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sinistra

Una ruota quadrata”: alcune linee del Rapporto del CENSIS sulla situazione del paese

di Eros Barone

covid censis linkiesta“Il sistema-Italia è una ruota quadrata che non gira: avanza a fatica, suddividendo ogni rotazione in quattro unità, con un disumano sforzo per ogni quarto di giro compiuto, tra pesanti tonfi e tentennamenti. Mai lo si era visto così bene come durante quest’anno eccezionale, sotto i colpi sferzanti dell’epidemia. Privi di un Churchill a fare da guida nell’ora più buia, capace di essere il collante delle comunità, il nostro modello individualista è stato il migliore alleato del virus, unitamente ai problemi sociali di antica data. E di certo la rissosità della politica e i conflitti interistituzionali non aiutano. Così come nell’emergenza abbiamo trascurato i malati “ordinari”, uno degli effetti provocati dall’epidemia è di aver coperto sotto la coltre della paura e dietro le reazioni suscitate dallo stato d’allarme le nostre annose vulnerabilità e i nostri difetti strutturali, del tutto evidenti oggi nelle debolezze del sistema ‒ l’epidemia ha squarciato il velo: il re è nudo! ‒ e pronti a ripresentarsi il giorno dopo la fine dell’emergenza più gravi di prima”.

Questo è l’‘incipit’ del 54° Rapporto del CENSIS sulla situazione del paese: una rappresentazione sobriamente documentata e giustamente impietosa della odierna realtà italiana, delineata da un intellettuale organico di una delle poche frazioni intelligenti della borghesia italiana, il sociologo cattolico Giuseppe De Rita. Invitando a leggerlo nella sua interezza, ne fornisco, più che una sintesi, alcuni estratti particolarmente significativi che dovrà tenere ben presenti chiunque si cimenti con i problemi di un lavoro politico serio all’interno del movimento di classe.

Il capitolo intitolato “L’anno della paura nera” reca questo sottotitolo: “Meglio sudditi che morti: le vite a sovranità limitata degli italiani e le scorie dell’epidemia”. Quella che segue è la descrizione dello stato del Paese così come risulta in base alle indagini demoscopiche svolte dal Centro Studi Investimenti Sociali: “Spaventata, dolente, indecisa tra risentimento e speranza: ecco l’Italia nell’anno della paura nera, l’anno del Covid-19. Il 73,4% degli italiani indica nella paura dell’ignoto e nell’ansia conseguente il sentimento prevalente in famiglia. In questi mesi, il 77% ha visto modificarsi in modo permanente almeno una dimensione fondamentale della propria vita: lo stato di salute o il lavoro, le relazioni o il tempo libero. Lo Stato, pur percepito come impreparato di fronte all’ondata dei contagi, si è palesato come il salvagente a cui aggrapparsi nel massimo pericolo.

Ma, oltre al ciclopico debito pubblico, le scorie dell’epidemia saranno molte, diversificate e di lungo periodo. La prima scoria è la propensione a rinunciare volontariamente alla solitamente apprezzatissima sovranità personale: - il 57,8% degli italiani è disposto a rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute collettiva, lasciando al Governo le decisioni su quando e come uscire di casa, su cosa è autorizzato e cosa non lo è, sulle persone che si possono incontrare, sulle limitazioni della mobilità personale; - il 38,5% è pronto a rinunciare ai propri diritti civili per un maggiore benessere economico, introducendo limiti al diritto di sciopero, alla libertà di opinione, di organizzarsi, di iscriversi a sindacati e associazioni. La paura pervasiva dell’ignoto porta alla dicotomia ultimativa: “meglio sudditi che morti”. E porta a vite non sovrane, volontariamente sottomesse al buon Leviatano.”

Il processo galoppante di fascistizzazione della società e delle istituzioni (queste ultime rappresentate, in particolare, dalla diade conflittuale Stato-Regioni: un prodotto del federalismo cripto-secessionista che è stato addirittura costituzionalizzato) si può suddividere in tre fasi: svolta autoritaria – svolta reazionaria – instaurazione di un regime dispotico. Benché in Italia viga ancora formalmente la Costituzione del 1948, quella che stiamo vivendo sembra essere, a livello delle istituzioni, la transizione dalla svolta autoritaria alla svolta reazionaria, ma, a livello della società, siamo ben oltre questa soglia.

Si legga pertanto, per avere una plastica idea del modo in cui si sta sviluppando il processo di fascistizzazione, il seguente passo del Rapporto in parola: “Cresce allora il livore della logica ‘o salute o forca’: - il 77,1% degli italiani chiede pene severissime per chi non indossa le mascherine di protezione delle vie respiratorie, non rispetta il distanziamento sociale o i divieti di assembramento; - il 76,9% è fermamente convinto che chi ha sbagliato nell’emergenza, che siano politici, dirigenti della sanità o altri soggetti, deve pagare per gli errori commessi, che hanno provocato la diffusione del contagio negli ospedali e nelle case di riposo per gli anziani; - il 56,6% vuole addirittura il carcere per i contagiati che non rispettano rigorosamente le regole della quarantena e dell’isolamento, e così minacciano la salute degli altri; - il 31,2% non vuole che vengano curati (o vuole che vengano curati solo dopo, in coda agli altri) coloro che, a causa dei loro comportamenti irresponsabili o irregolari, hanno provocato la propria malattia; - e il 49,3% dei giovani vuole che gli anziani siano curati dopo di loro. C’è un rimosso in cui pulsano risentimenti antichi e recentissimi di diversa origine, intensità, cause. Non sorprende, quindi, che persino una misura assolutamente indicibile per la società italiana come la pena di morte torni nella sfera del praticabile: quasi la metà degli italiani (il 43,7%) è favorevole alla sua introduzione nel nostro ordinamento (e il dato sale al 44,7% tra i giovani)”.

Nelle ultime settimane quell’auspicio di un ‘happy end’ e di una rinnovata coesione nazionale che aveva caratterizzato la prima fase della pandemia e alimentato qualche illusione nelle masse popolari, si è dissolto nelle nebbie dell’incertezza, della precarietà e del pessimismo urtando contro la dura corazza degli interessi materiali di classe che sostanziano lo Stato capitalistico e ne regolano il concreto funzionamento in modo tale da renderne sempre più palese la sua natura di dittatura di classe della borghesia monopolista. Il combinato disposto tra la crisi economica e la crisi sanitaria ha però generato contraddizioni che hanno eroso il consenso alla classe dominante, determinando, per un verso, in alcuni settori della popolazione (ceti medi e lavoratori autonomi), quindi a livello sociale, manifestazioni di protesta e per un altro verso, a livello politico, la saldatura della maggioranza borghese con l’opposizione borghese. La pandemia ha posto infatti nel massimo risalto le conseguenze delle politiche neoliberiste praticate da tutti i governi negli ultimi decenni. Per citare l’icastica espressione usata nel Rapporto: “l’epidemia ha squarciato il velo: il re è nudo!”. I tagli alla sanità e ai servizi sociali, il blocco delle assunzioni e le privatizzazioni hanno creato le condizioni di una crisi potenzialmente dirompente dello Stato capitalistico sul piano sia verticale (rapporti con i cittadini e con le classi) che orizzontale (rapporti interistituzionali Stato-Regioni e Stato italiano-Unione Europea).

Sul governo Conte – presieduto da un paglietta della più classica tradizione trasformista meridionale, devoto fra l’altro, non si sa quanto ricambiato, di padre Pio - pesano enormi responsabilità: di aver assecondato la linea della Confindustria consistente nel proseguire con la produzione a tutti i costi (si pensi all’enorme costo in vite umane che ciò ha comportato, ad esempio, nel Bergamasco); di non aver garantito la gestione dell’emergenza nelle RSA, dove si è consumato un vero e proprio olocausto degli anziani; di non aver predisposto un piano per prevenire e contrastare la seconda ondata; di aver determinato con la sua inefficienza politica la disarticolazione, l’inceppamento e, in molti casi, l’assenza delle procedure di rilevazione, tracciamento e isolamento necessarie per prevenire, limitare e curare il contagio. Tutti fattori che hanno invece contribuito a diffondere il contagio e ad aggravare la crisi del sistema sanitario pubblico, nel mentre il sistema sanitario privato ha potuto ancor più rimpinguare, grazie alla pandemia e alla oggettiva complicità dello Stato, rendite di posizione e profitti.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: 60 mila morti (terzo paese al mondo dopo gli Stati Uniti e il Brasile). A tutto ciò va poi aggiunto il ruolo nefasto svolto dal sistema dei ‘mass media’, una vera e propria macchina della confusione, della menzogna e dell’istupidimento, caratterizzata da un cinismo tanto più ributtante quanto più verniciato di false lacrime.

Sennonché, invece di tutelare i lavoratori meno pagati e gli strati sociali più poveri e vulnerabili, invece di garantire sostegno a disoccupati e cassintegrati, si erogano centinaia di miliardi ai grandi capitalisti, approfondendo quelle disuguaglianze sociali che sono diventate ormai il ‘point d’honneur’ di tutte e quattro le destre: dalla Lega a Forza Italia, dal PD al M5S. Oggi l’Italia è uno dei paesi in Europa con la maggiore “flessibilità” del lavoro, dove i lavoratori hanno meno tutele, dove il salario medio di un operaio metalmeccanico con 32 anni di anzianità raggiunge 1.100 euro al mese (se non c’è cassa integrazione), dove un giovane è costretto a lavorare con contratti trimestrali a 400 euro al mese, dove si muore sul lavoro per una paga oraria di 3,90 euro, senza contributi, dove si va a lavorare malati pur di conservare il posto, dove i padroni possono licenziare liberamente, dove l’insorgere di malattie professionali e il resoconto degli incidenti sul lavoro sono un vero e proprio bollettino di guerra. Tutte situazioni che si presentano ancora più drammaticamente per i lavoratori delle regioni meridionali del Paese (basti pensare al tasso di disoccupazione giovanile che lì superava il 50% già prima della pandemia di Covid-19).

Nel frattempo si attivano gli impianti sciistici per il generone che aspira a passare le vacanze natalizie nelle seconde case delle località di montagna e si pensa, con un misto di paura e di desiderio, allo ‘shopping’ natalizio su cui incombe la spada di Damocle delle resse e degli assembramenti, mentre la realtà resta pur sempre quella cosa che continua ad esistere anche quando hai smesso di crederci. Nel capitolo del Rapporto intitolato “Ricchi e poveri: l’impatto divaricante del virus” viene formulata questa previsione: “Quando esaurirà la sua onda d’urto, la pandemia lascerà dietro di sé una società più incerta e impaurita, ma soprattutto una società con una profonda crisi economica e occupazionale, di cui non tutti pagheranno le spese allo stesso modo”. Dal canto nostro, aggiungiamo soltanto che nel 2021 si faranno inevitabilmente i conti.

Comments

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Eros Barone
Sunday, 13 December 2020 21:22
@ Pantaléone.
Merci beaucoup, mon cher ami. Salut et fraternité.
@ Giulio Bonali
Caro "vecchio amico e compagno ", è un piacere e un onore leggere il tuo commento. Come non ricordare la comune militanza nel Comitato Nazionale per la Ricostruzione del Partito Comunista negli anni Novanta del secolo scorso? E i tuoi articoli sulle riviste "Ideologia Proletaria" e "Questioni del socialismo"? Abbiamo fatto la nostra parte all'interno del movimento di classe, tu come medico e io come insegnante, e continueremo a farla finché avremo fiato per respirare. Un abbraccio fraterno e tanti auguri di buon lavoro per la causa del socialismo/comunismo.
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Pantaléone
Sunday, 13 December 2020 13:50
Un bell'articolo di Eros Barone, il suo articolo va dritto al cuore del bersaglio, strappa il velo dell'alienazione dalla dittatura di classe, più il capitale mostra la sua vera natura dittatoriale e più emerge la coscienza, purtroppo non abbiamo finito con le sorprese mortali di un sistema essenzialmente thanatico, una boccata d'aria fresca in questo marciume.
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Giulio Bonali
Sunday, 13 December 2020 13:01
Articolo estremamente acuto e illuminante come sempre (da vecchio amico e compagno non temo fraintendimenti "in senso adulatorio" da parte dell' autore).
"Sul meglio sudditi che morti" secondo me é giusto precisare che basterebbe (e vi sarei per parte mia d' accordo) un "meglio che essere morti subire un limitato e ragionevole incremento dei limiti delle libertà individuali" (nella misura e per il tempo strettamente necessari; e soprattutto uguale per tutti e non iniquamente differenziato).
C' é una bella differenza fra la condizione di sudditi e il subire limitazioni eque e giustificate delle libertà individuali per rispetto delle libertà individuai altrui e degli interessi, dei diritti e delle libertà collettive; limitazioni che infatti sono necessarie (in generale; e nella giusta misura, e purché eque) anche indipendentemente dalla presente pandemia.
Il fatto é che, come ottimamente rilevato in questo scritto, le classi dominanti e privilegiate, come sempre nonappena ne abbiano la possibilità, approfittano di qualsiasi stato di necessità oggettivo per negare ed annullare di fatto quanto più possibile i pur già limitati (in qualsiasi società classista) margini di libertà individuale, ma anche collettiva, e in generale di democrazia reale; ben oltre l' oggettivamente necessario per la tutela della salute (in senso letterale) pubblica e soprattutto in modo iniquo, diseguale, tale da incrementare ingiustizie e privilegi.
In particolare le limitazioni della libertà di espressione (già scarsa, di fatto, per tutti i non privilegiati-potenti) ai danni dei "negazionisti" (dai quali dissento profondissimamente) sono pure e semplici violazioni assolutamente ingiustificate delle stesse libertà democratiche (storicamente) borghesi capitalistiche, in particolare della libertà di espressione; oltre che di un sano razionalismo e di un atteggiamento (autenticamente) scientifico, che rifugge da qualsiasi censura delle opinioni ritenute errate e false, ma le combatte solo con argomentazioni razionali, dimostrazioni logiche e prove empiriche, secondo il celebre motto voltaireiano (pazienza per l' eccesso di retorica deteriore) "combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente".
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