalità dei gendarmi francesi contro i Gilet Gialli hanno mantenuto un rispettoso riserbo.

Come al solito dietro allo specchietto delle allodole dei diritti umani apparecchiato dai globalisti - migranti, libertà di stampa, valori europei, antifascismo – c’è qualche motivo più vero. Nel caso dell’Ungheria, in un’Europa mandata scientemente in crisi e verso la terza recessione per rilanciare il trasferimento della ricchezza dai ceti subalterni alle élites, sono i fondamentali di un’economia di cui pudicamente non si parla, ma che va in direzione ostinata e contraria da quando ci sono Fidesz e Orban e da quando l’Ungheria è il paese della periferia che è uscito meglio dalla crisi.

Budapest ha chiuso il suo debito e ha cacciato il FMI, cresce da anni dal 4 al 4,8%, il debito pubblico, al 74% del PIL, è tra i più bassi del mondo, il deficit sta agevolmente nei parametri-boia di Bruxelles, ha tassato le multinazionali dell’hi-tech, ha nazionalizzato i fondi pensione e ha ridotto all’obbedienza le banche private. Dati a fine 2017 dicono che gli investimenti sono cresciuti del 17%, le esportazioni dell’8,1%, le importazioni dell’11,3%, i consumi delle famiglie del 4,5%. La disoccupazione è scesa sotto il 4% e l’occupazione è cresciuta dell’1,8%. Anticipazioni dicono che il trend è ulteriormente migliorato nel 2018. Il programma di sostegno per la casa, CSOK, finanziato dallo Stato, ha eliminato la piaga dei senzatetto e l’aumento dei salari ha ridotto un tasso di povertà che quattro anni fa era al 13%.

L’83% degli adulti tra i 25 e i 64 anni ha completato gli studi superiori, rispetto a una media OCSE del 74%. Solo il 3% dei lavoratori ha un orario di lavoro superiore alle 40 ore, 5% uomini, 1% donne, drasticamente inferiore alla media OCSE del 13%. Nessuno può affermare che ci troviamo in un paradiso sociale, ma in un processo in controtendenza rispetto al disastro europeo riguardante i paesi della periferia (e non solo) certamente sì. Che la virulenza degli attacchi a Orban da parte degli Juncker, Macron, Merkel e dei propugnatori dell’imperialismo neoliberista, che siano Dada, Realismo Magico, Metafisici, o apertamente Decadentisti, del finanzcapitalismo mondialista, abbia a che fare con questi dati impropri?

 

Dove vanno i tre milioni che lo Stato (gli italiani) regala al “manifesto”

Forse una chiave di interpretazione ce la dà il bollettino dell’Esercito della Salvezza imperiale. E’ la credibilità degli anatemi contro il populista, sovranista, xenofobo e razzista che andrebbe verificata. Io, per non essere squartato dai buoni, non mi pronuncio, mi limito ai dati. Anzi, tra altre cose, non condivido per niente l’opposizione orbaniana all’Islam nel segno del cristianesimo e di certe sue aberranti tradizioni fatte passare per civiltà europea. Preferisco quella laica e politeista di Omero, Socrate e Ovidio. Ma i discorsi di certi buoni su Kim Jong Un, Gheddafi, Putin, Maduro, o Assad, mi mettono in guardia. Sentiamo cosa dice il manifesto del 19 gennaio 2019.

Prima pagina: titolone che accredita voluttuosamente il taglio della crescita profetizzato da Banca d’Italia (da sempre dedita agli oroscopi fasulli) che distragga dal primo provvedimento governativo pro-poveri e pro-pensionati dopo decenni di regimi predatori. Ridicolizzazione del reddito di cittadinanza e della Quota Cento, peggio che se fossero “Il Giornale”: “Le stime di crescita affossano il governo della propaganda”. Gioiosa descrizione del frontismo europeista di Calenda e della sua definizione del reddito di C. come “assistenzialismo e lavoro nero”. Altrettanto gioioso annuncio dello sciopero contro il governo di una confederazione sindacale che ha inghiottito tutti i bocconi tossici rifilati ai lavoratori da Berlusconi a Monti a Renzi. Condivisione dell’indignazione delle potenze coloniali Francia, Belgio, Conferenza Episcopale, sull’esito delle elezioni in Congo che ha visto la sconfitta del loro candidato: il fantoccio Usa, ex-Exxon, Martin Fayulu. Due paginoni di osceno sputtanamento del martire della libertà d'informazione Julian Assange (“La stella morale di Assange è tramontata”), prigioniero da 8 anni nell’ambasciata dell’Ecuador, sottoposto a isolamento totale e vessazioni di ogni genere, in vista della sua estradizione negli Usa dove il rivelatore dei crimini di guerra Usa, degli assassini seriali di Obama con droni e degli intrighi della Clinton, rischia la condanna a morte. Qui, nel dare man forte al boia, il manifesto ha superato se stesso.

Altro, ennesimo, reportage sulla “rivoluzione democratica, ecologica, femminista, federativa dei curdi”, mercenari Usa e pulitori etnici di terre arabe siriane. Ininterrotto martellamento pietista sulle vittime del mare (“i mandanti sono i governi europei”) e sui salvataggi (leggi traghettamenti) delle Ong tedesche e olandesi (che non scaricano mai migranti in Olanda o Germania) finanziate da Soros e che con gli scafisti, i trafficanti, le Ong e i missionari nei luoghi di partenza, le multinazionali e gli eserciti che ne devastano i paesi, caporalati e grandi imprese nei luoghi d’arrivo, costituiscono la filiera colonialista della nuova tratta degli schiavi sostenuta dal “manifesto”. Ennesima esecrazione di Victor Orban, “contro cui riparte la protesta anche dei sindacati e insegnanti perché costretti a lavorare in un sistema educativo centralizzato” (anziché affidato alle singole regioni, come vorrebbe la Lega!). Articoletto minimizzante sull’atto 10 dei Gilet Gialli, “ormai in costante calo” (80milla dopo due mesi!). e “violenze sia da parte dei Gilet che della polizia”, quando i feriti tra i manifestanti sono oltre 2000, 12 i morti, 12 che hanno perso un occhio, altri una mano, uno in coma, tra cui molti giornalisti.

Basta così. Il resto è dello stesso segno. E anche tutti gli altri numeri. E anche tutti gli altri giornali e telegiornali. Dunque ora addosso al nazista Orban, che schiaccia nel sangue la società civile europeista. E, soprattutto, caccia fuori dai piedi Soros.

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titiro
Tuesday, 29 January 2019 19:22
godibile come lo spettacolo di un cobra che schizza veleno; pare di capire che ce l'abbia con Soros, ma per farcelo capire spazia un po' ovunque, anche a casaccio; il manifesto è dadaista: è carina, non troppo centrata, perchè l'accusa diretta al quotidiano è di attribuirsi una qualità che non merita -pertanto, se fosse vero, sarebbe una fallacia, o vanagloria, non certo una decostruzione dei codici culturali; ma soprattutto sul manifesto è impossibile leggere un attacco ad Assange, solo una cronaca che riporta come negli Usa sia "percepito" vicino a Trump, quindi non proprio ineccepibile quando lancia accuse unidirezionali contro gli avversari del tycoon; consiglio paracetamolo, perchè solo febbricitanti si può interpretare ciò come un sostanzioso aiuto al boia; in tema di Trump, è notevole come lui sia visto, assieme a Putin, un audace sabotatore con granellini di sabbia del nuovo ordine mondiale liberal neo-con, mica come lo strenuo difensore di un modello kapitalistico persino più appropriativo, distruttivo, antiegualitario; sugli apprezzamenti verso il M5S, non concordo affatto sul tema centrale che siano -pur falliti a causa della congiura mediatica- intenti ad arginare il Salvini, quello che ama non ricambiato il grande uomo di stato magiaro; mi pare che i geni ed i progetti, il prima ed il dopo, della parte del movimento salita al governo, siano espressione dell'anima nera di un corpaccione qualunquista nella sua essenza, con potenzialità che restano sospese, data la matrice privatistico-proprietaria dell'impianto originario e dell'organizzazione del nonpartito; non vedo un complotto a gettar discredito che va da manifesto a foglio, da Pd a Forza Italia etc … vedo nel governo arroganza e dilettantismo, con il sostegno di falsificazioni "ideologiche" (nel senso che il concetto aveva ne L'ideologia tedesca): rinominano reddito di cittadinanza un sussidio, vantano sconfitte della povertà, e il risorgimento della dignità, in perfetto parallelismo e divisione di compiti con l'alleato che definisce decreto sicurezza un insieme di provvedimenti che incrementano pericoli, instabilità, insicurezze … a mia idea, un assortimento di cose già fatte, abbondantemente
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