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liberazione

Berlusconi in cerca del plebiscito

di Alberto Burgio

plebiscito1910Che cosa sta succedendo in questa nervosa vigilia elettorale? L'impressione è che gli eventi precipitino, impedendo una riflessione pacata sulla situazione politica e sociale del Paese. Fermiamoci un momento, cerchiamo di capire.

Silvio Berlusconi occupa il centro della scena politica e mediatica, è il protagonista indiscusso delle cronache con la sua faccia truce, alterata, con la sua maschera stravolta dal rancore. C'è la storia delle veline e delle minorenni, un'ondata di spazzatura che ci ammorba. Del resto, sin dall'inizio questa legislatura è stata segnata da un tripudio di volgarità e di malcostume, con inopinate carriere politiche di ministri della Repubblica dal curriculum a dir poco desolante. Ma c'è ben di peggio. C'è, soprattutto, la condanna di un cittadino inglese colpevole di falsa testimonianza, che - come la magistratura milanese ha dimostrato - è stato corrotto da Berlusconi affinché nascondesse le sue responsabilità in materia fiscale. La reazione del presidente del Consiglio è stata furibonda. Ha scagliato insulti, ha lanciato anatemi, ha disseminato minacce. Perché?

Che Berlusconi non gradisca che gli italiani siano informati delle sue malefatte si capisce. Ma questa reazione appare spropositata. Prevedendo probabili processi a suo carico, egli ha preteso che il Parlamento promulgasse una legge anticostituzionale che gli assicura l'impunità. Il cosiddetto "lodo" Alfano lo tiene lontano dalle aule di giustizia. Perché, allora, questa reazione estrema?

Se leggiamo i termini in cui si articola l'ultima minaccia rivolta da Berlusconi contro la Costituzione repubblicana, forse troviamo una risposta. Il presidente del Consiglio medita di mobilitare la "sua gente" per lo scontro finale contro lo Stato di diritto, la divisione dei poteri, il Parlamento e l'indipendenza della magistratura. Ha imparato a usare la democrazia contro la democrazia. Vuole raccogliere milioni di firme, inscenando una sinistra replica del plebiscito mussoliniano, per ridurre le Camere a una inerte appendice dell'esecutivo.

 

E' un progetto coerente con la sua cultura padronale e autoritaria. Le leggi - lo ha sempre pensato e detto - deve farle il governo. Governare per decreto, questa è la sua massima aspirazione. Perché perdere tempo con discussioni inutili, con mediazioni che rischiano di ostacolare la sua volontà? Finora ha dovuto sottostare ai vincoli che la Costituzione impone, ha dovuto dialogare con il Capo dello Stato, fingendo di ascoltarne la voce e di rispettarne il giudizio. Ora basta, ha perso la pazienza, getta la maschera. Avverte che la sua immagine, compromessa da desolanti vicenda private e giudiziarie, rischia di andare in pezzi. Ha fretta, quindi cerca lo scontro. E' un uomo disperato e pericoloso.

Da quanti anni lo diciamo? Da quanti anni noi comunisti ripetiamo - inascoltati - che è dissennato sottovalutare la minaccia costistuita dall'impasto di potenza economica e determinazione piduista?

Che è stato un errore - una colpa non emendabile - avere permesso la formazione di un impero mediatico privato e non avere legiferato sul conflitto di interessi?

Che dietro a Berlusconi operano interessi potenti, gli stessi che hanno determinato lo straripamento del mercato e la regressione privatistica della stessa sfera istituzionale?

Tutto inutile. Ci hanno spiegato - quelli che ne sanno molto più di noi - che l' "antiberlusconismo" non paga. Che è sbagliato lanciare l'allarme per una concentrazione di poteri che non non ha eguali in nessuno Stato democratico. E intanto il Paese è cambiato. Imbottiti di volgarità e scemenze, milioni di italiani hanno riscoperto l'antica passione per il capo carismatico. Il padronato italiano, che già stese tappeti rossi al capo dello squadrismo fascista, è tornato a fare apertamente il tifo per l'Uomo forte. Persino parte del sindacato dà il semaforo verde, intento com'è a costruire la nuova forma dello Stato corporativo. Così siamo al dunque. E non basta ancora. Chi negli anni non ha voluto frenare l'ascesa di Silvio Berlusconi, ancora ieri li ha rimesso in sella. Alla fine del 2007, l'on. Veltroni ha intavolato con il capo della destra una trattativa sulla legge elettorale che ha segnato la fine della scorsa legislatura. Berlusconi era fuori gioco, mal tollerato dai suoi stessi seguaci. E' stato riabilitato e rimesso al centro della partita politica. In queste settimane, pur di coronare il sogno del bipartitismo, l'on. Franceschini si batte per un referendum che punta a regalargli la maggioranza assoluta e blindata in Parlamento. Infine, ancora in queste ore, il Partito democratico rifiuta di costruire insieme ai comunisti e alle altre forze della sinistra un coordinamento in difesa della Costituzione repubblicana e contro l'attacco eversivo del presidente del Consiglio. Qualche settimana fa, commentandone a caldo il discorso al congresso fondativo del Popolo della Libertà, scrivemmo che Berlusconi è forte dell'altrui debolezze. Sbagliavamo per difetto. La verità - della quale siamo costretti a prendere atto con la più viva preoccupazione - è un'altra. E' forte soprattutto dell'altrui irresponsabilità.

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