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mondocane

Elezioni UE. Sovranisti e sovranità, populisti e popolo

E chi ciurla nel manico

di Fulvio Grimaldi

troikaCos’è l’UE e che farne

In vista delle elezioni europee, manifestazione di democrazia allestita dagli illusionisti Silvan e Forest, si moltiplicano i messaggi che mi chiedono per chi voto e anche per chi votare. Di questo, dopo.

Divertente il Fatto Quotidiano, quando sbertuccia gli ordini di servizio del Grande Fratello mimetizzati da stampa italiana (e occidentale tutta), meno divertente quando compra le sue penne, che dovrebbero illustrarci il mondo là fuori, negli store del Pentagono o dell’intelligence anglosassone. Divertentissimo quando ci squaderna in paginoni su paginoni le facce e i curricula dei candidati: una galleria degli orrori tra pregiudicati, condannati, inquisiti, cambia casacca, riciclati, mummificati: la faccia dell’establishment. E poi i sinistri ci fustigano perché ancora insistiamo sul concetto populista di una guerra tra popolo ed élite.

Certo il panorama dei concorrenti è affascinante. Barnum e il suo circo fanno la figura di un saggio di Terza elementare. C’è tutto un mondo di più o meno grassi o smilzi sopravvissuti al proprio disfacimento. La notte dei morti viventi gli fa un baffo. E quando non sono i guappi, malandrini, mariuoli, preti, camorristi (in senso largo) e busti di gesso dei partitoni gonfi, punzecchiati dagli scugnizzi, prima col referendum renziano del 2016, poi con il voto politico del 2018, sono i detriti di quelli che gli correvano appresso fingendo di volergli mettere il sale sulla coda, mentre si nutrivano delle briciole che ai primi cadevano dal desco. A dare un minimo di serietà alla competizione, ecco ai nastri di partenza una fauna variopinta di correttori di bozze, alcuni che contano di rianimarsi grazie al volenteroso bocca a bocca di qualche elettore inconsapevole, altri che si accontentano di vedersi presi sul serio dai cancellieri che li stampano sulle schede elettorali.

Così sfilano Pensionati, Pirati, Animalisti, Popolo della Famiglia, Popolari per l’Italia, Popolo Partite Iva, +Europa (che non sono nessuno, ma nell’etichetta hanno un elenco così di sponsor), fino a Casa Pound e Forza Italia, lugubri facinorosi dello zero virgola, ma fatti passare per gli agenti del tramonto dell’Occidente.

 

Libera Chiesa in libero Stato?

La campagna dei preti è stata la parte più stupefacente per uno che, alla Leva, ha fatto il bersagliere eminentemente perché quel corpo, infrangendo porta Pia, ha posto fine al potere temporale della Chiesa – pro tempore, s’intende; poi, tra Mussolini, De Gasperi e Togliatti, hanno ricuperato – infliggendo ai dogmatici del pensiero unico il colpo più duro dai tempi di Giuliano detto l’Apostata. La breccia l’ho vissuta come rivalsa di quell’imperatore e di Ipazia, la filosofa platonica fatta a pezzi, come la Biblioteca d’Alessandria, da San Cirillo vescovo, autore della prima “soluzione finale”.

Dotati di grande senso democratico fin dai tempi di Torquemada, pontefice, cardinali, vescovi e rispettivi ordini monacali e mediatici (tipo “l’Avvenire” che, chissà perché, laici, agnostici e atei sono tenuti a tenere in piedi), assumendo nell’anatema le parole sataniche “populismo” e “sovranismo”, si sono lanciati a corpo bianco papale, rosso cardinale e porpora vescovile nella pugna. Con la componente di strada, Zanotelli e Ciotti, hanno per un nanosecondo abbandonato il coro dell’”accogliamoli tutti” per riempirlo, quel nanosecondo, di scongiuri ed esorcismi anti-governo, con particolare accanimento sul reprobo che aveva osato sottrargli il copyright su rosari e crocefissi. Grazie all’humour, connaturato a presti e suore, la battuta della settimana va senz’altro riconosciuta al capo dei vescovi, Gualtiero Bassetti: “La politica deve essere laica” e non s’è ancora ripreso dal ridere. E’ dalle elezioni del 1948 che ripetono la battuta.. Che debba essere onesta non s’è sentito dire. Chissà se va da sé. Ci fosse ancora, lo chiederemmo a Marcinkus.

 

PD-Lega-FI: una faccia, una razza

Su PD, Lega e Forza Italia, con la dependance nero-femminile FdI, non mette conto dilungarsi. Ne sappiamo tutto, nel senso che non c’è niente da sapere. Immutabili nel tempo, con i piedi e i neuroni chi nel Medioevo, chi nel Ventennio, chi nella Val Brembana del mitico Alberto da Giussano, sono quelli delle “radici cristiane dell’Europa”, per i quali il benvolere della Chiesa è l’elisir di lunga vita e Socrate, il già nominato Giuliano e Voltaire, sono ciò che l’aglio è per i vampiri. Il minimo comune denominatore tra la congrega Zinga, Cirino Pomicino, De Luca e la retroguardia renziana, quella di Salvini, Fontana, Fratus (sindaco di Legnano rinchiuso), altri reperti tuffatisi dai barconi PD e FI, e la componente accademica dei Berlusconi, Tajani, Gelmini, sono rinnovamento, cambiamento e , soprattutto, legalità. Per conoscerli bastano le paginate di foto del Fatto Quotidiano.

 

Atlantici veri e comunisti finti

Hanno sentito il dovere civile di non sottrarsi dall’entrare a gamba tesa e quattro piedi uniti nell’eurocontesa l’ISPI e il manifesto, meno divergenti di quanto si vuole far sembrare. Tra Rossanda, Castellina e Paolo Magri c’è perfetta identità di vedute sia su Gheddafi, che sull’UE, che su Tsipras. L’ISPI, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale è quel prestigiosissimothink tank, pensatoio, il cui direttore, appunto Magri, compare come l’Oracolo di Delfi su ogni schermo e carta stampata che voglia farsi spiegare misteri del mondo. Il punto di vista di questi scienziati della geopolitica (Scienza super partes con la S maiuscola, come quella dei vaccini) è quello di Kissinger quando faceva volare il Condor, o di Hillary quando salvava la Libia, o di Obama o Trump quando spargono democrazia e diritti umani su paesi primitivi e selvaggi. Ci siete? Per capire, pensate a Lucia Annunziata (Huffington Post e ½ h in più), o Lilli Gruber (Otto e mezzo), o più concretamente a Bilderberg.

 

I ricchi e potenti ce la fanno addosso e i media ci dicono che piove

Il prezioso contributo all’illuminazione dell’elettore l’istituto milanese l’ha commissionato a un’ esimia esponente del l’Atlantic Council, think tank dei neocon a Washington, per l’ISPI una specie di coach; e a un cavallo di razza dello stesso ISPI che le indicazioni di voto le trae dal convegno, anzimeeting, dell’European Council, portineria di quello americano. Tra l’una e l’altro, il nervo scoperto da recidere sono le minacce alla democrazia, all’informazione, all’Europa, agli Usa , provenienti dalla “strategia del caos” lanciata dalla…Russia. Il Russiagate si è schiantato insieme al suo apostolo, Procuratore Mueller., ma che fa. Qualche straccio lo si può ancora far volare e poi una più del diavolo ne sa, questo Putin. E Atlantic e European Council mica si sono ingeriti nelle elezioni europee! Sono tecnici. Lavorano sui dati. Ingerenze e fake news le fanno solo i russi. Chissà quanti loro troll si stanno già aggirando nelle nostre cabine elettorali.

Dicevo della non tanto vera divergenza tra ISPI e il manifesto. In comune non hanno solo l’UE, più o meno emendabile, l’euro, dove vale la parola di Draghi, la passione della Castellina per Tsipras come simbolo dell’ineluttabilità della Troika rispetto alla vita. Sai cosa scegliere tra “La Troika e la vita” (tiolo del mio documentario), se vuoi restare seduto sulla poltrona e a tavola, mentre il resto della Grecia, che a dispetto di Tsipras aveva scelto la vita, sparisce nella botola-trabochetto sotto la tavola. Ma anche condivisa è l’internazionalizzazione della guerra di Libia, sul modello di quella di Spagna, come invocata dalla pasionaria Rossanda. Lì, come in ogni rivoluzione colorata, Egitto, Siria, Ucraina, Nicaragua, eccetera, Fratelli Musulmani e Otpor lottano per libertà, democrazia, diritti dei lavoratori e contro l’abietto nazionalismo dei dittatori e l’autodeterminazione di popoli che non ne hanno la maturità (come certi elettori delle nostre parti). Un sigillo a questa intesa l’ha poi applicato il manifesto, nella sua penultima pagina a due giorni dal voto. Pensate che bel titolo:”Stati Uniti d’Europa, un edificio politico architettato dalla filosofia”. Sotto, un apologo che unisce quelli di Ventotene ai saggi negatori contemporanei dei concetti reazionari di sovranità e nazione. L’ISPI manda baci. Juncker e Moscovici pure. La parola d’ordine comune non è forse “da Macron a Tsipras”? Padroni e commessi uniti nella lotta.

 

Quelli dell’ “Io c’è”.

Sul manifesto si succedono gli appelli di Sinistra Italiana. Autocontemplativi, ma assertivi: Io c’è. Tutti nel disperato intento di annunciare la propria permanenza in vita e di dare al vuoto a rendere dei propri contenuti politici una verniciata di migranti, antifascismo, LGBTQI e femminismo e, ovviamente, di Europa, ma migliore, che lo possa far sembrare pieno. Sono gli “Io c’è” di Rossanda, Castellina, Fratoianni, Fassina e di tutto ciò che del PRC da anni prova a scongelarsi dall’ibernazione. Bertinotti compreso. E compreso anche quel Claudio Grassi, personaggetto che doveva tenere a bada, fingendosene capo, l’opposizione antimperialista al signore dei salotti con signora. Dispiace per Maurizio Acerbo, bravo ragazzo e amico, oggi segretario, che a tale compagnia deve tenere bordone.

Con un piede nella fossa e una gamba fuori dalla Storia, ma che nel caso del PD ancora scalcia, a tutta questa gente, parlo di quelli da Macron a Tsipras che si sono persi lungo la strada bauli, valigie, zaini, fagotti, ma perfino l’agendina degli indirizzi, un’arma rimane. Ed è la sola che sanno usare: quella dell’invettiva contro chi sta fuori. E ci risiamo con i populisti, sovranisti, nazionalisti. Pensate, sovranità, il diritto primo della persona, della comunità, della classe, del popolo, della nazione. E’ diventata una parolaccia. Lo sapesse Pertini…..Ma anche solo mio papà, che si fece la prima e la seconda guerra mondiale, con il risultato di una medaglia d’argento, una croce di guerra, una promozione sul campo e un anno di prigionia in Germania. Se non altro, credeva nella sovranità e anche nei confini da difendere.

 

Stelle appannate

Già, i Cinque Stelle. Sì, amici e compagni, io li voto ancora. Coma facevo, a cuor più leggero, quando sono comparsi e man mano che rafforzavano i vaffa. E quando ci ho lavorato insieme sul territorio e quando ne ho organizzato le conferenze dalle mie parti. Anche loro hanno lasciato qualche bagaglio fuori dal ponte levatoio del castello. Gli si diceva che, per passarlo, quel ponte, bisognava alleggerirsi. E’ rimasto per strada l’apriscatole non tanto della scatoletta di tonno, quanto dell’euro e della congrega di evasori, lobbisti, infiltrati, autonominati, vampiri e tirannelli che ne fa uso per aprire noi. Si è fatto passare Mr. Hyde per il Dr.Jekill. Impegni imprescindibili per una forza che vuole sbaraccare il TINA della Thatcher (There Is No Alternative), come lo scacco ai farabutti del malaffare, della cementificazione, del consumo del suolo, su cui doveva abbattersi la quinta delle stelle, è rimasto in capo ai ministro dell’Ambiente, della Giustizia e dei Trasporti. Ma si è fermato al Terzo Valico, al Tap, al Muos. Mentre rimane in ambigua sospensione il crimine TAV e l’alto tradimento delle “autonomie regionali”.

Come fuori dal portone è rimasta la messa in discussione della Nato, delle missioni militari, delle sanzioni alla Russia e ad altri, dell’autodeterminazione dei popoli seppellita dallo stesso Conte quando si è arruffianato qualcuno sul Venezuela.Il caposaldo dell’onestà, sacrosanto e prioritario in un ambiente tipo Al Capone o marsigliesi, non basta per impostare il cambiamento della società. E l’ossessione del digitale, non proprio il massimo della trasparenza e della democrazia diretta, coincidente con la disumana defisicizzazione dei rapporti nel movimento, dell’organizzazione, delle strutture e la riduzione di tutto in capo al capo, non hanno favorito l’elaborazione di una cultura, di una base teorica che servisse a strategia e tattica. Che, tuttavia, nel cuore puro e nella mente aperta del meglio degli italiani, che si sono messi nella luce di queste stelle, avrebbe modo di sbocciare e irrobustirsi.

E’ vero che ci si è dovuti adattare alla coabitazione col condomino dell’altra tribù, la faccia feroce del neoliberismo predatore e manganellatore, e che tale condizione impone mediazioni e compromessi. Deleteri, quando si fanno in condizioni di rapporti di forza sfavorevoli, vedi Berlinguer, dal cui compromesso siamo precipitati a Renzi, Picierno e Zingaretti. Ma questo governo è nato su un 33% giallo e un 17% verde. E tanto poco si è fatto valere, che i pesi e ruoli si sono invertiti. Resta che quel che di buono s’è realizzato in quest’anno, a dispetto dei sabotaggi, delle opposte direzioni attribuibili al partner nefasto e della canea-vandea dei “sinistri”, è merito esclusivo del M5S. E sufficiente, specie di fronte all’orribile passato-presente degli altri, quelli del monopolarismo liberista e colonialista? Per me sì. Tutto il resto è ipocrita, inane, finto, corrotto.

A condizione che si ricuperi lo smantellamento dell’UE e dell’euro. Ora, standoci dentro necessariamente, ma ponendo in essere tutte le richieste e tutte le denunce che ne rivelino la natura anti-umana, delinquenziale, di moloch deforme della frode, dell’anticultura e dell’inciviltà. Per far crescere coscienza e volontà di autodeterminazione. Sovranità.

Comments

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lorenzo p
Thursday, 30 May 2019 00:37
Si si, la fotografia della merda è indiscutibile e oggettiva, tuttavia non riesco proprio a capire la via di uscita. Secondo me con i beneamati confini la merda rimane, ma proprio tutta. Gran parlar di popolo.. mi piacerebbe sapere quanti anticapitalisti, anti liberisti e anti atlantisti ci sono in questo benedetto popolo sovrano.
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Elisabetta
Tuesday, 28 May 2019 14:18
Totalmente daccordo
La cosa più sconfortante per me è vedere la maggior parte delle persone di sinistra prive di consapevolezza, suggestionate dai media, senza voglia di approffondire, senza più un briciolo di spirito critico.
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