Alle porte del fascismo?
di Moreno Pasquinelli
Ha scritto l’amico Fulvio Grimaldi:
«Una volta Moreno Pasquinelli, in una discussione sul tema che ogni minuto, ora, giorno, da oltre due anni, ci impongono il regime e l’intera struttura sociopolitica impostaci dall’Occidente politico tutto, mi consigliò di non utilizzare il termine “fascismo” per definire la condizione che sentiamo stringerci al collo. Disse il fascismo è scientificamente una cosa ideologica precisa, rinchiusa in quel suo tempo. Meglio parlare di autocrazia, autoritarismo, dispotismo, tirannia, oligarchia…»
Confermo. Fulvio commette un grave errore politico usando la categoria di “fascismo” come un passepartout per qualificare le pulsioni repressive antidemocratiche che l’Occidente Collettivo esibisce in maniera sempre più minacciosa. Un errore politico e teorico.
So bene che Fulvio non ha niente a che spartire con le sinistre transgeniche (dalla Schlein agli Antifà passando per la setta globalista sorosiana), tuttavia è un fatto che dette sinistre usano il sostantivo un giorno sì e l’altro pure come uno specchietto per le allodole, come una maschera per nascondere le proprie nefandezze o, nel caso di certa estrema sinistra, la propria totale inconsistenza — vedi il polverone sollevato sul presunto ritorno del fascismo con la Meloni al governo.
A voler prendere per buono questo antifascismo, diremmo che si tratta di un antifascismo umanitaristico e moralistico, contro il quale proprio il principale storico del fascismo, Renzo De Felice, ebbe a dire nel 1980:
«Oggi nulla, salvo che l’essere stato marxista e comunista mi ha immunizzato dal fare del moralismo sugli avvenimenti storici. I discorsi in chiave morale applicati alla storia, da qualunque parte vengano e comunque siano motivati, provocano in me un senso di noia, suscitano il mio sospetto nei confronti di chi li pronuncia e mi inducono a pensare a mancanza di idee chiare, se non addirittura a un’ennesima forma di ricatto intellettuale o a un espediente per contrabbandare idee e interessi che si vuol evitare di esporre in forma diretta».
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Per comprendere quanto il simbolo dell’antifascismo sia equivoco, basta allargare lo sguardo: non è forse vero che i sionisti giustificano i loro crimini in nome della lotta ai “fascisti” di HAMAS? E quante infinite volte abbiamo udito definire Putin fascista? Trump o Erdogan anche loro come fascisti? E non è forse un fatto che l’élite eurocratica bolla come fascisti e rosso-bruni la Le Pen, l’A.F.D. tedesca, la Vox spagnola, di striscio Orbán e in genere tutti i movimenti sovranisti a vario titolo anti-Ue?
En passant: possibile mai che Fulvio nemmeno consideri come problema l’essere confuso con simile genia? Possibile che non comprenda che se tutto è fascismo, niente lo è?
Fulvio cita la vicenda venezuelana. Sarebbe una farsa se non fosse un dramma. Abbiamo le forze filo-Maduro che denunciano i nemici prezzolati da USA e UE come fascisti, mentre questi ultimi rovesciano l’accusa bollando come “fascista” il governo di Caracas. E come non vedere il paradosso che russi e ucraini si danno reciprocamente del fascista e anzi sembrano combattere in nome dell’antifascismo?
I processi sociali e politici sono una cosa molto seria e complicata e qui si rischia invece di buttarla in caciara. Come un nome serve per individuare qualcuno, una categoria politica ha senso se qualifica un fenomeno sociale e ideologico, se lo circoscrive distinguendolo dagli altri. In poche parole: quando una definizione è appioppata in modo generico e indeterminato non solo non serve a un fico secco, è ingannevole e fuorviante. Questo vedere il fascismo dappertutto serve solo a far casino — forse a fare contenti proprio i disperati nostalgici del ventennio per i quali il fascismo, lungi dall’essere un fenomeno specificamente italiano, sarebbe invece internazionalisticamente universale e destinato della perennità.
Ammesso e non concesso che il fascismo possa risorgere e tornare al potere di nuovo, stiano in guardia gli antifascisti tarantolati a non fare la triste fine di quelli che a forza di gridare al lupo, non se ne accorsero quanto arrivò davvero — che è esattamente ciò che accadde in Germania alle porte dell’avvento di Hitler: per i comunisti tedeschi infatti, il fascismo c’era già sin dall’ottobre del 1931 con il bonapartista secondo Governo Brüning.
Non tutti i movimenti e/o governi, anche violentemente antidemocratici, sono fascisti, né tutte le dittature, per quanto feroci, possono essere definite fasciste. Non si tratta di lana caprina o di sottogliezze politiciste. Se combatti un nemico, tanto più se vuoi vincerlo, devi sapere con esattezza di che pasta è fatto, quali sono i suoi punti di forza e quelli di debolezza.
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Nel 1931 del secolo scorso, in polemica con l’Internazionale Comunista che qualificava come fasciste le più diverse forze politiche europee — comprese le socialdemocrazie: vedi la teoria del social-fascismo —, Trotsky affermò:
«Che cos’è il fascismo? Qual è la sua base, la sua forma e le sue caratteristiche? (…) Il movimento fascista in Italia è stato un movimento spontaneo di grandi masse, con nuovi dirigenti provenienti dalla base. È un movimento di origine plebea, diretto e finanziato dai grandi poteri capitalistici. Nasce dalla piccola borghesia, dal sottoproletariato dei bassifondi e anche, in una certa misura, dalle masse proletarie, Mussolini, ex socialista, è un “self-made man” nato da questo movimento. (…) Il movimento in Germania è analogo soprattutto al movimento italiano. È un movimento di massa, con i suoi leader che impiegano molta demagogia socialista. Questo è necessario per la creazione del movimento di massa».
Trotsky sottolineava giustamente le peculiarità del movimento fascista, per la precisione un movimento di massa sovversivo ed extra-parlamentare che si nutrì del mito nazionalista della “vittoria mutilata”, che combinava la narrazione revanscista a quella socialista, e che poté salire al potere solo grazie al fatto che si mise apertamente al servizio delle classi dominanti (che videro nel fascismo l’ultimo baluardo contro la minaccia della rivoluzione proletaria); e quindi alla sconcertante sottovalutazione/incomprensione del fenomeno da parte di socialisti e comunisti — en passant, solo gli Arditi del Popolo capirono dove sarebbe andato a parare Mussolini e combatterono le sue squadracce colpo su colpo.
E qui siamo a un punto decisivo che secondo chi scrive venne correttamente messo a fuoco dallo storico Ernst Nolte per il quale il fascismo (e poi il nazismo) erano figli della “Guerra Civile” europea che ebbe inizio con la Rivoluzione Bolscevica del 1917 e si concluse solo nel 1945. Di qui la sua tesi per cui fascismo e nazismo furono anzitutto una reazione controrivoluzionaria all’espansione del bolscevismo, di qui il carattere «transpolitico» del fascismo e le sue profonde differenze con il conservatorismo tradizionale. Per Nolte insomma, senza l’avanzata della rivoluzione proletaria, il fascismo non avrebbe mai superato le sue dimensioni avanguardistiche e dunque non sarebbe mai salito al potere.
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Non c’è dubbio che l’Occidente Collettivo attraversi una Grande Crisi, e non c’è dubbio che ne potrà uscire soltanto con profonde trasformazioni sistemiche, che quindi saranno accompagnate da correlativi assestamenti politici post-democratici e post-liberali.
E’ il fascismo ciò che l’Occidente Collettivo porta in grembo? A noi non pare. Al nascituro, ovvero al sistema nuovo che sta sorgendo, abbiamo dato il nome di cybercapitalismo. L’Operazione sotto falsa bandiera Covid-19/Grande Reset e la guerra alla Russia hanno annunciato il suo avvento e indicato di che pasta esso è fatto:
«In nome della salute pubblica e del bene comune, è avvenuto un vero e proprio colpo di stato mondiale, col quale, per la prima volta nella storia, è stato decretato e attuato un eversivo Stato d’Eccezione Mondiale. Esso ha consentito ai Padroni Universali di telecomandare da remoto gli stati; di collaudare i dispositivi liberticidi del nuovo regime di dittatura e biosorveglianza e di verificare l’efficacia degli shock improvvisi dall’alto come metodo ordinario di governo dei popoli. (…) Dopo lo shock dello Stato d’Eccezione il trauma dello Stato di Guerra informale. Usando l’Ucraina come punta di lancia e carne da cannone, il blocco USA-NATO-UE ha creato le condizioni per scatenare una guerra contro la Russia che mentre rischia di sfociare nella terza guerra mondiale (…) Un conflitto da cui quindi dipendono, più di ogni altro fattore, le sorti del mondo, tra cui la nascita o la morte del mostro cybercapitalista». [dal MANIFESTO del FRONTE del DISSENSO]
Non è qui il luogo per dettagliare le caratteristiche sistemiche di questa Grande Trasformazione, segnalo per dovere di chiarezza due interventi: IL PIANO STRATEGICO DEL NEMICO, e VERSO IL CYBERCAPITALISMO. La tesi che avanziamo si può così sintetizzare:
«Con l’avvento della computerizzazione dispiegata siamo già dentro la Quarta Rivoluzione Industriale. Questa provoca una mutazione che per dimensioni e velocità rischia di superare tutte e tre le precedenti messe assieme. Si tratta di un cambiamento che ha un impatto epocale, induce una vera e propria svolta di civiltà».
Quale potrà essere l’abbigliamento politico-istituzionale del cybercapitalismo non è possibile stabilirlo adesso. Gli stessi Padroni Universali non lo sanno e si tengono le mani libere. Avanzammo l’ipotesi di sistema politico di dispotismo “liberal-fascista”: “un Leviatano a tre gambe: neo-corporativismo sociale, totalitarismo tecnocratico e stato di psico-polizia. Abbiamo infine segnalato come questa profana trinità avanzi con la maschera di un eversivo feticismo tecno-scientifico la cui cifra è un fanatico progressismo globalista”. Ma si tratta di una ipotesi che, com’è evidente, ha poco a che fare col fascismo così come viene comunemente inteso. Mancano del tutto le peculiari condizioni storiche, economiche e politiche, che diedero vita al fascismo, tra queste la fondamentale: che le classi dominanti si sentano minacciate dall’incombente rivoluzione proletaria.
La situazione è drammatica, è quasi notte, ma le vacche non sono tutte nere.
Ricordiamo quanto Scrivevamo in anni non sospetti:
«Per evitare una nuova tragedia storica occorre anzitutto rimettere ordine nei pensieri, sbarazzarsi dei fiori oramai appassiti e coltivarne di nuovi. Occorre ricostruire una nuova comunità politica dalle forti radici democratiche, rivoluzionarie e patriottiche. Faremo in tempo? Lo ripetiamo: nella crisi di civiltà vincerà chi saprà mettere ordine nel disordine».







































Comments
A' Pasqui, sei sempre il solito coglione patetico. Ciaociao
Quindi Trotsky si sbagliava ..al punto che Sansepolcrista era un vero e proprio ordine nella Gerarchia Fascista...Nella ricostruzione di Trotsky manca tutta la componente militare all'origine del Fascismo...
Esempio: il pd è fascista? credo che molti direbbero di no, dopo di che' sostiene regimi fascisti come quello ucraino (o per l'autore dell'articolo nemmeno questo?), quello israeliano, e tanti altri.
Oppure l'autore dell'articolo immagina il fascismo con il fez, camicie nere, braccio teso ecc..ecc..
I giornali Libero, Il Giornale, Il Foglio non sono fascisti? Sarebbe utile e necessario stabilire cosa è "fascismo", cosa è "terrorismo". Aggiungo che dei combattenti di Hamas si usa il termine "terrorismo" e non "fascismo".
Il progetto e il paradigma neoliberale, imposto soprattutto a partire dagli anni settanta, è esplicitamente fascista e teso a demolire radicalmente le conquiste dei lavoratori e lo “stato democratico”, così come concepito nel dopoguerra, con i suoi partiti popolari e politici relativamente indipendenti e garanti di un (dinamico) compromesso tra capitale e sfruttati.
Le preoccupazioni della classe dominante, davanti alla robusta crescita economica, ai suoi effetti e alle concessioni fatte per paura del comunismo, riprodussero, pur nella specifità storica e sociale, timori relativamente analoghi a quelli che emersero dopo la prima guerra mondiale, in presenza dell’ascesa dei partiti popolari e socialisti, che il fascismo servì a interdire.
Negli anni settanta, al vertice del successo del capitalismo, la classe dominante non volle correre il rischio della introduzione di riforme sociali e economiche che diminuissero il potere assoluto del capitale, perciò principiò una agenda palesemente antidemocratica e fascista, nella forma più palatabile del modello neoliberale, al cui interno, dietro slogan pseudoliberali e ingannevoli pseudoriformismi, si nascondevano brutali misure antidemocratiche e fasciste. (E per esempio, sul piano linguistico, invece dell'uso appropriato dei termini imperialismo del dollaro e arbitraggio salariale si parlava genericamente di globalizzazione).
La controrivoluzione reazionaria non venne immediatamente percepita e razionalizzata dalle classi inferiori, per rappresentare una programmatica riduzione dei salari e sottrazione di benefici e conquiste a partire da una situazione di “società opulenta”, propiziata peraltro da politiche e rapporti di forza, non ancora chiaramente compresi.
In secondo luogo, in questo caso, è stata la sinistra o sedicente tale a mettersi al servizio della classe dominante, a farsi maggiordomo e instancabile promotrice del neoliberalismo: essa inequivocabilmente ha interpretato le politiche neoliberali fasciste a ogni livello, dalla diffusione della pseudometafisica neoclassica, all’irrazionalismo, allo scientismo, all’imperialismo e alla opprimente censura.
In Germania e nella famigerata commissione europea compaiono stolte figlie e nipoti di nazisti, nella contingenza attuale operanti vassallaticamente a favore dell’impero.
Pertanto non dovrebbero sussistere molti dubbi sul corretto uso dell’accezione, né effettive difficoltà nell’identificare le sofisticate pratiche fasciste e i suoi artisti e attori; piuttosto, abbastanza scontatamente, si alza una opportunistica confusione, generata da quegli stessi artisti e attori, nel tentativo di occultare la realtà dei fatti, creare uno spettrale pericolo e rovesciare i contenuti fascisti sui partiti politici e movimenti populistici di protesta contro il fantasmagorico mondo neoliberale.
Tale stratagemma tuttavia non funziona più molto bene, prevalendo l’effetto rinculo. Purtroppo, però, una delle più appariscenti e deleterie conseguenze dello stato confusionario e invertito della realtà dialettica contemporanea consiste nella estesa identificazione della sinistra, del socialismo, dei “liberals” con il fascismo, la censura, il dispotismo, fino alla accettazione del provocatorio sillogismo da marketing elettoralistico, per il quale Hitler non poteva non essere comunista. Alla classe dominante, che può cambiare i suoi maggiordomi a piacimento, nel mondo fantasmagorico in cui la pace è la guerra, restano i vantaggi e le vittorie.
I punti in comune in politica interna sono lo stato di polizia, la repressione del dissenso
le leggi speciali, il depauperamento del popolo contro il sostegno alle fasce privilegiate, lo sfruttamento del lavoro, la non sicurezza sul lavoro, la manipolazione della giustizia, l'accesso difficile alla scolarità e alla cultura alle fasce deboli della società, la mancanza dell'assistenza sanitaria a queste fasce della società e la mancanza in genere dei servizi.
In politica estera una posizione espansionistica o di alleanza con i paesi che agiscono questa politica e simili a loro per le politiche interne.
In quanto alle politiche progressiste anche il fascismo del ventennio le aveva, non dimentichiamoci della corrente futurista che diede vita ed anima al fascismo.
In quanto al seguito che aveva il fascismo seguito analogo lo hanno le oligarchie, le dittature gli autoritarismi che ad esso si ispirano.