Print Friendly, PDF & Email
Print Friendly, PDF & Email
peacerep

Torture su torture

 di Christian Elia

Hrw denuncia gli abusi subiti dai detenuti politici nelle carceri del Bahrain            

bahrainUna manifestazione contro la tortura nelle carceri che finisce con l'arresto indiscriminato dei dimostranti, che vengono a loro volta torturati. Un tragico circolo vizioso in Bahrain, denunciato oggi in un rapporto dall'organizzazione non governativa Human Rights Watch.

Ancora torture. Gli implacabili persecutori di coloro che si macchiano di violazioni dei diritti umani, con sedi a Londra e New York, hanno denunciato alla stampa la brutale repressione attuata dal governo del Bahrain nei confronti dei dimostranti arrestati a metà del mese scorso durante una manifestazione per chiedere giustizia per i detenuti politici vittime di trattamenti inumani nelle carceri della ricca monarchia del Golfo Persico.

“Chiediamo al Bahrain un'immediata inchiesta indipendente per fare chiarezza sugli abusi perpetrati ai danni dei detenuti politici nelle carceri”, ha denunciato Joe Stork, vice direttore di Hrw per il Medio Oriente e il Nord Africa. Secondo l'ong, infatti, a tutti coloro che vennero arrestati il mese scorso in piazza, mentre chiedevano giustizia per gli arresti di massa degli oppositori negli anni Novanta, in carcere sono state garantite botte e torture, e in un caso anche abusi sessuali.

“Chiediamo che i detenuti vengano visitati da un medico indipendente”, ha continuato Stork, “che possa chiarire la reale entità delle denunce giunte fino a noi”.

Un portavoce del ministero degli Interni del Bahrain ha già fatto sapere che tutte le accuse di Hrw sono infondate e che nessun detenuto ha subito trattamenti inumani.

Un Capodanno tragico. Non la pensano così i genitori di Maytham Badr al-Shaykh, un'attivista arrestata il 17 dicembre in piazza a Manama, la capitale del Bahrain. “Quando siamo riusciti ad andarla a trovare in carcere, nel centro di detenzione di Adliyeh, a Manama, ci ha detto che la notte di Capodanno i carcerieri hanno abusato di lei”, hanno testimoniato i genitori della ragazza a Hrw, “violentandola a turno e poi abusandone con oggetti di ogni tipo”. Hani, il fratello di Maytham, ha testimoniato che “mia sorella era in stato confusionale e ha pianto per tutto il tempo della visita. Quando se ne sono accorti, i carcerieri l'hanno trascinata via, ignorando le nostre proteste”.

Print Friendly, PDF & Email
jura

La questione palestinese. La tragedia di essere vittima delle vittime

di Danilo Zolo

E.W. Said, The Question of Palestine, Vintage Books, New York 1992, trad. it. La questione palestinese. La tragedia di essere vittima delle vittime, Gamberetti Editrice, Roma 1995, ISBN 88-7990-038-2

palestinaLa questione palestinese di Edward W. Said è un libro bello e utile, al pari di Orientalismo, l'opera che ha reso celebre questo professore statunitense di origine palestinese che insegna letteratura comparata alla Columbia University di New York. Si tratta di una delle pochissime 'interpretazioni palestinesi' della storia della Palestina di cui la cultura occidentale disponga.

Scritto circa vent'anni fa, il libro continua ad offrire elementi di riflessione di grande rilievo e di una sorprendente attualità. Ci aiuta a cogliere in profondità le ragioni storiche di ciò che oggi sta accadendo in Palestina: il definitivo fallimento degli accordi di Oslo e della 'mediazione' statunitense, l'esplosione della nuova Intifada che ha ormai come obiettivo l'indipendenza di tutto il popolo palestinese, la devastazione di ciò che resta di Gaza, della Cisgiordania e di Gerusalemme-est dopo trentacinque anni di occupazione militare, lo smantellamento dell'Autorità nazionale palestinese, la strage senza fine di ebrei e di palestinesi innocenti.

Ciò che a mio parere rende prezioso il contributo di Said è il suo tentativo di ricostruire la 'questione palestinese' da un punto di vista palestinese - non genericamente arabo o islamico - e di farlo a partire dagli inizi dell'intera vicenda: la nascita del movimento sionista, l'affermazione della sua ideologia nel contesto della cultura colonialista europea degli ultimi decenni dell'Ottocento, l'avvio del fenomeno migratorio verso la Palestina.

Print Friendly, PDF & Email
eurasia

La destabilizzazione del Pakistan

di Michel Chossudovsky

pakistan borderL'assassinio di Benazir Bhutto ha generato circostanze tali da contribuire alla destabilizzazione ed alla già avviata frammentazione del Pakistan come nazione. Il processo di “cambiamento di regime” sponsorizzato dagli Stati Uniti, il quale è costituito solitamente dalla ricomposizione di un governo con una nuova investitura con nuovi capi, è stato interrotto. Screditato agli occhi dell'opinione pubblica pakistana, il Generale Pervez Musharaf non può rimanere nella sede del potere politico. Ma allo stesso tempo, le elezioni farsa sostenute dalla “comunità internazionale” previste per gennaio del 2008, anche se dovessero svolgersi, non verrebbero accettate come legittime, generando quindi un'impasse politica.

Ci sono indicazioni secondo cui l'assassinio di Benazir Bhutto sarebbe stato previsto dai funzionari degli Stati Uniti: "Si sapeva da mesi che la gestione Bush-Cheney ed i loro alleati stavano manovrando per rinforzare il loro controllo politico del Pakistan, al fine di aprire la strada all'espansione ed al rafforzamento della "guerra al terrorismo" nella regione. I vari programmi americani di destabilizzazione, conosciuti da tempo da funzionari e analisti, prevedevano il rovesciamento dei militari in Pakistan..

L'assassinio di Bhutto sembra che sia stato previsto. C’erano perfino rapporti inerenti "chiacchiere" fra funzionari degli Stati Uniti riguardo i possibili assassini di Pervez Musharraf o Benazir Bhutto, ben prima che gli attuali attentati avessero luogo. (Larry Chin, Global Research, 29 Dicembre 2007)

Print Friendly, PDF & Email
uruknet2

Banca del Sud e BCE. Due modelli a confronto?

Gianluca Bifolchi

bancodosurAlmeno sulla carta la Banca del Sud è nata. Come da protocollo ieri, alla Casa Rosada, i presidenti Néstor Kirchner, Argentina, Evo Morales, Bolivia, Inácio Lula da Silva, Brasile, Rafael Correa, Ecuador, Nicanor Duarte, Paraguay, Hugo Chávez, Venezuela, ed un rappresentante del governo uruguayano (il presidenteTabaré Vázquez si recherà a Buenos Aires soltanto oggi per l'insediamento del nuovo presidente, Cristina Fernández de Kirchner) , hanno apposto le loro firme in calce all'atto fondativo.

Le incognite sull'effettiva riuscita di questo grande progetto di integrazione latinoamericana sono di due ordini. Il primo riguarda la capacità di reperire i fondi necessari agli ambiziosi obiettivi statutari. I sette miliardi di dollari di conferimento iniziale da parte degli stati membri non sono ovviamente sufficienti per una attività creditizia di portata subcontinentale, e il nuovo ente dipenderà dal successo di attività di raccolta del risparmio attraverso depositi ed obbligazioni, come qualunque altra banca.

Print Friendly, PDF & Email
comedonchisciotte

La guerra statunitense nel Darfur

di Keith Harmon

Black Agenda Report

darfur rebels1La regione del Darfur nel Sudan possiede giacimenti di rame e uranio, terzi e quarti rispettivamente in ordine di grandezza nel mondo, oltre ad una localizzazione strategica e a significative riserve di petrolio. Il movimento statunitense "Save Darfur" sta raccontando balle sulla natura fondamentale del conflitto in Sudan? Sono il "Save Darfur" e la prevenzione di un genocidio i convenienti pretesti per il prossimo turno di guerre per il petrolio e le risorse nel continente africano?

La regione del Darfur nel Sudan occidentale è stata un covo di attività clandestine, di contrabbando d’armi e di indiscriminata violenza per decenni.

"La tragedia umanitaria nel Darfur verte sulle risorse naturali…. Date le attuali realtà, nessun intervento potrebbe continuare e se fosse effettuato fallirebbe."

Così pensavano nel settembre 2006 gli autori OPED "Keeping Peacekeepers out of Darfur" [Tenere le forze di pace fuori dal Darfur] (DHG, 15/9/06). Adesso (più di un anno dopo) la situazione in Sudan è truce più che mai, il conflitto nel Darfur rimane indefinito, e molte delle previsioni di quell’Oped si sono rivelate vere.

Print Friendly, PDF & Email
contropiano2

 

 

Gli sciacalli umanitari sul Darfur

I guai di Kouchner e i volenterosi complici in Italia

darfur destroyedE’ una bella rogna quella che il presidente francese Sarkozy sta cercando di risolvere in Ciad. Sono stati infatti rilasciati sette dei diciassette europei (soprattutto francesi) arrestati per un traffico di bambini africani diretto verso la Francia ed altri paesi europei.

L’associazione che organizza questo traffico è una organizzazione non governativa “umanitaria” (“L’Arca di Zoe”) che però operava in Ciad con un altre nome (“Children Rescue”) ed è molto ammanicata con l’attuale ministro degli esteri francese Bernard Kouchner.

Questa ONG, aveva spacciato dei bambini ciadiani (per di più con famiglia anche se poverissime) come orfani di profughi del Darfur. Non è la prima volta che accade. Era accaduto in Italia quattro anni fa quando la nave umanitaria Cap Anamur aveva cercato di far entrare in Italia un gruppo di profughi africani sostenendo che erano “profughi del Darfur” martoriato dalla pulizia etnica.

Ma nessuno di quei profughi era sudanese né proveniva dal Darfur, erano solo stati strumentalizzati per alimentare una operazione politico-mediatica umanitaria che contribuisse a facilitare la strada all’intervento militare della NATO contro il Sudan.

La vicenda del traffico di bambini africani del Ciad spacciati come profughi dal Darfur, sta rivelando così lo sciacallaggio che sovrintende all’operazione militare-umanitaria in corso contro il Sudan (e l’influenza cinese in Africa) da parte dell’amministrazione USA e dei suoi complici in Europa.

Print Friendly, PDF & Email
carta

La brutta fine [provvisoria?] del progetto di Europa unita

Riccardo Petrella

parl.europeoNel Consiglio europeo di Lisbona i governi dei 27 stati dell’Unione hanno firmato il bollettino di morte dell’integrazione politica europea, confermando che le uniche «integrazioni» sono l’unione dei mercati e delle monete, cioé le «integrazioni» tipiche di un’economia capitalista di mercato.

I dirigenti europei hanno proclamato, a conclusione del recente Consiglio europeo di Lisbona, di aver rimesso in funzione l’Unione europea. A dir loro, l’Ue avrebbe cosi superato la crisi creata dal rigetto francese ed olandese, via referendum popolare, del Trattato costituzionale. Non c’é stata pero’ grande festa né gioia. In effetti, non c’era niente di grande da festeggiare. I capi di stato e di governo presenti a Lisbona si sono messi d’accordo su un nuovo Trattato Intergovernativo che mantiene in vita il Trattato di Roma 1957 e il Trattato di Amsterdam 1997, apportandovi una serie di emendamenti o di aggiunte, alcuni dei quali sono, certo, di rilievo. Penso, in particolare alla nomina di un Presidente dell’Unione per la durata di due anni [non più sei mesi, come è il caso dell’attuale presidenza rotatoria dell’Ue] e di un portavoce dell’Unione per la politica estera [con il rango di vice-presidente della Commissione ma non di ministro].

Print Friendly, PDF & Email
resistenze1

La Russia di Putin nella politica internazionale

di Spartaco Puttini

cremlinoNell’ultimo periodo i mezzi di comunicazione hanno posto l’opinione pubblica di fronte al tormentone del presunto “ritorno alla guerra fredda” tra l’Occidente e la Russia.
 
Non si intende qui alludere al ritorno dei toni russofobi sui media nostrani, come avvenne durante il periodo della competizione tra i due blocchi, (elemento comunque sempre più presente sui giornali di qualsivoglia orientamento politico e che meriterebbe una trattazione a parte) quanto della presa d’atto di uno stato di deterioramento nelle relazioni tra Washington e Mosca che produce evidenti ripercussioni sull’Europa.
Il fattore scatenante tale presa di coscienza è consistito nelle reazioni russe all’annuncio americano del dislocamento di un sistema antimissile USA in Europa orientale, ma in realtà le tensioni tra le due Potenze covavano da tempo e si sono andate accumulando sulle più varie questioni.
 
La visione idilliaca della “fine della storia” e la concezione no-global della presunta “cupola” delle Grandi Potenze, che dalle stanze del G8 domina il mondo con un’assonanza perfetta da far impallidire persino la Santa Alleanza del Congresso di Vienna del 1815, devono lasciare malamente
il posto alla realtà di un antagonismo che sarà assai difficile da risolvere nel decennio a venire.

Print Friendly, PDF & Email
altrenotizie

Una Birmania "americana"

I timori di Mosca, Pechino e Dehli

di Giuseppe Zaccagni

birmaniaNon si placa la repressione e non cessa la rivolta in Myanmar. Ma Russia, India e Cina credono di vedere, nel mare “zafferano” della rivolta birmana, anche le bandiere a stelle e strisce della potenza americana. E mai come questa volta il duro giudizio geostrategico accomuna le diplomazie dei tre paesi. Ossessionati dall’espansionismo americano temendo che il sì a un’ingerenza negli affari interni di un Paese sovrano possa in futuro essere usata anche contro di loro. Come già avvenuto in Ucraina e in Georgia per la Russia, nel Pakistan per l’India e per la Cina con il Tibet. E così c’è un “no” agli americani che non è solo un grido che esce dai palazzi delle diplomazie. Fanno così ingresso nell’arena politica asiatica alcune concezioni geopolitiche che vanno ad opporsi alle idee sviluppate, nei media mondiali, sulla base di quanto avviene a Bangkok. Perché sia al Cremlino di Putin che nella capitale indiana che fu di Gandhi, che nella cittadella cinese che fu di Mao, la questione birmana è seguita sotto due aspetti. Il primo - che è poi quello più importante - riguarda la preoccupazione che si riferisce al fatto che le proteste che sconvolgono il paese asiatico siano il frutto di precise manovre di stampo americano.

Print Friendly, PDF & Email
comedonchisciotte

CINA: LA LIBERALIZZAZIONE AD ALTO RISCHIO E' L'UNICA ALTERNATIVA?

di James Petras

Negli ultimi anni la spinta della Cina verso uno status di superpotenza economica nell'economia mondiale è aumentata. Mentre l'economia della Cina si globalizza, cambiamenti fondamentali nei suoi mercati finanziari hanno aperto occasioni per un'espansione all'estero, così come crescenti rischi di crisi finanziaria.

chinat1123003Introduzione

La crescita dinamica, la speculazione finanziaria su grande scala e l'espansione all'estero sono accompagnati da più profondi e diffusi problemi sociali ed economici, che possono insidiare il continuo sviluppo e la stabilità politica.


La crescita dinamica della Cina a livello economico e finanziario


Ormai il mondo è consapevole della prolungata e senza precedenti crescita a due cifre della Cina nel P.I.L., nelle esportazioni, nella produzione ed in altri settori economici. Gli economisti ed i banchieri centrali hanno preso nota delle riserve di 1.5 trilioni [cioè 1500 miliardi n.d.r.] di dollari della Cina, dei 3 trilioni di dollari in risparmi e del rapido sviluppo di milionari e miliardari.

Inoltre, nonostante la turbolenza del mercato finanziario europeo e statunitense a metà 2007, la bilancia commerciale della Cina a luglio 2007 era a un record di quasi 24.4 miliardi di dollari, le sue esportazioni sono cresciute del 34% nonostante la crescita delle importazioni di petrolio, le riduzioni dei rimborsi agli esportatori e gli aumenti del tasso d'interesse. Ci si aspetta che il P.I.L. della Cina cresca quasi all'11% nel 2007 (Financial Times, 20 luglio 2007), il più alto tasso di crescita nel nuovo millennio.

Print Friendly, PDF & Email
equilibri logo

Sudan: gli sviluppi interni

 Alberto Grossetti

sudan2

Dopo la firma nel 2005 del Comprehensive Peace Agreement (CPA) che ha messo fine ad una guerra civile durata 22 anni, il paese sta difficilmente affrontando le sfide della ricostruzione e della pacificazione nazionale. L’implementazione dell’accordo è caratterizzata da rallentamenti ed incomprensioni che potrebbero causare un ulteriore irrigidimento dei già precari rapporti tra Khartoum e Juba creando tensioni destabilizzanti. Il governo di El Bashir è inoltre sotto stretta sorveglianza dalla comunità internazionale per la sua condotta in Darfur: durante le negoziazioni di ottobre in Libia il presidente dovrà assumersi impegni e responsabilità precise per riacquistare credibilità internazionale, anche per rafforzare la sua leadership interna, in vista delle elezioni del 2009.


Il perdurare delle tensioni

A 2 anni dalla firma del CPA, il controverso rapporto tra nord e sud del paese è ancora continuo motivo di preoccupazione.Era preventivabile che la firma di un accordo di pace non sarebbe stata sufficiente a curare le profonde ferite derivanti da 22 di guerra civile, e che le sfide maggiori avrebbero riguardato il periodo post-bellico. Le relazioni tra Khartoum e Juba sono gelide, con il Sudan People's Liberation Movement (SPLM) che accusa il presidente El Bashir e il National Congress Party (NCP) di ostacolare volontariamente la realizzazione delle disposizioni del CPA e di prendere decisioni politiche chiave di interesse nazionale unilateralmente, mettendo in discussione il principio “comprensivo” di condivisione del potere stabilito dall’accordo.

Tra i motivi di frattura a cui il CPA doveva mettere rimedio vi è la gestione del petrolio e l’utilizzo dei suoi proventi. Il settore estrattivo ha avuto uno sviluppo molto rapido negli ultimi anni, passando dai 1.500 barili di produzione giornaliera nel 1999 ai 500.000 odierni, che potrebbero aumentare sensibilmente in futuro e si prevede che le entrate petrolifere quest’anno raggiungeranno i 4 miliardi di dollari, portando ad una crescita del PIL superiore al 10%.

Print Friendly, PDF & Email
altrenotizie

La Russia del futuro, dal KGB alla "Tributaria"

di Carlo Benedetti

cremlinoMOSCA. Si annuncia al Cremlino una lotta dura contro gli evasori fiscali, contro le varie tangentopoli, contro le lobby e la corruzione. E’ questa la prima sensazione che si coglie nella capitale dopo che il nuovo premier Zubkov (classe 1941) ha scoperto le carte parlando alla Duma, mostrandosi alla tv insieme al predecessore Fradkov (classe 1950), mentre gli addetti ai servizi logistici cambiavano la targa dell’ufficio. Ma dietro le quinte di questo teatro politico russo si è visto subito il volto di quel grande regista - manovratore e suggeritore, truccatore e sceneggiatore - che è Putin (classe 1952). Tutto quello che è avvenuto e che sta avvenendo in queste ore è frutto della sua intuizione e della sua capacità di saper manovrare rappresentando concezioni ed ideali che nessuno aveva messo nel conto. E con una mossa a sorpresa ha mischiato il mazzo di carte che si trovava sul tavolo verde del suo ufficio. Ha fatto ricorso al vecchio amico che aveva operato nella dirigenza del Pcus di Leningrado e con il quale aveva condiviso l’attività del commercio con l’estero. Ma Zubkov era anche qualcosa d’altro, perchè a Putin lo accomunava lo stesso impegno nel campo dell’intelligence. Uno si era dedicato ad attività oltre i confini e l’altro era impegnato nei servizi interni della polizia tributaria. Una stessa professione attuata su campi diversi che fa però sbattere nella prima pagina di un quotidiano di Mosca questo titolo a sensazione e sicuramente provocatorio: “Ed ora anche un uomo dei servizi nella poltrona di primo ministro”...

Print Friendly, PDF & Email
carmilla

Bandar Ibn Sultan: il piccolo principe di Carnwell

di Sbancor

arabia-saudita"Combattete coloro che non credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano soggiogati." Sura IX, 29 [Quando Allah è piccolo piccolo]

In Italia bisogna leggere i romanzi per conoscere ciò che dovrebbero scrivere normalmente i giornali. In Inghilterra a volte i giornali sono molto meglio dei romanzi. Il “caso BAE (British Aerospace System)” è uno di questi. John Le Carré non sarebbe riuscito a descriverlo meglio. E’ quindi come un’opera d’arte che ci impegniamo a recensirlo.

Si potrebbe iniziare con un ragazzo di 16 anni. Un ragazzo arabo, nato in Arabia Saudita. Un ragazzo fortunato. Troppo. E’ un principe della casa reale. Si chiama Bandar bin Sultan. Era il figlio del Ministro della Difesa del Regno Saudita. A 16 anni Bandar viene mandato a studiare in Inghilterra. Non andò a Eton o a Oxford. Andò in un collegio militare: il College Cranwell. Royal Air Force. (R.A.F.). L’Isola del Tesoro sa come coltivare i suoi clienti fin da giovani.Possiamo immaginarcelo il ragazzo arabo in mezzo ai Sergenti Maggiori della R.A.F, ai figli dei piloti, in quelle camerate gelide. Cosa sarà passato per la sua testa di sedicenne, in mezzo alle brume e alle brughiere anglofone, lui, abituato al sole del deserto d’Arabia? Come avrà reagito alla disciplina esasperante dei college militari inglesi? Dove si masturbava e pensando a chi?
Adolescenza perduta in cambio di una promessa. La solita venale promessa dell’Isola del Tesoro: un giorno grazie a noi guadagnerai un sacco di soldi.

Print Friendly, PDF & Email
altrenotizie

L'ex premier Hariri ucciso dai sauditi?

di mazzetta

libano 1La settimana scorsa è stato pubblicato il rapporto della commissione investigativa internazionale sull’attentato all’ex-premier libanese Rafik Hariri. Il capo della commissione Brammertz ha presentato i primi risultati dell’inchiesta, ma questi non sono piaciuti in Occidente e quindi non se ne è parlato per niente. Il rapporto, incensato da tutte le cancellerie occidentali per l’accuratezza ed il rigore, punta il dito sui jihadisti provenienti dall’Arabia Saudita. Il rapporto in realtà evita di indicare esplicitamente il reame, ma le perifrasi usate per indicare l’attentatore (“proviene da un paese dal clima più secco di Libano e Siria”, “è stato diversi anni in un contesto rurale”, che poi sarebbe l’Afghanistan) e altri riferimenti sparsi nel rapporto non lasciano dubbio alcuno. Una riservatezza che copre anche l’identità di altre cinque o sei persone, individuate attraverso l’analisi dei tabulati dei cellulari, delle quali non è stato reso noto alcun dettaglio; il che spinge a credere che non si tratti di siriani e neppure di Hezbollah. A questo punto, per quel si è scoperto fino ad oggi , non ci sono responsabilità della Siria nell’attentato.

Ci sono invece responsabilità indirette (relativamente) americane e saudite, visto che da tempo gli USA sembrano aver scelto di armare l’estremismo sunnita in funzione anti-sciita. La strategia è la stessa, fallimentare, usata contro i sovietici ai tempi dell’Afghanistan e sembra funzionare, almeno dal punto di vista degli americani.

Print Friendly, PDF & Email

Il Sudan sarà ricolonizzato?

di Stephen Gowan

Gli Stati Uniti stanno facendo manovre per introdurre nel Sudan una forza di peacekeeping delle Nazioni Unite, come primo passo per assicurarsi il controllo dei vasti giacimenti di petrolio della regione. Il controllo degli USA sulle risorse petrolifere del Darfur offrirebbe opportunità di investimenti altamente redditizi alle aziende americane e danneggerebbe gli investimenti cinesi nella regione, rallentando così l’ascesa di un avversario strategico la cui crescita dipende dalla possibilità di accedere in modo sicuro al petrolio estero. Washington si sta servendo di accuse di genocidio, abbondantemente esagerate, per giustificare un intervento delle Nazioni Unite di cui otterrebbe il comando; allo stesso tempo sta ostacolando la pianificazione di un processo di pace che risulti accettabile per il governo sudanese, il quale vorrebbe allargare l’attuale missione dell’Unione Africana in Darfur.