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"Si può uscire dall'Europolo su basi internazionaliste e di classe"

A. Lollo intervista Luciano Vasapollo

marina colorata5La rivista brasiliana Correio da Cidadania ha intervistato Luciano Vasapollo, economista marxista, direttore del Cestes e docente dell'Università La Sapienza di Roma. La crisi sistemica ha determinato nei paesi dell’Unione Europea situazioni economicamente anacreontiche e politicamente paradossali, nel senso che molti dei partiti della cosiddetta sinistra europea, legati all’Internazionale Socialista, dopo essere entrati nelle sale del Potere si comportano alla stessa maniera dei partiti di destra o di centro-destra. Le riforme strutturali sbandierate nelle campagne elettorali dei partiti di destra come quelli di sinistra per favorire la crescita, in realtà diventano l’alibi per nuove privatizzazioni, tagli ai servizi pubblici, programmi di austerità, attacchi al mondo del lavoro per legittimare le “risoluzioni oggettive” delle eccellenze della borghesia transnazionale europea attraverso le politiche antisociali  della Troika (BCE, FMI, Commissione Europea). Una situazione che giorno dopo giorno approfondisce nei paesi dell’Unione Europea il fosso tra i partiti della cosiddetta sinistra e i movimenti sociali e sindacali  conflittuali  anticapitalisti.

 

Correio da Cidadania — Perché, in Europa, le nuove forme di organizzazione e gli stessi comportamenti politici dei movimenti sociali, giovanili, territoriali, ambientali sono sempre più distanti dai tradizionali partiti della sinistra?

Luciano Vasapollo:”... Oggi siamo alla chiusura definitiva di un ciclo politico che è stato dominato dai partiti della sinistra riformista e che in questo periodo hanno operato una lunga e complessa revisione teorica e politica, al punto di abbandonare qualsiasi prospettiva di classe, per poi diventare partiti, che non solo difendono il potere ma che lo cogestiscono.

Oggi, gli esempi classici dei partiti cosiddetti di sinistra - che sono il potere della borghesia transnazionale ,della repressione sociale, della guerra, della finanza e che hanno legittimato tutti i programmi liberisti del FMI, della BCE e della Commissione Europea - sono rappresentati dal PS (Partito Socialista) di François Hollande, dalla SPD (socialdemocrazia) tedesca, fedele alleata di Angela Merkel e dal PD di Matteo Renzi.

Penso che, salvo alcune eccezioni, lo stesso in parte politicamente criticabili, la cosiddetta sinistra europea formata dai partiti riformisti e revisionisti è praticamente finita, perché si tratta di una sinistra che, oltre ad aver condiviso per un certo tempo l’idea dell’eurocomunismo, ha accettato la logica dell’eurocentrismo, che é un approccio completamente in antitesi con tutto quello che la sinistra ha rappresentato in un purtroppo ormai lontano passato. Infatti, l’eurocentrismo, anche se praticato da chi si dice di sinistra, resta sempre un moderno strumento di neocolonialismo, con il quale si dettano i tempi e i modi della politica imperialista, per poi imporre alla sinistra dell’America Latina, del continente africano e di quell’asiatico, comportamenti e scadenze che non si distanziano dalle politiche del neoliberalismo e dai programmi della Troika...”

 

Correio da Cidadania — Il Partito Democratico di Matteo Renzi, ma anche quello di D’Alema, sono figli legittimi o illegittimi del PCI di Enrico Berlinguer?

Luciano Vasapollo:”...Dobbiamo riconoscere che il Partito Comunista Italiano, al di là d'essere d’accordo o meno con le politiche riformiste di fondo già attuate dagli anni  ‘50, era un partito che aveva una lunga storia politica di resistenza rivoluzionaria e una grande tradizione di lotte che hanno permesso l’affermazione dei concetti di classe nelle attività delle strutture di massa del partito e in quelle del sindacato. Per cui all’evoluzione storica del PCI ha fatto seguito un processo d’involuzione politica e teorica che cominciò molto prima dell’eurocomunismo. Lucidamente  ricordo che la sinistra extraparlamentare, nacque alla fine degli anni sessanta non soltanto per contrapporsi allo strapotere della Democrazia Cristiana e per riaffermare nelle piazze, nei quartieri, nelle università e nelle fabbriche le grandi caratteristiche dell’antifascismo. Questa nuova sinistra antagonista d’alternativa  nacque per esercitare la critica, severa e a volte feroce, alla pratica revisionista del riformismo del PCI, creando, in questo modo una nuova area politica rivoluzionaria e soprattutto classista. Infatti, la pratica revisionista del riformismo del PCI è cresciuta soprattutto nella gestione di Berlinguer e quella di Occhetto, dalla quale tutto l’istituzionale borghese è diventato politicamente accettabile se si aprono le porte del potere. Una logica che poi ha infine aperto le porte del potere a Prodi, a D’Alema, a Letta e poi a Renzi. Oggi molti rimpiangono Berlinguer a causa della spregiudicatezza e dell’arroganza di Renzi, ma non ammettono che il PD di Renzi come quello di D’Alema, in quanto partito di potere, interagiscono con le multinazionali, hanno gestito gli interessi della Troika perché sono il prodotto storico di una continuità politica iniziata nel PCI soprattutto con Berlinguer...”.

 

Correio da Cidadania — In Italia il PD è diventato uno strumento politico del sistema capace di garantire il controllo sociale e nel resto dell’Europa cosa succede?

Luciano Vasapollo:”...Quello che è successo in Italia si è ripetuto un po’ dappertutto, e non solo in Europa. Basta pensare al Partito Comunista  francese e a quello spagnolo che con l’eurocomunismo hanno contrassegnato la propria auto-distruzione, anche perché già avevano rinunciato a essere un partito di classe rivoluzionario. Avevano rinunciato alla strategia del pensiero come rottura rivoluzionaria, allontanandosi sempre più dal concetto di rivoluzione significa accettare  tutto nella compatibilità istituzionale capitalista e non solo la rinuncia alla presa del potere. Infatti come dice Fidel Castro <<rivoluzione è il senso del momento storico>>.  Oggi in questo momento storico, in questa situazione internazionale e dati questi rapporti di forza sfavorevoli non solo ai comunisti , ai rivoluzionari ma all’intero movimento internazionale dei lavoratori,  noi parliamo del socialismo possibile di quello che è possibile fare in termini di transizione al socialismo qui ed ora. Loro,gli ex socialdemocratici ora neoconservatori sedicenti progressisti di sinistra , invece, parlano di politiche di austerità, di programmi liberalisti sempre più anti-proletari e anti-operai. È vero che nel passato ci sono stati numerosi momenti storici di rottura con rivoluzioni  socialiste realizzate ed altre che erano praticabili e lo sono state , anche se poi sconfitte. Peró, oggi le condizioni sono differenti e io sono convinto che viviamo il dedicato alla ricostruzione di una nuova sinistra europea anticapitalista rivoluzionaria,perché quella tradizionale è ormai finita, non vuole ormai da lungo tempo il superamento e nemmeno la messa in discussione del modo di produzione capitalista. Quindi non più prospettive politiche e soprattutto non ha più una strategia rivoluzionaria ,ne’ del cambiamento strutturale, né riformista e neppure socialdemocratica ...”.

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Oggi la Federazione Sindacale Mondiale esprime il massimo del conflitto sindacale e sociale che si sviluppa a livello internazionale. In Italia, l’USB (Unione dei Sindacati di Base) è l'unica confederazione sindacale affiliata alla FSM e  che esercita anche un importante ruolo politico sociale  nel tentativo di mantenere accese le problematiche della lotta di classe. Quasi simultaneamente i differenti movimenti sociali conflittuali esercitano un ruolo politico sempre più definito auspicando la rottura anticapitalista, anti-Unione Europea e anti-Euro, che ha incontrato un consenso popolare senza precedenti, soprattutto in Grecia e in Spagna, ma anche in Italia. Un consenso che cresce a vista d’occhio in molti paesi dell’Unione Europea. Questo fatto ci obbliga a fare una seria riflessione sui nuovi comportamenti di classe, sui nuovi soggetti politici che intervengono nelle lotte anticapitaliste. Praticamente c’è un nuovo mondo di sfruttati , e di potenziali lottatori sociali che devono essere organizzati perché non si riconoscono più nei partiti tradizionali della sinistra e non solo perché questi stanno al governo, ma perché questi non sono più di sinistra di classe o meglio rappresentano gli interessi della classe padronale.

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Correio da Cidadania —In questo mondo di crisi globalizzata i nuovi gruppi sociali si rifiutano di interagire o di subordinarsi ai partiti tradizionali della sinistra riformista. Ciò prelude anche la formazione di un nuovo internazionalismo?

Luciano Vasapollo:”...Innanzitutto a fronte di a questa crisi troviamo la scelta strategica di una grande parte della sinistra europea, che si immedesima nel cosiddetto social-liberalismo per diventare un partito di cogestione e di potere delle borghesie transnazionali  in difesa del sistema capitalista. Per questo vorrei ricordare che l‘Euro non fu imposto da Berlusconi ma dai Prodi , D’Alema , prima DS e poi del PD. La nefasta legislazione dei Trattati dell’Unione Europea fu introdotta come un elemento vincente da Prodi, all’epoca presidente fondatore del PD,da Lionel Jospin, segretario del PS francese e da Tony  Blair, padrone incontrastato del New Labour Party inglese. Cioè dai rappresentanti dei partiti che all’epoca erano le forze più compatibili con il sistema di potere capitalista ma anche con maggiore consenso sociale. Per questo, i governi cosiddetti di centrosinistra che oggi guidano le sorti della nuova Europa padronale  esercitano una forte lidership per contrastare l’affermazione dei nuovi gruppi e movimenti sociali e le lotte operaie e proletarie. Proprio a partire dal conflitto espresso dal nuovo blocco sociale antisistemico  mi piacerebbe parlare più d’internazionalismo di classe, d’internazionalismo proletario e non d’internazionalismo comunista, perché, e lo dico con il dolore di un marxista, oggi i partiti comunisti sono nella stragrande maggioranza estremamente arretrati sul terreno politico e dell’interpretazione rivoluzionaria del conflitto capitale-lavoro sul piano itwernazionale. Infatti le nuove forze sociali, i movimenti di base, i sindacati conflittuali di classe, in termini antisistema e di anticapitalista superano  nell’analisi , nella capacità di lotta anche su terreni politici di contropotere tentennamenti e  lì arrendevolezza di molti  partiti e organizzazioni  che continuano a definirsi  di impostazione comunista. Per cui noi dobbiamo dare molta attenzione alle nuove determinazioni del conflitto di classe, poiché in funzione della crisi sistemica e per effetto della globalizzazione neoliberista  si stanno definendo  nuovi blocchi sociali che esprimono forme di organizzazione di classe con  alti livelli di conflittualità antimperialista ed  anticapitalista ...”.

 

Correio da Cidadania — Ha ancora un senso parlare di classe operaia?

Luciano Vasapollo:”...La classe operaia non scompare ma si sposta, si delocalizza insieme alla produzione industriale , e segue gli effetti della divisione internazionale del lavoro per poi occupare nuove aree geografiche. É chiaro che l’Europa e gli Stati Uniti, che sono il centro del capitalismo maturo, per cercare di supplire l’assenza di alti tassi di profitto e quindi di arginare la caduta tendenziale del saggio di profitto ,praticano la deindustrializzazione delle grandi aree di concentrazione capitalista, moltiplicano l’efficienza del terziario e del cosiddetto quaternario, subordinano l’economia reale allo sviluppo speculativo dei servizi finanziari che realizzano rendita e non plusvalore. In questo modo, oggi, stanno  indebolendo l’economia reale materiale, cioè quei settori in aree locali semiperiferiche e molto ampie dove la classe operaia ha ancora un ruolo centrale.

Nel nostro linguaggio politico tradizionale quando si parla di operai, s’intende la forza lavoro della fabbrica fordista, che attualmente riunisce con figure in parte diversificate nel pianeta oltre un miliardo di lavoratori, cui si devono sommare il miliardo e mezzo di contadini, che tuttora contribuiscono all’estrazione di plusvalore nel mondo intero. Però dobbiamo riconoscere che c’è una nuova ricomposizione nel mondo del lavoro e del blocco sociale , che crea ampi ambiti di proletariato sempre sfruttato anche fuori della fabbrica industriale di tipo fordista, cioè una classe operaia in senso largo ,come classe del lavoro e dello sfruttamento capitalista . E su questo che i movimenti di base e i sindacati antagonisti anticapitalisti , come quelli prioritariamente affiliati alla FSM,si stanno organizzando nelle nuove forme del conflitto capitale-lavoro. Infatti chi lavora otto o dieci ore davanti ai computer dei Call Center o dei sevizi informatici o della  finanza, del credito o dei servizi alle imprese industriali ,  è uno lavoratore sfruttato tanto quanto l’operaio della FIAT o dell’ILVA. Oggi l’immensa diversificazione elettronica, tecnologica e informatica della produzione industriale e del terziario avanzato,  ha creato nuove categorie di lavoratori che producono plusvalore assoluto e relativo diversificato e sono super-sfruttati. Per questo rappresentano la nuova classe operaia...”.

 

Correio da Cidadania — Perché i movimenti creati contro la guerra, contro le ingiustizie sociali si rivelano instabili e a volte eccessivamente spontaneisti, con respiro corto,a differenza dei movimenti sindacali di conflitto  che danno molta importanza all’organizzazione e alla continuità delle lotte?

Luciano Vasapollo: ”... Oggi, come da decenni,  si creano e si superano moltimovimenti sociali , più o meno antagonisti,dal NO Tav, a quelli dei beni comuni,  a quelli contro la guerra. All’inizio degli anni duemila i movimenti contro la globalizzazione hanno avuto il loro momento di splendore con il Forum di Porto Allegre. Dalla stessa parte ma con visione organizzata e fare orientato strategicamente c’è  il movimento internazionale  organizzato della nuova  conflittualità sindacale, organizzazioni che   resistono con maggiore efficacia e sul lungo periodo non solo per avere delle solide strutture di massa, ma perché fanno riferimento forte e articolato  alla organizzazione di  classe lavoratrice. In Italia, i nuovi sindacati conflittuali, convergono nell'USB che è legata alla Federazione Sindacale Mondiale, per questo le lotte  è possibile anche qui da noi  strutturarle su un terreno di lungo periodo.

Ecco chi sono le reali organizzazioni sindacali dell’antagonismo anticapitalista , la cui parte più organizzata e consolidata è espressa dalla complessiva e organica e sempre più forte  Federazione Sindacale Mondiale ,e da chi ne fa comunque riferimento ,  i cui sindacati nazionali aderenti  esprimono il massimo del conflitto di classe  strutturato a livello internazionale, incrociando la vecchia classe operaia e contadina con quelle che oggi sono le nuove figure sociali del mondo del lavoro e del lavoro negato , che si danno continuità e progettualità strategica nella concezione alta  e costruzione dell’organizzazione di classe.

Per questo motivo, i movimenti sociali dovrebbero almeno cercare di definire una strategia, per realizzare delle lotte rivendicative anche tattiche che però si pongano sull’orizzonte organizzato, e non spontaneista e situazionista, dell’antimperialismo, dell’anticapitalismo e del superamento di questa società dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dell’uomo sulla natura....”.

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Il Parlamento e la democrazia borghese hanno sempre esercitato un certo fascino, alimentato dal retorico epiteto “Deputato o Senatore del popolo italiano!” Nella maggior parte dei casi la buona volontà e le qualità morali del singolo parlamentare si sono dovute piegare e accettare le indicazioni del capogruppo che ripeteva niente meno che le parole del segretario di partito. In questo modo il Parlamento è diventato un complemento subalterno dei compromessi che il gruppo dirigente del partito assume con la lobby di questa o quest’altra multinazionale, con quel conglomerato finanziario, con quella rete d’istituti di credito, con quel giornale o con quella televisione. Purtroppo il Parlamento, fin dai tempi di Crispi e di Giolitti, si è rivelato un ottimo strumento per manipolare la coscienza e l’intelligenza degli italiani e per condannare qualsiasi manifestazione popolare che rivela la faccia reale della disoccupazione, dell’immigrazione, della violenza mafiosa, delle sacche di povertà assoluta, della corruzione e delle assenze dello Stato.

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Correio da Cidadania —I movimenti si dovrebbero relazionare con i partiti che stanno in Parlamento o devono promuovere nuove formazioni politiche per approfittare i benefici politici del parlamentarismo?

Luciano Vasapollo:”... Non vorrei passare per quello che è l’antiparlamentarista in assoluto, quando dico che attualmente nei parlamenti dei paesi membri dell’Unione Europea e nel Parlamento Europeo, ad eccezione della Grecia e del Portogallo,dove viva è la presenza combattiva e attiva di ben strutturati partiti comunisti, non ci sono serie e coerenti componenti politiche che rappresentano gli interessi di classe. La lotta di classe e la lotta per il superamento del capitalismo usano una serie di strumenti, anche la via parlamentare deve usare forme di rappresentanza degli interessi di classe espressi nelle lotte che si rivela strumento valido nel momento diventa megafono militante nelle istituzioni e danno possibilità di avanzamento di quelle che sono le conquiste nelle lotte e quindi nella  prospettiva rivoluzionaria di classe. Con le organizzazioni poltiche in cui ho militato e milito fino ad oggi non abbiamo concretamente percepito le condizioni affinchè tutto questo si realizzasse ...”.

 

Correio da Cidadania — Per cui il problema è sapere se è e quando è possibile relazionarsi con le istituzioni?

Luciano Vasapollo:”...In Italia, per esempio, non c’é una forza che possa rappresentare le istanze vere del movimento dei lavoratori e dei movimenti sociali negli interessi dei classe. Le organizzazioni politiche con forte soggettività strategica e  legate alla dimensione sociale della lotta di classe, come  ad esempio la Rete dei Comunisti, non hanno mai accettato la strada al Parlamento non perché siano settarie, o a connotazione autoreferenziale , ma perché non sono mai esistite le necessarie condizioni oggettive e soggettive per farlo anche in termini di coalizione a un accettabile livello di  omogeneità e coerenza negli interessi di classe . Quindi, se oggi i movimenti sociali e le organizzazioni anticapitaliste con alcune capaci e coerenti forze comuniste  riuscissero a portare in Parlamento i rappresentanti di una linea di rottura che faccia  gli interessi strategici di classe anche con strumentazioni tattiche istituzionali e che fossero capaci di riportare in Parlamento i comportamenti  articolati e complessi dei fronti della lotta di classe,come dimostrano da anni di saper fare i partiti comunisti di Grecia e di Portogallo , aldilà di alcune scelte che a volte nello specifico possono essere nella onesta e franca dialettica politica  discusse sul piano tattico, è chiaro che a questo condizioni accetteremmo senza esitazioni  di andare alle elezioni per costruire la rappresentanza istituzionale nella più strategica rappresentanza politica!

Il problema è che al momento il Parlamento, non è una cassa di risonanza istituzionale disposta ad accettare chi si può fare portatore dei bisogni espressi dall’attualità delle lotte e dalle espressioni reali della  potenzialità del conflitto sociale. Il vero megafono dei movimenti di classe  è porsi  come soggetto di classe organizzato in quanto  parte costituente e resistente attiva all’interno dei posti di lavoro, all’interno dei centri sociali, all’interno dei movimenti antagonisti , all’interno delle istanze territoriali ,per cercare di fare anche un sano riformismo strutturale, attraverso anche piccole conquiste tattiche, nel mondo del lavoro, per il rispetto dei diritti, contro la precarietà, per il rilancio dell’edilizia pubblica con  l’assegnazione ad affitto politico delle case popolari, per risolvere le esigenze e i bisogni dei quartieri popolari. Come pure per imporre la tassazione dei capitali, per fissare un reddito per tutti, di là del salario e di là dal lavoro, poiché oggi la gente rivendica una maggiore distribuzione sociale della ricchezza per soddisfare bisogni primari e bisogni che primari si sono fatti con il modernizzarsi della società... “

 

Correio da Cidadania — In che modo i movimenti sociali possono dinamizzare le lotte per le riforme strutturali e quindi impedire che le stesse diventino prodotti del marketing elettorale?

Luciano Vasapollo:”...Attraverso anche percorsi per conquiste con riforme strutturali, che sono certamente processi tattici rivendicativi, è possibile costruire forme di organizzazione di base e soprattutto di classe per rafforzare poi la soggettività comunista di partito per e con il lavoro di massa. Il problema principale è come strutturare poi strategicamente l’organizzazione di classe. Per farlo è necessario rientrare nella classe, capire i nuovi soggetti che la compongono e dar loro concreta progettualità. È necessario, capire il nuovo blocco sociale, rapportarsi alle nuove esigenze dei lavoratori per poi formulare principi, strutture e momenti di organizzazione di classe per la costruzione dell’organizzazione comunista di massa. In questo modo ad esempio  potremmo trasformare le rivendicazioni sindacali territoriali in elementi di lotta politica e quindi costruire l’organizzazione politica nel territorio. In pratica, bisogna ritornare ad ascoltare la gente, i lavoratori, gli sfruttati, anche quando si esprimono in un terreno e con una logica che può sembrare arretrata. Sarà, quindi all’interno di questo contesto che saranno definiti gli strumenti organizzativi per andare avanti e definire le nuove prospettive di lotta.

Se però il rivendicare rimane fine a se stesso e se la tattica non ha una strategia, o peggio se si procede come hanno fatto i partiti della a sinistra europea trasformando prima la tattica in strategia, per poi non avere più una strategia di rottura, allora decadono tutte le prospettive per una società della transizione al socialismo...”.

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Le generazioni italiane degli ultimi venti anni, oltre alla manipolazione mediatica (RAI/Mediaset/Repubblica), alle nefandezze del consumismo e agli effetti del neoliberalismo hanno dovuto convivere con la revisione della cultura politica, in cui una specie di Inquisizione moderna, subito dopo la dissoluzione dell’URSS, ha annullato la ristampa dei libri con un eccesso di “rivoluzionarismo anticapitalista”. Per esempio, L’UNITÀ, il giornale del PCI fondato da Antonio Gramsci ,fu venduto a un gruppo d’investitori e oggi è il portavoce ufficioso del gruppo maggioritario del PD legato a Renzi. La casa editrice Editori Riuniti, con la sua storica libreria in Via delle Botteghe Oscure, ha cancellatodai suoi cataloghi tutti gli autori della ‘’Biblioteca del Pensiero Moderno”, (Gramsci, Marx,Lenin, Luxemburg, Engels, Brus, Janniosky, Allende ecc. ecc). Questo perché gli ultimi dirigenti del PCI revisionista, per non lasciare tracce del loro passato “comunista” si sono accaniti minimizzando la cultura politica, al punto che persino il famoso poster sul Quarto Stato è uscito di produzione!

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Correio da Cidadania — Questo significa ad esempio che dobbiamo ritornare a studiare Gramsci?

Luciano Vasapollo: ”... Assolutamente si! Gramsci è stato trascurato soprattutto in Italia, ma anche in Europa. Anzi direi di più, è stato osteggiato. È stato preso ad esempio e citato in una maniera indegna, soltanto quando volevano giustificare svolte assolutamente riformiste e prive di una prospettiva di rottura comunista. Però, in America Latina, Antonio Gramsci è stato molto studiato. Oggi, la Praxis continua ad essere un elemento di analisi e di applicazione a Cuba, in Venezuela, in Bolivia, in Ecuador, ma anche in Brasile e in Messico, dove hanno saputo valorizzare i concetti gramsciani ; in particolare il processo di costruzione dell’egemonia che si afferma con l'interazione delle relazioni di classe. Una costruzione che pone anche il problema dell’egemonia culturale, delle alleanze, del blocco storico gramsciano che non può essere confuso con il blocco sociale. Infatti quest’ultimo è quello che si costruisce partendo dalle nuove dimensioni e dai nuovi soggetti di classe,delle figure del lavoro , del lavoro negato , del non lavoro, mentre il blocco storico è quello che personalizza l'egemonia anche in termini di alleanze e, quindi, che comanda in un paese perché impone un modus vivendi…”.

 

Correio da Cidadania — Qual è il blocco storico vincente oggi in Italia?

Luciano Vasapollo:”... É il blocco renziano,che succede al blocco storico della borghesia berlusconiana e a quello della Lega, soggettività ormai perdenti e non interne alla borghesia transnazionale oggi dominante in Europa. Purtroppo anche lo stesso nuovo blocco sociale  del proletariato lo dobbiamo ancora costruire con una nuova organizzazione di classe. Oggi con il blocco storico renziano è la componente italiana della  borghesia transnazionale che detta anche qui da noi le regole nella finanza, nell’economia e nella politica, utilizzando per questo fine gli ampi spazi concessi da tutte le testate del mondo della comunicazione, che hanno trasformato l’informazione in un canale a senso unico per la trasmissione della menzogna in una sorta di terrorismo massmediatico. Il nostro compito è quello di essere capaci a rompere l’egemonia della borghesia transnazionale imponendo percorsi di ricompattazione del blocco sociale nella prospettiva di costruire l’egemonia della nostra classe a partire dalla cultura popolare, di classe , proletaria...”.

 

Correio da Cidadania — Oggi si può rifondare il Partito Comunista  o un soggetto comunque politico per il cambiamanto sistemico radicale senza mettere in atto i  concetti politici gramsciani e affidarsi appena ai sondaggi e alle previsioni dei “maghi” del marketing elettorale?

Luciano Vasapollo:”... I concetti gramsciani della filosofia della prassi  sono attuali e di assoluta importanza e non possono essere cambiati come si utilizzasse un logotipo o il tiolo di un manifesto elettorale. La difficoltà di rifondare, oggi, il Partito Comunista non è tecnica ma politica. Bisogna capire che il vero problema è che il partito è un divenire storico. È una costruzione storica che già da oggi si identifica informalmente nel soggetto politico rivoluzionario internazionale . Non è una dichiarazione di intenti, non si costruisce per decreto. Il Partito Comunista è un divenire storico che si sviluppa nel divenire dell’organizzazione di classe prima e nell’organizzazione comunista compiuta dopo per farsi partito. Partire quindi dalla  pratica  per lo strumento  di costruzione dell’egemonia e capire qual è il blocco storico di contesto e per quale processo di egemonia politica nella società per la transizione; quindi  è poter interagire per organizzare la resistenza e sviluppare la nuova cultura egemonica non solo per il governo della società ma per la presa e la gestione del potere di classe.

Per questo oggi , qui ed ora, dobbiamo individuare le organizzazioni che rappresentano l’espressione di classe e essere in grado di saper dialogare con le masse degli sfruttati,per saper incontrare una giusta collocazione nei processi di autodeterminazione popolare, in Italia, come pure in Europa dove questi concetti gramsciani sono stati cestinati, mentre in America Latina sono sempre più vivi. Infatti, le dinamiche dei paesi dell’ALBA hanno attualizzato la problematica della possibilità di costruire con le masse la rottura politica, del processo di emancipazione e di autodeterminazione dei popoli per la transizione al socialismo ...”.

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Le cronache delle vicende politiche greche hanno infiammato i movimenti europei durante dieci lunghi mesi, dalla campagna elettorale per le elezioni europee del maggio del 2014 a quelle nazionali in Grecia, nel gennaio del 2015. All’epoca ci fu chi in Italia, nell’onda dell’opportunismo più pacchiano e pulcinellesco, inventò la “Lista Tsipras” per cominciare a sotterrare simboli di partito “troppo comunista”. Purtroppo la vittoria della Troika in Grecia ha immediatamente provocato anche l’arretramento di posizioni politiche per il cambiamento radicale di Podemos in Spagna, permettendo anche il rafforzamento dei gruppi euroriformisti che vorrebbero amministrare “onestamente” il potere della borghesia transnazionale senza rotture con l’Unione Europea. É evidente che dal punto di vista geopolitico ciò non è più possibile perché i tecnocrati della BCE e della Commissione Europea, rappresentanti della borghesia vincente europea, hanno standardizzato il debito di Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna (PIIGS), per meglio poter definire una relazione di completa e definitiva dipendenza, anche perché le economie dei PIIGS sono i principali clienti dell’asse franco-germanico. Quindi il nuovo Diktat europeo per il popolo greco, in realtà è diretto anche ai governi e ai partiti di sinistra e progressisti  dell’Europa mediterranea

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Correio da Cidadania — Perché la maggioranza del partito Syriza e lo stesso Alexis Tsipras, dopo le straordinarie vittorie elettorali di gennaio e di luglio, ha subito ceduto alle esigenze della Troika? 

Luciano Vasapollo:”...Per evitare strumentalmente e maldestramente di essere etichettato da qualche cretino di turno- ai dice appunto che la mamma del cretino è sempre incinta- come un settario e per cancellare in partenza l’idea di una qualsiasi estremizzazione, devo dire che io e l’area politica, sociale, sindacale e culturale alla quale mi onoro di  appartenere,  a partire dalla Rete dei Comunisti,  abbiamo sempre sottolineato che la vittoria di Syiriza è stata, innanzitutto una grande vittoria popolare e non l'artefatto elettorale di Alexis Tsipras. Il fatto che una fascia estremamente larga del popolo della Grecia abbia detto e dice NO ai dettami della Troika e alla politica di austerità, non poteva non essere considerato come un momento di rottura rivoluzionaria. Anche perché se non ci fosse stato il programma di Syriza, quella parte di popolo si sarebbe disunita, cadendo nelle mani dell’antieuropeismo nazionalista sciovinista e della destra razzista, fascista e addirittura nazista (Alba Dorata) che qui in Italia mantiene relazioni con la Lega Nord, Casa Pound e altre forze della feccia di  estrema destra. Noi abbiamo creduto che in Grecia era possibile un cambiamento. Abbiamo creduto che Alexis Tsipras fosse assolutamente in buona fede, in difficoltà , con contraddizione , non molto coraggioso politicamente , non un rivoluzionario di razza ma in buona fede quando diceva che si sarebbe confrontato con i poteri forti per uscire dal momento di crisi facendo tesoro del mandato popolare anti  Unione Europea, ma così non è stato ...”.

 

Correio da Cidadania — . Alexis Tsipras ha commesso un errore di lettura politica,  di analisi geostrategica o ha sopravvalutato la sua concezione e capacità politica, o sottovalutato che partita è in gioco per l’Unione Europea nella competizione internazionale ?

Luciano Vasapollo:”...Direi che ha commesso prima uno e poi gli altri errori. Per questo il momento di crisi si è rivelato pubblicamente solo dopo il referendum. In realtà Tsipras, dopo il primo mese di governo già sentiva il peso della crisi, quando non si è accorto del gioco retorico ma violentissimo  che i poteri forti della Troika realizzavano per non modificare i Memoranda. La verità è che con quest’Unione Europea non si può trattare, per il semplice fatto che sono loro che non voglio trattare. Infatti i 120 miliardi del debito greco non era una questione amministrativa. Il problema era politico.. La Troika non poteva scendere a compromessi con un paese  come la Grecia che rappresenta meno del 2 % del PIL europeo. In realta quei negoziati sono stati uno strumento per riaffermare  la volontà di conquistare la leadership internazionale del polo imperialista dell’Unione Europea, coordinato dall’intesa franco-germanica.

Non possiamo dimenticare che nel momento in cui Tsipras e Vanufakis  davano interviste a Bruxelles era in corso una sotterranea guerra economica tra l’area dell’euro e quella del dollaro per l’approvazione silenziosa del TTIP e gli Stati Uniti dovevano confrontarsi aspramente con l’incognita della Cina e in generale con i BRICS. Una guerra in cui le transnazionali e i conglomerati finanziari europei si stanno dilaniando per garantirsi il controllo delle riserve di petrolio e di gas in Iraq, in Libia e in Siria. Purtroppo Tsipras non ha capito che la competizione globale non è più quella di venti anni fa e oggi l‘Unione Europea e gli stessi Stati Uniti dovendo fare i conti con le nuove potenze emergenti dei BRICS (Brasile, Russia,India, Cina e Sudafrica), non potevano fare sconti ,  eccezioni nemmeno con un “piccolo “ paese come la Grecia, non potevano creare i precedenti di un esempio che sarebbe potuto diventare dirompente per la stabilità dell’Unione se si fossero accettati compromessi di qualsiasi natura...” .

 

Correio da Cidadania — Però con il risultato del referendum e la decisione del popolo greco perché Tsipras ha posto il veto al piano B preparato all’ultimo momento da Vanufakis?

Luciano Vasapollo:”... Perché oggi  l’UE non permetto nessun piano  B , esiste solo il piano T, cioè Troika.

Innanzitutto voglio ricordare che il  cosiddetto piano B di Vanufakis fu bocciato prima dalla maggioranza di Syriza e poi dallo stesso Tsipras, che ha voluto mantenere fino alla fine le posizioni dell’euroriformismo, inteso come illusione della riformabilità dell’UE. Se, invece, Tsipras avesse ragionato politicamente in termini reali e rivoluzionari , avrebbe agito partendo dall’assunto di contesto che la collocazione della Grecia nello scacchiere internazionale è estremamente infima, molto probabilmente quelle trattative le avrebbe rotte prima, si asrebbe posto come il vero interprete del suo MANDATO POPOLARE E AVREBBE GIOCATO LA CARTA DELLA ROTTURA. Infatti dopo aver vinto un referendum con il 61% Tsipras poteva dire alla Signora Merkel, ai rappresentanti della Troika e alle eccellenze della borghesia transnazionale “Signori, siamo noi che ce ne andiamo dall’Eurogruppo, siamo noi che e non paghiamo il debito, così come ce lo imponete!”.

Voglio sottolineare che il gruppo maggioritario di Tsipras ha avuto paura di andare via dall’Euro e fare come L’Ecuador, quando il presidente, Rafael Corréa, dopo aver espulso i rappresentanti del FMI, disse <<Noi il debito non lo paghiamo e i nostri soldi li investiamo in strutture sociali!>> Ricordo che prima dell’Ecuador ci fu l’Argentina che disse <<NO>> al FMI e agli speculatori. Comunque, dopo il referendum greco e i comportamenti tutti politici e non certo semplicemente amministrativi-tecnici, molti parlarono in tradimento, una parola che in generale non mi piace usare. Tsipras non ha tradito! La verità è che Alexis Tsipras, come euro-riformista, ha ostinatamente perseguito un fine sbagliato credendo di poter costruire una possibile compatibilità con la borghesia europea e quindi addolcire le politiche economico-finanziarie imposte dallaTroika. A questo proposito c’è da dire che Alexis Tsipras ha commesso un terzo errore quando ha deciso di spaccare un movimento popolare imponente e un partito come Syriza, per ottenere, con le elezioni anticipate, l’investitura di essere l’unico capace di gestire la crisi. Cioè di essere l’unico in grado di garantire alla Merkel, al FMI, alla BCE, all’Unione Europea, a Barak Obama e quindi a Israele la continuità del sistema di alleanze, prime fra tutte quella con la NATO!

Non voglio dire che Tsipras, individualmente sia un traditore, però a questo punto devo assolutamente sottolineare che in questo modo gli interessi di classe dei lavoratori e quelli del popolo greco sono stati chiaramente traditi!”

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Abbordando le questioni geo-politico-strategiche europee risulta evidente l’esistenza di una competizione tecnologica, economica e finanziaria tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Una competizione che Barak Obama voleva definire nel mese di giugno imponendo l’adozione del TTIP ( un altro trattato di libero scambio) da parte dei paesi dell’Eurogruppo del TTIP, in cui il principale beneficiario sarebbero le multinazionali degli Stati Uniti. Nello stesso tempo, in questi ultimi due anni abbiamo sentito parlare, a volte con estrema preoccupazione, di rinascita dell’imperialismo tedesco, nonostante la Germania non dispone di una struttura militare adeguata. Un timore che però è reale per quanto riguarda l'esistenza di un processo di formazione di un polo imperialista europeo con un processo abbastanza complesso e articolato con l’affermazione dell’Unione Europea, seguendo una nuova morfologia che non è più quella conosciuta durante la Guerra Fredda dove l’elemento determinante dell’imperialismo era il numero di produzione di guerre e aggressioni militari e la capacità di distruzione di massa.

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Correio da Cidadania — Dopo la vicenda della Grecia si è cominciato a parlare d’imperialismo tedesco. Le sembra corretta questa definizione?

Luciano Vasapollo:”...Lenin nel suo libro sull’Imperialismo, scritto, oramai, circa 100 anni fa, quando doveva schematizzare l’ascensione imperialista di un paese, presentava cinque condizioni, una delle quali era il potenziale militare effettivo e i suoi indotti d’industrie militari. Nello stesso tempo Lenin diceva anche che <<l’imperialismo non è solo una costruzione politico-militare è soprattutto una costruzione economica>>. Purtroppo, molti commettono l’errore di identificare uno Stato imperialista soltanto in funzione della capacità e dell’aggressività militare. In questo senso non si può parlare di imperialismo tedesco , è sbagliato politicamente ed è fuorviante nell’identificazione del nemico da combattere. Oggi, pur non essendo l ’Unione Europea, dotata di un suo esercito, e quindi non ha una chiara espressione violenta d’imperialismo militare, però sta costruendo un polo imperialista europeo, nell’interesse della borghesia trasnazionale europea, che dopo  quindici anni, presenta evidenti caratteristiche  d’imperialismo economico e d’imperialismo politico …”.

 

Correio da Cidadania — L’Euro fu un “Super-Marco” imposto agli europei, senza il quale non sarebbe stato possibile trasformare l’Unione Europea in un’area geoestrategicamente controllata dall’intesa franco-germanica?

Luciano Vasapollo:”...La Germania, in funzione della Guerra Fredda, divenne un soggetto politico chiave nello scacchiere internazionale, all’epoca centrato sul conflitto Est-Ovest. Per questo la borghesia tedesca, subito dopo la ricostruzione, adottò il modello esportatore differenziandosi da quello statunitense. Per raggiungere questa dimensione internazionale, il capitalismo renano cercò il consenso dei sindacati, offrendo la cogestione, stipendi e salari da aristocrazia operaia. In cambio ottenne dai sindacati, - in maggioranza socialdemocratici - una produttività altissima e nello stesso tempo la fine , o quasi, del conflitto di classe. In questa maniera la Germania diventò un paese con una forte industrializzazione esportatrice, sostenuta anche a livello statale, che però aveva bisogno di quattro elementi per rendere effettiva la sua  crescita costante,vale a dire 1) un’area commerciale con pochi concorrenti , una potenza cioè economico-produttiva con una semiperiferia europea deindustrializzata , impoverita e quindi assoggettata al potere neocoloniale tedesco; 2) il consenso politico; 3) una leadership politica per imporre proposte legislative funzionali al modello esportatore; 4)una moneta forte.

Quindi l’Unione Europea nasce anche per essere allargata soprattutto nell’est e nel sud mediterraneo per garantire il profitto alle economie di pochi paesi, tra i quali emerge la Germania, che oltre alla potenzialità industriale aveva anche un poderoso sistema bancario. Un contesto che nel 2002 cambia e si trasforma anche in area monetaria, imponendo l’euro con un  tasso di cambio sulle monete  da tutti considerato artificiale, gonfiato a favore del marco tedesco. Ricordo che all’epoca il cambio lira/marco toccava 950 lire. L’Euro, invece, fu cambiato in Italia  a 1936 ,provocando onde inflazionistiche paurose che, gradualmente, hanno distrutto l’autonomia dell’economia dei PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna), , abbattendo il potere d’acquisto salariale, permettendo alle banche tedesche e francesi favolosi guadagni con il finanziamento e la speculazione dei titoli sovrani dei paesi membri dell’Unione Europea...”.

 

Correio da Cidadania —Quindi, ritorno alla domanda di prima,  il nemico è la Germania?

Luciano Vasapollo:”...No in assoluto ,ripeto NO, perché la Germania da sola non  rappresenta gli interessi di una nuova borghesia transnazionale che con la costruzione monetaria dell’area dell'Euro non auspica più il ritorno autoritario di un imperialismo teutonico. Alla fine  quello che le eccellenze di Bruxelles vogliono,è la creazione di un polo imperialista europeo, condiviso e accettato dai paesi dell’Unione e saggiamente rappresentato in primis dall’intesa franco-germanica. La novità è che la Germania pur non avendo il potere militare, che all’interno di questo polo sta nelle mani della Francia, in funzione del suo potenziale politico, economico e finanziario esercita il ruolo di leadership economica-produttiva finanziaria pur non avendo un potenziale militare adeguato. Per questo, tutti i paesi che sono divenuti membri dell’UE, hanno dovuto in anteprima sottomettersi allo strapotere industriale produttivo esportatore tedesco. Ma i veri interessi solo quelli della complessa e articolata borghesia europea vincente,  che gioca la sua partita all’ “ultimo euro” nella competizione globale interimperialista, Anche se  oggi nella UE la Germania esprime il massimo della potenza economica, tecnologica e finanziaria, in quanto la Francia presenta un complesso assetto militare, con una grande capacità di fuoco, un ampio raggio di azione e un potenziale nucleare non indifferente. Senza correre indietro nella storia è sufficiente ricordare che fu il presidente francese Sarkozy a prendere l’iniziativa espansionista per eliminare il regime di Gheddafi, grazie alla quale le multinazionali francesi e quelle tedesche possono contare sulle riserve di petrolio e di gas della Libia , a soli 800 Km dalle sue frontiere. Riserve che Gheddafi aveva garantito alla Cina! ”

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Le ondate sempre più numerose di africani e di arabi che a migliaia cercano di raggiungere il “benessere” europeo insegnano che prima il neocolonialismo e poi il neoliberismo hanno definitivamente rotto gli equilibri tradizionali delle società africane e di quelle arabe. Migrazioni in massa dalle zone di guerra che distolgono l’attenzione critica dell’opinione pubblica. Città praticamente vuote, mentre i campi sono trasformati in solitari deserti dove l’uso di armi letali diventa sempre più facile. Per questo è meglio fare il "clochard" a Parigi o il "flanellina" a Roma più che morire di fame o sgozzati da chi dice di rappresentare la “mano di Dio”! Comunque il problema non è l’immigrato, ma il contesto che lo ha determinato, vale a dire le politiche di rapina che le potenze occidentali hanno imposto ai paesi del Terzo Mondo prim’ancora con il colonialismo, poi con il neocolonialismo e adesso, nel secolo ventuno con i programmi neo-liberali. Durante mezzo secolo il Medio Oriente, l’Africa del Nord/Sahel, l’Africa Centrale e quell’Australe sono state dilaniate da guerre feroci, mentre le monoculture delle multinazionali (eucalipti, palme, ananas, cotone, mais, arachide, ecc.) oltre a seccare i terreni d’intere regioni hanno distrutto l’agricoltura di sussistenza scaraventando milioni di contadini nel degrado delle metropoli africane. Più complessa invece è la situazione in tutti i paesi del Medio Oriente, perché questa regione è stata trasformata in un campo di battaglia, in cui le guerre civili, le dittature e i massacri etnici sono scoppiati per esercitare il controllo sulle aree di produzione di metano e di petrolio.

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Correio da Cidadania — In questi giorni, i governi di Germania, Finlandia, Polonia, Olanda e Danimarca hanno fatto marcia indietro, accettando di ricevere e integrare gli immigrati. Come interpreti questo repentino cambiamento di posizione?

Luciano Vasapollo: "... Nel giro di una settimana Angela Merkeel, Juha Sipila, il primo Ministro finlandese hanno modificato la posizione oltranzista che avevano assunto nei confronti degli immigrati. Quindi, anche gli altri paesi che avevano platealmente detto NO, primi fra tutti l'Inghilterra e la Danimarca, hanno cominciato a parlare di solidarietà, di quote, di soluzioni umanitarie. Bisogna dire che questo cambiamento non é avvenuto perché la Merkel e il finlandese Juha Sipila si sarebbero ricordati di quello che Papa Francesco va ripetendo da quasi due anni.

Il problema é un altro. Oggi c'é un flusso migratorio che parte dalla Libia e si tratta di un flusso di emigranti poveri e con bassi livelli di istruzione. Invece c'é un'altro flusso che parte dalla Turchia, dalla Serbia e dalla Macedonia formato, in maggioranza da siriani e iracheni. Profughi che a differenza degli africani e dei magrebini é gente che parla tre lingue (l'arabo, ma anche l'inglese e il francese). Hanno livelli di istruzione simili a quelli europei senza distinzioni di sesso. Molti di questi erano commercianti, piccoli impresari, o dei quadri tecnici con una specializzazione accademica, il più delle volte realizzata nelle università inglesi, russe o francesi. Diciamo che i meno quotati hanno fatto un dottorato nelle università di Beirut o di Amman!

A questo proposito voglio fare un salto nel passato per ricordare che oggi in Italia la maggior parte dei manovali,degli idraulici, dei saldatori, gli  operatori di macchine per l'edilizia o alimentari ecc,ecc, sono tutti albanesi, romeni, polacchi o ucraini. Se vai nel Triveneto nelle famose industrie degli elettrodomestici, tutti i verniciatori,e gli incaricati della pulizia delle catene di montaggio sono sloveni, serbi o croati. Cioè mano d'opera specializzata che ha sostituito quella italiana perché costa meno,perché é più facilmente ricattabile dai padroni, perché é quella che accetta funzioni di lavoro a rischio. Infine perché é quella che maggiormente accetta le condizioni del pagamento in nero oppure i falsi contratti temporanei per permettere agli imprenditori di ingannare le autorità e i sindacati....".

 

Correio da Cidadania —  Quindi la solidarietà della Merkel e di Juma Sipila é una farsa, dal momento che gli immigrati siriani, quelli iracheni ed anche i pakistani, in realtà sono la massa di lavoratori specializzati a basso salario che andrà a occupare nelle fabbriche i posti di lavoro lasciati da quelli che stanno andando in pensione?

Luciano Vasapollo: "... Esattamente. Oggi un giovane operaio specializzato tedesco, finlandese, danese, olandese, come pure un tecnico in ielettronica o in informatica, o un'infermiera per le sale chirurgiche costa molto alle imprese dei paesi nord europei. Diciamo tra i 3000 e i 5000 euro se consideriamo i bonus di produttvità, i contribuiti per la pensione, per la casa e per tutte quegli altri benefici che qui in Italia i nostri operai non hanno mai visti. Invece, il lavoratore siriano ad esempio,accettato come rifugiato per motivi politici o per motivi umanitari, in media costa 1000 euro al mese. Da non dimenticare che i rifugiati sono sempre sotto controllo, per cui una volta in fabbrica non parteciperanno mai ad uno sciopero, non prenderanno mai una posizione critica contro i cosiddetti "benefattori"  ! sono sottoprezzo e sottodiritti , i nuovi doppiamente sfruttati,   super ricattati per la misera sopravvivenza perche proveniente dai territori di morte voluti dalle guerre espansioniste degli imperialismi USA  e UE, considerando anche il polo arabo".

 

Correio da Cidadania — Analizzando quello che sta succedendo in Africa, Asia e soprattutto nel Medio Oriente , è una provocazione chiederti se il ciclo del potere imperiale degli Stati Uniti sta arrivando nella sua fase finale?

Luciano Vasapollo:”...È evidente che oggi nella scacchiera internazionale si vive una situazione di grande confusione, seguita da momenti di equilibrio,una fase si studio ma non  priva di iniziative usate come assestamento di  prova per lo scacco matto finale . si è sempre in attesa che qualcosa succeda, visto che gli Stati Uniti non detengono più il comando unipolare del mondo come nel passato. Infatti, le decisioni della Casa Bianca oggi sono incerte e a volte contraddittorie, perché il potere economico e quello finanziario degli Stati Uniti deve fare i conti con i paesi dell’area dell’Euro. Non solo, ma deve fare i conti anche con i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) che sono potenze emergenti con interessi politici ed economici assolutamente divergenti da quelli dell’Unione Europa e degli Stati Uniti. Deve, poi, fare i conti con la Cina che, nel 2014, ha superato gli USA nel volume di prodotti esportati , e la stessa crisi apparentemente finanziaria evidenziata in queste ultime settimane in Cina è invece effetto della crisi sistemica globale , oltre che degli assestamenti strutturali economico produttivi interni che evidenziano sempre più un gigante cinese ma meno competitivo di prima e alle prese con una scelta di fondo sul piano economico produttivo ormai fortemente dipendente e configurato verso forme di carattere di un capitalismo , neanche più tanto e soltanto di Stato in crisi di sovrapproduzione perche’ anche in sovraccumulazione .

E per finire l’impero USA  deve fare i conti anche con le nuove alleanze dell’ALBA che, in America Latina, ricercano nuove alternative nella transizione socialista, diventando, in questo modo, una riferimento mondiale per l’effettiva liberazione politica ed economica dall’imperialismo  e dal capitalismo.

Quindi, non avendo più la leadership mondiale, gli Stati Uniti devono prendere delle decisioni strategiche che, pur entrando in contraddizione con il passato, servono a giustificare le azioni per il futuro. Per esempio, oggi le eccellenze della Casa Bianca vorrebbero finalizzare un accordo con Cuba per accontentare alcuni settori della “borghesia illuminata” del Partito Democratico, oltre a far vedere che Barak Obama vuole concludere la duplice vergogna storica degli Stati Uniti, cioè Guantanamo e il blocco economico contro Cuba.

Nello stesso tempo, le stesse eccellenze del Partito Democratico danno carta bianca alla CIA, per sferrare un attacco senza precedenti contro il Venezuela rivoluzionario  bolivariano chavista. Di conseguenza, negli ultimi nove mesi si moltiplicano le aggressioni militari lungo le frontiere e crescono gli attacchi armati”guarimbas” in alcune città venezuelane. Un’attività eversiva che l’esercito venezuelano sta controllando senza molti sforzi , mentre è la complessità della guerra economica che sta creando una situazione difficile al governo rivoluzionario del Presidente Maduro o, anche perché sopraggiungono gli effetti delle manipolazioni mediatiche nell’ambito della cosiddetta guerra psicologica. Vorrei, comunque ricordare che gli effetti della guerra economica non sarebbero così profondi se le “antenne” della CIA non avessero ottenuto la collaborazione degli uomini della DEA che hanno permesso ai gruppi paramilitari colombiani di esercitare il ruolo di “pretoriani” dando copertura ai narcotrafficanti riciclatisi per realizzare le lucrative attività di contrabbando lungo la frontiera con il Venezuela…”.

 

Correio da Cidadania — Comunque non è solo in America Latina che gli Stati Uniti rincorrono accordi di compromesso. Perché Obama ha rischiato di congelare le relazioni con Israele pur di concludere l’accordo sul nucleare con l’Iran?

Luciano Vasapollo:”... Quando gli Stati Unii avevano la guida unipolare del mondo, seguivano una strada univoca di dominio che era anche più facile da interpretare. Per esempio, nel 1983 il governo di Granada decise di costruire un grande aeroporto ricorrendo alla cooperazione cubana. In risposta, Ronald Reagan sanzionò il “blitz” utilizzando 7.000 marines per invadere l’isola caraibica. Nel 1987, il Presidente del Burkina Fasso, Tomas Sankara dopo aver avviato un rivoluzionario programma di riforme strutturali fu vittima di un vergognoso colpo di Stato promosso dalla CIA e lo SDECE francese.

Per capire meglio cos'è un potere imperiale vorrei ricordare che tra il 1960 e il 1980, escludendo  Costarica e il Messico, tutti i paesi dell’America Latina e Centrale hanno sofferto colpi di Stato voluti e realizzati dagli Stati Uniti. In Medio Oriente, fu a causa di questa geopolitica strategica che lo Stato sionista di Israele ha potuto rompere i fragili equilibri fissati nella regione dopo l’avventura franco-britannica a Suez nel 1957. Un’arroganza che è stata eternamente giustificata dalla Casa Bianca e dalle “eccellenze” di Wall Street. E a questo proposito vorrei ricordare che quando il Mossad sionista comunicò al Pentagono che Saddam Hussein aveva il progetto per costruire un prototipo capace di raffreddare l’uranio, immediatamente la Casa Bianca autorizzò il raid della Forza Aerea di Israele per bombardare tutti laboratori segreti dell’esercito iracheno. “Dulcis in fundo”: il generale Colin Powell, si recò alle Nazioni Unite riuscendo a confondere l’opinione pubblica mondiale con la falsa tesi che l’Iraq aveva “armi proibite che minacciavano il mondo”. E tutti hanno creduto a questa favola !

Oggi, invece, gli Stati Uniti, dopo il fiasco in Iraq, in Libano, in Afghanistan e in Siria sono obbligati a sminuire l’alleanza con Israele perché hanno altre incombenze geostrategiche, per le quali l’ accordo con l’Iran sul nucleare è diventato prioritario. Infatti, nel momento in cui il Segretario di Stato, Johnn Kerry, ha concesso all’Iran di poter costruire centrali nucleari per fini pacifici, in cambio ha ottenuto dal governo iraniano il via libera per  immettere nel mercato mondiale quantità enormi di petrolio per aumentare l’offerta e condizionarne il prezzo al ribasso , colpendo così i produttori ostili agli USA , a partire da Russia e Venezuela. Un’operazione quindi che, associata alle esportazioni dell’Arabia Saudita, farà abbassare lungamente il prezzo del petrolio anche fino ai 35 dollari al barile. Infatti, il governo sionista di Israele non aveva capito che quest’accordo era di estrema importanza per gli Stati Uniti perché con il prezzo del barile di petrolio ridotto di quasi il 68%, tutti i progetti di cooperazione e di sviluppo dei BRICS dovranno essere riformulati. Oggi possiamo affermare che se la guerra economica complessiva ontro i BRICS andrà come si dice da ambienti degli organismi economici internazionali, in auge nel 2018, quella contro il Venezuela e La Russia sono  pesantemente già in corso …”.

 

Correio da Cidadania — Quindi gli scenari conflittuali dello scacchiere internazionale potranno ancora cambiare nel prossimo futuro?

Luciano Vasapollo: ”…Certamente, proprio perché l’Unione Europea e gli Stati Uniti si stanno giocando la leadership del capitalismo mondiale e dell’imperialismo dei prossimi trent’anni e, quindi, sarà in quest’ottica che ci saranno una serie di assestamenti geopolitici e geoeconomici che al momento possono sembrare contradditori. In realtà corrispondono alle condizioni congiunturali del contesto geostrategico, realizzate nell’ambito di quello che è il conflitto interimperialista, mosso dalla cosiddetta competizione globale che si sviluppa in due livelli. Quello macro dove la competizione cresce e commisura le aree economiche, le finanziarie,monetarie e  commerciali e quelle istituzionali. Mentre a livello micro la competizione globale si esprime direttamente fra le multinazionali e le imprese con maggiore gap tecnologico.

Oggi lo scenario conflittuale che più mi preoccupa è quello nei paesi a capitalismo maturo ,dove le differenti fasce di proletariato non sono ancora dotate adeguatamente di soggettività organizzate di classe preparate per affrontare i molteplici attacchi di quella che definiamo guerra sociale. Infatti, limitandomi all’Italia che oggi sarebbe la nona o la decima potenza mondiale, la disoccupazione è arrivata al 12,7% e di questi 44% sono giovani tra diciotto e trenta anni, e al Sud supera il 75 %!

Mi preoccupa anche lo scenario latino-americano, perché è sul fronte venezuelano - dove si sta sviluppando una guerra economica e psicologica  eversiva, controrivoluzionaria  e senza precedenti contro il governo bolivariano, a partire dalla Colombia e dalla Guyana -, che si gioca anche l’affermazione dell’autonomia, della sovranità e del diritto di autodeterminazione dei popoli dell’America Latina”.

 

Correio da Cidadania — Come si può spiegare l’esplosione violenta del fondamentalismo islamico, attraverso l’affermazione dei partiti legati alla Fratellanza Mussulmana e alle sette salafite e jihaddisti, per poi arrivare all’azione belligerante del Fronte Al’Nustra, Boko Haram, Al Quaeda e l’IS?

Luciano Vasapollo:”…Oggi, l’IS di Al’Bagdhabi, come pure Al Qaeda e gli altri gruppi armati del fondamentalismo islamico, sono stati e tutt’ora continuano ad essere funzionali alla strategia delle guerre imperialiste provocate nei diversi ´paesi del Medio Oriente. Guerre che sono diventate un soggetto di uso mediatico nella maniera più assoluta e violenta, vero terrorismo massmediatico di Stato, perché le immagine delle esecuzioni esemplari o le distruzioni di grandi monumenti servono per dire ai governanti del mondo, adesso ci sono soltanto le Guerre Religiose e di conseguenza le Guerre di Civiltà.

In realtà non ci sono guerre religiose e le cosiddette guerre di civiltà sono un artefatto semantico e mediatico del Pentagono e della NATO. Infatti quando gli Stati Uniti e l’Unione Europea dichiarano <<...Dobbiamo esportare democrazia nel mondo…>>, in realtà stanno dicendo che vogliono esercitare il controllo assoluto dei mercati e delle riserve dei minerali energetici (metano, petrolio e uranio), dei minerali preziosi (oro, platino, diamanti) e dei minerali strategici (lidio, titanio, cadmio,molibdeno, niobio, cobalto, tantalo e magnesio) e delle riserve acquifere, visto che le prossime guerre saranno per l’acqua. Il fondamentalismo islamico, ma anche quello cristiano e l’ebraico sono elementi complementari necessari per giustificare agli occhi dell’opinione pubblica la guerra,lo sviluppo dei conflitti espansionisti interimperialisti…”.

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Le difficoltà nel definire uno sviluppo economico e sociale equilibrato  nei paesi dell’Europa mediterranea sono aumentate nel momento in cui i tecnocrati di Bruxelles definivano l ’Unione Europea come struttura base per il funzionamento del futuro polo imperialista coordinato dall’asse franco-germanico. Per questo dopo aver analizzato l’esperienza politica e istituzionale dell’ALBA, si  formulava attraverso il libro-manifesto politico Il risveglio dei maiali -jaca book edit- già nel 2010 una proposta  di forte carattere politico che solo oggi comincia ad essere presa in considerazione in Italia e in Europa. Era la proposta di costituire l’ALBA Mediterranea promovendo con l’autodeterminazione politica la liberazione dei popoli di Portogallo, Italia, Grecia e Spagna (PIGS) e quindi rompere l’oppressione economica e finanziaria imposta dai tecnocrati dell’Unione Europea, rigettando, anche, le regole ed i trattati sottoscritti dai governi senza il consenso dei popoli. Iniziava così il lungo e lento cammino per un processo di liberazione antimperialista e anticapitalista che oggi comincia ad essere discusso e riconosciuto valido dalle differenti componenti politiche che lottano, contro l’arroganza e lo strapotere della Troika. Qui in Italia da qualche mese anche il Movimento cinque Stelle appoggia l’idea e la necessità di costruire un’ALBA Mediterranea.

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Correio da Cidadania — Perché tu dici che i PIGS sono state le vittime predestinate del cosiddetto polo imperialista europeo?

Luciano Vasapollo:”… Non sono solo io a dire che il Portogallo, l’Italia, la Grecia e la Spagna insieme all’Irlanda sono quelli, che più di ogni altri in Europa hanno subito un attacco al salario  diretto, indiretto e differito per poter determinare un ruolo di dipendenza tra le economia del nord e quelle del sud dell’Europa. Il polo imperialista europeo, guidato dalla Germania, si é affermato grazie all’approfondimento delle differenze salariali tra l nord e il sud. Differenze che incidono sul costo del lavoro e quindi sulla definizione del profitto ma intaccano fortemente anche i diritti del lavoro . Poi, quando non è stato più sufficiente, è stata imposta per favorire il modello esportatore tedesco ,la deindustrializzazionee delocalizzazione favorendo  formazione delle nuove sacche di povertà che oggi avviliscono intere regioni e città dei PIGS.

La situazione della Grecia ci ha insegnato che nell’Unione Europea c’è chi ha pagato di più e chi deve continuare a pagare sempre di più, perché in questo  supposta alleanza di paesi europei non esiste solidarietà , né complementarietà economico-produttiva capace di dare un futuro certo ai giovani dell’area mediterranea, che oggi rappresentano il 30% della disoccupazione europea. Quindi se parliamo di Alba mediterranea, bisogna parlare anche di solidarietà. Bisogna parlare d’integrazione e di cooperazione.

 

Correio da Cidadania — Tu sei il principale autore come intellettuale militante della proposta di mobilizzare i popoli del sud per formare un’ALBA mediterranea, com’è nata quest’idea?

Luciano Vasapollo:”...Cinque anni fa noi, - ripeto noi perché è frutto come tutto ciò che proponiamo e facciamo dell’intelligenza collettiva delle mie organizzazioni di riferimento,-  abbiamo lanciato la proposta dell’ALBA mediterranea che per alcuni sembrava una provocazione teorica e che, all’epoca, pochi capirono nel suo profondo significato politico prima che sociale ed economico . Infatti c’era chi la criticava perché in quel momento le relazioni di forza erano ancor più di oggi e  completamente sfavorevoli e quindi era un argomento inutile, tacciato come insana utopia. Poi, ci fu chi, stupidamente, arrivò a dire che in questo modo si rompeva l’unità di classe in Europa, cioè con i lavoratori svedesi, tedeschi, olandesi, danesi, che hanno salari e condizioni di lavoro e di vita completamente differenti  e molto più vivibili da da quelle dei lavoratori dei paesi europei mediterranei. E per ultimo c’erano gli attacchi degli eurocentrici, euroriformisti per i quali l’Unione Europea è qualcosa di sacro e d’intoccabile, o al massimo con ampi spazi e possibilità di riforma in chiave di una più decisa politica socialmente più compatibile.

Il consenso che oggi si registra intorno alla nostra proposta di costruire un’ALBA mediterranea non dipende dal discorso geografico, ma dal fatto che si tratta di proposta politica che si relaziona con l’autodeterminazione di quei popoli che sono stati pregiudicati con la creazione dell’Eurogruppo . Una proposta che rivela una concezione di vita di nuovo tipo e che vuole essere un’alternativa  politica valida oltre a promuovere l’alleanza anticapitalista economica-produttiva dei paesi dell’area che oggi, più che mai, subiscono gli effetti dell’imperialismo europeo e di quello statunitense .

Comunque la proposta dell’ALBA mediterranea parte anche dalla considerazione che è pura retorica parlare in unità della classe operaia europea. Oggi il proletario italiano,quello portoghese,lo spagnolo, il greco ed anche il tunisino, l’algerino, l’egiziano e il marocchino , hanno interessi e condizioni di vita completamente differenti da quelle del lavoratore tedesco, svedese olandese, belga, britannico, che guadagnano,un minimo un minimo salariale al mese relativamente molto più alto dei lavoratori dei PIIGS ,  e condizioni di vita estremamente più stabili e di benessere completamente differenti dalle nostre. Inoltre gli europei mediterranei, come pure quelli dell’est europeo sono considerati “ proletari migranti” e cioè concorrenti che possono danneggiare o minimizzare il loro standard di vita. Poi se si tratta di extra-comunitari arabi o africani  interviene il razzismo e la xenofobia che è un comportamento abbastanza diffuso nei pesi del nord dell’Europa.

Questi anni di Unione Europea non hanno prodotto un accorpamento della classe operaria e proletaria europea  come affermano gli euroriformisti. Al contrario, si sono moltiplicate le differenze non solo salariali ma in tutti i diritti fondamentali. Per questo il percorso teorico e di attivismo politico  che abbiamo realizzato non si è limitato alle caratteristiche  di vicinanza geografica e culturale. Siamo entrati a fondo nel problema delle brutali conseguenze imposte al mondo del lavoro dall’Unione Europea in termini di vero e continuo massacro sociale , per porre da subito ai lavoratori , ai movimenti sociali antagonisti , al sindacalismo conflittuale di classe la questione della redistribuzione della ricchezza sociale realizzata per il fine  dell’eguaglianza e del diritto che i popoli hanno per una più giusta autoderminazione economica e politica. Quando noi parliamo di ALBA mediterranea, lo facciamo per impedire che gli interessi della borghesia transnazionale soffochino definitivamente i PIGS con le politiche di austerità e i condizionamenti di un debito che sta diventando impagabile. A questo proposito vorrei ricordare che il nostro amico Evo Morales ha sempre sottolineato che<< la solidarietà umana deve essere complementata dalla solidarietà economica, monetaria, produttiva>>. Non è un caso che l’ALBA ha creato la sua moneta, il Sucre, per sviluppare le relazioni d’interscambio e di complementarietà economica…”.

 

Correio da Cidadania — Se l’ALBA mediterranea è un valido strumento per sanare le sacche di povertà nel sud dell’Europa, il suo sviluppo potrebbe ridurre il degrado e il sottosviluppo dei paesi africani mediterranei e quindi anche l’esodo migratorio?

Luciano Vasapollo:”… Certo che può farlo, visto che il degrado, le sacche di povertà limitate o assolute, come pure l’esplosione del razzismo che oggi stiamo vivendo, sono elementi socio-economici che fanno parte della ricostruzione e della ristrutturazione capitalista del blocco europeo nelle dinamiche del conflitto capitale-lavoro nello scenario internazionale.

Quando il capitale in crisi cerca la via di ristrutturarsi per far ripartire il ciclo dell’accumulazione, lo fa distruggendo forze produttive. Distrugge capitali nelle borse. Distrugge fabbriche e aziende con le fusioni di imprese , le unioni per incorporazioni , che esplicitano la logica del pesce grande che mangia quello piccolo. Distrugge  forza-lavoro con la disoccupazione di massa e con la precarietà. Uccide persone, come i nostri fratelli africani o arabi che muoiono nel tentativo di attraversare il Mediterraneo o nei TIR lungo la frontiera austriaca.

Cioè davanti al Sud c’è sempre un altro sud con gente che deve essere sfruttata più degli altri perché non ha più difese né compatibilità da rispettare nell’ambito della nuova divisione internazionale dell’economia e del lavoro. Questo scenario è un altro capitolo della guerra economica e sociale in cui le norme di questo polo imperialista europeo si abbattono con crudeltà sulla forza lavoro immigrata, africana o araba che oggi è la più disarmata, la più fragile e quindi la più sfruttata. Per questo noi abbiamo pensato a costruire percorsi  di lotta per  un’ALBA mediterranea come un’area, dove i popoli più sfruttati e che più di tutti hanno subito gli effetti del massacro sociale con la costruzione dell’Unione Europea, finalmente si uniscono per dare prospettive ad una nuova alleanza di democrazia partecipativa  popolare. Il progetto ALBA mediterranea deve sviluppare processi di lotta e aggregazione in cui  l’elemento determinante dovrà essere  la nuova democrazia di base e partecipativa, un nuovo internazionalismo proletario e di classe che permetterà la fuoriuscita dall’Unione Europea, la fuoriuscita dall’Euro per poi costruire un’ipotesi  di politica alta nella costruzione dell’ALBA Mediterranea. Cioè, un processo che implica mettere mano nell’economia nazionalizzando le banche, azzerando il debito, esercitando il controllo pubblico sui settori strategici , come i trasporti, le telecomunicazioni e , soprattutto quello energetico. In pratica realizzando un generale processo di redistribuzione popolare della ricchezza nella prospettiva di costruire le condizioni per una transizione al socialismo …”.

 

Correio da Cidadania — Chi appoggia questa vostra proposta che gli euroriformsti , e anche nella sinistra cosiddetta di alternativa , ma certamente settaria ed eurocentrica, continuano a identificare come una provocazione utopica , una barzelletta  politica per perdere simpaticamente tempo?

Luciano Vasapollo:… Quella provocazione che lanciammo nel 2010 oggi è diventata oggetto di un dibattito politico reale per l’alternativa di sistema , seguito, in particolare da alcuni importanti settori del movimento popolare greco, che oggi rappresentano la dissidenza al e nel partito Syriza. Insieme a loro guardano con attenzione questa nostra proposta anche altri settori spagnoli di Izquerda Unida, dei movimenti sociali e una parte di  compagni che fa riferimento principalmente a Podemos. In Portogallo c’è un notevole interesse soprattutto nelle componenti movimentiste giovanili, mentre in Italia oltre al sindacalismo indipendente e conflittuale come l’USB,  molti settori di movimenti sociali antagonisti  italiani guardano con interesse la proposta della uscita dall’UE per costruire ALBA mediterranea. A questo punto voglio anche sottolineare l’impegno del deputato del Movimento Cinque Stelle, Alessandro Di Battista nella sua scelta di alcuni mesi fa , accolta molto positivamente da ampi settori del Movimento 5 Stelle , di condividere e appoggiare la battaglia in Parlamento in favore dell’ALBA mediterranea.…”.

Achille Lollo è corrispondente in Italia del giornale Brasil De Fato, articolista internazionale del giornale web Correio da Cidadania, Editor del programma TV “Quadrante Informativo”. Collabora con “ALBA Informazione” , “L’Antidiplomatico” e la rivista Nuestra America.

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